sabato 29 settembre 2018

COMUNICAZIONE !

La comunicazione svolge una funzione fondamentale nella crescita intellettuale ed esistenziale; ma occorre  passare dal paradigma dell'insegnamento al paradigma dell'apprendimento.
Infatti, se c'è una catastrofe dell'apprendimento, il motivo va ricercato nella catastrofe dell'insegnamento. Non s'insegna più niente quando si stacca la teoria o la tecnica dalla pratica.
La prima pratica, l'esperienza fondamentale dell'insegnamento e dell'apprendimento è costruire relazioni profonde, in modo che la comunicazione non resti tra anonimi.
Insegnamento e apprendimento esigono il reciproco riconoscimento, lo scambio di
fiducia e di rispetto; esibire soltanto le proprie competenze significa suonare il registro dell'esibizionismo narcisista!


                  CREDERE  -   DONARE  -  FORMARE COMUNITA'.
Queste tre verbi sono collegati al fare comunita'.
Il verbo dice azione, a differenza del sostantivo che denota staticità.
Per sconfiggere l'individualismo dominante, per uscire dalla chiusura nel privato e nel gruppo blindato (il familismo, il partitismo clientelare, il conformismo religioso), occorre formare comunità.  Ossia, iniziare un percorso del credere e del donare.
Credere nel futuro, donare tempo ed energie per formare comunità. Nessuno può pensare di risolvere da solo i propri problemi.  Il Noi può realizzare ciò che Io da solo e Tu da solo non si potrà mai raggiungere!
Il futuro, la realizzazione di un sogno personale si concretizza se si inizia a risolvere insieme problemi esistenziali, se nell'incontro tra persone si comincia a ricostruire la comunità.
                   L'incontro tra generazioni diviene possibile se una generazione si apre all'altraReciprocamente!      
                                    don Carmelo   Guarini

venerdì 7 settembre 2018

La povertà materiale

La povertà spirituale non può essere disgiunta dalla povertà materiale. "La chiesa povera e dei poveri è presenza di Cristo, come l'Eucaristia e il ministero episcopale, altre due presenze reali di Cristo.
Corrado Lorefice, nel suo studio "Dossetti e Lercaro" ha documentato il contributo che il cardinale di Bologna e il suo teologo, apportarono al Concilio Vaticano II riguardo al tema "Chiesa povera e dei poveri", fornendo un fondamento teologico, e non solo etico
 e di consiglio alla persona.
Lercaro, nel suo intervento alla prima sessione del Concilio (vivente ancora Giovanni XXIII), aveva spiegato il perché del successo del marxismo e del comunismo marxista:
la Chiesa si era lasciato sfuggire il contatto con la massa dei lavoratori e dei poveri, e aveva lasciato al comunismo marxista campo libero.  Scrive Corrado Lorefice: "Per Lercaro, l'originalità della lettura della povertà fatta dal marxismo era dovuta alla specifica "sintesi filosofica, che si risolve in una visione teologica, del rapporto tra l'uomo e i beni della terra"". (p. 198).
"La chiesa povera e dei poveri", insisteva Lercaro, è stata voluta da Cristo, che si è annientato sino alla morte di croce (Fil. 2,6-11;  2 Cor. 8,9).  Il fondamento della "chiesa povera e dei poveri" è cristologico, non etico o  moralistico.
Questa visione è confluita in Lumen Gentium 8,3, dove si legge: Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo "sussistente nella natura di Dio ... spogliò se stesso, prendendo la natura di un servo (Fl. 2,6-11) e per noi "da ricco che Egli era, si fece povero" (2 Cor. 8,9): così anche la Chiesa , quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì per diffondere , anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione".
Ciò che Lercaro e Dossetti (c'è quindi un contributo italiano al Vaticano II, insieme a quello di Montini)  chiedevano una conversione radicale  che la chiesa europea e nord-americana non si sentivano di fare: una scelta della povertà sulle orme di Gesù Cristo. Soltanto la chiesa latina americana abbracciava quella visione.         Se ne trova documentazione nel diario del vescovo Helder Camara: "Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II".   Si era però già avviata da anni un'esperienza carismatica di povertà con "i piccoli fratelli di Charles de Foucauld": Renè Voillaume ne ha donato un racconto magnifico! Un libro da meditare!   il don

martedì 4 settembre 2018

La povertà spirituale

La povertà spirituale è necessaria a tutti: ricchi e poveri, scienziati e analfabeti, intellettuali e operai, politici e cittadini.
La preparazione alle competenze non può mancare a nessuno: né al contadino che lavora la terra, né al medico che cura le malattie del corpo, né all'ingegnere che fa un progetto e ne segue la realizzazione, né all'operaio che esegue con attenzione l'opera.
Ma l'esperienza, cosa diversa dalla competenza, offre la possibilità di un incontro  profondo tra la conoscenza delle cose e l'intimo delle persone. Sono rimasto colpito da una riflessione della piccola sorella Magdeleine, riportata da Renè Voillaume nel volume Clarles de Foucauld e i suoi discepoli : mostra in maniera chiarissima l'armonia che deve regnare tra conoscenza intellettuale e povertà spirituale. La piccola sorella così scriveva al piccolo fratello: "E' necessario che metta per iscritto il mio pensiero a proposito delle fraternità di studio.   (...)  Penso che bisogna farsi "tutte a tutti", e che nessuna classe , nessun'anima debba essere respinta.".  La lettera è del 1947, quando la lotta di classe era nel pieno del suo fervore e coinvolgeva anche tanti credenti cattolici e cristiani.  Continua sorella Magdeleine: "E' la carità soprattutto la prima testimonianza da dare, una carità impeccabile, senza alcuna ombra ... Sono stata tutta la vita in lotta contro gli altri ...  Adesso, con tutta la sofferenza del mio cuore, io deploro questo "contro".  "Mi perdoni, padre, ma io non amo la discussione teologica in sé ...né le spiegazioni o gli studi ... Naturalmente dall'uno o dall'altro religioso ho ben inteso qualche eco di dispute teologiche, in cui gli uni screditavano i gesuiti, gli altri i domenicani ...".   
L'umiltà del cuore e dell'intelligenza supera  e non cerca nella disputa l'affermazione del proprio punto di vista; al contrario, si affida allo Spirito Santo nella ricerca di ciò che unisce e fa vivere la carità e la concordia.
Nella teologia e nella catechesi occorre evitare intellettualismo e astrattismo, nozionismo e dottrinarismo. L'apprendimento della vita divina deve accompagnarsi al vissuto della condizione umana: la comunicazione di esperienze può far luce sui problemi  e sugli interrogativi esistenziali. E' intorno a questi che si giocano le scelte di vita, grandi e piccole di ogni giorno.     il don

sabato 1 settembre 2018

La lotta spirituale

L'amore di sé (i padri della chiesa la chiamavano plilautia) può essere sostituito dall'amore per l'altro. Nel senso che : o c'è l'uno o c'è l'altro. Il vuoto è il segno che uno vive inconsapevolmente dell'amore di sé, e non sente la necessità di sostituirlo con
l'amore per l'altro.
Coltivare una vita spirituale, attraverso scelte esistenziali, è prendere coscienza che essa esige una lotta spirituale, perché le vittorie sul "nemico" si realizzano anzitutto
nel proprio mondo interiore. Lì la tenebra si fa luce; lì lo scoraggiamento trova la speranza; lì si scopre che il narcisismo porta la morte, e il donare fa vivere in pienezza.
"Il vero nemico è in te e non fuori di te", scrive Enzo Bianchi in "Resisti al nemico" (ed San Paolo, p. 17).
Non puoi mai dare la colpa agli altri di ciò che non è andato bene, del fallimento che hai vissuto! Spesso nel fallimento c'è un tuo limite involontario, altre volte una tua responsabilità non  sufficientemente soppesata. Qualche volta c'è una grazia di Dio
che vuole mostrare il di più del suo dono rispetto alla disgrazia che ti ha colpito.
Nella preghiera ciò che dona luce e forza non è il proprio entusiasmo e neppure la fiducia nelle proprie capacità e nella propria fatica, ma la fede nello Spirito Santo,
il quale "soavemente ferisce" (San Giovanni della Croce) per poi risanare le ferite
 con l'amore di Dio che vince l'amore di sé. (San Agostino)
Enzo Bianchi nota che qualsiasi caduta è causata "dalla fiducia in se stessi". E riporta
il consiglio di Doroteo di Gaza, un padre dei primi secoli, il quale in Insegnamenti faceva notare: "Vedi qualcuno cadere? Sappi che si guidava da solo. Nulla è più grave che guidarsi da sé, nulla è più fatale".
Gesù Cristo non ha forse lasciato il "comandamento nuovo" ai suoi discepoli, perché possano aiutarsi a santificarsi insieme, superando così ogni forma di autosufficienza e di eccessiva fiducia in se stessi? E non ha forse affidato Giovanni a Pietro, Paolo a Barnaba, Pietro a Giacomo, ognuno all'altro e viceversa? La guida spirituale è necessaria: man mano che si cresce nella vita spirituale, se ne scopre sempre più l'utilità e la necessità.      il don