La morte è soltanto un momento della vita: s'impara a vivere, morendo ogni giorno ad un progetto che può far soffrire un fratello, morendo ad una propria iniziativa tesa ad affermare il proprio io, morendo al desiderio di certezze e di controllo sulla propria vita e su quella altrui. Se si riscopre ogni giorno che la vita e la morte sono un unico mistero, ci si ritrova a rischiare, come l'innamorato che s'avventura in un'esperienza d'amore e non chiede altro se non di far vivere l'amore. Tutti i calcoli che facciamo, tutte le sicurezze che cerchiamo, tutte le vittorie che esibiamo, non sono cose degne della vita. Chi accetta umilmente la morte, non ha più paura di essa e trova il coraggio di iniziare un nuovo cammino, fidando solo nella forza dell'amore. La visita ai defunti è un atto di umiltà di fronte alla morte, di fronte al fatto che siamo mortali; è un atto di fede nello spirito che non si rassegna di fronte alla corruzione del corpo; è un atto d'amore nelle relazioni che non vorremmo finissero. Entrare nel mistero è voler fare esperienza che dal visibile ci si può inoltrare nell'invisibile, che il mondo interiore è molto più ricco e appassionante di quello esteriore. Il vile interesse uccide le relazioni familiari, rende nemici gli amici, innesca una catena di sofferenze, consegna la persona umana (quella propria e l'altrui) all'angoscia della morte. S'impara a vivere e a morire, amando. Si vince quando si sa perdere; si vive quando s'impara a morire. E' troppo poco portare fiori e lumini ai defunti : il dono materiale dice sempre l'incapacità di donare qualcosa di più. Insieme al dono materiale, va donato sempre un di più d'amore, va chiesto perdono per aver fatto soffrire e per aver dato forse la morte al posto della vita. il don
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