Coltivare i legami è l'opposto della competizione estrema tra gli Io. L'attenzione si sposta dall'Ego alla relazione. E questa s'affida più al credere che al vedere.
Nicola da Cusa nel De Icona scriveva : " Se non credi nell'altro, non potrai capire che è possibile." Il credere precede e supera ogni vedere : è questo che il folle (l'idiota) insegna al filosofo. E' considerato follia "il credere più che il vedere". In realtà il credere è un vedere raddoppiato : vede l'esterno e l'interno (che non è certo la parte più irrilevante).
Così, nel coltivare legami vale : il dire e il non dire, il fare e il non fare. Alla competizione estrema che suscita ansia e solitudine, l'esercizio del fare viene prima del dire; e il non dire e non fare vengono prima del dire e del fare. L'ascolto viene prima del dire, e l'inattività vede più in profondità dell'attivismo e della iperattività. Si tratta di recuperare ciò che è andato perduto : il legame di amicizia non impone all'altro un progetto e un percorso, ma vuole comprendere la sua vocazione per rispettarne la realizzazione.
"Chi vuol salvare la propria vita, la perde; e chi la perde, guadagna la vita eterna."
Al di là dell'affermazione dell'Io, al di là della perdita e del guadagno (che sarebbe ancora rimanere nel paradigma del calcolo), ciò che conta per sè come per l'altro è rispondere alla chiamata del donare la vita. Questo è il riferimento più alto e più concreto del creare e coltivare legami. Tutto il resto può riuscire o non riuscire; può esserci un risultato o meno. Ma per spezzare la corsa alla competitività estrema, e per coltivare legami che siano in grado di raggiungere obiettivi comuni, niente è più efficace del dare la vita. Il dono gratuito è già una ricompensa di vita piena. Dopo di ciò, il lasciar fare ad altri è meglio che il fare, come il lasciar dire (l'ascolto) è meglio del dire.
don Carmelo Guarini
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