venerdì 29 marzo 2013

la resurrezione

La morte è crudele, perchè toglie la vita. Ma ancor più crudele della morte è il peccato che la provoca e la pone in atto. La resurrezione ridona la vita, una vita nuova: il suo è un appello ontico, prima ancora che esistenziale: La resurrezione dice che la morte può essere vita, un momento che ridona la vita. Ritrovarsi liberi da ogni condizionamento, anche dai condizionamenti del corpo e della psiche, significa credere che la resurrezione fa vivere lo spirito dell'essere umano. Fatto a immagine della Trinità, l'essere umano porta in sè una triplice dimensione (non una soltanto, e neppure due) : la dimensione del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. E' lo Spirito di Dio a far vivere lo spirito dell'essere umano! Ritrovarsi investiti dalla resurrezione di Gesù Cristo-Dio è la sorpresa della vita che la vince sulla morte.
Ognuno, per tutta la vita, combatte contro quegli errori che hanno determinato i suoi fallimenti progettuali, i mancati approfondimenti delle relazioni, i peccati che lo hanno riportato indietro e gli hanno procurato la decrescita. Lotta inutile e vana, come quella di don Chisciotte coi mulini a vento! Il Dio-Figlio ha aperto un varco alla nostra incapacità umana di tirarci fuori dal peccato e dalla morte: la sua Grazia dona la forza di ingaggiare una lotta tra "amor puro e amor proprio", o tra "amore di sè e amore di Dio", come diceva Agostino d'Ippona.  Più m'affido alla sua Luce, più mi lascio trasformare dalla sua Grazia, più il suo Amore mi riempie, e più sono invaso dalla Gioia della sua Vita. Posso dire allora :"Felice colpa!", che mi ha donato un tale Signore e Redentore. E al diavolo potrò dire, sicuro: "Non avrai più presa sulla mia vita, tu sei stato sconfitto, non mi lascerò attrarre dalle tue illusioni! Non avrò più niente a che fare col tuo mondo. Soltanto il mondo del Vangelo m'affascina e m'incanta: è questo che voglio far rivivere!".  E' risorto Cristo, nostra Pasqua!  il don

domenica 24 marzo 2013

la croce

La croce non è soltanto un simbolo, e neppure un segno. La croce ospita il Crocifisso: lì è il suo grande valore. Il Crocifisso prende con sè sulla croce ogni povero, ogni ammalato, ogni perseguitato o torturato, ogni peccatore; non scende dalla croce, la condivide, fa spazio ad ognuno.
Bergson diceva :  la via comunicativa degli esseri umani  oscilla tra la frenesia dell'azione (la vita come azione e gratificazione) e la mistica (la forza che viene da Dio). 
Si può scegliere tra l'una e l'altra; si può anche cercare di metterle insieme. In ogni caso, ossia nell'un caso e nell'altro, non ci si può sottrarre, non si può sfuggire alla croce.
E' impensabile la gioia senza la croce : è questa che garantisce la durata della gioia!
E' improponibile la pace senza la croce : questa chiede ai nemici il perdono reciproco : a chi ha ricevuto il male, di addolcire il rancore; a chi lo ha fatto, di farsi in qualche modo perdonare.
Un ideale senza la croce è illusione, e meno di un'utopia : è la capacità di soffrire o di morire per l'altro a mostrare la realtà e la concretezza dell'ideale. 
E' irrilevante un'azione senza la croce : è solo questa che conduce alla resurrezione!
Non possiamo parlare d'amore, se non ci rendiamo conto che il peccato lo distrugge e incatena colui che vorrebbe amare. Solo l'amore (insieme alla verità) rende liberi; il peccato incatena non solo il peccatore, ma anche colui che lo provoca. Se ci si riconosce peccatori, si può sperare di divenire una famiglia unita; se ci si giudica e ci si combatte, il conflitto diverrà perenne.  Una chiesa senza Vangelo sarà un'assemblea di peccatori che non sanno riconoscere di aver bisogno della guarigione e della salvezza del Signore : questi peccatori faranno come tutti i peccatori del mondo : si lamenteranno, tortureranno, non rischieranno  nulla, si chiuderanno nel piccolo gruppo o nel proprio partito, presumeranno di poter fare da soli e con le proprie forze. Ma la Grazia attende di ospitare ogni peccatore sulla croce : che ognuno salga e più non vi scenda. E' la frenesia dell'azione che spesso ci rende insensibili non solo ai  desideri altrui, ma ai nostri stessi desideri. Ascoltando la voce del Crocifisso ("perdona, non sanno quello che fanno"), comprendo l'immobilità, lo star fermo, il silenzio, la mia inazione per far agire Dio.  il don

venerdì 22 marzo 2013

la gioia

Alla domanda di Dio : "Dov'è tuo fratello?", Caino risponde : "sono forse il custode di mio fratello?".  Abele viveva come  custode del creato, di tutto il creato, anche di suo fratello Caino, perciò era sempre nella gioia, ed era libero dall'invidia e dalla gelosia, dall'avidità. Caino è presentato dal testo biblico con il volto triste e corrucciato, non è contento di ciò che ha ricevuto e vorrebbe avere sempre di più; egli è divorato dal desiderio di possesso.   (vedi libro del Genesi)  .
Che cosa dona Dio a coloro che sono nella sua volontà? Non tanto i beni materiali, dei quali essi conoscono bene la caducità. Dio dona la sua sapienza e la sua gioia alle persone di buona volontà. Il distacco dai beni materiali ha fatto di Abele un uomo sereno e gioioso. La comunione dei beni, non tanto l'elemosina, ha fatto di Zaccheo un uomo felice e gioioso : l'incontro con Gesù, a Gerico, è stato l'investimento più grande della sua vita, ed egli ha voluto dare testimonianza di quell'incontro con un atto di giustizia, oltre che di misericordia: "Se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto". (vedi  capitolo 19 del vangelo di Luca). L'atto di giustizia accompagna l'atto di misericordia. La gioia s'accompagna alla sapienza : l'una e l'altra sono dono di Dio! A colui che chiede la sapienza per scegliere ed operare, Dio dona subito la gioia. Nella casa di Betania, dove Gesù è ricevuto con l'ospitalità di un'amicizia, cosa dona a Lazzaro, a Maria e a Marta? Ad ognuno una gioia diversa, ad ognuno la sapienza per vivere il proprio disegno di Dio: a Maria non toglie la gioia di ascoltare la sua parola, a Lazzaro restituisce una nuova vita, a Marta fa scoprire la gioia del servizio. "Dare la vita" non è mai invano : si riceve sempre di più di ciò che si è donato! La gioia, tanta gioia!  il don
 

martedì 19 marzo 2013

l'azione

L'azione diviene interattiva ed efficace dopo che si è fatto discernimento. Ignazio di Loyola, nel testo "Esercizi spirituali", sostiene, in base ad un'esperienza già collaudata e brevettata, che si può essere sicuri che la scelta che si compie sia quella giusta, quando si è cercato di fare discernimento tra lo spirito buono e lo spirito cattivo. Il discernimento va fatto non in base ad una propensione disordinata, ma dopo aver messo ordine nella propria vita. Quando si è nell'amore di Dio, allora Dio stesso può indicare la sua volontà. Si può finalmente passare all'azione, quando si è certi che la volontà propria coincide con la volontà di Dio. Che quella scelta sia proprio ciò che Dio vuole, fa sentire l'io sicuro di non sbagliare. 
Se io desidero ciò che il vangelo di Gesù mi chiede : posso amare la povertà più della ricchezza, e se possiedo ricchezza posso condividerla con chi è povero; posso proclamare la verità esigente del vangelo, non per creare divisione, ma per suscitare una relazione più profonda; posso accogliere colui o colei che soffre, per donare la gioia.
Ci sono uomini e donne di pensiero, che hanno propensione per la riflessione e riescono più facilmente a dipanare teoreticamente i problemi; ma le loro teorie spesso risultano lontane dalla pratica e inefficaci. Ci sono anche uomini e donne d'azione, che agiscono troppo presto, senza aver prima esaminato il problema nella sua complessità. I primi potrebbero rivedere le loro teorie a partire dalla lezione che la pratica ha loro impartito. I secondi potrebbero apprezzare di più l'intelligenza umana proprio a partire dall'esame che l'azione intempestiva ha mostrato.
Il discernimento e l'azione sono inseparabili e inscindibili : dai propri errori e anche dagli errori degli altri si può imparare. Ma l'azione può risultare più efficace, quando si cerca e si realizza un discernimento comunitario; in tal caso non si vuole più il proprio comodo o tornaconto, ma il bene dell'insieme. Direbbero i tedeschi : il Miteinander-arbeiten deriva dal Miteinander-leben, ossia si può lavorare in grande sinergia, se si vissuto il Vangelo in spirito di fraternità.  il don

domenica 17 marzo 2013

il mutuo riconoscimento

I tedeschi dicono "Annerkennung"; i francesi, "reconnaissance de la reconnaissance". Si tratta di qualcosa di molto semplice, che però è molto difficile da vivere e mettere in pratica; anzi io credo che senza la grazia divina, non solo sia impossibile, ma anche molto spesso non conveniente. Non per niente, ogni singola persona e ogni gruppo sceglie perlopiù il proprio tornaconto piuttosto che l'unità o la concordia tra tutti. Tuttavia, il riconoscere e l'essere riconosciuto è l'unico percorso in grado di condurre oltre lo stallo che si crea quando ognuno persegue egoisticamente il proprio tornaconto. Il patto, nel senso più alto del termine, offre l'opportunità di camminare insieme, di edificare insieme, e anche di "confessare insieme". Si potrebbe fare un paragone fra tre fatti raccontati nei vangeli. Il primo riguarda la "donna sorpresa in adulterio" : il perdono di Gesù è grande, la donna guadagna la vita fisica, non sappiamo come sia finita la sua vita spirituale. Il secondo fatto : la conversione di Zaccheo, l'uomo ricco di Gerico, che dopo l'incontro con Gesù, dona metà dei suoi beni ai poveri e restituisce quattro volte tanto a coloro che aveva frodato; il perdono di Gesù è più grande, ma anche il guadagno di Zaccheo è più grande, poichè gli viene restituita la dignità umana e sociale. Infine un terzo episodio : la donna peccatrice, che nella casa di Simone il fariseo, bagna di lacrime i piedi di Gesù e li asciuga coi suoi capelli; in questo episodio non guadagnano niente nè Gesù che passa per peccatore, nè la donna che per la sua confessione pubblica verrà considerata "fessa e contenta" (come si dice in vernacolo). Eppure, tra gli episodi sopra menzionati, Gesù identifica il suo vangelo, ossia l'annunzio della buona notizia, proprio con la donna peccatrice che col suo gesto mostra di non volere altra ricompensa se non quella dell'amore. Proprio nel terzo episodio l'identificazione tra il Cristo-Dio e la creatura peccatrice mostra non una luce che abbaglia nel contrasto con la tenebra, ma proprio una luce che s'è fatta tenebra, un'innocenza che s'è fatta peccato per amore della creatura peccatrice. "Di lei si parlerà ovunque sarà  annunziato il vangelo".  Di più Gesù non avrebbe potuto dire !   il don

venerdì 15 marzo 2013

l'ottimismo

Se l'infanzia è il luogo della grazia, il suo problema è di non perderla. Se la vecchiaia è il luogo della sapienza, il suo problema è come donarla. Il problema per i giovani e gli adulti è di non rimanere vittime della depressione ( il "sole nero" o il "male oscuro") e della decrescita, ossia di riuscire a vincere l'akedia e l'atonia. Non è utopia saper conservare l'ottimismo anche nei momenti di grande difficoltà. Neppure si tratta soltanto di sdrammatizzare, quando le questioni vitali vengono eccessivamente drammatizzate. Il "dare la vita" : questo è il dono di grazia e di sapienza che il Vangelo indica per tirarsi fuori dalla spirale dell'egocentrismo e dell'individualismo. Questo "dare la vita" è riferito sia all'aspetto materiale sia a quello spirituale. Nel dinamismo dei colori : il rosso ed il giallo muovono il desiderio e la passione nella direzione dell'attività; il verde e l'azzurro invitano al saper ricevere, all'accoglienza. Il Vangelo dona la possibilità di trasformare ogni problema in opportunità : se ami, non perdi la grazia divina; se doni la tua esperienza, la sapienza è comunicata e circola come un "cinguettio". Il fascino nel riuscire ad accostare l'arancio e l'indaco.
Non c'è malattia fisica o spirituale che Gesù Signore non riesca a guarire; non c'è problema che Egli non riesca a risolvere. Ciò che chiede a me, a te, ad ogni persona di buona volontà è soltanto la fede nella sua Parola; poi anche la carità è Lui che la dona, non sarà opera mia o tua o di ogni persona di buona volontà. Egli "dona la vita" al ricco Zaccheo, all'adultera, alla donna straniera, all'ebreo nel quale non c'è falsità, al discepolo che lo contesta o lo rinnega. La vita è sua, ma la dona sempre con grande larghezza e libertà. Ora si può tornare a respirare : l'aria è pulita!   il don

giovedì 14 marzo 2013

il miracolo

Renan non credeva nei miracoli. Neppure Voltaire ci credeva. Molti storici e filosofi della modernità hanno detto di non credere nei miracoli. Essi dicevano di credere soltanto negli uomini che fanno la storia. Eppure il miracolo è sempre qualcosa che è aldilà di ogni aspettativa, è la grande sorpresa, l'evento imprevedibile, molto più in quà e molto più in là di ciò che è umanamente prevedibile. 
In questi ultimi due mesi abbiamo assistito, nella chiesa cattolica, ad almeno tre miracoli che tutti hanno potuto vedere  e toccare con l'intelligenza e col cuore. Il primo miracolo l'ha fatto il papa emerito, Benedetto XVI; il secondo miracolo l'ha fatto il collegio dei cardinali; il terzo miracolo, papa Francesco. Si tratta di un unico miracolo, che mostra una continuità nella discontinuità di diversi attori : la mitezza-umiltà di ogni soggetto ha attirato l'intervento di Dio nella storia umana. Il primo atto di umiltà e mitezza del papa emerito che ha riposto nelle mani di Dio e di Cristo-sposo la sorte della chiesa-sposa. Il secondo atto di umiltà e mitezza dei cardinali in Conclave che hanno rimesso nelle mani di Cristo-sposo l'avvenire della chiesa-sposa. Il terzo atto di umiltà e mitezza di papa Francesco: il bene più grande della chiesa è nel dono divino dell'amore. Se francescani e gesuiti si riconosceranno reciprocamente nell'amore, e così tutti i movimenti della chiesa, potrà finire finalmente l'epoca delle controversie e iniziare l'epoca della fraternità, della compagnia, dell'amicizia. Il miracolo ha un fondamento nella testimonianza della Sacra Scrittura e della Tradizione, fonti dell divina Rivelazione. Se gnostici, ariani e liberali negavano il miracolo, negavano Dio stesso, al quale non riconoscevano la libertà di operare qualcosa al di sopra delle forze umane. 
Il miracolo più grande per la chiesa e i cristiani è tornare sempre di nuovo a credere nel Vangelo, cioè al Dio per il quale nulla è impossibile: innalzare gli umili al posto dei potenti, ricolmare di beni gli affamati invitando i ricchi a dare per non rimanere a mani vuote, soccorrere il suo popolo quando non smette la fede e la preghiera.   il don

domenica 10 marzo 2013

il racconto

La modernità,  e direi anche la post-modernità, sentono ancora il fascino del racconto, sia nel suo aspetto simbolico sia nell'evento reale. Che cos'è il racconto? E' lo svolgimento di un progetto : narra di fatti o di eventi che sono diventati patrimonio di chi li ha vissuti. E' la dimensione esperienziale che coinvolge nel racconto: esso può dar fastidio soltanto a chi vive in un mondo di apparenza, di superficie, di chiacchiericcio. La narrazione di esperienze e di eventi attiva sempre una comunicazione, rendendo lo scambio di esperienze condivisione di un progetto comune. Il racconto di fatti realmente accaduti rende la comunicazione non manipolabile, smaschera la menzogna dei discorsi che non trovano riscontro nella realtà. La mistificazione è uno degli aspetti più gravi nell'epoca della comunicazione di massa: occorre continuamente verificare la verità e l'autenticità di ciò che viene affermato. La questione morale è divenuta ora questione vitale : essa si è spogliata in qualche modo dal moralismo ( è stata anche costretta a spogliarsi di un certo moralismo vittoriano), per tornare con più limpidezza e chiarezza al primato della vita. E' interessante notare per esempio nel vangelo come Gesù non abbia mai detto : Io sono la legge; oppure: Io sono la morale. Ha detto più semplicemente : "Io sono la Vita, la Via, la Verità", creando in tanti più sconcerto che adesione. In realtà si potrebbe aderire al suo progetto soltanto se si entrasse nella sua esperienza di vita. Il racconto di esperienze rende il progetto in continuo sviluppo: non ci si accontenta mai di ciò che si è conquistato, si vuole sempre andare oltre, fare meglio e di più. Si può dar credito ad un'idea, ad un ideale, ad un progetto soltanto se la persona ha già vissuto e vive ancora quello che dice.  Così il racconto potrebbe condurre all'incontro.  il don

mercoledì 6 marzo 2013

il progetto

Il progetto è più di una previsione sul futuro. Di certo non può essere ridotto ad un organigramma. Il progetto nasce non tanto da un fortunoso marketing : durerebbe soltanto una stagione, come qualsiasi prodotto della moda. Un progetto che duri nel tempo, si gioca tutto sulla relazione autentica di persone che credono ad un ideale non effimero e passeggero. Così, al mito dell'eterna giovinezza, il progetto sostituisce l'ideale che non tramonta; al mito dell'apparenza, l'opera contro corrente; al mito del continuo cambiamento, la trasformazione che sa tenere salda  la fedeltà.
Il progetto non è una teoria astratta; è la ricerca di convergenze intorno ad un bene comune che sia più grande di un misero interesse personale. Il progetto osa investire sulle risorse umane: nel Vangelo trova un modello interessantissino : Gesù ha investito sopratutto sui peccatori, non sui giusti; ha investito non sugli intellettuali, ma sulle persone di buona volontà; e ancora non sui potenti e sui ricchi, ma sui poveri e gli esclusi.  Come mai il suo grande ideale sia andato avanti e non sia ancora stato seppelito dal mondo,  sarebbe difficile da spiegare, se lo si riducesse ad un colpo di scena ...!
Ogni volta che un qualsiasi "calcolo" s'insinua astutamente in un progetto, lo condanna all'insuccesso. Cosa chiede il progetto perchè possa realizzarsi ? Un'attenzione ai tre temi : il principio del pensiero, il principio dell'azione, il principio della parola. L'attenzione che abbia realizzato l'unità interiore della persona, può vedere già configurarsi la convergenza dei tre principi nelle relazioni tra persone. Non tanto l'immaginazione, quanto l'attenzione è il fattore dinamico ( la zwichenheit, direbbero i tedeschi) dell'unificazione nella distinzione, capace di impedire ogni dittatura della moda, dell'apparenza, dell'egocentrismo e del populismo, dell'improvvisazione piuttosto che la competenza e la preparazione.
      il don
 

lunedì 4 marzo 2013

il conflitto

Il testo di Martin Buber, "Il cammino dell'uomo", contiene un capitolo particolarmente interessante, dal titolo significativo "Cominciare da se stessi". E' un testo sul quale fare meditazione, e fatta bene porta i suoi frutti.
Il primo passo è prendere coscienza che il conflitto esterno, cioè quello che avviene col mondo, va riportato all'interno di se stessi. "Si tratta del conflitto fra tre principi nell'essere e nella vita dell'uomo (e della donna): il principio del pensiero, il principio della parola e il principio dell'azione. Ogni conflitto tra me e i miei simili, invece di risolversi si ingarbuglia, per il fatto che non dico quello che penso e non faccio quello che dico". (p.46)
Il primo passo è prendere coscienza del "dove sono?" o del "dove sono rimasto?".
Devo cioè capire e poi volere la svolta.
Il secondo passo  consente di passare dall'io egocentrico alla relazione con l'altro: "Non preoccuparsi di sè ... Non fustigarsi, rimestando il fango del passato... Sostituire l'azione buona all'azione cattiva". Questo secondo passo dice come ritrovare se stessi : perdendosi, ossia dimenticandosi. Questo ritorno a se stessi, chiede tre cose : "Cosa chiedo a ciascuno di voi? Tre cose soltanto : non sbirciare fuori di sè, non sbirciare dentro gli altri, non pensare a se stessi" (55).
Il ritorno a se stessi è un percorso di compassione : non si tratta di vincere sull'altro o sugli altri, ma di comprendere che : o si vince tutti insieme o tutti insieme si perde.
   il don

domenica 3 marzo 2013

il martirio della pazienza

Dall 'autobiografia del cardinale Agostino Casaroli può risultare ancora utile lasciarsi ispirare, in quanto si può trovare in essa un'interessante convergenza tra circostanze umane e interventi provvidenziali di Dio. Il suo "martirio della pazienza" è stato insieme "lezione di vita" e "lezione di storia". Quando nel 1963 papa Roncalli gli chiese di occuparsi della "Ostpolitik" della Santa Sede, invece di sentire paura, così egli si è espresso: "Dovrei invece dire che la nuova missione mi arrivò quasi come qualcosa di rispondente a certe intime inclinazioni del mio spirito" (p. 27). E' la teologia della grazia unita  ad uno "stile" umano caratterizzato dal "garbo" (il termine è mediato da papa Giovanni XXIII, il quale lo raccomandava ai diplomatici) che ha consentito di compiere dei passi, quando ci si trovava in un clima di guerra fredda e tra due mondi divisi da un muro alto sino al cielo. Interessante risulta questo pensiero del card. Casaroli su due diplomatici : "Angelo Giuseppe Roncalli aveva speso molti anni nel servizio diplomatico della Santa Sede; ma era un diplomatico molto sui generis, anche se i risultati della sua "diplomazia"  furono molto più grandi di quelli che colleghi e superiori sembravano essersene aspettati.
Giovanni Battista Montini era invece, un "diplomatico nato", cosa che molte volte minacciò di mettere in ombra l'altro suo tratto caratteristico, ...quello di pastore" (p. 69).
Le trattative, per un diplomatico, sono per  davvero il "martirio della pazienza", quando si tratta di tenere insieme il rispetto della dignità umana (di ogni uomo) e l'onore di Dio. La lezione di vita che impara può allora divenire lezione di storia che  impartisce.   il don