domenica 30 giugno 2013

commento

La lettura dei Seminari di Lacan risulta più difficile persino degli stessi testi di Freud, dei quali lo psichiatra francese ha voluto dare un'ermeneutica rigorosa. 
Mi fermo a commentare soltanto il possibile effetto che potrebbe avere sul Reietto (il volutamente "messo al bando" dalla comunità familiare o sociale o religiosa) : un effetto nevrotico, sicuramente. Ma di cosa si tratta, precisamente? Non di "senso di colpa", ma di sentimento di vergogna! Il senso di colpa potrebbe essere smascherato dall'analizzante (avendo però un buon analista), il quale potrebbe ritorcere la colpa su chi effettivamente ha compiuto il misfatto, non su chi è stato indebitamente scaricato. Mettere al bando, rendendo pubblica una certa colpa del Reietto o della Reietta (la diversità di genere, nota Lacan, rimane un mistero anche per Freud), significa suscitare un sentimento di vergogna, per il quale il Reietto o la Reietta dovrebbe rimanere per sempre alla "gogna". E' più facile, suggerisce Lacan, uscire dal senso di colpa che non dal sentimento di vergogna : nel primo caso si può  più facilmente operare uno sfondamento; nel secondo caso è difficilissimo rompere l'accerchiamento, dal momento che i coalizzati tendono ad agire come un'associazione a delinquere, non come una comunità terapeutica o di recupero. Fin quì l'analisi della dimensione psicologica, che non va assolutamente sottovalutata. 
 Io mi permetto di aggiungere ciò che si potrebbe fare sul piano della dimensione spirituale : creare intorno alla reietta o al reietto una rete d'amore che vinca il "sentimento di vergogna", per il quale ella ed egli si sono convinti che ciò che gli altri hanno imposto, cioè la "messa alla gogna", ossia l'interiorizzazione del "sentimento di vergogna", è insuperabile. Quì si tratterebbe di avere una fede ed un amore, per cui tutto diviene possibile a chi crede, perchè "a Dio nulla è impossibile". Devo fermarmi quì, per evitare di scivolare nella retorica. Ma per restare ancora a Lacan, che ha dichiarato di credere al "trionfo della religione e alla vittoria della religione sulla psicoanalisi" ( vedi Discorso ai cattolici, e l'altro scritto Il trionfo della religione), nonostante la sua professione di non credenza, credo si possa davvero giocarsi la partita sul "chi ama di più" e sul "chi dà veramente la vita".  il don

sabato 29 giugno 2013

Il Reietto

Richard Bach l'ha intitolato "Il gabbiano J.L.", ma è la storia di un reietto che ha trovato la forza e la grazia di riuscire nell'affermazione dell'Ideale. Un racconto che ha conosciuto l'avventura di decine di edizioni : il che vuol dire che ha toccato un tasto sensibile, quello del desiderio, che in altro campo Freud ha svelato come "inconscio", ossia la messa a fuoco del "sintomo", al dire di Lacan.
La prima prova che il reietto deve superare è il rifiuto dello "stormo buon appetito" : la solitudine non permette di appoggiarsi a niente e su nessuno; si deve solo imparare a "volare". Nella seconda parte, il reietto è accolto in una comunità di paradiso, che è cosa diversa dalla comunità terrestre, si direbbe; ciò che egli ha imparato sul dono materiale, ora deve trasferirlo nella dimensione dello spirito, cioè nella dimensione relazionale, mettendosi alla scuola della comunità paradiso. Nella terza parte, l'esercizio consiste nel saper istruire i discepoli : saper trasmettere come superare la paura del "volo", che è sempre un "dare la vita".
La figura del volo si applica molto bene alla figura del dono : sia nell'una che nell'altra è ben visibile il rischio della vita, nel senso del "gioco d'azzardo" di cui aveva parlato Pascal. Sia nel volo, sia nel dono, ci si gioca la vita, non una cosa occasionale! Il rischio deve valere la posta in gioco : il reietto dev'essere ora in grado di formare una comunità che sia alternativa allo "stormo buon appetito", altrimenti la comunità di dopo sarebbe identica a quella di prima, salvo il nome "paradiso". L'evento interiore veramente straordinario  sembra ora questo: il reietto, pur essendo impegnato a formare la comunità paradiso, avendo vinto la paura di rimanere reietto, può rimanere tale e quale in qualsiasi spazio ed in qualsiasi tempo. La forza del reietto è la stessa del "senza potere", come lo chiama Havel. La forza dell'Ideale è sempre una forza di dissenso : è il desiderio dell'oltre che crea il fascino del "giocarsi la vita".  Il problema o il sintomo è la Cosa sulla quale si gioca!   il don

venerdì 21 giugno 2013

liberazione

Nell'introdurre "Poteri e strategie" di M. Foucault, Pierre Della Vigna ha scritto : "Nel suo radicalismo, Foucault non sembra aver mai temuto la solitudine, nè sembra mai essersi posto problemi di schieramento.  (...)  Il centro della sua riflessione occupa i luoghi oscuri del potere in atto (...)  i poteri, per quanto coercitivi e apparentemente onnipotenti, trovano sempre, continuamente , delle opposizioni che li riducono, per così dire, all'impotenza". ( pp. 8-9) "Ma c'è sempre, nel corpo sociale, nelle classi, nei gruppi, negli individui stessi, qualcosa che sfugge in un certo modo alle relazioni di potere; qualcosa che non è affatto la materia prima, più o meno docile o resistente, ma il movimento centrifugo, l'energia di segno opposto, l'elemento sfuggente". (p.11)
Dall'analisi sul Gulag nei paesi comunisti sino alla  prigione nei paesi occidentali, lo studio delle pratiche ha  inteso mostrare non tanto gli eventi rivoluzionari di pensatori della discontinuità, quanto il soggetto storico che è fatto segno dell'oppressione. 
Il pensiero cristiano, quello che si è ispirato al Vangelo, e ha preceduto e seguito una certa prassi di liberazione, ha lasciato un sedimento rivoluzionario anche nelle coscienze cosiddette laiche o atee, una certa rivolta o ribellione a tutte le espressioni di oppressione. E tuttavia non basta voler trovare ogni volta un nemico da combattere : non basta al cristiano del vangelo, non basta neppure al pensatore della ragione. Il soggetto dell'oppressione non ha tanto bisogno di essere pensato, quanto di essere liberato. Quì si trova il vero problema : chi è in grado di operare la liberazione? Cristo ha semplicemente operato la liberazione di oppressi nella dimensione materiale e spirituale. Ha inteso anche preparare i suoi seguaci a strategie di liberazione da ogni forma di potere e di oppressione ? Un progetto è cosa diversa dallo schema di lavoro, direbbe Foucault. Un progetto ha una strategia di sviluppo  e questo il Cristo l'ha indicato nello Spirito Santo, che può rifare nuova la storia, in ogni tempo. Liberazione è più che resistenza all'oppressione!  il don

martedì 18 giugno 2013

senza potere

E' stato tradotto e pubblicato in Italia  (2013), con il titolo "Il potere dei senza potere", un testo certamente datato di Vàclav Havel, ma  in esso si possono trovare interessanti riflessioni sui "movimenti dissidenti", note che vanno oltre la storia del post-totalitarismo in "Boemia" (Cecoslovacchia) negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.  Si dice con chiarezza che si trattava  di scegliere tra la "vita nella verità" e la "vita nella menzogna". Lo "storico incontro tra dittatura e civiltà consumistica" è avvenuto con "un adattamento alla "vita nella menzogna"  (p. 31). La dittatura comunista ed il consumismo capitalista avevano inteso "sacrificare l'integrità morale e spirituale della persona alle sue sicurezze materiali". (p.31) La primavera di Praga e poi Charta 77 manifestavano un sintomo nuovo: una specie di "stanchezza della stanchezza" (p.44). Questi movimenti nascono in un ambito pre-politico più ampio della politica, dove il "confronto è tra la "vita nella menzogna" e la "vita nella verità" (p.46). La sottovalutazione della politica riguardo ai processi pre-politici ha favorito sia pure indirettamente e paradossalmente l'affermarsi dei "movimenti dissidenti", i quali hanno preso a "difendere l'uomo e le intenzioni reali della vita contro le intenzioni del sistema" (p.78). 
"La cultura è quindi la sfera in cui è possibile riscontrare la forma più evoluta di struttura parallela.  (...) Ad un certo grado del proprio sviluppo, i movimenti dissidenti non possono fare a meno di certi elementi di organizzazione. (...) Si può dire che le strutture parallele rappresentino la manifestazione più articolata della vita nella verità. Ecco un'ulteriore conferma che lo spazio più peculiare e il punto di partenza di tutti i tentativi della società di resistere alla pressione del sistema è l'ambito "pre-politico"". (pp. 95-96)
Provo a tirare una conclusione, che potrebbe anche rappresentare un punto di partenza nuovo per l'oggi, cioè il "quì e ora": quando il "sistema potere" non riesce a valutare bene la situazione umana e culturale, perchè guarda soltanto agli organigrammi, allora l'urgenza del progetto umano e culturale spetta ai "senza potere". E' chiaro che i "senza potere", oggi, sono soprattutto i giovani, ma anche quegli adulti che non  prendono parte alla spartizione  della torta col sistema potere. Come un gioco serio, getterei una palla al centro,   per dare vita ad una "Cattedra dei senza-potere"  giovani e adulti, luogo d'incontro più che di lezioni scolastiche.  il don 

domenica 16 giugno 2013

Dato che

Il libro del filosofo francese Jean-Luc Marion sul dono, tradotto in italiano col titolo "Dato che. Saggio per una fenomenologia della donazione", pone al centro un'ortoprassi  che intende sopravanzare il possesso. Cosa ricevo dal dono, dato che esso non è merce di scambio, ma semplice "investimento" gratuito e disinteressato?
"Donare equivale a dimostrare la propria superiorità, valere di più, essere più in alto, magister; accettare senza ricambiare o senza ricambiare in eccesso, equivale a subordinarsi, diventare cliente o servo, farsi piccolo, cadere più in basso (minister)" . (Mauss, Saggio sul dono, citato da Marion, p. 94). "Cosa ricevo, si chiede Marion, in cambio del mio dono sconosciuto?". "la coscienza certa della mia generosità; perdendolo, io dono a me stesso il mio dono, o piuttosto ritrovo me stesso in cambio del mio dono perduto. La perdita diventa il guadagno per eccellenza -il miglior affare possibile, perché vi guadagno, di fatto, infinitamente di più di quanto non vi perda: me stesso, contro un dono che valeva meno di me" (p. 95).
Il cristianesimo ha continuato a perdere colpi, nella modernità, cioè negli ultimi quattro secoli, perché ha perso prima di tutto il contatto col Vangelo, prima ancora di perdere il contatto con la storia, o più ancora prima di venire giudicato come fallito nella storia europea. E non si dica che dare a fondo perduto sia operazione di un ingenuo e di un bigotto ! L'incidenza dei nostri atti sulla storia non la si scopre col PDF. Allarga mente e cuore e ritroverai te stesso, e farai un lavoro non inutile e non irrilevante! il don