lunedì 28 luglio 2025

La scienza e la guerra

 Un breve saggio di Werner Heisenberg del 1946 s'intitola La scienza come mezzo d'intesa tra i popoli.  L'incipit è questo : "Che la scienza sia un ponte destinato a congiungere i popoli  è cosa che si è detta spesso.".   Nel seguito del saggio, questa affermazione : "L'influenza politica della scienza è sempre stata molto scarsa.".  Perchè? Viene da chiedersi. Neppure quando la ricerca scientifica ha superato i confini degli stati, divenendo collaborazione internazionale, è riuscita a far sentire tutta la forza del buon senso alla politica.         Forse la scienza dovrebbe cercare e trovare collaborazione nel mondo dell'arte e della spiritualità.


Heisenberg cita i versi di una poesia di Schiller :

                                    Guai a chi presta all'eterno cieco

                                     la fiaccola celeste della luce;

                                     essa non gli largisce i suoi raggi,

                                     essa non può che incendiare; 

                                     essa incenerisce città e province"

Vuol dire che l'arte e la scienza hanno un compito comune : il risveglio dell'umano. Infatti scrive: "Ma è proprio il compito della scienza risvegliare in tutti la sensazione che questo mondo è diventato denso di pericoli, e di far conoscere quanto sia importante che tutti gli uomini, indipendentemente dai pregiudizi nazionali e ideologici, uniscano i loro  sforzi per affrontare questi pericoli.".


Non si può, nella vita politica, "evitare la lotta di illusioni e falsi ideali contro altre illusioni e altri falsi ideali" ?

Se è vero, come è vero, che la scienza è la nuova e ultima religione (lo è stata nell'ultimo secolo e lo sarà ancora), essa non può sottrarsi alla responsabilità di indicare all'umanità e alla politica il significato e l'orientamento richiesti per uno sviluppo ed un'evoluzione che non conducano alla catastrofe.  L'evoluzione non è frutto del caso: la decisione intelligente e responsabile s'affida più alla pace che alla guerra, più alla collaborazione che alla competizione, più allo sviluppo delle relazioni che al bullismo dello scontro! Neppure servirebbe al posto di due IMPERI averne dieci. L'Impero è una cosa dell'uomo primitivo. Un 'umanità più spirituale è ciò a cui devono lavorare insieme scienza e politica!

                                        don Carmelo Guarini

domenica 27 luglio 2025

Il Lavoro più difficile

Il lavoro più difficile è la relazione autentica : la non-dipendenza dell'io interiore dall'ambiente e dalle circostanze esterne. 


La relazione autentica nasce quando due Io manifestano la loro interiorità ,  e non c'è  la pretesa da parte di  nessuno  dei due a cambiare l'altro.


Il lavoro sul proprio Io è un esercizio continuo per guadagnare silenzio e solitudine; il rumore e il divertimento distraggano e conducono ad una dipendenza dai comportamenti  di massa e dalle parole propagandate come  verità di vita.


Il dialogo tra due Io non sarà più quello dell'accusa reciproca e lo  scambio non si fermerà ad aspetti esteriori e marginali, come problemi economici o pretese affettive. Ogni io donerà ciò di più prezioso ha realizzato sino a quel momento.


E' vero che per coltivare l'io interiore è necessario un certo ambiente circostante. Oggi questo ambiente non c'è più, e ognuno deve conquistarselo con fatica e intelligenza. Ma occorre conoscere ciò che chiede un percorso di crescita interiore : silenzio invece che rumore, solitudine con se stessi invece che dispersione nella massa, distacco dalle situazioni esteriori per vedere soprattutto l'interno.

La domanda, ai nostri giorni, non è più quella diagnosticata da Freud ossia la volontà di piacere, nè quella diagnosticata da Adler ossia la volontà di potenza, ma la volontà di significato. Alle prime due si ricorre, quando è stata frustrata la terza. Ma quando si è data una risposta alla volontà di significato, non si fa più ricorso alle prime due.


Anche ad un credente e praticante religioso non è assicurata la crescita interiore dall'appartenenza al gruppo o dalla devozione di pratiche sacre : una cosa è la devozione, altra cosa è l'illuminazione. Per ricevere la luce, non basta la pratica esteriore, è soprattutto l'interno che deve cambiare. L'esterno contribuisce a creare l'interno solo dopo che si è lasciato trasformare da un interiore più grande di esso.

                                       don Carmelo Guarini

venerdì 25 luglio 2025

Cristo e la sua ombra

 Leggendo la storia del cristianesimo si può cogliere di Cristo più la sua ombra che la sua figura.

Pier Paolo Pasolini, parlando del "Cristo irriducibile" affermava : "I cristiani che disobbediscono a Cristo per obbedire ai capi; il che serve loro per avere un posto nella comunità.".  La figura di Cristo sarebbe quella più di uno scartato che di un integrato nel sistema.

Merleau-Ponty, parlando di "cristianesimo e filosofia", riportava "il programma agostiniano : la vera religione è la vera filosofia, e a sua volta, la vera filosofia è la vera religione".    Questa identificazione potrebbe far cogliere più l'ombra di Cristo che la sua figura.

Cristo non si può identificarlo nè con l'Idea soltanto e neppure esclusivamente con la sua prassi. 

Intellettualismo è preferire l'idea, finendo con escludere la pratica. Anti-intellettualismo è la presunzione di cambiare qualcosa o qualcuno senza l'idea vera e giusta.

Una spiritualità che intenda cogliere la figura di Cristo deve muoversi in un andirivieni tra "rientrare in sè" ed "uscire da sè". Cristo stesso, infatti, pone se stesso fuori della comunità organizzata (il suo operare è fuori del sistema legislativo ed economico di Israele) e visibile, ma al tempo stesso rivendica di "essere stato inviato alla comunità di Israele". Il suo "uscire fuori" dalla comunità visibile afferma con forza il "rientrare in sè" nella comunione-comunità invisibile col Padre.

Non basta il ritorno al Gesù storico per cogliere l'identità della sua figura : se non si coglie il Cristo dello Spirito, si finisce per vedere soltanto la sua ombra, non si giunge alla sua figura. Tra fede e ragione non c'è identificazione, come non può esserci pura opposizione. La dialettica tra fede e ragione deve permettere di cogliere il fondamento della ragione e il fondamento della fede.

Se la ragione pone il fondamento nell'io (il soggetto), come ha fatto giustamente  la modernità, non può dimenticare la relazione dell'individuo con la comunità; sarebbe un pensiero di sorvolo. Se la fede pone il fondamento nell'organizzazione istituzionale, non ha ancora colto la fede come risposta ad una chiamata. Perchè il dono che Dio offre è una chiamata che vuole una risposta : il dono offerto dev'essere ricevuto. L'atto  della ragione e della fede è un esercizio della relazione. 

L'andirivieni tra rientrare in sè e uscire da sè richiede che si distingua tra l'ombra e la figura. 

Il soggetto individuale, nella modernità, coglie meglio la contingenza di quanto non avesse fatto il medioevo, che coglieva la contingenza soprattutto nella comunità (l'individuo è inseparabile dalla comunità). Nella tarda modernità l'individuo avverte tutto il peso della contingenza: la sua solitudine lo spinge a cercare solidarietà con la Natura, dal momento che la storia è divenuta sempre più estranea e nemica. Questo individuo ha bisogno di uscire fuori da una storia divenuta nemica per rientrare in sè e trovare la sorgente della comunità nella comunione. La figura di Cristo è la comunione col Padre. L'ombra che si percepisce  di Cristo non coglie il sempre nuovo delle sue parole e della sua azione.

                                          don Carmelo Guarini

La coscienza : approfondimento

 Spinoza diceva : non hai bisogno di uno scopo; hai  bisogno di chiarezza.

Ma è proprio il SuperIo, ossia la Coscienza, a mostrare che non c'è inizio e non c'è una fine senza un fine. Lo scopo, o il fine,  mostra ciò che hai scelto come ideale dell'Io.

La coscienza pone di fronte all'io tre universali : il vero, il bello, il bene. A quale dei tre dare la priorità? Quello da cui si comincia suscita le circostanze esteriori.

Le circostanze non sono altro che il prodotto dell'io interiore.  "Diventa ciò che sei" : è ciò che la coscienza dice all'io. Ciò che vuoi essere suscita le circostanze esteriori che ti permetteranno di divenire ciò che sei. L'io interiore non vuole essere sopraffatto dall'io esteriore o illusorio, ossia  quello che è determinato dal conformismo dell'immagine e del "salva le apparenze".

La coscienza non consente l'abuso di potere nei confronti dell'io. Dice all'io: cosa scegli come ideale di vita? Se scegli la verità, non puoi accontentarti dell'ipocrisia, della menzogna, dell'omertà; devi essere pronto a morire per la verità.   Se scegli la bellezza, non farti ingannare dall'attrattiva esteriore; dentro ogni bellezza è nascosta una bruttezza. Cosa racconta un volto sfigurato, un volto di dolore? Potrebbe raccontare amore,   ma non bellezza! Infine, se scegli il buono, devi aver fede nell'amore che vince sempre sull'odio.

La verità può fare riferimento alla coscienza individuale e alla coscienza collettiva. L'io che sceglie la propria verità e si contrappone alla verità dell'altro, scarta la coscienza collettiva, ma non riuscirà mai a creare comunione e comunità. 

La bellezza può fare riferimento all'io individuale piuttosto che al noi : la condivisione con la comunità sarà molto esteriore, non raggiungerà mai la comunione. Per avere una condivisione del Noi alla bellezza occorrerà scendere sino all'interiore.

Cosa trovi all'origine e alla fine dell'io interiore? Non una chiarezza, neppure una bellezza.  Trovi un dono d'amore : ciò che hai ricevuto lo devi donare, per non  perderlo. Nella presunzione di aver scelto la verità c'è sempre una menzogna interiore. Nella presunzione di aver scelto la bellezza, c'è sempre non aver fatto i conti con il brutto che si nasconde dentro la bellezza.

Nella scelta di amare e di donare non può esserci presunzione di vittoria :  Caino potrà sempre uccidere Abele, Giacobbe potrà sempre rubare con una menzogna  la primogenitura a Esaù, Davide potrà sempre commettere adulterio con Betsabea (attratto dalla sua bellezza) e uccidere il marito di lei Uria. 

Gesù Signore non potrà mai pretendere dal Padre eterno e onnipotente una vita umana senza dolore e senza morte; ma la verità e la bellezza che Egli mostra di Dio (la vera novità) è proprio  l'onnipotenza dell'amore. All'origine della sua vita umana e alla fine c'è il dono d'amore. Ma questa origine umana viene dalla sua generazione divina : Agàpe è Dio, comunione d'amore.

Ci si può ingannare o fare male il calcolo sulla verità e sulla bellezza, ma non sull'amore. Perchè l'amore non calcola, dona; non fa conto della ricompensa o della gratitudine. L'amore è contento di donare e ha già ricevuto la ricompensa! 

                                don Carmelo Guarini


giovedì 24 luglio 2025

Poesia : La coscienza

                                                

                                    Coscienza,    oltremodo esaltata

                                    in realtà, trascurata e maltrattata -

                                    la  giustizia calpestata 

                                    e la  verità ingannata.


                                    Coscienza, dove trovi la forza

                                    per resistere al conformismo?

                                     Dove trovi il coraggio di dire il vero?


                                      Accetterai la rivolta di vivere l'assurdo?

                                      Nel mistero troverai la pietà per l'esistenza :

                                      un servizio d'amore         distoglie

                                      dall'abuso di potere.


                                      Vuoto -  abbandono  -  nausea

                                       smascherano    -   l'assurdo   -

                                       nell'epoca dell'incertezza

                                       ansia, paura e depressione.


                                        La pace  difficile da conquistare :

                                        la lotta con se stessi più aspra di quella con l'altro - 

                                        più l'altro mi è contrario,

                                        più giusto voglio esser con lui.


                                        Coscienza, non puoi dire : mi piace  -

                                         la giustizia più grande è misericordia -

                                         la verità rende liberi

                                         e sta oltre il mio e il  tuo.


                                         Un servizio d'amore  allontana  l'abuso di potere.


                                                           don Carmelo Guarini


                                      

                                    

domenica 20 luglio 2025

La verità e l' eresia

 Il coraggio dell'eresia si manifesta nei periodi storici nei quali persiste tenace il coraggio della verità.  Nel nostro tempo non c'è coraggio dell'eresia, perchè è scomparso il coraggio della verità. Non si è disposti a morire nè per la verità nè per l'eresia. L'essere disposti a dare la vita è il segno che c'è l'amore per la verità o per l'eresia!

Cos'è il coraggio della verità? E' l'affermazione della relazione autentica.

Cos'è il coraggio dell'eresia? E' la denuncia della relazione illusoria. Non è certamente la verità "fai da te", a proprio uso e consumo.


Alla base del coraggio sia della verità sia dell'eresia c'è un atto di fiducia  nell'altro (la verità è avere fede nell'Altro) o in se stessi (l'eresia è la presunzione di possedere tutta la verità).


Quali sono le conseguenze di una fede mal riposta?

Il coraggio dell'eresia, spinta alle conseguenze estreme, conduce alla creazione della comunità catara, alla setta. Le sette proliferano nei periodi della storia nei quali ognuno si crea la propria verità, la propria ricchezza, il proprio potere. La comunità catara escludeva i peccatori; aveva la presunzione di creare una comunità di perfetti.

Ma già Eraclito diceva : "Harmonia phanerés aphanés kreissòn"  ("l'armonia invisibile è preferibile all'armonia visibile").  La filosofia cristiana ha sempre affermato che l'invisibile è il fondamento del visibile.

La relazione autentica punta sull'invisibile : sa che l'apparenza è ingannevole, che ci sono tanti modi che l'io utilizza per aver ragione del diverso da sè. 

Se la fede nell'altro è autentica, ciò significa che è la comunione a creare la comunità. 

C'è un assistenzialismo di sinistra (ma potrebbe essere anche di destra) che per fare la comunità chiede le sovvenzioni pubbliche. Ma, se davvero vuoi fare la comunità, punta sulla comunione, ossia chiedi a coloro che possiedono di mettere i loro soldi a servizio della comunità. Utopia? No, semplicemente la verità del vangelo!

                                    don Carmelo Guarini

sabato 19 luglio 2025

Poesia : la porta

                                      Colui che  ha detto :   Io sono la porta

                                       è  Dio libero    -     Uomo libero

                                        entra ed esce  - per amare si ferma soltanto.


                                       Colui che ha detto :  Io sono la porta   -

                                         libero passa attraverso la porta  -

                                         nessun potere lo trattiene.


                                        La morte è una porta  -

                                         come la stessa vita  :

                                         attraversala -  intensamente ti trasforma.


                                         Puoi viverla come un gioco,

                                         entrando e uscendo  -  è un dono  -

                                         ciò che perdi è un guadagno!


                                          Così accade  :  non toglie   -

                                           la porta attraversata    -

                                           la forza dello spirito.

                                        

                   don Carmelo Guarini

mercoledì 16 luglio 2025

Psicologia e spiritualità

 Il buddismo in Europa sembra intercettare l'individualismo molto meglio del cristianesimo.


Andrea Riccardi lo sostiene nel suo libro La chiesa brucia : "Invece sembra, talvolta, che la versione europea del buddismo abbia una capacità di attrazione maggiore verso l'individualismo contemporaneo rispetto ad una religione che appare precettistica e comunitaristica. In Italia, dove si calcolano circa 200.000 buddisti italiani, si sta costruendo il più grande monastero buddista d'Europa (legato alla tradizione tibetana). In Francia i buddisti sono 600.000. Una parte del successo della saggezza orientale in Occidente si deve anche alla capacità di stabilire rapporti tra psicologia e spiritualità.". 


Non il sacrificio in sè e per sé, ma la realizzazione della persona. Olivier Clement ne  svela il significato nel suo libro "Taizé  un senso alla vita",  quando scrive : "amare qualcuno significa dirgli : Tu non morirai".

Non  eliminare "la domanda sul mistero dell'esistenza e sul mistero di Dio vuol dire lasciare aperta la ricerca personale  del senso della vita. Ognuno deve poterla cercare : la propria  vocazione e la propria realizzazione. Senza escludere il fallimento di un progetto, che chiede di metterne in campo uno più grande. 


Vita interiore e relazioni autentiche : uno stile di vita che lasci ad ognuno la libertà di sbagliare mentre sta cercando, ed il coraggio di non perdere la fiducia nel cercare ancora. 


Il dono, invece del calcolo, diviene un motore di crescita e di fiducia. E nel mentre si dona, si scopre il modello dominante, dal quale si è dominati : apparire, ingaggiare una competizione con se stessi per superarsi, sino all'impossibile, o meglio sino al collasso psichico e noetico. Il primo dono che si riceve e che si fa è il riconoscimento del limite, dell'errore o della sconfitta, della morte e della sofferenza (che ne è un'anticipazione). Il denaro non è tutto; il potere non è tutto; il divertimento non è tutto. Si diventa il tutto, non si rimane una parte,  quando si cerca l'unificazione del proprio Sè e della propria vita.  Un percorso che ritrovi : fiducia, reciprocità, comunione.

Frère Roger di Taizé diceva : " Quando la Chiesa ascolta, guarisce, riconcilia, essa diventa ciò che di più trasparente ha in sè stessa : il limpido riflesso di un amore."  Psicologia e spiritualità guariscono ciò che è malato nella psiche e nello spirito : guariscono dalla droga e dalla ludopatia, dall'alcool e dalla ubbriacatura di chiacchiere, dal bullismo e dalla violenza.

                                       don Carmelo Guarini

                                                              


martedì 15 luglio 2025

Il risveglio spirituale

 Il risveglio spirituale è ancora un'attrattiva per la persona e per la comunità ?

Storia di una sconfitta , un libro di Francesca Perugi, racconta la Chiesa in Europa tra il 1986 e il  1993, quando C. M. Martini è stato presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa. Perchè la  collegialità affettiva ed effettiva tra i vescovi trova difficoltà di attuazione? Perchè i vescovi non riescono ancora, a più di 60 anni dalla fine del Concilio, a superare la contrapposizione tra conservatori e progressisti? Ancora durante il pontificato di papa Francesco abbiamo assistito ad una commedia di accuse, di insulti verbali, indegni sulla bocca di un cristiano, tanto più dei pastori!

C'è bisogno di ricordare che l'esser cristiano comporta di vivere  l'amore reciproco, che Gesù Signore ha lasciato in eredità come il comandamento nuovo? 

La testimonianza del Vangelo è l'annunzio di un mondo nuovo, di un'umanità rinnovata dall'amore. E questa testimonianza inizia con lo scambio di esperienze, con il confronto sincero su ciò che si crede, con l'ascolto attento di chi dice di non credere ma è alla ricerca di una vita spirituale.

Quale testimonianza può dare la comunità  cristiana ?  Una vita di comunione. Proprio in questo tempo in cui il modello dominante e omologante è la persona in concorrenza con se stessa per superare se stessa, sino al collasso psichico e noetico. La concorrenza non è più con  l'altro, sempre più ignorato e verso cui domina l'indifferenza. 

Dare la parola ai laici può essere ancora un gesto paternalistico. I laici devono conquistarsi la parola dentro la chiesa : devono imparare a vincere l'omertà e anche quella falsa prudenza che tanti preti hanno spesso praticato, intenti più a salvare la poltrona e il prestigio della propria persona piuttosto che la comunione della comunità.

Un dibattito aperto può mostrare che esiste una insufficiente preparazione catechistica, dovuta anzitutto all'insufficiente aggiornamento di parroci e catechisti. Ammettere di aver bisogno di una formazione permanente è il punto di ripartenza.

Il risveglio spirituale riguarda sia la persona sia la comunità. La persona ha necessità di unificazione interiore : la meditazione e l'aggiornamento culturale la garantiscono. La comunità deve sviluppare la comunione attraverso relazioni autentiche: lo scambio sincero di idee ed esperienze assicura la crescita. Alla base del risveglio della persona e della comunità c'è la fede-fiducia che non perde mai la speranza presente nelle parole di Gesù Signore.

                             don Carmelo Guarini

sabato 12 luglio 2025

La nausea - il vuoto - lo smart

 Il percorso che va dalla nausea (il romanzo di Sartre) e dal vuoto (diagnosticato da Viktor Frankl come mancanza di significato) sino allo smart e al like mostra continuità e discontinuità. La continuità la si trova nella prestazione che il soggetto individuale deve esibire anzitutto a se stesso, esponendosi in questo modo non solo al collasso psichico, ma anche al collasso noetico. Ancora in continuità tra nausea - vuoto  e smart - like c'è la differenza evidenziata dalla fenomenologia tra segno e significato. I dati digitali sono soltanto segni; il significato è da trovare e da donare. Non a caso Byung Chul Han afferma che lo storytelling è vendere storie, non è narrazione di comunità e di relazioni autentiche.

      Se manca l'incontro,  è  perchè non ci sono esperienze di contatto.        Non si può parlare di comunità. 

Il selfie e il like sono il sintomo del tempo che manca di collegamento tra passato e avvenire: tutto viene bruciato nel presente. Il legame tra ciò che si vive e ciò che si narra è interno, non può essere imposto dall'esterno. La relazione che consente l'approfondimento dell'incontro richiede che il soggetto individuale sappia trovare nei necessari momenti di sconnessione ciò che impedisce alla relazione continua l'accesso all'interiorità dell'altro.

     Ogni inferno può essere sopportato e superato se lo si racconta e lo si confessa.    Il suicidio è il risultato di un blocco narrativo.

L'intelligenza artificiale non è capace di pensare con passione e con pietà; non è un'intelligenza appassionata. Il racconto instaura una relazione di fiducia, mettendo al centro il Noi, non l'Io o il Tu soltanto. Perciò risultano insufficienti il tradizionale dottrinarismo e il tradizionale moralismo. Eckhart faceva notare, tanti secoli fa, che Gesù è Lebensmeister (maestro di vita), perchè dona la vita. Gesù non si è presentato come maestro della legge, semmai come Colui che supera la legge, perchè è prima della Legge. Maestro anche  di verità e di via. 

       Lo smart e il like non creano relazioni  autentiche :   sono una protesi per l'autostima, non guardano all'interiorità che crea la relazione.

L'approfondimento della relazione dipende dal come  e dal quanto si coltiva la vita interiore :  da quanto tempo si dedica alla vita spirituale personale e dalla distanza che si assume nei confronti del modello sociale dominante. Saper raccontare la storia di una sconfitta è tanto importante quanto raccontare la storia di una vittoria, perchè questa non finisca per essere la vittoria di Pirro. 

Il cristianesimo prende atto della  crisi, ai nostri giorni in Europa, molti secoli fa in Oriente (in Egitto, in Siria, in Cappadocia, ...) per essersi identificato con la cristianità.   Una riflessione teologica sulla natura della comunità e della comunione può mostrarne la differenza, risalendo  alle origini nel confronto con la cultura greco-romana ed ebraica. 

La teologia cristiana distingue già nel testo neotestamentario tra Koinonìa  e  Agàpe. La Koinonìa è l'organizzazione esteriore della comunità, così come la diaconia e la marturia. L'Agàpe è la vita interiore, ossia la vita trinitaria che è donata all'interno di una relazione di fede e di grazia. E' chiaro che una comunità senza vita trinitaria rischia di apparire un'organizzazione non governativa. Non è il dovere, ma la libertà di donarsi che assicura la comunione nella comunità. Joannes Duns Scoto aveva detto che Dio è libertà assoluta (è superiore ad ogni idea di Legge) e nello stesso tempo è Agàpe (relazione d'amore che impedisce di cadere nell'anarchia). Il Padre ama liberamente il Figlio e si dona a Lui; il Figlio ama liberamente il Padre e si dona a Lui. La reciprocità dell'amore è la conferma dell'Unità di Dio : l'amore reciproco sottolinea l'unità, non il molteplice. La libertà umana è relativa, non assoluta, e non può ignorare che si realizza nella relazione (l'anarchia è un'illusione della libertà).

La nausea, il vuoto, lo smart e il  like nascono dalla mancanza di fiducia nella relazione d'amore tra l'Io  e la comunità.  Tra l'unità (che è il fine o lo scopo verso cui deve tendere ogni Io) e il molteplice (la comunità senza comunione si perde e si disperde) c'è un facilitatore, ed è il racconto.

Il perchè e il modo in cui si racconta può facilitare o impedire la comunione. La teologia cristiana deve interrogarsi su ciò che ha impedito la comunione, sul perchè è stato prodotto tanto scarto (le eresie, le divisioni, che hanno esercitato sempre più attrazione che non la comunione), sul perchè la testimonianza cristiana non sia riuscita a far prevalere la pace sulla guerra, la giustizia sull'avidità, la povertà sulla ricchezza, il servizio d'amore sul potere. Allora LA CRISI POTREBBE DIVENTARE L'OPPORTUNITA' di UN NUOVO INIZIO. La tradizione non deve dimenticare, nello sguardo al passato, il ritorno alle origini, ossia il tempo in cui l'innamoramento era operoso e fruttuoso.

                               don  Carmelo Guarini

martedì 8 luglio 2025

PACE o\u GUERRA ?

 Pochi hanno parlato di pace, in questi anni. Molti hanno parlato di guerra, come se fosse un gioco non pericoloso!

Anche scienziati e intellettuali hanno parlato poco di pace. Ha scritto Leonardo Sciascia in La scomparsa di Majorana : "L'incontro con Heisenberg crediamo sia stato il più significativo, il più importante, che Majorana abbia fatto nella sua vita : e più sul piano umano che su quello della ricerca scientifica." .   Continua Sciascia : "Heisenberg viveva il problema della fisica, la sua ricerca di fisico, dentro un vasto e drammatico contesto di pensiero.    (...)   Chi, sia pure sommariamente conosce la storia della bomba atomica, è in grado di fare questa semplice e penosa costatazione : che si comportarono liberamente, cioè da uomini liberi, gli scienziati che per condizioni oggettive non lo erano; e si comportarono da schiavi, e furono schiavi, coloro che invece godevano di una oggettiva condizione di libertà.".

Furono liberi gli scienziati che non fecero la bomba atomica. Furono schiavi gli scienziati che la fecero: non solo Oppenheimer, ma tutti coloro che vi collaborarono (perchè lavoro di squadra). Continua Sciascia che furono gli scienziati liberi (in realtà schiavi) che proposero la bomba, vi lavorarono, la misero a punto e la consegnarono ai politici e ai militari.  Non lo fecero invece Heisenberg e gli altri che a Lipsia lavoravano al progetto pila atomica. Oggi sappiamo tutti che per fare una centrale atomica, occorre arricchire l'uranio al 4\100 ;  mentre per fare la bomba, occorre arricchire l'uranio al 90\100.

La divisione della comunità scientifica internazionale portò alla bomba atomica e alla guerra. L'unità avrebbe portato alla pace e al solo uso della pila atomica. In secondo luogo: se gli scienziati fossero stati più saggi e attenti al giudizio etico, avrebbero potuto anche risvegliare nei politici ciò che la scienza può fare per il bene dell'umanità, e ciò che non le è permesso fare.

La pace è opera di tutti : ognuno mette il proprio tassello per renderla possibile e operosa. Così, occorre essere molto attenti a non giocare con la guerra, perchè porta distruzione non solo a chi la subisce ma anche a chi la provoca. Tutto è perduto con la guerra : ripetevano i papi nel Novecento. E papa Paolo VI all'ONU ripeteva : Jamais plus la guerre. Jamais plus la guerre.

Sui social c'è troppo tifo per una parte o per l'altra dei belligeranti : è un segnale di accettazione della guerra e di rinuncia a lavorare (non tanto a parlare) per la pace.

La pace è la lettera A dell'alfabeto. La guerra è  quasi alla fine dell'alfabeto : o\u

Con la pace c'è sempre speranza. Con la guerra tutto finisce.

                                             don Carmelo Guarini

lunedì 7 luglio 2025

La chiamata e il tradimento

 Erich-Emmanuel Schnitt ha scritto nel suo racconto-testimonianza La sfida di Gerusalemme  (ed- LEV)  : 

"Gesù ha chiesto a Giuda di denunciarlo. Ha preteso da lui che sacrificasse la propria reputazione e la propria integrità, proprio lui, l'intellettuale, l'istruito, lo specialista delle Scritture, il tesoriere che gestisce le questioni finanziarie del gruppo. E per l'appunto Giuda stringe in mano la borsa : denaro ne ha già, mai avrebbe deciso di tradire per qualche moneta, come si sosterrà per secoli. Lo fa per amore.                      (.......)             Ha ricevuto l'ordine da Gesù, un'ingiunzione che l'ha annientato.  Nel Vangelo secondo Pilato avevo spinto al limite la mia lettura dell'Ultima Cena :  due sacrifici sono alla base del cristianesimo, quello di Giuda e quello di Gesù.".

 In realtà, i due sacrifici che stanno alla base del cristianesimo sono quello del Padre e quello del Figlio.  Che a Giuda sia mancata la grazia per non tradire e rimanere fedele alla chiamata, questo resta mistero del Padre e del Figlio.

Che Gesù avesse scelto per Giuda il ruolo del traditore, dopo averlo chiamato ad essere apostolo, sarebbe una contraddizione. Gesù non poteva chiedere a Giuda di essere contemporaneamente suo amico e traditore : avrebbe creato una confusione spirituale tra la chiamata e il tradimento. Che il denaro non sia stato l'unico movente del tradimento, può essere, ma senza dimenticare quella parola di Gesù che si deve  scegliere  "o Dio o il denaro". Talmente forte è il potere del denaro che  si rischia sempre di metterlo  ad di sopra e al posto di Dio, ossia di farne il proprio Dio. D'altronde Gesù, Dio Figlio, avrebbe potuto compiere ugualmente il sacrificio della propria vita senza il tradimento di Giuda, esponendosi in altro modo al processo del Sinedrio e di Erode, e al secondo processo di Pilato. Infine, il doppio  processo e la doppia  condanna da parte del potere ebraico e del potere romano non vengono giudicati da Gesù Signore in altro modo che col perdono : "Padre, perdona loro, chè non sanno quello che fanno."

Una chiamata d'amore chiede una risposta d'amore.  Il tradimento può anche essere perdonato: a Caterina da Genova (Fieschi Adorno) che gli chiedeva cosa ne avesse fatto di Giuda, Gesù rispondeva che non glielo avrebbe detto, lasciando così aperta la possibilità della salvezza anche per il traditore.

Ha scritto Thomas Merton a proposito della vita  interiore del cristiano : "Quando la religione perde il suo entusiasmo e diviene stereotipata, i fedeli vivono e si muovono ad un livello in cui la fede è troppo debole e troppo distratta per condurre ad un qualche risveglio interiore. Anzicchè fare appello all'io interiore più profondo, la religione così infiacchita si limita ad agitare le emozioni inconsce dell'io esteriore.". Non a caso Gesù, la notte dell'agonia, ha chiesto a Pietro, Giacomo e Giovanni di vegliare!  Preghiera è attenzione a ciò che si sta vivendo!

Giuda aveva distolto l'attenzione, come gli altri undici, dalla chiamata a fare la volontà di Dio: per questo Gesù è stato non solo tradito da Giuda, ma anche abbandonato dagli apostoli che aveva considerato suoi amici.

                              don carmelo Guarini

sabato 5 luglio 2025

Pensiero e Dolore

 Il primo regalo che si può fare agli amici è raccontare una storiella.  Non ha importanza se fa piangere o ridere. L'essenziale è che colpisca nel segno, come avviene per il Pensiero e per il Dolore. Per colpire il pensiero nel segno, occorre una verità che sia poesia. Come quella seguente, di Victor Hugo.

Siate come l'uccello posato per un attimo \ su rami troppo fragili \ che sente la fronda piegarsi e canta tuttavia \ sapendo di avere le ali.

La verità che colpisce, unisce il quotidiano e l'ideale, la luce e la tenebra. 

Teresa di Lisieux, negli ultimi giorni della sua vita, aveva fatto l'esperienza delle tenebre, per potere condividere l'incredulità coi non credenti. Sorpassando l'ambiente del suo secolo, soffriva il male del secolo successivo, l'incredulità, che è  la morte di ogni speranza. Il suo desiderio era di lanciare sugli increduli una pioggia di rose. 

La sofferenza donata cambia la vita : da passione inutile (Sartre)  la vita diviene  passione utile, perchè trasforma (V. Frankl).

La sofferenza passa, ma l'aver sofferto non passa mai.       Giobbe, che dopo aver sperimentato ogni forma di dolore fisico e spirituale, dice a Dio la sua gratitudine : 

                                       "Io so che puoi tutto.

                                         Niente ti è impossibile.

                                          ..............................

                                         Tu mi avevi chiesto di ascoltarti  \ mentre parlavi

                                          e di rispondere alle tue domande.

                                          Ma allora ti conoscevo solo per sentito dire,

                                           ora i miei occhi ti vedono.

Chi l'avrebbe mai detto che il Pensiero e il Dolore sono così strettamente legati da non poter  fare esperienza dell'uno senza che sia presente anche l'altro? Che non si può pensare senza fare esperienza del dolore! E che l'aver sofferto, risponde a tante domande che restano insensate per la ragione.  Teresa di Lisieux è moderna, dice Guitton, per la condivisione dell'incredulità con gli increduli e per il suo abbraccio alla sofferenza, che si muta in gioia nel momento in cui la si condivide!

                                      don Carmelo Guarini

martedì 1 luglio 2025

Ossessioni e tabù

 Ossessioni e tabù, sebbene siano all'opposizione (le ossessioni alimentano le illusioni, mentre i tabù dichiarano la delusione evitando qualsiasi decisione), alimentano la confusione tra competenze e orientamento.

Se nella prima modernità il modello dominante era il prevedibile, nella tarda modernità il modello dominante è il probabile (non a caso la fisica quantistica ha superato la fisica newtoniana).

Quali sono le ossessioni della tarda modernità?

 E' tornato il potere-dominio della forza : la guerra è il mantra degli imperi; la diplomazia non conta, perchè il pensiero e la ragionevolezza non riscuotono più adesione. Al divide et impera degli imperi si aggiunge il dominio del calcolo sul dono: aumenta la disparità tra ricchi e poveri, perchè i ricchi hanno scelto di accumulare ricchezza e di  non condividere. La tecnica si preoccupa di sviluppare armi nuove, anche quelle cibernetiche, per la guerra, non per la pace.

Quali sono i tabù della tarda modernità?

La morte biologica viene rimossa, anzi si crea l'illusione di poterla ritardare, e con l'aiuto dell'intelligenza artificiale di poterla sconfiggere.  Ma parlare di immortalità biologica (questa è una delle aspirazioni illusorie dell'intelligenza artificiale) è dichiarare l'adesione ad un altro tabù : lo spirito. Un terzo tabù, ma è collegato ai primi due, è che il paradigma del dono è stato sconfitto dal paradigma del calcolo. Quì l'ossessione finisce per coincidere con il tabù. 

Si possono superare ossessioni che illudono  e tabù che rinunciano al pensiero?

Le competenze sono necessarie, ma non bastano. Per decidere, occorre superare le divisioni.  Se non si decide,  si rimane paralizzati a motivo delle divisioni. La paura di affrontare la storia e lo spirito rende impotenti : invece di affrontare la sfida con alternative nuove  rispetto al passato, si finisce col rimanere prigionieri della storia di guerra, e del calcolo che ha prevalso sul dono. Ora il futuro si gioca non tanto o non solo sul paradigma ortodossia - eresia, ma sul paradigma ortoprassi - eresiprassi.  L'eresia della prassi è proprio la contro-prassi : la schizofrenia tra ciò che si vive e ciò che si pensa e si dice. Quando si parla di pace e poi si fa la guerra, è evidente che non c'è ricerca di unificazione. Quando si sceglie la statistica (i big data) per vincere la sfida dell'avvenire, è chiaro che non si è riflettuto sulla differenza tra avvenire ed etenità. Questa differenza non è la filosofia a dirla, e neppure l'intelligenza artificiale può dirla. Soltanto un fenomeno può dirla, ed è la morte. 

La storia e lo spirito difendono il primato del fenomeno che incontra il pensiero. Può essere il Logos o il Tao, i quali nonostante le sfumature culturali, dicono l'umanità che incontra il cosmo.

Il pensiero umano  deve decidersi a scegliere tra la tecnica e lo spirito, tra il calcolo e il dono (calcolo incommensurabile). La morte biologica da tabù si è trasformata in ossessione. La guerra è evoluta in un ibrido di tabù e ossessione. L'idea della realizzazione individuale e della prestazione è portata all'estremo sino al collasso psichico (il burnout). Gli Imperi devono capire che i popoli non vogliono più essere dominati. La nazioni devono capire che, accanto alla sovranità nazionale, occorre superare le divisioni (che impediscono la pace e lo sviluppo).

L'Io illusorio, quello che vive di esteriorità e di tecnologia, dev'essere abbandonato a favore dell'Io autentico, che sviluppa interiorità e relazioni. Al di là delle ossessioni e dei tabù, c'è una comunità che chiede agli individui di superare divisioni antiche e nuove, per trovare  la forza dell'unità che affronta e insieme vince ogni sfida.

                                     don Carmelo Guarini