Il percorso che va dalla nausea (il romanzo di Sartre) e dal vuoto (diagnosticato da Viktor Frankl come mancanza di significato) sino allo smart e al like mostra continuità e discontinuità. La continuità la si trova nella prestazione che il soggetto individuale deve esibire anzitutto a se stesso, esponendosi in questo modo non solo al collasso psichico, ma anche al collasso noetico. Ancora in continuità tra nausea - vuoto e smart - like c'è la differenza evidenziata dalla fenomenologia tra segno e significato. I dati digitali sono soltanto segni; il significato è da trovare e da donare. Non a caso Byung Chul Han afferma che lo storytelling è vendere storie, non è narrazione di comunità e di relazioni autentiche.
Se manca l'incontro, è perchè non ci sono esperienze di contatto. Non si può parlare di comunità.
Il selfie e il like sono il sintomo del tempo che manca di collegamento tra passato e avvenire: tutto viene bruciato nel presente. Il legame tra ciò che si vive e ciò che si narra è interno, non può essere imposto dall'esterno. La relazione che consente l'approfondimento dell'incontro richiede che il soggetto individuale sappia trovare nei necessari momenti di sconnessione ciò che impedisce alla relazione continua l'accesso all'interiorità dell'altro.
Ogni inferno può essere sopportato e superato se lo si racconta e lo si confessa. Il suicidio è il risultato di un blocco narrativo.
L'intelligenza artificiale non è capace di pensare con passione e con pietà; non è un'intelligenza appassionata. Il racconto instaura una relazione di fiducia, mettendo al centro il Noi, non l'Io o il Tu soltanto. Perciò risultano insufficienti il tradizionale dottrinarismo e il tradizionale moralismo. Eckhart faceva notare, tanti secoli fa, che Gesù è Lebensmeister (maestro di vita), perchè dona la vita. Gesù non si è presentato come maestro della legge, semmai come Colui che supera la legge, perchè è prima della Legge. Maestro anche di verità e di via.
Lo smart e il like non creano relazioni autentiche : sono una protesi per l'autostima, non guardano all'interiorità che crea la relazione.
L'approfondimento della relazione dipende dal come e dal quanto si coltiva la vita interiore : da quanto tempo si dedica alla vita spirituale personale e dalla distanza che si assume nei confronti del modello sociale dominante. Saper raccontare la storia di una sconfitta è tanto importante quanto raccontare la storia di una vittoria, perchè questa non finisca per essere la vittoria di Pirro.
Il cristianesimo prende atto della crisi, ai nostri giorni in Europa, molti secoli fa in Oriente (in Egitto, in Siria, in Cappadocia, ...) per essersi identificato con la cristianità. Una riflessione teologica sulla natura della comunità e della comunione può mostrarne la differenza, risalendo alle origini nel confronto con la cultura greco-romana ed ebraica.
La teologia cristiana distingue già nel testo neotestamentario tra Koinonìa e Agàpe. La Koinonìa è l'organizzazione esteriore della comunità, così come la diaconia e la marturia. L'Agàpe è la vita interiore, ossia la vita trinitaria che è donata all'interno di una relazione di fede e di grazia. E' chiaro che una comunità senza vita trinitaria rischia di apparire un'organizzazione non governativa. Non è il dovere, ma la libertà di donarsi che assicura la comunione nella comunità. Joannes Duns Scoto aveva detto che Dio è libertà assoluta (è superiore ad ogni idea di Legge) e nello stesso tempo è Agàpe (relazione d'amore che impedisce di cadere nell'anarchia). Il Padre ama liberamente il Figlio e si dona a Lui; il Figlio ama liberamente il Padre e si dona a Lui. La reciprocità dell'amore è la conferma dell'Unità di Dio : l'amore reciproco sottolinea l'unità, non il molteplice. La libertà umana è relativa, non assoluta, e non può ignorare che si realizza nella relazione (l'anarchia è un'illusione della libertà).
La nausea, il vuoto, lo smart e il like nascono dalla mancanza di fiducia nella relazione d'amore tra l'Io e la comunità. Tra l'unità (che è il fine o lo scopo verso cui deve tendere ogni Io) e il molteplice (la comunità senza comunione si perde e si disperde) c'è un facilitatore, ed è il racconto.
Il perchè e il modo in cui si racconta può facilitare o impedire la comunione. La teologia cristiana deve interrogarsi su ciò che ha impedito la comunione, sul perchè è stato prodotto tanto scarto (le eresie, le divisioni, che hanno esercitato sempre più attrazione che non la comunione), sul perchè la testimonianza cristiana non sia riuscita a far prevalere la pace sulla guerra, la giustizia sull'avidità, la povertà sulla ricchezza, il servizio d'amore sul potere. Allora LA CRISI POTREBBE DIVENTARE L'OPPORTUNITA' di UN NUOVO INIZIO. La tradizione non deve dimenticare, nello sguardo al passato, il ritorno alle origini, ossia il tempo in cui l'innamoramento era operoso e fruttuoso.
don Carmelo Guarini