"Unde vulneratus fueras, inde curare" ("Fa' che ciò che ti ferì divenga la tua cura") (vedi Migne, Patrologia latina, 4:649; lo scritto di Cipriano "De zelo et livore") così scriveva Cipriano di Cartagine in un latino che ritrovava la disciplina non solo nell'espressione linguistica, ma anzitutto nell'agire compassionevole. Di fronte alla ferita derivata dal male, sarebbe meglio dire del peccato in quanto riconoscimento del male, non servirebbe la ritorsione violenta contro il nemico che quel male ha procurato, fosse pure il diavolo. Se la misericordia di Dio cura e guarisce la colpa dell'uomo, allora l'uomo stesso ha un unico modo per vincere la colpa: riconoscendosi bisognoso di cura e di guarigione, egli deve aiutare il nemico a diventare amico di Dio; ancora deve aiutare il nemico dell'uomo a divenire suo amico. Se l'ira ha creato un conflitto insanabile tra te e l'altro, fa sì che la mitezza ricrei la pace tra te e lui. Se l'orgoglio o la superbia ha offuscato il tuo sguardo, fa in modo che l'umiltà ti tolga dalla nebbia e tu veda sereno come in una giornata di sole e tramontana. Se l'ambinazione ti ha portato lontano da te stesso, riavvicinati a te stesso servendo il tuo prossimo. Se Dio era per te un'idea lontana e astratta, digli che ti doni la fede-fiducia perchè possa avere con Lui una relazione come tra due innamorati! il don
Nessun commento:
Posta un commento