La novità assoluta cristiana : il Dio fatto uomo non porta tanto l'uguaglianza dentro l'umanità quanto la reciprocità. Il Figlio porta dentro di sè il Padre. Ma il Padre non smette di portare dentro di sè il Figlio. E' questo amore reciproco che lo Spirito Santo evidenzia: non il proprio Io, ma la relazione reciproca.
Con la fine della cristianità del medioevo, la modernità enfatizza l'Io e il concetto di uguaglianza (idea giacobina, non cristiana). La filosofia e la teologia fanno fatica nella creazione di un pensare nuovo, dal momento che il pensiero è rimasto indietro rispetto alla storia.
La reciprocità suppone, per poter essere esercitata, una libertà di tutti nello spirito. E' mancato nella modernità l'approfondimento dell'idea e della pratica della relazione. Nella reciprocità ogni Io può ricevere dall'Altro ciò che gli manca : non c'è solo riconoscimento nella reciprocità, c'è piuttosto un arricchimento vicendevole. La filosofia e la teologia avrebbero dovuto far ripartire il pensiero e la prassi dalla relazione piuttosto che sviluppare l'Io a dismisura.
La reciprocità accellera i processi di maturazione. E aiuta a superare il vittimismo. Per esempio: gli israeliani potrebbero essere rimasti vittima della Shoah, e i palestinesi della Nakba. Il vittimismo è una chiusura sulla catastrofe del passato. La reciprocità apre il futuro. Un altro esempio: nella chiesa cattolica, da più di due secoli, c'è una lotta tra conservatori e progressisti. Questa lotta ha estenuato cattolicesimo e cristianesimo (tutte le chiese cristiane). La teologia non ha messo abbastanza in evidenza che la categoria teologica fondamentale è il comandamento nuovo ("amatevi li uni gli altri, come Io ho amato voi"); e la prassi spirituale non ha evidenziato abbastanza ciò che unisce rispetto a ciò che divide. L'unità di Dio illumina la diversità delle persone, non omologa.
Un' ultima considerazione riguardante la continuità e la discontinuità tra Concilio Vaticano I° (1870) e il Vaticano II° (1962-1965) : il Papa e la collegialità episcopale. Ci si aspetta troppo dal Papa di Roma, quando l'uscita del cattolicesimo dalla crisi in Europa e nel mondo riguarda soprattutto la capacità dei vescovi di vivere la collegialità, che sarebbe una testimonianza e un invito ai cristiani a vivere la comunione. Siamo nella tarda modernità, o forse nella post modernità, per aver compreso le conquiste e i limiti-errori della modernità: ora possiamo giudicare con distacco François Marie Arouet (Voltaire) e riconoscere il valore che attribuiva alla tolleranza, ma anche la sua poca coerenza (una tra le tante, aver continuato a tenere schiavi nella sua casa... avrebbe dovuto liberarli).
Se i cattolici e i cristiani ripartono dalla fede e dalla paratica della reciprocità, allora il processo avviato da papa Francesco, ossia "fratelli tutti, tutti, tutti" potrebbe vedere accorciati i tempi di maturazione di un'umanità più pacifica, più compassionevole e più unita!
don Carmelo Guarini