Un saggio di Milan Kundera, anno 1983, dal titolo "Un occidente prigioniero o la tragedia dell'Europa centrale", induce a riflettere sull'Europa delle nazioni : "il massimo di diversità nel minimo spazio". Rispettare l'identità culturale delle nazioni più piccole dell'Europa centrale significa, dice Kundera, impedire il dominio imperialista delle nazioni grandi. Le nazioni più piccole dell'Europa centrale hanno dovuto difendersi per secoli sia dalla Russia sia dalla Germania, che ne hanno minacciato seriamente l'identità e la soprravvivenza. La Boemia, la Polonia, l'Ungheria sono state minacciate nella loro sopravvivenza.
Una cultura di popolo, e non di elite soltanto, ha reso possibile l'approfondimento della diversità e allo stesso tempo la comune identità culturale.
Il Circolo linguistico di Praga, nella prima metà del Novecento, ha consentito l'approfondimento della cultura boema, e durante l'occupazione sovietica (nella seconda metà del Novecento) gli scrittori sono diventati i traduttori più apprezzati nel mondo. La traduzione, che ha dietro di sè una cultura, è opera incomparabile dell'intelligenza umana, ed è incomparabilmente più significativa se la si confronta con la traduzione automatica dell'intelligenza artificiale, che usa indiscriminatamente : povertà o miseria, grandezza o bellezza, mistero o assurdo, ecc., come se fossero sinonimi e non nascondessero invece in sè un significato filosofico, storico, esistenziale. Potrebbe l'intelligenza artificiale, nella traduzione da una lingua ad un'altra, tener conto della componente culturale, filosofica, storica delle varie lingue?
Proprio per preservare l'identità storico-culturale di un popolo, una lingua deve, nella traduzione in un'altra lingua, mostrare quel "particulare", che come diceva Bembo, esprimeva l'universale della lingua italiana, in un'Italia che non era ancora unita.
La sfida di un'unità sempre più grande si misura sulla capacità di rispetto per la diversità culturale. In questo senso, gli scrittori, i pittori, i musicisti difendono e approndiscono l'identità culturale molto meglio dei commercianti e degli economisti. La sfida per l'Europa, nel panorama mondiale, non è solo quella di mantenere un euro forte; sarà sempre più mostrare la capacità di tenere insieme tante lingue e tante storie di nazioni piccole e grandi che non lasciano perdere un patrimonio di millenni; anzi, a quel patrimonio attingono per il loro futuro.
Ora, dopo secoli, è possibile rimettere insieme ciò che si era diviso. L'Inghilterra, la Svezia, l'Olanda, una parte della Germania, che sino al 1400 avevano in comune il pensiero cattolico ed una prassi comune, e poi a partire dal 1500 hanno sviluppato un proprio pensiero filosofico ed esistenziale, ora potrebbero contribuire all'unità europea proprio con la cultura che ha permesso loro di andare più a fondo nella propria identià. La diversità non distrugge l'unità, non la mette in pericolo; ne valorizza lo specifico in se stessa e nell'altra. Proprio per questo prepara un'unità più grande.
don Carmelo Guarini
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