lunedì 28 agosto 2023

Elezione - Fiducia - Novità

 Cosa vuol dire rispondere ad una chiamata? Se sono chiamato, vuol dire che sono eletto. L'elezione è una chiamata a reinventarsi la vita. Ora devo capire il nuovo orientamento da dare alla vita, e devo mantenere una relazione che è iniziata con la chiamata e deve proseguire con una conversazione tra chi dona e chi riceve. 

La prima novità che si coglie in una chiamata-elezione: l'ascolto attento di una parola chiede un silenzio; l'ascolto sino in fondo non lo si coglie nel rumore e nel chiasso;  al limite si coglie soltanto il negativo del rumore che toglie la libertà e la creatività.

La seconda novità è acquisire una fiducia nuova nella relazione, per comprendere la parola che mi viene rivolta. Il linguaggio è fondamentale per la comprensione. Il linguaggio che non dice nulla è quello di un passato superato o anche quello di un futuro che non sa affrontare i conflitti del presente. Il linguaggio sradicato non comunica niente, oppure comunica soltanto un pensiero di sorvolo.

Pensiero e linguaggio devono saper cogliere, nella comunicazione,  l'interno della persona e le circostanze  esterne che aiutano o impediscono il realizzarsi di un progetto. Il nuovo non rifiuta l'antico, ma lo elabora e lo interpreta, ne coglie il senso nel divenire della storia. Il nuovo riesce a cogliere la continuità dell'esistenza umana nel cambiamento d'epoca.

La fiducia nella relazione fa cogliere il nuovo che nasce proprio dentro una crisi, dentro una gestazione che non ripete il passato come se  fosse un clone. Il nuovo perciò non ripete gli errori del passato, nè s'inventa il futuro a partire dal nulla. Il nuovo non rimuove il passato, rifiutandolo, come aveva fatto Nietzsche nella Seconda considerazione inattuale, ossia storia e spirito sono da buttar via, da dimenticare perchè sono stati di danno e di nessuna utilità. La fiducia nella relazione con la storia presente ripristina la fiducia nella storia passata. Così, la fiducia nella relazione con lo spirito ripristina il senso di continuità-discontinuità tra il passato e il presente. 

La novità rimette in gioco il presente del passato e prepara l'attesa di un futuro neghentropico, perchè lo spirito e la storia lavorano per uno sviluppo non apocalittico, distruttivo, di annientamento.

                                                   don Carmelo Guarini


venerdì 25 agosto 2023

Vincere la sfiducia suscitata dalla crisi

 La rivoluzione politica, economica, antropologica (femminismo e mondo giovani) hanno messo le chiese cristiane in una situazione che si potrebbe dire d'assedio. La tradizione storica è riuscita a salvare soltanto i punti forza di ogni chiesa, ma i punti deboli sono apparsi come qualcosa che il presente non può correggere. La chiesa protestante riesce a stare al passo col cambiamento culturale, per la libertà di ricerca teologica e pastorale. La chiesa cattolica mantiene una propria forza di fronte alla politica grazie alla diffusione mondiale: la diplomazia vaticana, grazie anche alle nunziature presenti in centinaia di paesi, può dire e fare qualcosa di non irrilevante. La chiesa ortodossa ha conservato una spiritualità-mistica che in tempi di invasione tecnologica mostra la forza della contemplazione per la persona e la comunità. La chiesa anglicana mostra il valore della mediazione cristiana tra lo spirituale e il politico, tra il moderno e la tradizione (che non viene abbandonata).

Quali sono i punti deboli che le chiese cristiane fanno fatica a superare? Per uscire dalla crisi, occorrerebbe superare una prima rottura creata dalle rivoluzioni moderne, ossia la rottura tra il linguaggio della tradizione e il linguaggio contemporaneo. Una seconda rottura da superare sarebbe quella del pensiero: il cielo è diventato un buco nero e la terra non è stata presa sul serio come il Cristo aveva fatto col suo annuncio di una terra nuova.  Una terza rottura  riguarda quello che la crisi ha messo in rilievo: la mancata unità tra ciò che si crede e ciò che si vive. 

Il linguaggio contemporaneo intende recuperare lo scarto dell'eresia rispetto all'ortodossia, e ricomporre o riconciliare (una parola kairòs della Lettera ai Romani, come ha fatto notare Karl Barth) la parola  divina del passato (che Dio non aveva avuto paura di unirla alla parola umana) con la parola  profetica che suscita un'energia nuova nel presente. Se io cattolico so ricevere parole nuove dal luteranesimo, dall'anglicanesimo, la comunicazione si arricchisce senza paura di ibridazione. Ancora: se ricevo parole che contengono esperienze dal buddismo, dall'Islam, dall'ebraismo, il linguaggio cristiano si arricchisce, cioè muove verso l'infinità  del Logos, che contiene tutte le parole umane e tutti i linguaggi.

Il pensiero contemporaneo ambisce ad essere plurale, abbandona il pensiero unico. La sfida che la diversità lancia al pensiero dell'identico è che ogni pensiero esca dalla propria sicurezza passata e compia lo sforzo di comprendere il nuovo. Il cristiano può fare discernimento spirituale sia sul linguaggio sia sul pensiero. Per esempio, io potrei dire che il termine uguaglianza (teorizzato dall'illuminismo dopo la rivoluzione francese) è un termine giacobino, non cristiano. Gesù non parla di uguaglianza universale; ciò che egli prospetta è la reciprocità ("amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi). Nasciamo diversi, non uguali. Come diceva Duns Scoto, la differentia individualis è il segno dell'amore personale di Dio per ognuno. Dio non ci ha fatti in serie, non ha fatto un'umanità clonata! La comunione alla quale si giunge tramite il dono reciproco, valorizza il soggetto umano (nessuno è considerato oggetto).

Lo sforzo di unificare ciò che si pensa e ciò che si vive,  è cominciare ad uscire dalla crisi schizofrenica nella quale hanno condotto i cristiani le rivoluzioni politiche, scientifiche, antropologiche (mondo femminile e giovanile). A livello politico, come hanno fatto notare alcuni storici attenti, la rivoluzione polacca è stata una rivoluzione cristiana dopo quella francese di due secoli prima che è stata una rivoluzione giacobina. La rivoluzione scientifica positivista, condivisa dalla maggioranza degli  scienziati,  ha visto aprirsi una crepa al suo interno. Carlo Rovelli parla di rapporto necessario tra filosofia e scienza. Pier Luigi Luisi dice che lo scienziato deve tenere presenti tre dimensioni: oltre quella scientifica, anche quella filosofica e spirituale. 

Il nuovo inizio nasce dalla crisi. Che tutte le chiese cristiane non siano più soltanto luoghi di preghiera, ma divengano  anche luoghi  di cultura e di arte, non sarebbe un male. Purchè non divengano luoghi di divertimento, di distrazione, di corruzione! La cultura e l'arte creano sempre più consapevolezza dell'umano e del divino. Che le donne e i giovani possano donare un linguaggio ed un pensiero più di dono che di potere e dominio sarebbe già un cominciare ad uscire dalla crisi. Che gli scienziati, gli atei, e tutti coloro che si dicono moderni non si ritengano più i depositari ultimi della conoscenza, sarebbe un abbandono del dogma laicista ed una apertura al mistero, che è l'opposto dell'evidente, non dell'assurdo. Può esistere il mistero, ma non l'assurdo, che contraddirebbe, se esistesse,  il principio di non contraddizione. Perchè alcuni scienziati e alcuni politici riscoprono oggi la necessità di tenere insieme scienza e spiritualità, politica e spiritualità ? Perchè hanno scoperto che non si vive soltanto di denaro, di benessere, di felicità; il dolore, la frustrazione, il fallimento spingono l'umanità dell'essere umano più nel profondo, verso lo sviluppo dello spirito. La ricerca ossessiva, sui social,  dello stupro di Palermo dice il pericolo della dimenticanza dello spirito e dell'involuzione (non dell'evoluzione) dell'esistenza umana verso l'animalesco (ma le scimmie non fanno, forse,stupro di gruppo) contemporaneo.

Abbandonare la sfiducia, rinforzare la fiducia, dopo aver guardato nella prospettiva storica e culturale la crisi e le cause che l'hanno suscitata, è ciò che ogni persona di buona volontà deve fare, sapendo anche che per questa impresa così impegnativa occorre mettersi insieme, scoprendo infine che le ragioni dell'altro possono incontrare  le ragioni dell'io.  Il conflitto non necessariamente deve rimanere conflitto, può divenire il luogo in cui si sceglie la fraternità.

                                            don Carmelo Guarini


mercoledì 23 agosto 2023

La coscienza dell'Altro svela la coscienza dell'Io

 Husserl diceva che la "coscienza trascendentale è intersoggettiva". Merleau-Ponty aggiungerà (in parte modificando) che il di dentro e il di fuori (le dehors e le dedans) sono  uniti e si rovesciano l'uno nell'altro. Ciò appare chiaro nella pittura, nella scultura, nella psicoanalisi e nella filosofia (quella che non si fa più).   Nella musica (la più astratta delle arti) poi, si avverte immediatamente se c'è un compiacimento di rimanere nella crisi          (il piacere del vittimismo, sia pure surrogato della soddisfazione narcisista)          o se c'è invece un desiderio di uscire dalla crisi compiendo un investimento nella relazione che l'Io intrattiene con l'Altro.

Alla fine della sua vita Merleau-Ponty affermava che la cultura è avvento. Allora cos'è l'evento umano? Se non coincide immediatamente con la Natura, se già all'origine è un fenomeno culturale, allora la storicità primordiale dell'uomo è nascita alla morte? La contingenza umana è un CALCOLATORE che si consegna alla morte? E' "un essere per la morte" (Sein zum Tode), come diceva Heiddeger? 

Ma i primi uomini sapiens praticavano la sepoltura, a differenza delle scimmie che non si preoccupano di seppelire un cadavere. I primi uomini sapiens avevano innato il linguaggio. Le scimmie non riescono ad imparare il linguaggio umano e a replicarne il pensiero. Perchè vivere se la fine della vita (la morte) diviene il fine della vita? La morte che sconfigge la vita è una partita persa! Ancora : perchè esiste il linguaggio se non per sviluppare la relazione? Che significa anche un dialogo della Parola col Silenzio!

Lavorare senza fretta, saper aspettare. Il fare, lo sapevano già i Greci, non è solo quello del prattein (il fare tecnologico), c'è anche il fare del poiein (il fare dell'intelletto e dello spirito). L'essere umano è sempre soggetto di conoscenza, non può mai essere ridotto ad oggetto. Soggetto di conoscenza e soggetto della storia, l'essere umano aspira a vincere la propria contingenza. Per questo Merleu-Ponty diceva qualcosa che Sartre non risuciva ad accettare, cioè che "l'uomo non è l'assoluto". Sartre affermava con certezza che una volta assodato che l'assoluto non è più Dio, bisogna dire senza dubbio che l'assoluto è l'uomo. Come avrebbe potuto accettare Merleau-Ponty, da buon fenomenologo, che l'assoluto è contingente? L'assoluto è necessario: Merleau-Ponty non lo aveva ancora raggiunto; ci lavorava per raggiungerlo, quando la morte lo colse prematuramente. Il contingente, invece, è relativo, non assoluto. Il contingente ha bisogno dell'assoluto. Anche se l'uomo contemporaneo preferisce dire che il necessario ha bisogno del contingente, che Dio ha bisogno dell'uomo, e non vicevarsa. 

Il fatto è che l'uomo contemporaneo non è rimasto sapiens, si è evoluto in homo faber. Il lavoro sembra conferire all'essere umano la propria specificità . Ma che ne è della differentia individualis (teorizzata da Duns Scoto, e che gli scotisti hanno mutato in ecceitas)? Agli illumisti bastava la mutazione della sopravvivenza individuale in sopravvivenza della specie. Oggi che anche la sopravvivenza della specie è in serio pericolo (come avverte giustamente Carlo Rovelli),  torniamo ad interrogarci sull'identità dell'essere umano, che non può essere svelata se non dall'Altro. L'Io non può pensarsi da se stesso: c'è un Altro che lo pensa. Il cogito di Cartesio è stato corretto da Baader in cogitor. Prima di pensare, sono pensato! Non solo. L'altra grande novità del cristianesimo : non posso amare se non sono amato. Colui che mi ama, mi dona le coordinate dell'amore. L'Io non può crearsi la coscienza da se stesso. E' la coscienza dell'Altro che svela all'Io la propria coscienza.

                                               don Carmelo Guarini


lunedì 21 agosto 2023

Le forze che ci guidano (= ci governano)

 Quali sono le forze che oggi ci governano? Ne abbiamo consapevolezza? Abbiamo scelto la guida in libertà o la subiamo? Verità e libertà riusciamo a tenerle in relazione?

Le forze che ci governano: il narcisismo, la cultura della cancellazione (propaganda dominante), il relativismo.

L'evoluzione dell'individualismo, in età moderna, ha raggiunto il culmine nel narcisismo. Ogni individuo ritiene di essere possessore della verità. Ma di cosa si tratta? Della verità della statistica: io penso come pensa la massa. Questa opinione della verità ha paura della libertà: troppo gravoso e laborioso decidere criticamente. Meglio lasciare ad altri di decidere; io seguo la corrente! Non distinguo più nell'Io penso (come faceva Kant) tra Io puro ed Io empirico. Difendo solo la soddisfazione narcisista del mio io: non m'interessa nè il confronto nè l'incontro con l'altro.

Seconda forza che ci governa: la cultura della cancellazione, che inizia negli anni Settanta del secolo scorso e riprende vigore oggi specialmente sui social (Belardinelli). Perchè il dibattito pubblico si trasforma in guerra civile? Perchè si tende a cancellare la verità dell'altro e ad affermare soltanto la propria identità? C'è ancora un'affermazione del narcisismo! Michel De Certeau, nel secolo scorso, scriveva che "l'affermazione dell'identità è una malattia da cui tutti siamo affetti". Diceva ancora che la "comunione si costruisce sul riconoscimento dell'altro", ossia sul non essere dell'io.

Terza forza che subiamo (non avendola scelta consapevolmente): Il relativismo. Papa Ratzinger aveva parlato di dittatura del relativismo. Cosa intendeva dire? Che non si fa più ricerca (untersukung) intorno alla persona, alla verità, alla libertà, alla comunità. La comunione non cancella la persona-individua, al contrario la valorizza. E' nel riconoscimento della diversità che la comunione si struttura, e la persona emerge creativamente (non come il numero di una serie).

Cosa hanno in comune queste tre forze che ci governano? Il fatto deve rimanere muto: deve affermare la morte dell'altro. Non deve diventare evento. Perchè l'evento è sempre affermazione della vita: è sempre abitato dall'idea di un nuovo inizio che nasce da una morte. Nella crisi c'è un evento di cambiamento che intende venire alla luce: quello che potrebbe sembrare una perdita sta già prefigurando un guadagno! Una sfida viene rivolta a tutti:  riconoscere la diversità senza stancarsi di tendere alla comunione nella comunità. 

Non cancellare l'idea e la persona del diverso, ma saper cogliere la verità parziale o specifica che porta in sè il diverso. Un esempio: perchè, nei primi due decenni del Novecento, modernisti e anti-modernisti si combattevano sino a volere gli uni la morte degli altri e viceversa?  Non si dovrebbe identificare il papa Pio X con l'anti-modernista. Vi sembrerà strano, ma proprio riflettendo sul catechismo  di Pio X, mi sono ricreduto sul suo anti-modernismo. Il suo catechismo inizia così.  I due principali misteri della fede cristiana sono : Unità e trinità di Dio; Incarnazione, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. Pio X è incredibilmente moderno, perchè non parla di dogma, ma di mistero. Il dogma è percepito come una verità imposta dalla Chiesa; il mistero è colto come un dono dello Spirito Santo alla chiesa e all'umanità! I modernisti dell'Ottocento e del Novecento non sospettavano neppure che il metodo storico critico sarebbe diventato una prova in più per la verità della fede, non una sua confutazione. Ci vuole coraggio non solo per credere, ma anche per cercare nella scienza le ragioni del credere.

Un secondo esempio. Nella Politica, Aristotele parla della koinonìa come coerenza civica, ossia partecipazione alla vita pubblica. Nel Nuovo Testamento, la parola koinonìa, senza respingere il senso aristotelico, dà un altro significato al termine, ossia la comunità (koinonìa) si struttura sulla relazione trinitaria (agàpe). L'amicizia richiesta per fare comunità non è più soltanto la philìa aristotelica, ma l'agàpe cristiana. Perchè cancellare Aristotele ed il Nuovo Testamento dalla ricerca e dallo studio? Bob Dylan e Fabrizio de André credo che non lo avrebbero mai fatto. Occorre dirlo ai seguaci della musica rep, pop, ecc.

                                    don Carmelo Guarini


venerdì 18 agosto 2023

La morte di Dio è la morte dell'Io

 F. Nietzsche l'aveva capito molto bene: se Dio muore, anche l'Io muore insieme con Lui. Per questo il filologo-filosofo ("occhio di lince") s'invento la volontà di potenza, per evitare all'uomo post-moderno la depressione ontologica che accompagna il sentirsi solo sulla terra. 

F. Nietzsche, però, non aveva fatto l'esperienza della solitudine distinta e diversa rispetto all'esperienza dell'isolamento. Chi è isolato socialmente, culturalmente, si sente come assediato da un mondo o da una massa di individui che la pensano e si comportano diversamente da lui. Chi sperimenta l'isolamento, si sente davvero solo.

Non così per colui che fa esperienza di solitudine: Dio e Io sono in relazione; il solitario sente ancora vivo il proprio Io, perchè considera la relazione con Dio come una presenza. Per colui che fa esperienza di solitudine, Dio e Io sono in una relazione vitale; la vita dello spirito non è un desiderio astratto. Cosa scopre di diverso colui che vive la dimensione dello spirito? La meditazione lo porta a relativizzare quello che la massa degli individui considera un assoluto: i soldi sono indispensabili per realizzare un progetto; il successo è essenziale per avere un seguito; l'immagine pubblica dev'essere sempre quella del vincitore (i perdenti sono scarto della società). 

Colui che non ha fatto ancora i conti con la morte, non sa niente della vita, ossia non sa cosa si porta via della vita quando sopraggiunge la morte, e non sa neppure quello che lascia sul pianeta Terra relativamente all'evoluzione dell'umanità. Se ha creduto e fatto sue le ragioni e gli atti della guerra, non lascia la pace sulla Terra, e non porta con sè la pace oltre la morte. L'io illusorio conosce la seconda morte: ha fatto male i calcoli, perchè ha centrato la sua vita ed il suo operare sul calcolo. L'io autentico ha scoperto che soltanto nel dono si trova la relazione: non manipolare l'altro per non essere poi manipolati; non fare del prossimo un pubblico ludibrio, perchè si rimarrà a propria volta vittima dell'arroganza e della prepotenza altrui. 

Chi ha creduto di poter salvare l'Io uccidendo Dio ha compiuto un grave errore, ossia si è privato della possibilità della relazione e del dono. Se nell'evoluzione dell'umanità fossero mancati coloro che hanno promosso dono e relazione, l'entropia avrebbe già distrutto l'idea stessa di evoluzione. E' stato Abele a salvare l'evoluzione dell'umanità. Caino non avrebbe lasciato sopravvivere neppure Darwin.

                                                don Carmelo Guarini

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mercoledì 9 agosto 2023

Paura del confronto e dell'incontro?

 Perchè si fugge l'ìncontro tra generazioni, sia da parte degli adulti sia da parte dei giovani?

Perchè si preferisce mantenere la distanza, preferendo l'indifferenza alla comunicazione?

Perchè non si vuole ascoltare l'altro e raccontare di sè? 

Perchè dell'altro si cerca soltanto di conoscere i punti deboli per poterlo usare per un proprio tornaconto?

L'uomo contemporaneo è un adolescente che indossa lo "scafandro ermetico", un robot tecnologico senza emozioni e sentimenti, che si lascia prendere ora dall'aggressività ora dall'indifferenza, ignorando la relazione del Sè con l'altro.

Quale romanzo potrebbe descrivere al meglio lo "scafandro ermetico", del quale si riveste l'adolescente contemporaneo, se non Lo Straniero (L'etrangèr) di A. Camus? Dinanzi al cadavere della madre morta, Meursault (il protagonista) si scopre indifferente, morto dentro (senza emozioni e sentimenti) egli stesso, senza domande, senza desiderio d'incontro e di dialogo, racchiuso nel disprezzo di se stesso e della propria esistenza!

La relazione, nel nostro tempo, non è un fenomeno naturale, è piuttosto una chiamata al confronto e all'incontro: richiede una decisione dell'Io ed una riscoperta di Dio. Perchè laddove Dio è morto, anche l'Io è morto. E non si da resurrezione dell'Io se non dove c'è risurrezione di Dio. Perchè Io e Dio sono una relazione irriducibile, sempre da riscoprire, non può essere data per scontata. La novità del cristianesimo, che ancora dobbiamo comprendere, è questa presenza della trascendenza di Dio nell'immanenza, e di consenguenza la necessaria tensione dell'immanenza dell'uomo verso la trascndenza. Se Dio è disceso nella finitudine, ora l'uomo può salire verso l'infinito. L'evoluzione non è tornare alla scimmia, ma tendere verso la realizzazione dello spirito.

                                 don Carmelo Guarini

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lunedì 7 agosto 2023

La relazione scioglie il nodo di un conflitto

 Ciò che Aristotele dice nel trattato sulla Politica, 1276b, riguardo alla coerenza civica e alla partecipazione alla vita della città, dev'essere integrato con quanto afferma nell'Etica, ossia l'uomo in quanto centro decisionale. In effetti nell'Etica Aristotele introduce un termine nuovo che ribalta il destino immutabile (l'Anànche) affermato dalla tragedia (Eschilo, Sofocle, Euripide): questa parola nuova, al centro dell'Etica è proairesis (decisione). L'uomo è un centro decisionale. La libertà (eleutherìa) è la condizione necessaria perchè ci sia la decisione. Nasce però un nuovo problema, un conflitto di interessi: il mio interesse si scontra con l'interesse dell'altro. 

Il cristianesimo introduce una novità rispetto all'etica aristotelica, perchè il giusto mezzo (la phronesis) proposto da Aristotele non scioglie il nodo del conflitto tra due decisioni che si oppongono. Cosa propone il cristianesimo? Introducendo l'idea di diaconia (servizio libero, non da schiavo) lega la decisione non all'affermazione incondizionata del proprio interesse, ma spinge a cercare l'interesse comune, che realizza in maniera più piena l'interesse dell'io e l'interesse dell'altro. 

Il nodo di ogni conflitto si scioglie, quando si cerca la povertà piuttosto che la ricchezza, il rispetto piuttosto che l'umiliazione dell'altro, l'ascolto attento piuttosto il gridare rumoroso, il donare piuttosto che il calcolare, la pace piuttosto che la guerra, la condivisione piuttosto che l'esasperazione delle differenze tra chi ha tanto e chi non ha niente.

La relazione  scioglie i conflitti creati dall'io egoista e narcisista. Aggiungi virtù e verità, e avrai un ottimo aperitivo, che ti permetterà un pranzo, anzi un'agàpe in grado di soddisfare la fame più ghiotta o più golosa!

                                                 don Carmelo Guarini