Qual è la felicità più grande? Ora, non esiterei a dire: "vivere morto".
Vivere morti a se stessi, per vivere l'Altro e gli altri!
Due testi in poesia ne aprono la porta.
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Il primo è il finale dell'Inno alla Materia di Pierre Teilhard de Chardin :
- Portami su, oh Materia, attraverso lo sforzo, la separazione e la morte,
- portami dove sarà finalmente possibile abbracciare castamente l'Universo.
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Il secondo testo è il finale della poesia di Thomas Merton, intitolata Ode al secolo
presente :
- Ma se amate le ricchezze e le falsità,
imparate a coniarvi d'auro coraggio
nell'immagine del sovrano di ogni Misericordia,
volgete la vostra brama in umiltà e perdono,
fuggite i vostri deserti di centrifugo desio:
e poi andate, in cerchi pacifici, fino alle profondità della vita
e nascondetevi al vostro ardente demone di mezzodì
là dove sgorga limpida acqua di roccia e muore in circoli.
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In questi due testi, la spiritualità e la mistica hanno riconquistato il cuore e lo spazio
che la morale aveva sottratto agli osservanti delle regole. Dio vuole la felicità dei suoi figli, non il loro rimanere tristi nel dolore e nella morte, sopraffatti da una legge che non guarisce il cuore e lo spirito. La felicità più grande è l'unità della persona, ossia il dono di un'armonia tra corpo, psiche e spirito. Questa unità la si raggiunge
prima e meglio, uscendo fuori di sé e vivendo l'Altro e gli altri, come diceva Chiara Lubich, facendo la volontà di Dio e non la propria volontà, amando il prossimo e non se stessi. I cristiani sono diversi l'uno dall'altro, ma sono uno, grazie allo stesso amore
che circola nella loro vita, come fosse lo stesso sangue. il don
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