giovedì 29 novembre 2012

Simone il mago

Nel capitolo 8 degli Atti degli apostoli ( siamo nel Nuovo Testamento della Bibbia) si narra di un certo Simone il mago, il quale affascinato dai prodigi compiuti dagli apostoli, offrì loro del denaro per avere in dono lo Spirito Santo. Il suo scopo era di far denaro con lo Spirito Santo: aveva pensato che lo Spirito Santo fosse una sorta di strumento magico che consentiva di fare soldi. Il Vangelo, Gesù, lo Spirito Santo, la stessa Chiesa: tutto ciò non può essere utilizzato a proprio uso e consumo, o per uno scopo d'interesse. Ciò che Gesù e lo Spirito Santo danno, come il Vangelo insegna, è qualcosa di gratuito. L'opera della chiesa, che continua l'opera di Gesù, nello Spirito Santo, non può essere diversa da quella del suo Signore: perciò la chiesa opera gratuitamente, senza scopo di lucro, guardando e aiutando sopratutto gli ultimi, i più poveri, quelli che nessuno considera o raccomanda. Simone il mago pensava di diventare ricco con il dono dello Spirito Santo e perciò perse l'anima. E' vero che il Vangelo promette il centuplo in questa vita a coloro che seguono la divina Parola, ma afferma anche di non accumulare beni per averne sicurezza. La cosa più difficile, e perciò anche più meritoria quando si riesce a viverla, è la comunione spirituale che è la condizione necessaria di quella materiale. Nelle relazioni tra le persone, come nella relazione con Dio, conta più l'accoglienza sincera, la pazienza, la mitezza e l'accettazione delle umiliazioni, il saper guardare con occhi nuovi, dimenticare le offese ricevute o i guai subiti, piuttosto che il regalo materiale che non costa altro se non qualcosa di molto esterno. La vita mostra, alla fine o anche nel mezzo del percorso, che l'investimento più  grande, quello che produce risultati più duraturi e più efficaci, lo si trova nelle relazioni : il tempo che si dona per farle più autentiche, la fatica che s'impiega per la comunicazione, lo sforzo per rinnovarle. Quando ci si rimette in gioco per Dio, lo Spirito Santo dona più di un guadagno soltanto materiale. Anche tu puoi donare ciò che lo Spirito Santo t'ispira: riceverai molto, molto di più che se avessi chiesto soltanto un bene materiale.  La sapienza, che è dono dello Spirito, vale molto di più della ricchezza, del potere, dell'immagine, ecc.   
  il don

domenica 25 novembre 2012

polifonia - coro - volo

"Il ritmo dei passi ci accompagnerà....": così  una canzone scout accompagna il cammino. Murrey Schafer, in "Il paesaggio sonoro", recita: "Talora il ritmo dei passi può essere una protesta contro i tempi predominanti di una società" (citato da Henderson in "Il velo sottile. Il mistero della musica"). Ma è proprio sulla polifonia, cioè sul coro, combinazione e non miscuglio di voci, che la Henderson dice questa cosa importante: "grazie all'ascolto reciproco s'innesca una reazione a catena tra le voci fino a formare una grande voce con un unico timbro: il coro". In chimica, la combinazione indica la fusione di elementi diversi che danno vita ad un composto nuovo; invece il miscuglio lascia gli elementi così come sono. Continuando a leggere "Il velo sottile. Il mistero della musica" della Henderson si può notare il passaggio dal piano musicale al piano spirituale: "Il risultato (corale) dipende dalla riuscita di questo gioco che è un dare e ricevere, un continuo essere e non-essere, dove la musica è il veicolo che rende possibile quest'esperienza". Il coro polifonico rompe la SOLITUDINE del solista, CHE NON è SOLO DI COLUI CHE CANTA MA ANCHE DELLA MASSA CHE ASCOLTA, e apre un ascolto del silenzio che diviene ascolto dell'altro. Il coro dev'essere capace del volo, quando un qualche muro del suono ha bloccato il percorso comunitario, facendo saltare anche il ponte costruito per il passaggio. Ci accompagnerà solo il ritmo dei passi, o anche la melodia e l'armonia che insieme al ritmo formano la combinazione del coro polifonico?    il don 

venerdì 23 novembre 2012

musica - arte - interiorità

La musica si può ritenere la più interiore delle arti, dal momento che è tesa sopratutto all'ascolto ed è capace più di altre arti di suscitare un risveglio interiore. Ha scritto M.T. Henderson, nel suo saggio "Il velo sottile. Il mistero della musica" : "La musica ha la potenzialità di costruire nell'interiorità della persona uno spazio di ascolto dell'ineffabile". L'esperienza del risveglio interiore è fondamentale per ricreare relazioni fondate sull'amore piuttosto che sul conflitto. Dalla musica si può imparare come rifare unità tra interiore ed esteriore. Lo dice in termini musicali il violinista Y. Menuhin: "il ritmo impone unanimità sui divergenti, la melodia impone continuità sui disgiunto, e l'armonia impone compatibilità sull'incongruente" (citato dalla Henderson, in "Il velo sottile. Il mistero della musica"). L'esperienza spirituale profonda comincia, e ricomincia, sempre dal vuoto, dal nulla di sè, per far posto all'altro (Dio e anche l'uomo). Che cosa fa il silenzio? Accoglie il suono! Cosa fa il Padre, che è l'Amante? Dà la Vita al Figlio, che è l'Amato! Qual'è la condizione di possibilità della relazione tra Padre e Figlio? Lo Spirito, che è l'Amore! Se la musica creasse conflitti, sarebbe diabolica. Se invece fa crescere la relazione d'amore, è la portatrice dell'ineffabile, il divino! Se la musica trasmettesse l'effimero, rimarrebbe merce di consumo; se invece ricrea legami, rilancia il mecenatismo dell'arte (architettura, scultura, pittura...insomma un nuovo Rinascimento, questa volta non solo italiano, ma europeo). Forse possiamo aspettarci dal "volo" della musica che ridia la speranza di una filosofia nuova, una filosofia-sapienza, capace di allontanare il fantasma di una paventata " dittatura della sophia",  che nel secolo scorso molti hanno combattuto, ma senza ragione.  Se il movente dell'ascolto è l'amore dell'altro e l'accoglienza del diverso, allora si può prevedere con certezza un rilancio dell'azione e dell'interazione. Quando si torna all'interno in maniera autentica, subito ci si butta fuori verso l'altro,  in un reciproco donarsi che elimina il dominio.  il don  

mercoledì 21 novembre 2012

psicologia e spiritualità

S. Freud non ha conosciuto mistici ed esperienze mistiche; C.G. Jung era figlio di un pastore riformato, ma questi non era in grado di discutere col figlio intorno alla fede e al mistero cristiano; C. Rogers aveva studiato teologia per diventare pastore, ma subito l'abbandonò per la psicologia umanistica, nella quale divenne un esperto mondiale. Si potrebbe continuare con altri esempi; e si potrebbe avere l'impressione, peraltro non infondata, che la cura d'anima dello psicologo tenda a prendere il posto della cura d'anima dello spirituale. Come stanno le cose? Dio si è stancato di formare guide spirituali oppure ha voluto creare una specie di concorrenza tra lo psicologo e la guida spirituale? La cosa è molto più complessa e anche più semplice di quanto appaia. La crescita dell'umanesimo non è in opposizione alla vita cristiana autentica. Allora bisogna proprio dire che lo sviluppo della psicologia non crea fastidi alla vita di fede e di carità cristiana. Lo Spirito Santo fa crescere i sensi spirituali del credente sia nella sanità psicologica sia nella malattia psichica.La fede cresce se si ama; la si perde se si fa soltanto ciò che piace. L'esperienza spirituale è mediata dalla cultura, ma spesso la supera: lo Spirito Santo, che è guida nell'esperienza di fede e di amore, crea nell'anima e nelle relazioni tra persone un ambiente divino di libertà e di gioia che supera il "patire" più crudo. Un esempio: nel Seicento francese, il padre Surin, un gesuita, "grande mistico nonostante lunghi anni di malattia mentale", ha lasciato un racconto dell'esperienza spirituale di lotta contro il demonio da lui sostenuta per togliere alle suore di Loudun la possessione diabolica. Quelle suore in convento conducevano vita esemplare; in pubblico dicevano cose strane e compivano gesti insensati. Michel de Certeau, uno storico appassionato di mistica, ha curato la Corrispondenza che Surin ha intrattenuto con quelle suore. La psicologia non va nè combattuta nè esorcizzata, e neppure va considerata concorrente della "confessione sacramentale"; anzi va scoperta come scienza utile e necessaria alla guida spirituale. Ormai sappiamo dire con chiarezza la differenza tra i sensi di colpa che la psicologia individua e può guarire in quanto malattie della psiche, ed i peccati che sono invece malattie dello spirito e vanno curati con la grazia dello Spirito Santo. Il Vangelo ci aiuta a comprendere come le guarigioni spirituali operate da Gesù manifestino una certa diversità d'influenza esercitata dal demonio. In alcuni casi la possessione diabolica è manifesta: lì Gesù fa col demonio un corpo a corpo per scacciarlo. In altri casi, il demonio si nasconde, quando induce le persone ad agire secondo il mondo (secondo  la massa) creando l'illusione che quel comportamento condiviso da tanti è pur lecito. Zaccheo vince il demonio ed il mondo quando all'avidità sostituisce il dono. Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, si mette a seguire Gesù infiammata dalla sua Parola, e non viene più molestata dal diavolo. Il buon ladrone, sulla croce, ruba il Paradiso, facendo ricorso a quell'esperienza di vita e a quel lavoro in cui era esperto. Conclusione: ci sono malattie dello spirito che la psicologia non può guarire. Questo dovrebbero saperlo gli psicologi: essi non dovrebbero più presumere di operare ogni guarigione. Questo è per loro un momento di umiltà; come momento di umiltà c'è stato anche per le guide spirituali, condotte dallo Spirito Santo a non presumere eccessivamente della dottrina acquisita ma a porsi di continuo sotto la guida divina. Ora si potrebbe aprire una feconda collaborazione, che superi la concorrenza, tra psicologi e guide spirituali. Purchè ognuno faccia bene il proprio mestiere e accetti di imparare dall'altro. il don

lunedì 19 novembre 2012

la gioia di essere amati da Dio

Ha scritto Simone Weil: "Elettra è un dramma di Sofocle. E' nello stesso tempo il più oscuro ed il più luminoso di tutti. Vi si vedono la miseria e l'umiliazione schiacciare sotto i loro piedi un essere solo e indifeso; e non sono delle colpe a procurargli una sorte così dura, ma delle virtù, la fedeltà, il coraggio, la forza d'animo. Ma si vede anche, alla fine del dramma, l'arrivo insperato di un fratello che rompe questa solitudine e spezza questa oppressione. Il tutto termina nella gioia più pura. Questa storia di Elettra è fatta per toccare tutti coloro che, nel corso della loro vita, hanno avuto occasione di sapere che cosa significhi essere sventurati. Certo, questa storia è molto antica. Ma la miseria, l'umiliazione, l'ingiustizia, e il sentimento che prova un essere tutto solo, consegnato alla sventura, abbandonato da Dio e dagli uomini, questa cose non sono antiche. Sono di tutti i tempi. Sono cose che la vita infligge tutti i giorni a coloro che non hanno fortuna.". Le gioie illuminano la fine del dramma.
Ma se  anche non ci fosse quella gioia che viene dalla liberazione e dalla fine dell'umiliazione; se anche non s'incontrasse alla fine un pò di simpatia umana; se alla fine restasse soltanto l'abbandono...! Così potrebbe pensare forse soltanto un dio del panteon pagano! Il Dio-Uomo, il Cristo non ha disdegnato nè la vicinanza del buon ladrone sulla croce, nè l'aiuto del cireneo nel suo cammino verso il Calvario. Certo, quando Gesù grida l'abbandono del Padre e al Padre si riabbandona, e dice "è tutto compiuto!", rompe il confine tra dolore e amore. In quel grido, Gesù non pone il dubbio sull'amore del Padre: chiede il perchè, ma non chiude  la relazione d'amore. Anzi apre a tutti la possibilità di fare un'esperienza straordinaria: la gioia di essere e di sentirsi amati da Dio, nonostante tutto e tutti...E Il Padre non si serve del cireneo e del buon ladrone per dire ancora al Figlio il suo amore? La gioia di essere amati imprime la forza e il coraggio di continuare ad amare anche nell'abbandono!  il don

venerdì 16 novembre 2012

la potenza dell'amore

Simone Weil in "Il racconto di Antigone" ha inteso presentare in pochi fotogrammi la tragedia scritta da Sofocle. Si tratta di una guerra tra due fratelli: il primo divenuto re di Tebe deve scontrarsi con il fratello che, dopo aver lasciato la sua città, ritorna  muovendo guerra al re. I due fratelli muoiono entrambi sul campo di battaglia. Lo zio, divenuto re, ordina che il cadavere del defunto re sia sepolto con tutti gli onori, mentre l'altro sia lasciato in pasto agli uccelli rapaci, dal momento che ha mosso guerra alla patria. Antigone, sorella di entrambi, è decisa a compiere un atto di pietà, dando sepoltura al cadavere. Il re s'infuria e decreta anche la morte di Antigone, la quale viene sepolta viva in una caverna, e insieme a lei il promesso sposo. Un indovino predice al re grandi sventure se non libererà quanto prima Antigone. Il re fa aprire la caverna, ma intanto la fanciulla  si è data la morte, per non subire il supplizio di una morte lenta. Il promesso sposo, quando vede Antigone morta, si uccide di fronte al re suo padre. La regina si uccide a sua volta. L'ammonimento di Sofocle: "Le parole altezzose degli uomini superbi si pagano con terribili sventure". Il re ha pagato un grande prezzo per la durezza della sua empietà.  Ma forse  l'insegnamento più grande è questo :  il promesso sposo di Antigone, che dapprima si è lasciato seppelire vivo per amore della futura sposa e poi si è ucciso per non sopravviverle, mostra la potenza dell'amore, considerato più grande della stessa vita.
Simone Weil, che ha saputo guardare sempre più dentro che fuori dell'animo umano, non ha mancato di far vedere la potenza dell'amore.          il don

giovedì 15 novembre 2012

diritto più che tutela

Va detto un grazie alla tutela sul lavoro: la gratitudine non è mai  espressa abbastanza. Ma occorre anche ribadire che non si dovrebbe perdere di vista che il lavoro è un diritto; e se poi è vissuto come un dovere  ed esercitato con passione, allora ne può venire un sicuro beneficio non solo per colui che lo compie ma anche per coloro ai quali è indirizzato. Questo obiettivo o questo fine lo si potrebbe perseguire, allorchè il lavoro non fosse più considerato nel suo aspetto idolatrico, cioè di mero strumento di guadagno e di realizzazione personale. Si scade nell'idealismo, se si difende la dimensione virtuosa del lavoro, cioè la sua pratica di servizio alla comunità? Ma è proprio la perdita degli ideali, ed  è proprio una certa dittatura  dell'utile e della  prassi a creare, ormai da qualche decennio,  uno scadimento nelle relazioni ed uno scivolamento verso il possesso delle cose che sa come di dominio. Il lavoro è qualcosa di più che il semplice mezzo per sostentare la propria vita e quella di qualche altra persona di famiglia. Il lavoro è partecipazione allo sviluppo della creazione (che non è compiuta, ma in via di compimento); è ancora uno strumento privilegiato per cementare la fraternità nella comunità umana. Immagino che dovrebbe essere sempre servizio il lavoro, non solo quello del contadino e dell'operaio, ma anche quello dell'ingegnere e del medico, ... Dico immagino, non per portare il discorso sul fantastico, ma per lasciarne ad ognuno la libertà di scoperta. Perchè è chiaro che solo ciò che si ricerca con passione e si trova con gioia, può essere oggetto di condivisione. Se la tutela sul lavoro è stata necessaria per  garantirne il diritto, in tempi in cui l'egoismo umano l'avrebbe ridotto o depredato; ora è davvero il caso di ridire che esso è un diritto-dovere, che necessita perciò di una più impegnativa formazione, ma che a nessuno potrebbe e dovrebbe esser negato, perchè strettamente legato alla dignità umana. Scienza, tecnologia e politica non hanno ancora risolto il problema; neppure lo potrebbero senza l'etica, che guarda più ai comportamenti che alle parole. Se cresce l'egoismo, le relazioni si sfilacciano; e senza relazioni autentiche, i furbi trovano sempre il modo per servire solo se stessi. il don

domenica 11 novembre 2012

la teoria è anche pratica

Le verità conosciute dall'intelletto sono correlate alle scelte di vita. Newman, universitatis oxoniensis doctor, parlando di Teodoreto vescovo di Cirro, ha messo in relazione la preparazione teologica e le scelte di politica ecclesiastica. Quasi sino alla fine della vita Teodoreto difese Nestorio, patriarca di Costantinopoli e si schierò contro Cirillo di Alessandria ed i vescovi ortodossi. Dal punto di vista teologico, Teodoreto accusò Cirillo di monofisismo (Cristo ha avuto una sola natura) e difese Nestorio che professava la duplice personalità di Cristo. Dice Newman che se Teodoreto avesse studiato teologia per altri dieci anni, invece di diventare vescovo così giovane, avrebbe potuto cogliere meglio cosa ci fosse in gioco nella controversia tra ortodossi ed eretici. Dal punto di vista della politica ecclesiastica, Teodoreto non si era reso conto che i vescovi ortodossi difendevano la verità attraverso la communio e le "litterae communionis", mentre Nestorio ed i vescovi eclettici si appoggiavano all'imperatore e alla corte di Costantinopoli. Solo alla fine della vita, Teodoreto si riconciliò con i vescovi ortodossi orientali e smise di difendere la posizione di Nestorio. Questa lezione di Newman è fondamentale anche per l'oggi: infatti un certo spirito pragmatico, gnostico e pelagiano rischia di togliere forza all'annunzio e alla testimonianza della fede. I cristiani oggi possono esser colti dalla tentazione di credere che la catechesi sia un'appendice della devozione; e gli stessi preti possono esser tentati dall'inutilità dell'approfondimento teologico e spirituale, per affidarsi unicamente all'efficienza (non all'efficacia) del fare. Il discernimento richiede tanto più approfondimento quanto più le questioni dell'anima e dello spirito vengono banalizzate. Teoria e pratica non possono esser disgiunte: la tensione a creare l'unità all'interno della persona può garantire una migliore relazione tra le persone.  il don

sabato 10 novembre 2012

relazioni autentiche contro il consumismo

Sul consumismo occorre intendersi: non si tratta di bloccare l'economia, rinunziando a ciò che serve per vivere (cibo, vestiario, ...); si tratta invece di superare la pressione culturale del tempo che vorrebbe ridurre le relazioni tra le persone a collezioni di cose. Le persone, appunto, non sono cose: sulle persone non si può esercitare il dominio come si farebbe con le cose. Nelle relazioni con le persone occorre esercitare la mitezza (che è l'opposto della violenza), la pazienza (che è l'opposto della fretta), l'umiltà (che è l'opposto dell'orgoglio), il servizio che è l'opposto del dominio. Coltivare le relazioni non si può se non s'impara ogni giorno a rispettare il lavoro dell'altro, i desideri, la personalità e la diversità dell'altro. Coltivare l'incontro richiede la disposizione a perdere tempo ed  energie nell'ascolto dell'altro per poterne riconoscere il valore irrepetibile. Più che fare collezioni d'oggetti, fossero pure tecnologici, bisognerebbe imparare a coltivare relazioni. L'amicizia dura fintanto che durano la fiducia e la lealtà, e nella libertà ci si ritrova a poter parlare di tutto e a comprendersi invece di lasciare libero sfogo al pregiudizio e alla critica disfattista. Il Vangelo racconta di Gesù che fa notare ai discepoli la differenza tra i ricchi che gettano molte monete nel tesoro del tempio e la povera vedova che getta pochi spiccioli ma era tutto quanto possedeva (Marco 12,38-44) per vivere. Le relazioni autentiche, sia quelle con Dio sia quelle con gli uomini, non si giocano mai sulle apparenze (il giudizio paralizza la crescita, ogni espressione di crescita); solo quando si comunica con l'anima, con l'interiorità della persona, si perviene all'incontro. il don

venerdì 9 novembre 2012

dare la vita

Dare la vita è vincere quel desiderio di dominio sull'altro che è la morte di ogni relazione. L'egocentrismo, il narcisismo, l'egoismo, in una parola il culto dell'io è la malattia che conduce alla morte. Come vincere questa malattia mortale? Se la meditazione sviluppa la capacità di autocoscienza e la scoperta  della propria interiorità  ( e l'io autentico diviene capace di mobilitarsi contro l'io falso ); l'azione invece mobilita l'energia per promuovere la relazione autentica con l'altro. Meditazione e azione, in sinergia, possono dar vita alla comunità. Il problema umano e spirituale di fronte al quale ci troviamo oggi non è tanto quello della sopravvivenza (come è stato nel periodo post-bellico); è piuttosto quello del riconoscimento dell'altro (riconoscere l'altro come diverso da me). Se invece di porre l'accento sull'io, spingo l'attenzione sulla relazione, allora riesco ad abbattere i muri e a costruire ponti. Leggendo e meditando il Vangelo si scopre subito, nelle parole e nei fatti di Gesù, che Egli non è mai ripiegato su se stesso: o prega (allora si sta occupando della relazione col Padre) oppure agisce (guarisce ammalati con i gesti e con le parole). Vivere l'umano (e ancor più il divino) è questo uscire fuori da se stessi (per non rimanere egocentrici) e muovere verso l'altro (per rifare ogni giorno la comunità). La sapienza di vivere la si impara dall'esperienza: mai pretendere, sempre dare o qualcosa di materiale o qualcosa di spirituale. Il dono spirituale è molto spesso più necessario di quello materiale, sia per chi dona sia per chi riceve il dono.   il don

martedì 6 novembre 2012

coraggio, ma senza montarsi la testa.

"Vi ho dato coraggio, ma non montatevi la testa. Il Vangelo non si finisce mai d'impararlo: i cristiani autentici fanno formazione permanente sino alla morte. Son venuto tra voi disarmato e inerme, rischiando di prendere tutti i colpi; ma non può dire di aver fatto di più colui che veniva protetto dal gruppo e aveva preordinato un controllo artificiale. Dare la vita vale di più quanto più grande è il rischio: si può dire di aver dato soltanto, quando non si è preso o preteso nulla. Dico ancora sulle virtù umane: lealtà, pazienza, sincerità, fiducia, onestà; perchè più impegno e distacco chiedono le virtù divine: fede,  generosità, perdono, amore senza condizioni. Azzardo a fare una previsione: prossimamente l'amicizia sarà messa alla prova!".  ( dal diario di un povero ingenuo).   il don

lunedì 5 novembre 2012

il genere femminile: un metodo di ricerca

Il mio libro sulla donna, scritto anni fa, intendeva mettere in guardia rispetto alla omologazione in atto tra maschile e femminile. Avevo inteso sottolineare lo specifico della donna, che potrebbe introdurre cambiamenti decisivi nel campo dell'economia, della politica, del diritto, della cultura..., come è stato decisivo l'apporto nell'ambito familiare. La donna, come è noto, ha più capacità di amare e di soffrire rispetto all'uomo; la sua maggiore capacità oblativa ha molto spesso salvato l'unità della famiglia. Avevo intravisto il pericolo contemporaneo nel livellamento dei generi maschile e femminile, nella perdita dell'identità femminile, nell'imitazione del maschio da parte della donna. Se la donna diviene più egoista e più egocentrica, più desiderosa di dominare e di opprimere, è chiaro che aumentano i conflitti e le divisioni. Non che la donna debba rassegnarsi al dominio maschile; al contrario, deve diventare protagonista, piuttosto che rimanere subordinata al maschio. Le scelte di vita sono come la scelta di un libro. Quando c'è inflazione di libri e di messaggi, occorre saper scegliere il libro più utile e più profondo, quello in cui l'autore cerca la relazione autentica col lettore. Il movimento gay ha ulteriormente confuso la relazione tra maschio e femmina, ha creato coi suoi messaggi una più grande omologazione. Quando anni fa nel seminario teologico di Vienna, quello in cui si formavano i futuri sacerdoti, era scoppiato lo scandalo dell'omosessualità, una delle prime cose buone che venne decisa fu l'introduzione della figura femminile, una psicologia, un'accompagnatrice nell'esperienza umano-divina. L'amicizia tra uomo e donna può davvero arricchire il mondo affettivo ed esperienziale di entrambi. Il carteggio tra Teilhard de Chardin e Leontine Zanta è una conferma. Il libro di Raissa Maritain "I grandi amici" mostra una penetrazione spirituale femminile molto diversa da quella di suo marito Jacques: anche sugli uomini Raissa riesce a dire cose che  gli uomini non sono riusciti a cogliere. Gli scritti di Simone Weil sulla scienza e sul lavoro di fabbrica sono serviti  al sindacato e agli operatori sociali, non solo al mondo della cultura. Se la donna diverrà protagonista, non più subordinata , a cominciare dalla sua presenza in ambito religioso, come lo è stata per un lungo tempo nella chiesa, noi potremo sperare in un vissuto religioso più coerente al messaggio evangelico, in una catechesi meno astratta e nozionistica, in relazioni meno conflittuali e maggiormente impregnati d'amore, in una capacità di più grande comprensione del Dio-Uomo crocifisso e abbandonato, che ha capovolto il dominio in servizio divino.   il don 

domenica 4 novembre 2012

Adesso grazie a Rondine Allegra

Eri il mio medico, ma parlavamo anche di scautismo, che io seguivo con attenzione soprattutto attraverso le esperienze che tu mi comunicavi. L'incontro di Roma alle catacombe non ha avuto nulla di forzato: dapprima la celebrazione eucaristica in una piccola chiesa a nostra misura, poi la visita nei luoghi di sepoltura dei cristiani, con un'attenzione particolare all'arte e alla storia dei martiri della fede. I ragazzi sono rimasti contenti, e insieme a loro la comunità-capi. Io rimango in debito, in modo particolare col gruppo dei rovers, ai quali devo offrire un gelato, alla prossima occasione, per il fatto che il rapporto che si è creato con loro è stato più invisibile che visibile, e partendo dalle battute e da una prima notte passata a chiacchierare, è finita poi la seconda notte in un ascolto silenzioso e attento all'altro, del quale devo ringraziarli. Mi pare di capire che il lavoro da te compiuto in tanti anni, cominci a portare dei buoni frutti, dal momento che ci sono ancora adulti e giovani entusiasti di portare avanti un progetto educativo, che richiede fiducia e libertà nella crescita della comunità, e nello stesso tempo rispetto attento dei tempi di crescita di ogni persona. La pazienza che si vorrebbe ricevere dall'altro, occorre chiederla prima a se stessi; così  la comprensione rende più prossimi, al posto del giudizio che invece offende e porta l'altro alla chiusura in se stesso. La comunità-capi è stata attenta e generosa; ed i simpatizzanti, discreti e fattivi.  Io sono ancora vivo, anzi sono uscito sano e salvo dalla fossa dei leoni, come il profeta Daniele, che non mancò di ringraziare, dopo Dio, anche il re Dario che ve lo aveva rinchiuso dentro. Dare fiducia e rispettare i tempi di crescita non è mai invano!  il don

Come Daniele nella fossa dei leoni

Lo scautismo di Mesagne a Roma: una visita alle catacombe. Un incontro con una pagina della storia della fede cristiana; un'esperienza di comunità senza frontiere tra generazioni (eravamo bambini,  ragazzi, adulti e famiglie). Sono stato come Daniele nella fossa dei leoni : il libro di Daniele dell'Antico Testamento racconta che il profeta Daniele, essendo stato fatto rinchiudere dal re Dario nella fossa dei leoni, poichè non aveva voluto adorare la statua d'oro, il mattino seguente uscì dalla fossa vivo, i leoni non lo avevano toccato. Anch'io ne sono uscito sano e salvo: i ragazzi in realtà hanno mostrato di essere dei leoncini, non dei leoni affamati. Cosa dire? Che l'amicizia nasce dall'ascolto e dall'attenzione ad ognuno; e che quando ognuno è messo a proprio agio, senza che si senta giudicato, allora dà il meglio di sè. In secondo luogo, che l'interiore  comunica a livello profondo tra le persone e genera un nuovo modo di sentire e di agire. L'esperienza è stata molto semplice ma profonda : se all'inizio, ognuno era più se stesso che l'altro, alla fine era divenuto più l'altro che se stesso. La comunità al posto dell'individuo, ma senza che ogni persona venisse umiliata o declassata. Un pò di arte, un pò di storia ci hanno comunicato un pò più di fede. E la comunità ci appare ora meno astratta! Buona caccia e buona strada! il don

venerdì 2 novembre 2012

La morte è vita

La morte è soltanto un momento della vita: s'impara a vivere, morendo ogni giorno ad un progetto che può far soffrire un fratello, morendo ad una propria iniziativa tesa ad affermare il proprio io, morendo al desiderio di certezze e di controllo sulla propria vita e su quella altrui. Se si riscopre ogni giorno che la vita e la morte sono un unico mistero, ci si ritrova a rischiare, come l'innamorato che s'avventura in un'esperienza d'amore e non chiede altro se non di far vivere l'amore. Tutti i calcoli che facciamo, tutte le sicurezze che cerchiamo, tutte le vittorie che esibiamo, non sono cose degne della vita. Chi accetta umilmente la morte, non ha più paura di essa e trova il coraggio di iniziare un nuovo cammino, fidando solo nella forza dell'amore. La visita ai defunti è un atto di umiltà di fronte alla morte, di fronte al fatto che siamo mortali; è un atto di fede nello spirito che non si rassegna di fronte alla corruzione del corpo; è un atto d'amore nelle relazioni che non vorremmo finissero. Entrare nel mistero è voler fare esperienza che  dal visibile ci si può inoltrare nell'invisibile, che il mondo interiore è molto più ricco e appassionante di quello esteriore. Il vile interesse uccide le relazioni familiari, rende nemici gli amici, innesca una catena di sofferenze, consegna la persona umana (quella propria e l'altrui) all'angoscia della morte. S'impara a vivere e a morire, amando. Si vince quando si sa perdere; si vive quando s'impara a morire. E' troppo poco portare fiori e lumini ai defunti : il dono materiale dice sempre l'incapacità di donare qualcosa di più. Insieme al dono materiale, va donato sempre un di più d'amore, va chiesto perdono per aver fatto soffrire e per aver dato forse la morte al posto della vita.  il don

giovedì 1 novembre 2012

La crescita

Camminando insieme, ci si migliora. La formazione nello scautismo fa leva sull'incontro con l'altro. Anche dal lato religioso, non usa le immaginette (li santilli) come fattore di crescita; piuttosto si cimenta nella riflessione, nella discussione, nel confronto, per giungere all'incontro con l'altro, con il diverso. Si cimenta nel fare esperienza: non prende le cose passivamente, non le subisce, ma intende conoscerle e viverle responsabilmente. Questa esperienza di comunità è salutare per combattere l'individualismo. Ora che siamo in viaggio per scoprire  la vera fede, non la diamo per scontata, ma vogliamo impararla da coloro che di essa sono stati campioni. Ora che ci rimettiamo in viaggio per scoprire cosa sia l'amore, da coloro che hanno dato la vita vogliamo scoprirne il segreto. Si è più pronti a fare queste scoperte, quando si sono coltivate le virtù dello scautismo: la lealtà, la generosità, l'apertura al diverso, l'attenzione al compimento dell'azione che si sta compiendo. Tra il cominciamento (l'inizio) ed il compimento (la realizzazione) sta l'accrescimento : si comincia, avendo un progetto da realizzare; si lavora per la crescita, sino a che non si giunga al compimento. Ci si rimette in gioco, si affronta il rischio del viaggio, per imparare a vivere insieme ciò che ancora non si conosce.. Ci si dispone alla fatica del viaggio per scoprire qualcosa di grande che ripaghi di quella fatica: a Roma ci attende l'incontro con chi ha saputo creare una storia di fede e di arte, una storia sempre in crescita, nonostante i limiti e gli errori. Buona strada! il don