Fare esperienza spirituale, e di Vangelo, e in più comunicarla, è cosa ottima. Occorre però stare attenti a non incorrere nella spettacolarizzazione dell'esperienza!
Nell'autobiografia di Teresa di Lisieux, il "dottore dell'amore", e precisamente in "Consigli e ricordi", si trova questa sua risposta alla sorella che si diceva preoccupata di dover sempre dare l'esempio alle novizie : "Questa è ricerca di se stessi, falso zelo e illusione. Si racconta che un vescovo, desiderando conoscere un santo che godeva ottima reputazione , andò a trovarlo accompagnato dai grandi del suo seguito. Il santo, vedendo arrivare da lontano il prelato con la sua corte, ebbe un moto di vanità; e per questo volendo reagire ed essendosi accorto che dei bambini giocavano all'altalena su un tronco d'albero, ne fece scendere immediatamente uno e si mise al suo posto. Il vescovo lo considerò un insensato e se ne ripartì senza procedere oltre in accertamenti".
L'intenzione vale sempre molto più che l'azione, che potrebbe nascondere un'apparenza menzognera. Ignazio di Loyola lo dice nella seconda settimana degli "Esercizi spirituali", quando si tratta di fare "elezione" ("eligir") : il terzo grado di umiltà, necessario per fare una buona "scelta", è "preferire di essere stimato stupido e pazzo per Cristo, che per primo è stato ritenuto tale, piuttosto che prudente e saggio in questo mondo".
Comunicare un'esperienza spirituale non è mai mettere in mostra se stessi, ma sempre rinnegare se stessi e dare gloria a Dio soltanto! il don
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