Il lavoro e la prestazione, quando divengono un'ossessione come nel nostro tempo, conducono al collasso psichico della persona e alla frantumazione delle relazioni. La competizione sfocia nello schematismo stimolo - reazione, il riflesso condizionato di Pavlov.
Qual'è il confine tra azione e inazione? E quale il confine tra un pensiero libero ed un altro condizionato?
Il lavoro conduce all'isolamento tra gli esseri umani : il lavoro finalizzato al guadagno (possedere e accumulare - consumare ) disgrega le relazioni. La comunità si rafforza soprattutto nel tempo della festa : i legami si rafforzano grazie alla celebrazione e alla gratuità - bellezza della festa. Non a caso il libro più importante di Harvey Cox non è stato La città secolare ( un best seller ) ma l'altro suo libro (meno diffuso) La festa dei folli. Rimaniamo meravigliati leggendo queste parole nell'Etica nicomachea di Aristotele : "Se dunque a chi vive si toglie l'agire, e ancora più il creare, che cosa resta se non la contemplazione?". La vita contemplativa ( biòs theoretikòs ) è superiore alla vita attiva (biòs politikòs ).
Victor Frankl , il fondatore della logoterapia ha parlato di tre valori che guidano l'agire umano : i valori di produzione, i valori d'esperienza, i valori d'atteggiamento; i primi sono il frutto del lavoro, i secondi della creatività, gli ultimi della contemplazione (ossia il senso della vita e basta). Come ha affermato Byung-Chul Han : "L'inazione in quanto tale è digiuno spirituale, motivo per cui è capace di guarigioni miracolose.". ( Vita contemplativa ).
Cos'è il confine tra una zona e un'altra? E' un limite ed una risorsa! Non è un limite invalicabile (come sarebbe un muro), è una zona di transito, scambio di risorse.
Quando non si transita più tra il virtuale ed il reale, si crea un muro tra il pensiero libero ed il colonialismo digitale ( il cellulare diventa il sostituto della relazione umana). Quando si ricorre alle droghe per allontanare il vuoto, l'ansia, la depressione, il non-senso, si rinuncia alla ricerca del proprio Sè; cresce la confusione tra pensiero chiaro e oscuro, tra l'astratto ed il concreto, tra l'ideale ed il reale.
Come afferma Byung-Chul Han : "L'esperienza non è il risultato del lavoro e della prestazione, non la si può produrre mediante l'attività.". Il secolo scorso ha visto l'apoteosi del lavoro e della prestazione. Dall'inizio di questo secolo assistiamo al collasso psichico prodotto dal lavoro e dalla prestazione. Se nel secolo scorso Vita activa di Hannah Arendt accendeva la passione per il lavoro e l'azione, ora si rende evidente il bisogno di vita contemplativa e di relazione autentica.
La tradizione può oscurare le origini. All'inizio del cristianesimo c'è stata una rivoluzione riguardo al potere - al sapere - all'avere. Il potere diventava servizio: il diacono sostituisce lo schiavo. Il sapere cristiano rivalutava il lavoro fisico considerato dai Greci prerogativa degli schiavi; annullava il muro invalicabile tra lavoro intellettuale e lavoro fisico. L'avere diveniva condivisione, comunione dei beni tra chi ha di più e chi di meno.
Tommaso d'Aquino, non per prurito della ragione affermava che la vita contemplativa è superiore alla vita attiva. Proprio nell'episodio evangelico di Marta e Maria si trovava la risposta: la vita contemplativa illumina e dona slancio alla vita attiva. Marta imparò la lezione, dopo essersi lamentata con Gesù: tornò al suo lavoro, lasciando da parte agitazione e preoccupazione; ed il pasto che preparò, risultò più gustoso ai commensali!
don Carmelo Guarini
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