lunedì 28 maggio 2012

letto per voi: L'arte di essere felici

Nella presentazione del testo sull'arte dello Zen ho commesso tre errori di ortografia, per la fretta. Chiedo scusa. Ora si deve dire qualcosa sul testo di Schopenhauer. La domanda  che F. Volpi pone è legittima: si può andare a lezione di felicità da un maestro di pessimismo? Per non rimanere nell'introspezione, bisognerebbe imbastire una conversazione a tre: Hegel, Kierkegaard e Schopenhauer; il primo ritiene ormai inutile il cristianesimo rispetto alle conquiste della modernità; il secondo difende il carattere intellettuale e spirituale del cristianesimo, ma è un testimone individuale e poco ascoltato in Europa; il terzo ricorre alla saggezza indiana e orientale per riscoprire privazione e distacco. E' vero che avidità e rapacità hanno creato infelicità per l'occidente europeo (perchè desiderio di possesso e di ricchezza rende infelici -p.40), e hanno esportato la stessa infelicità in America, in Africa...; ma ciò non è stato perchè l'Europa avesse  preso sul serio il Vangelo, piuttosto perchè l'avrebbe preso poco sul serio. Da lì son derivati tutti i guai! Inoltre non si potrebbe negare che lo sviluppo della scienza, del progresso, delle rivoluzioni e di gran parte dell'arte, sia avvenuto in Europa, non nonostante il cristianesimo, ma forse proprio a motivo del cristianesimo. Senza Giovanna d'Arco i francesi sarebbero divenuti coloni degli inglesi. Senza Galileo e Copernico, gli scienziati sarebbero ancora prigionieri del microcosmo e della mente umana. Senza la Riforma protestante non ci sarebbero state la rivoluzione francese e le altre rivoluzioni in Europa. E l'America sarebbe diventata tale, nel positivo e nel negativo, senza la scoperta fattane dall'Europa? Schopenhauer non saprebbe dire altro se non affermare questo detto di Voltaire: "La felicità non è che un sogno, e il dolore è reale" (citato a p.63). Col Vangelo si potrebbe dire esattamente il contrario:  il dolore diverrebbe soltanto un sogno, se la gioia ne prendesse il posto, come la realtà prende il posto dell'ombra. Svegliati Europa al Vangelo! il don 

letto per voi: Lo Zen e il tiro con l'arco

Il testo di Eugen Herrigel è il racconto di un'esperienza: un professore universitario tedesco si reca in Giappone per imparare, attraverso il tiro dell'arco, il segreto della meditazione Zen. Un Maestro lo guida. Ed ecco un'annotazione della guida: "Il tiro giusto nel momento giusto non viene perchè lei non si stacca da se stesso. Lei non è teso verso il compimento, ma attende il proprio fallimento" (p.46). Il soggetto e l'oggetto devono arrivare ad essere un tutt'uno: la concentrazione viene dall'essere, mentre il fare manca il bersaglio. Ancora un'altra nota del Maestro:"De colpi cattivi non deve irritarsi, questo lo sa da un pezzo. Impari anche a non rallegrasi di quelli buoni. Lei deve liberarsi dell'altalena del piacere e del dispiacere" (p.82). Il successo e l'insuccesso tengono l'io in balìa degli avvenimenti esterni; il distacco invece consente all'io di centrare il bersaglio senza stress e senza tensione. La spiritualità cristiana non dice meno, anzi fa dell'amore non"un'arte senz'arte" (come nel buddismo Zen), ma un'arte per la vita (anche "la morte è vita", come hanno mostrato tanti testimoni del vangelo, mistici comuni). Perchè il cristianesimo è così svalutato in Occidente? E perchè il Vangelo non è preso sul serio? Non è forse esperienza di vita che non muore?

lunedì 14 maggio 2012

una sosta per ricominciare

la lettura di autobiografie e diari offre una comprensione più interiore della persona, rispetto alla conferenza, al trattato e alla quaestio, che rimangono più nell'esteriore. ogni autobiografia è diversa dall'altra, ogni diario rileva segreti nascosti. ciò che vi si scopre, in una lettura attenta, è il momento di illuminazione (quello che segna la svolta) che nasce da un fallimento o da una sofferenza profonda. quando la situazione collassa, allora s'accende una luce che nostra prospettive e orizzonti diversi. leggendo l'Autobiografia di Chesterton, si scopre subito il filo conduttore: l'ottimismo che lotta contro il pessimismo (il pessimismo dell'epoca che dev'essere combattuto con l'ottimismo dello spirito),  la fede contro lo scetticismo. Chesterton sa prendere in giro il " puritanesimo igienico e senza principi" di B. Shaw, l'orgoglio sovrumano di Nietzsche, l'imperialismo e l'estetismo di certi settori della società inglese. questo singolare scrittore inglese mostra che la ricerca è un mettersi in viaggio, divertendosi e affaticandosi, per ritrovare proprio nelle cose più vicine quel mistero che è il vero sapore della vita. si può andare lontano, viaggiando, solo per evadere; si può fare il giro del mondo, e convincersi che la morte non è vita, e la vita nient'altro che nulla. quando si prende la fede sul serio, e la si presenta con spirito di allegria,  non ci si può fermare di fronte al nulla, perchè allora  l'amore diviene la testimonianza di un incontro misterioso e travolgente che ha  cambiato la vita. Inutile buttarsi in un lavoro frenetico e fatto male, per far crescere solo il pessimismo sociale ed il proprio narcisismo. meglio fare una sosta per ricominciare una vita nuova, e ricomporre l'unità tra corpo e anima, tra interiore ed esteriore. il don   

venerdì 11 maggio 2012

la rete spezza le catene

se siamo una catena, basta che un anello si spezzi per restare prigionieri della catena stessa.  l'ideale sarebbe costruire una rete al posto della catena. nella rete, se un filo si spezza, ci sono gli altri fili che la tengono insieme. il simbolo della rete è oggi più significativo di quello della catena; ed è anche più efficace nella dimensione psicologica e sociologica. storicamente la catena è stato più un simbolo e uno strumento di oppressione che non di liberazione. la liberazione degli schiavi che il carisma dei "trinitari" ha attuato nella storia della chiesa, quando la schiavitù era praticata anche da stati cosiddetti "cristiani", ha conosciuto un duplice movimento, espresso in un duplice simbolo: spezzare le catene degli schiavi, farsi schiavi al loro posto accettando le catene ai propri piedi e al proprio corpo. i trinitari crearono una rete di liberazione dall'oppressione della schiavitù, indicando anche il metodo cristiano o evangelico della liberazione, prendere su di sè le catene dell'altro, come Gesù stesso aveva già fatto. oggi, il metodo della rete aiuta a risolvere problemi molto meglio del metodo della catena: il suicidio spirituale, ma anche quello economico o politico, è l'assenza di tutti gli altri, è l'ipertrofia della propria parte e forse ancor di più la presunzione di poter fare meglio senza tutti gli altri. si pensa che da soli si possa  far meglio. si dovrebbe pensare di più: individualismo, narcisismo, attivismo, efficientismo, qualunquismo cercano di distruggere la rete e le relazioni che la rete crea e alimenta. vivere relazioni autentiche serve anche a far bene il proprio lavoro. un lavoro sciatto, fatto male possiede tutti i vizi di cui sopra. il lavoro fatto con tutto l'amore per l'altro crea e rinforza la rete. il don

venerdì 4 maggio 2012

la gratitudine

Se dico grazie, tutto diventa possibile, anche l'impossibile. Diceva Chesterton che gli ebrei hanno acquisito due caratteristiche: una è la gratitudine, l'altra la famiglia; la prima è il frutto della preghiera di ringraziamento ( i salmi sono pieni di grazie), la seconda è il frutto della familiarità con Dio. E' la gratitudine a generare la relazione nuova con ogni persona; è la familiarità con Dio a suscitare la fraternità universale. Se dico grazie, tolgo dal cuore ogni rancore, ogni risentimento, ogni perdita sui sogni della vita. Se dico grazie, riesco ad avere il coraggio di mettere a frutto ciò che mi è rimasto, di concentrarmi su ciò che Dio vuole in questo momento, di non rimanere prigioniero dei rimpianti. Ogni persona, come ogni popolo, deve trovare sempre la parola chiave per realizzare il proprio disegno di vita, facendo dei fallimenti e dei limiti un trampolino di lancio, perchè proprio sulle macerie dell'umano, il divino acquista più forza. Se dico gratitudine, dico anche sapienza del cuore. il don