lunedì 4 febbraio 2013

la riforma delle riforme

"Il Rinascimento, la Riforma, la necessità incessante delle dispute teologiche, l'Illuminismo soprattutto: ogni prova fu puntualmente superata dalla dottrina ma sembrò strappar via con sè un lembo della corporeità raggiante, della vivida pelle dell'antica vita cristiana : quella vita piagata d'infinito in ogni cellula del suo corpo, teandrica". Così Cristina Campo, in Gli imperdonabili, mostra con grande chiarezza che la difesa della dottrina non bastava per far venir fuori la vita cristiana dalle "secche del Rinascimento"; i sensi soprannaturali avrebbero potuto e dovuto ridare slancio al corpo mistico, al corpo politico, al corpo sociale. Ci furono certo "grandi asceti e mistici della Controriforma" che risalirono alle più alte vette della spiritualità, e le "secche del Rinascimento" offrirono loro l'occasione di mettere a nudo i nemici dell'umanità redenta : il mondo, il diavolo, la carne; ma la spiritualità fu tenuta lontana dal popolo, che dovette soffrire la fame di Dio senza potersi sfamare alla sua vita e alla sua parola. L'arte raccontò e la vita del mondo e la vita della chiesa: divenne palese la malattia della chiesa d'occidente che sacrificò in buona parte l'invisibile al visibile, lo Spirito Santo al diritto canonico, la Parola ai sacramenti; la chiesa tridentina scelse il conflitto con la scienza piuttosto che il dialogo, la scolastica invece della mistica e della spiritualità. Preferì la lacerazione della chiesa alla sua unità, lo sfarzo esteriore alla povertà e alla fraternità evangelica: combattè con virulenza il protestantesimo e l'illuminismo, invece di valorizzare i valori evangelici che quei movimenti portavano in grembo. La dottrina rimase intatta, ma la vita spirituale ne fu impoverita.  Rosmini, nell'Ottocento, parlava delle "cinque piaghe della chiesa" che occorreva risanare: se il medico non cura se stesso, non può guarire l'ammalato; se la chiesa  non avesse prima riformato se stessa, non avrebbe potuto guarire le malattie del mondo. Ora possiamo comprendere che presumere troppo delle proprie forze significa togliere a Dio e al suo Spirito la possibilità di  operare a tutto campo nel "corpo ecclesiale". Ogni riforma comincia sempre restituendo a Dio il primato dell'azione, e facendo in modo che la sua Parola (il Vangelo) diventa vita dell'umanità.  il don

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