Dopo aver ascoltato il discorso di papa Francesco al 5° Convegno Ecclesiale di Firenze, si sente il desiderio di non ascoltare altro, non per disprezzo di alcuno, ma proprio perché in quel discorso c'è tutto quello che si deve meditare e progettare per uscire dalle "sicurezze che danno il potere e l'immagine" (tentazione pelagiana l'ha
chiamata il Papa) e per abbandonare le parole vuote che non dicono nulla (la tentazione dello spiritualismo gnostico), e per immergersi nella storia dei peccatori, dei poveri, degli ultimi, con il "giubilo di Francesco d'Assisi" e "l'umorismo di Filippo Neri" (cito ancora dal discorso del Papa).
Riprendere in mano l'Evangeli gaudium per fare esercizio di Vangelo vissuto: così s'impara lo stile sinodale. Diciamo la verità: i sinodi diocesani che si sono tenuti in Italia, negli ultimi vent'anni, sono stati perlopiù un qualcosa di formale (per dire che si è fatto il sinodo, inviando poi a Roma il documento finale), hanno trovato poco coinvolgimento nel popolo (a Milano, quando gli Ariani, forti dell'appoggio dell'imperatore, minacciavano l'unità e la verità della Chiesa, il popolo acclamò Ambrogio vescovo). Non è ancora il "popolo di Dio" che potrà salvare la Chiesa italiana dalla tentazione pelagiana e gnostica?
La sfida sarà intorno al Vangelo vissuto, "con umiltà, con disinteresse, con beatitudine"; tutto il resto è chiacchiera! il don
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