Va detto un grazie alla tutela sul lavoro: la gratitudine non è mai espressa abbastanza. Ma occorre anche ribadire che non si dovrebbe perdere di vista che il lavoro è un diritto; e se poi è vissuto come un dovere ed esercitato con passione, allora ne può venire un sicuro beneficio non solo per colui che lo compie ma anche per coloro ai quali è indirizzato. Questo obiettivo o questo fine lo si potrebbe perseguire, allorchè il lavoro non fosse più considerato nel suo aspetto idolatrico, cioè di mero strumento di guadagno e di realizzazione personale. Si scade nell'idealismo, se si difende la dimensione virtuosa del lavoro, cioè la sua pratica di servizio alla comunità? Ma è proprio la perdita degli ideali, ed è proprio una certa dittatura dell'utile e della prassi a creare, ormai da qualche decennio, uno scadimento nelle relazioni ed uno scivolamento verso il possesso delle cose che sa come di dominio. Il lavoro è qualcosa di più che il semplice mezzo per sostentare la propria vita e quella di qualche altra persona di famiglia. Il lavoro è partecipazione allo sviluppo della creazione (che non è compiuta, ma in via di compimento); è ancora uno strumento privilegiato per cementare la fraternità nella comunità umana. Immagino che dovrebbe essere sempre servizio il lavoro, non solo quello del contadino e dell'operaio, ma anche quello dell'ingegnere e del medico, ... Dico immagino, non per portare il discorso sul fantastico, ma per lasciarne ad ognuno la libertà di scoperta. Perchè è chiaro che solo ciò che si ricerca con passione e si trova con gioia, può essere oggetto di condivisione. Se la tutela sul lavoro è stata necessaria per garantirne il diritto, in tempi in cui l'egoismo umano l'avrebbe ridotto o depredato; ora è davvero il caso di ridire che esso è un diritto-dovere, che necessita perciò di una più impegnativa formazione, ma che a nessuno potrebbe e dovrebbe esser negato, perchè strettamente legato alla dignità umana. Scienza, tecnologia e politica non hanno ancora risolto il problema; neppure lo potrebbero senza l'etica, che guarda più ai comportamenti che alle parole. Se cresce l'egoismo, le relazioni si sfilacciano; e senza relazioni autentiche, i furbi trovano sempre il modo per servire solo se stessi. il don
Nessun commento:
Posta un commento