giovedì 28 febbraio 2013

l'evento

L'attesa dell'evento è legata da Thomas Merton alla voce della Parola :
" POESIA : 1939
Le candide silenti stelle
guidano il loro cerchio ruotante
si sporgono dall'alta aria nera
per ascoltare del mondo dei cigni il canto.
.......................
Mentre la notte ci divora i giorni,
la morte ci spegne gli occhi,
le città inaridiscono e ardono come fiammelle
ma nessuna voce profetizza".
La natura e la storia : il mondo della materia inanimata ed il mondo della materia vitalizzata. La materia e la vita sono due mondi interdipendenti : l'uno non potrebbe esistere senza l'altro. Eppure sono così diversi : il mondo della materia è silente, o meglio il suo è il linguaggio che attende la parola, quando gli sconvolgimenti che provoca o subisce, gettano il terrore nel mondo dei cigni, dal quale mondo vorrebbe ascoltare solo il canto; il mondo dei cigni d'altra parte soffre anch'esso per la notte e la morte, e per l'aridità che tenta di soffocare l'amore, questa potente energia di vita. L'uno e l'altro mondo sono in attesa della voce profetica che dica l'evento nuovo, e da esso l'itinerario verso "cieli nuovi e terra nuova".
C'è una vita che nasce dalla morte, come l'alba di un nuovo giorno si lascia alle spalle la notte. L'evento è più dono di grazia che fatica dei viventi : più lacrime di gioia che pianto d'angoscia. 
        il don

progetto e relazioni

Un progetto non può nascere se non da una certa visione del futuro e da relazioni autentiche. E' necessario che si dica cosa s'intende fare; e l'accordo poggi sulla fiducia reciproca. Più che il tanto rumore, più che l'aggressità nel mostrare tutto quello che andrebbe distrutto, più che l'esibizione del proprio potere, la discussione e approvazione di un progetto comune richiedono un pensare che sappia prevedere (è una caratteristica dell'intelligenza umana la previsione) ed un'azione che sappia interagire. Il confronto sul progetto da realizzare chiede una diagnosa accurata e quanto mai precisa della situazione presente, altrimenti la terapia che si vorrebbe mettere in atto per un futuro diverso risulterebbe errata. L'interazione poi sarebbe irrealizzabile, se non si fosse disposti ad abbandonare la cultura individualista e narcisista, per formarsi reciprocamente ad una cultura della relazione.
Ricorderò un testo, anno 1984, del cardinale Carlo Mria Martini, "Verso la città" , dove parla anzitutto dei mali del presente :
- la prima peste : la violenza
- la seconda peste : la solitudine
- la terza peste : la corruzione
Qual'è lo sguardo di Gesù sui nostri mali? Egli piange, come pianse su Gerusalemme, la città santa che non seppe riconoscere la visita del suo Signore.
Quali potrebbero essere i rimedi ai mali? Il cardinale di Milano, tra l'altro prospettava la ricerca di un nuovo umanesimo, da parte dei credenti e degli uomini di buona volontà. Il soggetto umano, ed i soggetti umani in relazione, dovrebbero ritrovare l'energia di progettare nella libertà un avvenire-divenire che non sia sotto la tirannia della tecnica, del potere economico, del potere politico. Soltanto nella libertà si può progettare e realizzare insieme la fraternità. Che ognuno possa vedere in se stesso e nell'altra la forza della mitezza, l'efficacia della comunione, il coraggio della giustizia.
Se torniamo di nuovo alla scuola del Vangelo, alla narrazione di esperienze che aiutino a risolvere insieme i problemi, possiamo sviluppare relazioni che lavorino per un progetto condiviso. Nè tu devi cedere alla mia idea, nè io alla tua : ciò che noi accettiamo di vivere insieme è una terza idea, la vita nuova del Vangelo!   il don

domenica 24 febbraio 2013

lavoro e preghiera

La regola di Benedetto, seguendo il Vangelo, affermava "ora et labora", cioè prima viene la preghiera, poi il lavoro; infatti a Dio creatore, la creatura deve donare il suo primo lavoro, che è la preghiera, e soltanto dopo può far bene il lavoro per il mondo. Nella cultura contemporanea troviamo rovesciata questa prospettiva : il lavoro viene prima della preghiera, anzi pensa addirittura di prenderne il posto. Nella cultura, nella quale siamo immersi, siamo in qualche modo indotti a pensarla così : tutto per il mondo e per l'umano, niente per Dio. La storia ormai sarebbe soltanto l'uomo a farla; Dio non fa più storia. Tuttavia non possiamo non farci la domanda : se Dio non fa più storia, è perchè s'è ritirato dal mondo, o perchè noi l'abbiamo estromesso? 
Se lavoriamo di più con l'intelligenza, la memoria, gli affetti, scopriamo che la dimensione spirituale rende più efficace il nostro lavoro, siamo trasportati oltre i sensi corporei ed i sensi dell'anima. I sensi spirituali lavorano per la durata più che per il provvisorio; più in altezza che nel guadagno dello spazio; più nell'invisibile e nell'interiore che nel visibile e nell'apparenza. Naturalmente, i sensi spirituali, che la preghiera affina, non vogliono affermare una visione manichea tra interiore ed esteriore, tra visibile e invisibile; più semplicemente vogliono far riscoprire una gerarchia dei valori, ciò che viene prima e ciò che viene dopo. Potremmo anche dire così: la vera preghiera è un lavoro, anzi una grande fatica da parte nostra, da parte di Dio invece è un puro dono di grazia; il lavoro come Dio lo intende è nientemeno che un continuare l'opera della creazione, e non una fonte di guadagno soltanto. Sia nella preghiera sia nel lavoro, si deve sempre tenere insieme i due termini: l'amore a Dio e l'amore al prossimo o al fratello. E' ciò che il Vangelo  insegna intorno a preghiera e lavoro!  il don 

domenica 17 febbraio 2013

esperienza e dottrina

Il pensiero greco ha raggiunto il suo culmine nel pensare l'uomo come "sinolo" di corpo e anima (Platone e Aristotele). Ma "soma" e "psyche" al cristianesimo non son bastati; ha voluto cercare e trovare nell'essere umano l'immagine di Dio. Se ora, in Gesù, Dio si rivela Trinità di persone, l'essere umano fatto a sua immagine, dovrà essere allora : "soma", "psyche", "pneuma". Il pensiero è strettamente connesso al vissuto umano: noi possiamo sperimentare in noi stessi e poi anche negli altri l'agire dei sensi corporei, possiamo ancora sperimentare l'azione dei sensi dell'anima (ragione, memoria, affetti), infine potremmo anche sperimentare i sensi spirituali se ne facessimo esperienza. Lo Spirito Santo agisce propriamente attraverso i sensi spirituali.
Molti di noi, umani, fanno soltanto esperienza dei sensi corporei: questa sperimentazione è la più facile, la più a portata di mano. Pochi di noi, umani, fanno esperienza dell'anima, nel senso che hanno superato quei condizionamenti che bloccano lo sviluppo della ragione, dell'affettività e della memoria; l'anima, essendo mediana tra il corpo e lo spirito, è tirata ora da uno ora dall'altro. Pochissimi di noi, umani e cristiani, fanno esperienza dei sensi spirituali, per il fatto che lo Spirito non può farne dono nè "all'io" e neppure "al super-io", ma soltanto a chi si dispone a far entrare all'interno di sè Dio. La tradizione giovannea e la tradizione paolina,  le due tradizioni teologiche più strutturate, non hanno mancato di far apparire "l'uomo nuovo" come a tre dimensioni, quindi nè a due nè a una sola dimensione. L'uomo a immagine della Trinità, l'uomo cristico prima ancora che cristiano. Questo uomo è e vive un'altra esperienza ben diversa da quella ebraica e greca: non la vive col disprezzo del diverso, ma con la gratitudine di aver ricevuto una grazia-sapienza che egli mai avrebbe potuto raggiungere con le sole forze umane e religiose. Lo Spirito Santo fa la differenza: soltanto il suo dono di grazia può unificare corpo e anima, resuscitando il corpo e rendendolo incorruttibile, e all'anima non fa altro che si lasci trasformare dall'amore che mai più si ripiegherà dentro e sempre uscirà da sè per amore dell'altro. Il cristianesimo non è quasi più un'istituzione umana, come non è quasi più una religione del libro. E' una spiritualità che guidata dallo Spirito di Cristo compie la lettera e la supera, come Dio che non è a immagine dell'uomo ma che ha fatto l'uomo a sua immagine. Per il cristianesimo, ora, la questione vitale emerge sulla questione morale: ciò che Gesù dona è "lo spirito e la vita", non una morale e neppure un'etica; non li dipsrezza, dice soltanto che l'una e l'altra non bastano. Lo Spirito che egli dona è il terzo che non può mancare!  il don

sabato 16 febbraio 2013

esperienza spirituale

Giuseppe De Luca, il "prete romano, di origini basilicatese", così ha descritto la sua infanzia di grazia :
"Mia nonna materna non sapeva leggere e scrivere. Sapeva governare una grande casa, sapeva ragionare, sapeva pregare.
... Con nonna s'andava, a mattina alta, quando ancora l'alba non era che un presentimento dei galli, s'andava in silenzio alla chiesa di Santa Maria; e lì l'arciprete, innanzi alla Messa, leggeva al poco lume di una candela le meditazioni di sant'Alfonso. Le donne, dentro un loro panno nero, inginocchiate per terra nel mezzo della chiesa; gli uomini, ai lati del presbiterio, e noi bambini ora presso gli uni ora presso le altre, svegli, ma come si è svegli la notte; e tutti s'ascoltava quelle parole, nè faceva nulla ai vecchi che già le sapessero a mente. Non mi ricordo distrazioni, in quel tempo. Le mie distrazioni son nate nella scuola".
L'esperienza spirituale nasce come dono di grazia che Dio fa all'infanzia, a quella età che inconsapevolmente sa cos'è l'accoglienza e nella quale i conndizionamenti del corpo e della psiche non sono ancora diventati prepotenti. L'infanzia è la patria e la casa della grazia: una dimora aperta nella quale entra il bello ed il brutto, il vero ed il falso, il buono ed il cattivo. Se la preghiera è un'accoglienza attenta del dono di Dio, allora la fede cresce e si fortifica, scopre la forza e la bellezza della carità, impara la relazione, anche quella col nemico. Nel silenzio, il canto non ha più bisogno di parole: l'anima stessa canta insieme al corpo, sentendosi amata.
Si vive nel tempo e nella storia : il difficile, in ogni epoca come in ogni momento, è di non perdersi, di saper, e dice sapienza, governare, ragionare e pregare!  il don 
 

lunedì 11 febbraio 2013

la comunicazione

Ci ritroviamo ora aldilà del terremoto. Mesagne festeggia la sua patrona e protettrice. E insieme dice la riconoscenza alla donna, anzi alle donne, capaci di ricreare in ogni tempo e in qualsiasi luogo (non solo in chiesa) la comunicazione, per il fatto che esse hanno fatto più tesoro della lezione della Vergine-Madre. Qual'è la vera grandezza della giovane di Nazareth, divenuta madre di Gesù? Il suo attento ascolto della Parola: meditava e conservava nel suo cuore la buona notizia del Vangelo, per poterla subito mettere in pratica. Prima ancora che Gesù iniziasse a fare miracoli nella vita pubblica, la Madre , che conosce la "buona notizia" del Figlio, si preoccupa a Cana perchè non manchino il vino e la gioia. L'amore al Vangelo del Figlio spinge la Madre a farsi attenta  verso uomini e donne. L'amore comunica : attiva la fraternità evangelica.
Dante l'ha espresso, con l'attenzione più che con l'immaginazione, nel canto XXXIII del Paradiso :
"Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,
Umile e alta più che creatura,
Termine fisso d'eterno consiglio;
Tu se' colei che l'umana natura
Nobilitasti, sì che 'l suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.
...........
Quì se' a noi meridiana face
Di caritate ; e giuso intra' mortali
Se' di speranza fontana vivace.
..........
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza; in te s'aduna
Quantunque in creatura è di bontade."
Il violetto, l'ultimo colore dell'iride, il colore proprio della comunicazione, riconduce al primo colore dell'arcobaleno, il colore proprio del sole, il rosso dell'amore.  il don

sabato 9 febbraio 2013

il viaggio e la casa

Lo scontro tra la tradizione e la rivoluzione è reso manifesto nel disprezzo che certi modernisti hanno espresso nei confronti del medioevo, epoca che ritrovava la propria identità nella cerimonia, mentre gli iconoclasti della tradizione erano tutti  intenti alla scoperta della storia e alla rivoluzione che avrebbe dovuto realizzarne il progetto di autonomia. 
Come ha ben segnalato "uno storico appassionato di mistica", Michel De Certeau :
- il ripetitivo è la caratteristica del medioevo (la cerimonia è la memoria della tradizione);
- l'inventivo è la caratteristica della modernità (la scoperta apre sull'avvenire e sul divenire).
Alla modernità non interessa tanto la questione morale, quanto la questione vitale. Ma ciò non vuol dire che la modernità sia disinteressata o indifferente alla crescita (umana e culturale): forse vuol fare la scoperta che l'amore è qualcosa di più grande della morale, che soltanto l'amore è in grado di ri-unificare un progetto di vita personale ad un altro progetto comunitario. La questione vitale è la relazione, appunto. Il luogo dell'uomo del medioevo era la casa (fosse reggia, palazzo o catapecchia, egli s'identificava con la casa): egli si sentiva sulla terra come a casa propria; è vero che avrebbe dovuto lasciare la casa terrena, ma avrebbe trovato dopo morte una casa eterna; era questa fede che lo faceva sentire a casa. Il luogo dell'uomo moderno è il viaggio : il suo luogo è il non-luogo; il suo luogo non è più nemmeno la strada, è piuttosto l'itinerario. Nel viaggio egli scopre di essere straniero a se stesso, scopre anche l'estraneità del mondo; il suo desiderio di onnipotenza si scontra con l'esperienza che egli fa dell'impotenza. Il limite della morte lo sovrasta, come il senso dell'universo sovrasta il senso della "piccola, minuscola terra". L'uomo moderno viaggia, ma non per andare incontro alla meta: può anche arrendersi a questo limite imposto dalla vita di spossessarlo delle cose e di se stesso, ma la mancanza di una meta lo rende imprevedibile e disrmato di fronte all'evento. Non è Dio che non fa più storia; ora è l'umanità che subisce la storia. Chi è l'uomo moderno? Il commerciante, il soldato, il prete non fanno più storia. La storia è un'invenzione moderna, come la bomba atomica. Viene da chiedersi: è stata una grande scoperta o l'inizio di una distruzione apocalittica? L'uomo moderno viaggia soltanto: non semina e non miete; l'invenzione è divenuta per lui un bumerang. O forse potrebbe ancora divenire un'altra umanità!  il don

giovedì 7 febbraio 2013

genio e santità

E'stato un chiaro limite del modernismo quello di aver esaltato il genio e denigrato il santo, specie quello nascosto e umiliato. Il saggio di Jean Guitton su "Il genio di Giovanna d'Arco" mostra il genio della Pulzella di Orleans manifesto e nascosto dentro un mistero di santità. Genialità e santità insieme! La missione della Pulzella di una salvezza terrena ed eterna della Francia è un evento singolare, abbastanza raro nella storia del cristianesimo. La sua laicità riconosciuta da agnostici e miscredenti che non hanno mancato di riconoscere in Giovanna d'Arco una madre della patria, una patrona della Francia che non si tocca. Se la confrontiamo con Teresa di Lisieux, dice Guitton, notiamo qualcosa che fa pensare: Giovanna ha dovuto aspettare cinque secoli per essere canonizzata; Teresa è stata canonizzata ad un lampo dalla sua morte. Eppure Teresa, forse meglio di chiunque altro, ha visto ed espresso in poesia e in dramma la grandezza di Giovanna : la purezza, il martirio, l'amore. Teresa vede la pazienza di Giovanna nella passione, il processo e poi il rogo, più grande dell'ardimento da lei impiegato in battaglia per la riconquista del suolo francese occupato dagli inglesi. Guitton fa notare che la magnanimità è in Giovanna persino più grande del suo coraggio e del suo spirito cavalleresco: ella ha seguito ciò che il padre de Foucault diceva a Massignon : "Non bisogna mai esitare a chiedere posti in cui il pericolo, il sacrificio, l'abnegazione sono più grandi". Al contrario di Teresa, rimasta per tutta la vita nella grazia dell'infanzia, Giovanna ha sperimentato gli errori di una certa mediocrità: la spettacolarità e l'esaltazione delle battaglie e della guerra, e l'ebrezza della vittoria; perciò ha conosciuto la purificazione della spettacolarità nell'umiliazione, e la purificazione dell'esaltazione e dell'ebrezza della vittoria nell'abbandono del processo e della morte sul rogo. Mentre Teresa viene esaltata da Dio per la sua vita nascosta con tanti miracoli dopo la sua morte ed una diffusione mondiale dei suoi scritti (specie l'autobiografia), Giovanna deve scontare la sua vita pubblica e la sua identificazione estrema con la Grandeur della Francia attraverso un processo ed una morte che rendono però la sua esistenza molto più vicina a quella di Cristo. La santità non fa sconti a nessuno, neppure al genio. A ragione Kierkegaard poteva dire che la grandezza di Gesù Cristo non sta tanto nel suo essere genio, quanto nell'essere testimone di un amore a Dio Padre e all'umanità e non disdegna perciò nè l'umiliazione nè l'abbandono. Egli dona la vita perdendola, vince quando tutto sembra perduto.   il don

lunedì 4 febbraio 2013

la riforma delle riforme

"Il Rinascimento, la Riforma, la necessità incessante delle dispute teologiche, l'Illuminismo soprattutto: ogni prova fu puntualmente superata dalla dottrina ma sembrò strappar via con sè un lembo della corporeità raggiante, della vivida pelle dell'antica vita cristiana : quella vita piagata d'infinito in ogni cellula del suo corpo, teandrica". Così Cristina Campo, in Gli imperdonabili, mostra con grande chiarezza che la difesa della dottrina non bastava per far venir fuori la vita cristiana dalle "secche del Rinascimento"; i sensi soprannaturali avrebbero potuto e dovuto ridare slancio al corpo mistico, al corpo politico, al corpo sociale. Ci furono certo "grandi asceti e mistici della Controriforma" che risalirono alle più alte vette della spiritualità, e le "secche del Rinascimento" offrirono loro l'occasione di mettere a nudo i nemici dell'umanità redenta : il mondo, il diavolo, la carne; ma la spiritualità fu tenuta lontana dal popolo, che dovette soffrire la fame di Dio senza potersi sfamare alla sua vita e alla sua parola. L'arte raccontò e la vita del mondo e la vita della chiesa: divenne palese la malattia della chiesa d'occidente che sacrificò in buona parte l'invisibile al visibile, lo Spirito Santo al diritto canonico, la Parola ai sacramenti; la chiesa tridentina scelse il conflitto con la scienza piuttosto che il dialogo, la scolastica invece della mistica e della spiritualità. Preferì la lacerazione della chiesa alla sua unità, lo sfarzo esteriore alla povertà e alla fraternità evangelica: combattè con virulenza il protestantesimo e l'illuminismo, invece di valorizzare i valori evangelici che quei movimenti portavano in grembo. La dottrina rimase intatta, ma la vita spirituale ne fu impoverita.  Rosmini, nell'Ottocento, parlava delle "cinque piaghe della chiesa" che occorreva risanare: se il medico non cura se stesso, non può guarire l'ammalato; se la chiesa  non avesse prima riformato se stessa, non avrebbe potuto guarire le malattie del mondo. Ora possiamo comprendere che presumere troppo delle proprie forze significa togliere a Dio e al suo Spirito la possibilità di  operare a tutto campo nel "corpo ecclesiale". Ogni riforma comincia sempre restituendo a Dio il primato dell'azione, e facendo in modo che la sua Parola (il Vangelo) diventa vita dell'umanità.  il don

attenzione più che immaginazione

"Oblio di tutto il creato,
memoria del Creatore,
attenzione interiore
e starsene amando l'amato".
La poesia di Giovanni della Croce (la strofa di cui sopra è tratta da "Somma di perfezione") conduce sempre dai sensi corporei ai sensi spirituali: non concede molto spazio all'immaginazione e al sentimento; invita sempre ad un percorso dell'oltre. Mai riusciremmo a trovare nel dottore mistico un compiacimento narcisista: per lui l'interiorità è sempre uscire fuori di sè, per amare l'Amato, e in Lui tutte le creature. Si può comprendere allora come, per il dottore mistico, la conoscenza intellettuale ed il vissuto spirituale siano indissociabili: chi scambia la verità con l'errore rischia di sbagliare anche nelle scelte concrete, e chi compie azioni contro la legge dell'amore rischia di finire nello scetticismo intellettuale. L'attenzione interiore è tenere dritta la freccia del cuore su Colui che è l'Amore. Nella dottrina cristiana, lo Spirito Santo è colui che elargisce i doni della sapienza e dell'intelletto, oltre che della scienza e della pietà. Si tratta allora di compiere ogni momento una scelta radicale tra l'amor proprio e l'amor puro: potare i propri gusti, le proprie inclinazioni anche buone, significa vedere spuntare la vita intorno. La notte della fede e l'abbandono dell'amore non sono mai vissuti invano.
Diceva Louis Massignon : "Non si può mantenere il Memoriale dell'Incontro se non entrando nella notte del simbolo".
La "pura fede" ha il modello nell'esperienza dell'annientamento (il "nada") che il Dio-Figlio ha vissuto  come una "morte di Dio" per dar vita all'umanità nuova. Senza amore, la fede muore o si corrompe.  il don