L'avventura di voler appartenere solo a se stessi, prima della generazione
sessantottina e poi delle generazioni seguenti di giovani e giovanissimi,
è sfociata nel non appartenere più a nessuno, né a Dio né alla tradizione né a nessun Altro. Solo a se stessi e al caso!
Sciolti i legami, per appartenere solo a se stessi, si corre il grosso rischio di
passare attraverso ogni esperienza possibile e di ritrovarsi alla fine più vuoti e disorientati rispetto al punto di partenza. Come argonauti, il rischio di viaggiare senza la meta di un porto, si finisce preda delle Sirene, delle Arpie, ecc. ...
La coscienza di sé inizia quando riesco a dire: ti riconosco e appartengo a Te, Padre.
Quando inizio a pregare, a mostrare gratitudine per ciò che mi è stato donato, e non
pretendo più di fare a modo mio, mi riaffido allo Spirito e alla tradizione che mi garantisce il disegno d'amore. Allora la Verità illumina la mia vita e le mie scelte.
La Verità va seguita, non piegata al proprio tornaconto!
Nella Verità si scopre l'amore, quello che mi libera da me stesso.
Nella preghiera scopro i limiti e le mancanze che devo correggere: stare solo quando sono tentato di cercare continuamente la compagnia e l'approvazione di altri. Quasi che la coscienza di me stesso debba dipendere dall'immagine che gli altri colgono del mio IO. Grande illusione dell'epoca tecnologica e mediatica: rinunciare ad una vita interiore sempre più vera e amante, per avere un po' di soddisfazione immediata!
il don
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