Giuseppe De Luca, il "prete romano, di origini basilicatese", così ha descritto la sua infanzia di grazia :
"Mia nonna materna non sapeva leggere e scrivere. Sapeva governare una grande casa, sapeva ragionare, sapeva pregare.
... Con nonna s'andava, a mattina alta, quando ancora l'alba non era che un presentimento dei galli, s'andava in silenzio alla chiesa di Santa Maria; e lì l'arciprete, innanzi alla Messa, leggeva al poco lume di una candela le meditazioni di sant'Alfonso. Le donne, dentro un loro panno nero, inginocchiate per terra nel mezzo della chiesa; gli uomini, ai lati del presbiterio, e noi bambini ora presso gli uni ora presso le altre, svegli, ma come si è svegli la notte; e tutti s'ascoltava quelle parole, nè faceva nulla ai vecchi che già le sapessero a mente. Non mi ricordo distrazioni, in quel tempo. Le mie distrazioni son nate nella scuola".
L'esperienza spirituale nasce come dono di grazia che Dio fa all'infanzia, a quella età che inconsapevolmente sa cos'è l'accoglienza e nella quale i conndizionamenti del corpo e della psiche non sono ancora diventati prepotenti. L'infanzia è la patria e la casa della grazia: una dimora aperta nella quale entra il bello ed il brutto, il vero ed il falso, il buono ed il cattivo. Se la preghiera è un'accoglienza attenta del dono di Dio, allora la fede cresce e si fortifica, scopre la forza e la bellezza della carità, impara la relazione, anche quella col nemico. Nel silenzio, il canto non ha più bisogno di parole: l'anima stessa canta insieme al corpo, sentendosi amata.
Si vive nel tempo e nella storia : il difficile, in ogni epoca come in ogni momento, è di non perdersi, di saper, e dice sapienza, governare, ragionare e pregare! il don
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