domenica 30 aprile 2023

Nella teoria dei giochi ................

 Cosa c'è nella teoria dei giochi , che il prof. Odifreddi indica come l'ultimo approdo della fisica ? Più di dieci premi Nobel si sono mossi in questa direzione, dice lui!

Cosa manca? C'è troppo calcolo e poco dono, nella teoria dei giochi! Vediamo un pò il contributo fornito dai maestri del sospetto, Marx, Freud, Darwin, Nietzsche, alla chiarificazione del rapporto tra gioco e interesse. Marx ha rovesciato l'economia positivista, ma nel prospettare un'altra economia più giusta, ha escluso dal gioco la variabile della libertà; ha parlato troppo dell'economia sociale e troppo poco della persona. Freud ha smitizzato il positivismo della neurologia, e introducendo nel gioco la variabile della psiche, ha ripreso a costruire l'edificio dell'umanesimo con il piano terra; rimane ancora da costruire il piano superiore. Darwin ha giocato un brutto tiro all'idea di creazione, sostituendola con l'idea di evoluzione, ma il suo gioco sporco è stato il non aver preso sul serio la nascita del linguaggio (per Chomskj è innato; difatti le scimmie antropomorfe non imparano il linguaggio umano dall'esterno, ossia nenche quando sono intereattive con gli uomini) e la nascita del pensiero (che esiste negli animali ma non nella modalità dell'homo faber, dell'homo sapiens e dell'homo patiens). Infine Nietzsche ha fatto il gioco più sporco, quasi riassumendo e sintetizzando ciò che avevano prospettato gli altri maestri del sospetto: la civiltà occidentale muore insieme al cristianesimo; la potenza dell'istinto rende impotente lo spirito, ma anche la storia. Per il filosofo del nichilismo soltanto l'istinto conta, non lo sviluppo.

Il gioco è fatto! I giochi sono chiusi? Niente affatto! Il calcolo non riesce a dire nulla sull'aspirazione all'incommensurabile! E poi: la fisica vorrebbe avere il monopolio della conoscenza. E cosa ci guadagna l'umanità a perdere la metafisica, la spiritualità (sia buddista, sia islamica, sia cristiana)? Ogni perdita dovrebbe contemplare un guadagno! Se la perdita arreca un danno ulteriore, non è credibile, non è rilevante ai fini dello sviluppo, non è condivisibile da coloro che desiderano la pace e l'armonia più che il conflitto!

Nella teoria dei giochi, prof. Odifreddi, vince colui che crede di più e ama di più! I giochi non sono fatti e non sono chiusi; si sono appena aperti!

                                       don Carmelo Guarini

giovedì 27 aprile 2023

Oltre la crisi” - secondo appuntamento relazione cura di don Carmelo Gu...

Il viaggio

 Ulisse viaggia per divenire un eroe della conoscenza? Aveva come meta di ritornare in patria? Tutto quello che ha imparato durante il viaggio, gli è servito per riappropriarsi delle relazioni perdute, sia familiari, sia della patria. L'identità per lui non era più una malattia, la conoscenza dello straniero (o del diverso) e l'aver compreso come trattarlo, aveva aperto la relazione con l'altro.

Enea, il pius Aeneas, creato da Virgilio per offrire un nuovo mito alla nascita di Roma (il primo mito, fondato su una guerra fratricida, ossia il primo re è colui che ha ucciso il fratello) in età augustea, per dare lustro alla pax augustea,  anche lui è un viaggiatore come Ulisse, ma con la differenza che Enea fonda una nuova città e  una nuova patria. 

Ulisse, il viaggiatore eroe della conoscenza, riafferma il suo potere sulla famiglia e sulla propria patria. Enea, il viaggiatore che intende fondare una nuova città e dar vita ad una nuova patria, sulla pietas intende fondare la città che dovrebbe amare la pace.

I miti sono funzionali ai nuovi bisogni e lanciano una sfida ai miti antichi. Se qualcosa rimane in piedi, è segno che porta in sè un pegno di immortalità. Un idolo di pietra o di legno può essere distrutto. Un viaggio, che sia soltanto uno spostarsi fisicamente, anche quando ci si sposta velocemente, non è detto che approdi ad una meta, se non ha in animo di giungere ad una meta.

Il viaggio interiore è quello che non può mai prescindere dalla meta, ma è il più difficile,  perchè la meta non è così materiale come quella richiesta a colui che viaggia per lavoro o per turismo. Il viaggio interiore è un viaggio dello spirito: deve saper mettere insieme lo spirito del tempo (lo ZeitGeist) con il tempo dello spirito (lo Zeit der Geist). Nello spirito del tempo trovi la storia dell'umanità (che può avere nostalgia della scimmia, al punto da considerarla proprio progenitore, e da proiettarla nel futuro per realizzare una scimmia algoritmica); nel tempo dello spirito si considera il viaggio interiore come un'apertura alla libertà e alla creatività.

C. Darwin, io lo metterei tra i maestri del sospetto, ossia insieme a Marx, Freud e Nietzsche, non ha considerato il viaggio interiore dell'umanità; nell'autobiografia ha fatto un'autocritica parziale, dicendo di aver perso il senso estetico, ma sulla perdita del senso spirituale o mistico non ha saputo dire niente.

A. J. Heschel così scriveva nella seconda metà del secolo scorso: "Nel campo della religione prevale l'analfabetismo, sia intellettuale che spirituale, l'ignoranza oltre che l'idolatria, l'adorazione di falsi valori."  E aggiungeva, a proposito della mancata o fallita educazione religiosa della gioventù :"I giovani non hanno bisogno di tranquillanti religiosi, della religione come diversivo, della religione come intrattenimento, ma di audacia spirituale, di succo intellettuale, di sfida." ( Idoli nei tampli, in Il canto della libertà).

Infine un'idea luminosa su come far sì che il viaggio interiore divenga un approdo alle scelte di vita: "Il banco di prova per l'insegnante è la sua capacità di far sì che un'idea accada. L'insegnamento è comunicazione di eventi." (Heschel, Il canto della libertà)  Il viaggio interiore dell'insegnante deve saper incontrare il viaggio esteriore dello studente, perchè questo possa trovare o scoprire il viaggio interiore come un molto più di quello esteriore!

                                           don Carmelo Guarini


lunedì 24 aprile 2023

Il sacrificio che rigenera

Metto insieme e accanto due testi molto brevi, il primo di un teologo, il secondo di uno psicoterapeuta (o meglio di un logoterapeuta), per evidenziare un fenomeno oggi spesso ignorato, ossia che il sacrificio è un atteggiamento in grado di rigenerare ogni esistenza dopo qualsiasi esperienza di fallimento.

Tommaso d'Aquino, nella Secunda Secundae, a2 scrive: "Quanto più strettamente l'uomo unisce a Dio la propria anima, o quella altrui, tanto più accetto è il suo sacrificio."

Victor Frankl, in Homo patiens, assegna al sacrificio un sovrasignificato: "Il sacrificio può dare significato anche alla morte, mentre l'istinto di conservazione - in quanto tale - non è im grado di dare significato alla vita."

Il sacrificio è un'azione sacra. Perciò viene ritenuto una cosa d'altri tempi, nell'epoca scientifico-tecnologica e consumistica. Anche la spiritualità corre il rischio di divenire prodotto commerciale. La società consumistica e tecnologica ha creato questa mentalità diffusa: l'essere umano è un oggetto tra gli altri, per questo può essere usato, utilizzato, consumato e infine buttato via come uno scarto.

Colui o colei che inizia a fare esperienza di meditazione, la prima cosa che scopre o riscopre è la dignità della vita umana, quella propria e quella altrui. Non c'è nulla che possa essere scambiato con l'essere umano, nè denaro, nè piacere, nè potenza. La dignità umana la si conquista quando si riesce a trovare il significato che riveste il sacrificio. Si apprezza soltanto quello che è frutto di sacrificio. Ma non tutto è sacrrificio. La fatica che si è impiegata per fare denaro, o per avere successo, o per godere delle cose e delle persone, non si può dire un vero sacrificio; quella fatica è una sorta di soddisfazione narcisista, di godimento egoistico, perchè quasi sempre non apporta nessun beneficio agli altri esseri umani. 

Il sacrificio che dona significato alla vita e alla morte è quello che opera l'autotrascendenza e che si rende presente nella relazione immanente: ossia dona ciò che ha superato, ciò da cui si è distaccato!

                                                     don Carmelo Guarini


sabato 22 aprile 2023

Scienza e sapienza

 Albert Einstein aveva ben capito la relazione necessaria tra scienza e sapienza, quando diceva: "La scienza senza la religione è paralizzata. La religione senza la scienza è cieca."  Per tradurlo in concreto, si potrebbe dire così: ogni persona umana riceve due doni, uno è l'intelligenza (per svilupparla, occorre studiare), l'altro dono è il cuore (perchè non divenga di pietra, occorre imparare ad amare).

Viviamo in un'epoca di confusione riguardo all'identità, ma per affermarla si cade in un'altra malattia più pericolosa della confusione, ossia la negazione dell'altro fino al punto da volerne la distruzione e la morte. L'unificazione della persona (la sua identità) inizia non sottovalutando nè sopravvalutando ognuna delle tre dimensioni di cui è composta. Intanto, occorre cominciare a riconoscere che si è costituiti da tra dimensioni: il corpo, la psiche, lo spirito. La psicologia e la psicoanalisi ci hanno fatto capire che la psiche è qualcosa di diverso rispetto a ciò che i pensatori greci chiamavano anima. E i pensatori mistici cristiani ci hanno mostrato che lo spirito è una dimensione superiore dell'anima (la psiche).       Lo spirito è sovrarazionale: occorre la fede - fiducia per scoprire (non per inventare, nel senso che è un dono, non un'immaginazione creativa) il sovrasignificato racchiuso in tutto ciò che si sperimenta come mistero. Se sopravvaluto il corpo, rischio di rimanere vittima della nevrosi, della psicosi, della paranoia, della melanconia; posso avere un corpo perfetto e ben curato, manco però di intelletto, di relazioni d'amore. Se sviluppo in maniera esclusiva la psiche, posso ritrovarmi nella confessione di Freud: "non ho senso della mistica, e non ho orecchio per la musica". Se sviluppo unilaterarmente lo spirito, posso ritrovarmi nella situazione squilibrata del perfezionista (ossessionato dalla perfezione, ma incapace d'amare) che materializza lo spirito (Evagrio Pontico diceva che il peccato dello spirito è più grave del peccato della carne, ossia della lussuria, dell'uso sconsiderato del sesso; il peccato della carne  è meno grave di ciò che lo provoca e ne è la causa scatenante, ossia la superbia (orgoglio e vanagloria). 

Per mettere insieme, per unificare corpo, psiche e spirito, occorre tutta una vita. L'identità la si comincia a sperimentare, quando si mettono a frutto sia la scienza sia la sapienza. Sono due doni da far fruttificare la scienza e la sapienza!  La scienza apre la mente (bisogna diffidare di coloro che vogliono sempre chiudere, invece di aprire): le nuove scoperte non ci distanziano soltanto dalle scimmie antropomorfe, ma anche dalle scimmie algoritmiche. La sapienza è una conquista dello spirito.  Nessuna intelligenza artificiale potrà far vivere lo spirito in comunione col corpo e con la psiche se non lo spirito sovrarazionale che la persona umana riceve quando lo cerca. Invece di proclamare l'assurdo dell'esistenza e del mondo, come hanno fatto l'esistenzialismo ateo e il nichilismo, si dovrebbe fare più esperienza del mistero. Ci sarebbe allora più arte, più vita, più amore, più dono, più relazione spirituale e materiale. Tutto, sempre, nella libertà!

                                                             don Carmelo Guarini

                                                       

giovedì 20 aprile 2023

La provocazione dei profeti

 Il popolo d'Israele si è consolidato grazie ad alcune istituzioni codificate. Un'istituzione è il sacerdozio: alla tribù di levi è stato affidato il rito espiatorio. Altra istituzione: i rabbini ricevono il compito di insegnare la legge di Mosè. Terza istituzione : il re, chiesto dal popolo e riconosciuto da Dio, dopo che i giudici sembrava avessero esaurito la loro azione storica. Ma c'è ancora un'istituzione che Dio ha riservato a sè, non codificabile materialmente, imprevedibile in quanto parola dello spirito che interviene per giudicare le altre istituzioni, quella sacerdotale, quella regale, quella rabbinica. E' la parola diretta e immediata che Dio suscita nei profeti. 

Così ne parla A. J. Heschel nel suo libro Il messaggio dei profeti " La mente dei profeti non era incentrata sulla religione. Essi prestavano più attenzione alle vicende del palazzo reale, ai modi di operare delle corti di giustizia e alle prospettive in base alle quali agivano, che non ai problemi concernenti i riti celebrati dai sacerdoti nel Tempio di Gerusalemme.    (...)    L'impazienza estrema dei profeti di fronte all'ingiustizia forse ci impressiona come una forma di isteria. Noi stessi siamo continuamente testimoni di atti di ingiustizia, di manifestazioni d'ipocrisia, di oltraggio, di miseria, ma raramente ci indigniamo o inquietiamo oltre misura."

Il profeta non dice soltanto le parole che Dio gli comanda di dire: la sua stessa vita diviene il messaggio; quelle parole che pronunzia hanno un prezzo prima per il profeta, poi per il popolo.

Francesco d'Assisi è stato un profeta sul finire del medioevo: egli denunzia la ricchezza della chiesa con la scelta di una vita povera, contesta la violenza delle crociate, presentandosi al Sultano inerme e senza difesa. La sua forze è stata tutta nella parola e nella vita di Dio.

Ancora Heschel in Il messaggio dei profeti : "Per i profeti Dio è sfida, domanda incessante. Egli è compassione, ma non compromesso; giustizia, ma non inclemenza. L'anima del profeta non sa cos'è la tranquillità."

Possono cambiare i metodi e le circostanze storiche, ma lo spirito del profeta rimane quello di un ascolto profondo di Dio, dei suoi inviti all'osservanza dell'amore, inclusa la legge.

A.J. Heschel attualizza  e rende contemporanea la voce di Dio (nabì = profeta è proprio la voce di Dio, non la voce di un uomo) : "L'interiorità è ignorata. Lo spirito è diventato un mito. L'uomo si ritiene fatto a somiglianza di una macchina e non a somiglienza di Dio. Il corpo è dio e le sue necessità sono i suoi profeti.  (...)   La religione senz'anima è tanto vitale quanto lo può essere un uomo senza cuore. Il dinamismo sociale non sostituisce il significato.  (tutta la psicoterapia di Victor Frankl è incentrata sulla volontà di significato)   (...)  Forse è questo il compito più urgente: salvare l'uomo interiore dalla tendenza a dimenticare, ...  Il nostro futuro dipende dalla nostra capacità di apprezzare la realtà della vita interiore, la luminosità del pensare, la dignità di chi è ancora capace di stupirsi, di nutrire sacro rispetto. (...)  Dio ha interesse alla vita dell'uomo, di ogni uomo. Ma questa verità non può essere imposta dall'esterno, dev'essere scoperta da ciscuno...".

I profeti non affermano un proprio tornaconto, non parlano e non agiscono per calcolo. Tant'è vero che vengono tutti perseguitati e uccisi: nel secolo scorso, Martin Luter King, il Mahatma Gandhj, Robert Kennedy, D. Bnnhoeffer, e altri ancora.     Lo Spirito non ha dimenticato di soccorrere l'umanità, correggendo e illuminando tramite la provocazione dei profeti.

                                            don Carmelo Guarini

mercoledì 19 aprile 2023

Senza lo spirito è la catastrofe!

 Il fallimento della relazione (il fattore umano) è la catastrofe!

 Cosa scatena una guerra? Perchè crescono: violenza fisica e verbale, aggressività, oppressione dell'altro?

Scrive A.J. Heschel, in Il canto della libertà : "la pressione dei bisogni trasformati in interessi aggressivi è la causa continua di guerre e aumenta in proporzione diretta al progresso tecnologico."

Se manca il discernimento tra bisogni autentici e bisogni artificiali cosa succede?  Col progresso tecnologico  aumentano i bisogni artificiali degli individui, che vengono sollecitati dalla moda, dalla propaganda, dal crescente narcisismo, dal calcolo che diviene sempre più aggressivo. 

Il fallimento della pace è dovuto alla sfiducia nella diplomazia, alla mancanza di educazione alla relazione e all'incontro. I valori dell'antica Grecia e dell'antica Roma sono divenuti cinismo. Perchè? Erano un'invenzione umana che mascherava tanto egoismo. Oggi si parla tanto di valori, ma non si vuole sentir parlare di comandamenti di Dio. Un comandamento dice: non uccidere! Un altro dice: non rubare! Basterebbe vivere questi due comandamenti per evitare guerre e conflitti tra ricchi e poveri.

La prospettiva relazionale mantiene in campo o riconquista tutti gli Io. Scrive Carlo Rovelli nelle ultime pagine di Helgoland : " di relazioni è fatto il nostro io, le nostre società, la nostra vita culturale, spirituale e politica. Per questo, tutto quanto siamo stati capaci di fare nei secoli, lo abbiamo fatto in una rete di scambi. Per questo la politica di collaborazione è più sensata ed efficace della politica di competizione...". 

La prospettiva relazionale apre la comunicazione all'interno di ogni persona tra corpo, anima e spirito; sostiene il desiderio di incontro e di unificazione tra queste diverse dimensioni presenti nell'essere umano. E quando l'io è unificato, non più scisso o in conflitto con se stesso, può più facilemnte incontrare l'altro, il diverso da sè.  La relazione tende sempre all'incontro; non evita il confronto, ma questo non deve infine escludere la possibilità di salvare il tutto.

Sia le democrazie, sia le dittature falliscono l'obiettivo della pace, se guardano soltanto ai propri interessi e lasciano da parte lo spirito che mette insieme le diversità.

                                                   don Carmelo Guarini

martedì 18 aprile 2023

L'evento è un dono

 Più che nell'evento prevedibile, che può essere un calcolo programmato, è nell'evento imprevedibile, quello che sorprende quando appare, che il dono mostra la relazione. L'io che programma e che produce,  ordinariamente è mosso dal calcolo. L'evento che appare ed è ricevuto come un dono, sorprendendo, pone la domanda sulla solitudine e sulla comunione.

Sei solo sulla terra o sei in relazione? Sartre, affermando che "gli altri sono l'inferno", ribadiva l'essere di ogni uono e di ogni donna come un'isola. Non sapendo cosa farsene della libertà, la butta in politica: la lotta sociale è l'impegno (engagement), ma la comunità non si può realizzare perchè la comunione è impossibile. Ma la religione non può dare agli atei che l'hanno combattuta la colpa della propria recessione; piuttosto dovrebbe chiedersi se non sia stata la mediocrità, il proprio credere e non-credere la causa più profonda della decadenza.

A. J. Heschel, rabbimo e teologo ebreo, scriveva nel secolo scorso, a proposito della religione in una società libera:  "La religione contemporanea chiede poco all'uomo. E' pronta ad offrire conforto; non ha il coraggio di provocare. E' disposta a fornire  edificazione; non ha l'ardire di spezzare gli idoli, di mandare in frantumi la dura insensibilità. Il guaio è che la religione è diventata istituzione, dogma, rituale. Non è più evento.   La sua accettazione non comporta nè rischio nè tensione. La religione ha acquistato rispettabilità per benevola concessione della società (...)  Nulla può sostituire la fede, non c'è alternativa alla rivelazione, non esiste un surrogato dell'impegno."

L'evento più importante è quello dello spirito. Lo specifico dell'umano è un corpo animato dallo spirito: questo è ciò che lo distingue dagli animali ( che hanno un'anima e una qualche intelligenza pratica, ma non posseggono nè un linguaggio per narrare nè un pensiero capace di immmanenza e trascendenza). 

Un altro grande ebreo, Victor Frankl, sopravvissuto al lager nazista, ha raccontato nel suo Uno psicologo nei lager, l'esperienza dell'autotrascendenza, la scoperta dell'interiorità e dello spirito.  Entrato nel lager psichiatra e psicoanalista freudiano, ne è uscito fondatore di una nuova psicoterapia, la logoterapia. Ha contestualizzato le nuove nevrosi  (somatogene, psicogene e noogene) nell'epoca che non soffre più per la rimozione sessuale (Freud aveva avuto ragione ad attaccare la rimozione della sessualità nell'epoca vittoriana); ora, diceva Frankl, la rimozione riguarda il significato della vita. Le nuove nevrosi sono causate dal vuoto esistenziale, dal non trovare un significato di vita. 

La teologia del profondo traduce il pensiero in preghiera. Risponde alla domanda fondamentale: Cosa vuole Dio? Considera un'evasione la domanda moderna: cosa chiede l'uomo a Dio? Nella Modernità al suo culmine, il folklore ha sostituito la liturgia: coloro che si ritrovano in un'azione liturgica non creano comunione e comunità, esibiscono uno spettacolo!                Su questo era daccordo uno studioso cattolico,gesuita, sul finire del secolo scorso, quando dibatteba con Domenach su Il cristianesimo in frantumi.

Cosa ci dice  Victor Frankl sull'evento come dono? Anche da un'esperienza estrema di prigionia e di persecuzione della dignità umana può venir fuori l'evento come dono: nasce la logoterapia, una nuova psicoterapia che è in grado di guarire le nuove nevrosi dell'epoca contemporanea!

Cosa ci dice A. J. Heschel? Che la religione va personalizzata, che la fede e la preghiera insegnano ciò che Dio chiede all'essere umano, che la teologia del profondo fa cogliere nella partecipazione liturgica la necessaria trasformazione della vita. 

Dio non ha rinnegato la prima alleanza col popolo eletto; quell'alleanza dice ancora che l'uomo di fede (come quella di Abramo) fa fiorire il deserto. L'uomo di fede non è solo,  Dio è con lui.

                                                      don Carmelo Guarini 

domenica 16 aprile 2023

Manca il progetto antropologico

 Il mito illuminista dell'immortalità della specie umana è finito. Ai nostri giorni, tanti parlano ormai dell'estinzione della specie umana. Le ragioni: il degrado ambientale, le guerre (l'industria bellica prevale sull'industria alimentare e sanitaria) che fanno prosperare i ricchi ma uccidono i poveri, la cosiddetta rivoluzione della macchina intelligente che dovrebbe sostituire la natura umana ritenuta obsoleta (ma non si capisce bene se questo progetto dell'uomo macchina sia finalizzato a creare una scimmia algoritmica, evoluta rispetto a quella dalla quale l'evoluzione darwiniana ha voluto far derivare l'homo sapiens).  Vogliamo una riforma o una rivoluzione della natura umana?

La differenza tra la riforma e la rivoluzione: la prima intende riparare gli errori commessi durante secoli o millenni; la seconda vorrebbe far ripartire la storia da zero, ossia rifare la natura umana, dal momento che è stata fatta sbagliatadall'inizio.  Il fattore umano non è più preso in considerazione, o meglio l'uomo-macchina viene considerato soltanto sotto la dimensione del corpo (soma) e dell'anima (psiche; ce l'hanno anche gli animali), ma non sotto la dimensione specificamente umana, ossia lo spirito (pneuma). Persino la teologia cristiana e cattolica ha parlato dell'essere umano a due dimensioni, corpo e anima, non costituzionalmente a tre, ossia ignorando lo spirito. 

A.J. Heschel, un teologo ebreo, ha detto con chiarezza, nel secolo scorso, che i valori hanno origine in Grecia, ma nella religione ebraica si parla di comandamenti (mizwot). I valori sono creati dall'essere umano : quella greca è stata un'etica; i comandamenti sono donati da Dio come una luce per la vita.

Un giovane che studia (prima nella la scuola superiore, poi all'università) cosa riceve per orientarsi nella vita, al di là della sistemazione economica, del lavoro e della carriera, del proprio interesse privato? Il degrado antropologico che deve affrontare è molto più condizionante del degrado ambientale, finaziario, mediatico. All'uomo-macchina non è in grado di opporre un altro modello di umanità. Considerando la storia, s'impara che le virtù possono degenerare in vizi. Così è stato: per la virtù romana della disciplina (il senato e le legioni praticavano la disciplina) degenerata in imperialismo; per la virtù greca della libertà (scoperta grande della filosofia: liberarsi dall'Ananche, il destino stabilito dagli dei e che non si puù mutare) degenerata in cinismo; per la virtù ebraica della tenacia (perduto l'eroismo, il coraggio di morire giovani per una causa, la patria o l'idea dei padri) che degenera in longevità.

Oggi qual'è l'impedimento più grande alla realizzazione del progetto antropologico? La mancanza della comunità, della relazione autentica che garantisce la comunità, la solitudine e il silenzio che consentono la riflessione e la scoperta del proprio progetto di vita. Per non vivere da gregari, omologati al sistema capitalistico della sorveglianza (Shoshana Zuboff), occorre che la connessione non degenri in isolamento dell'Io. Sarebbe un ulteriore rafforzamento dell'individualismo, che nella Modernità ha corrotto l'economia, la politica e la cultura (persino la filosofia ha parlato di Io penso, diviso però tra Io puro ed Io empirico, come si ritrova in Kant). C'è ancora troppo individualismo, per scoprire il valore spirituale della relazione. Se manca l'altro, l'Io è sempre più solo e isolato! Per  coltivare la relazione, occorre  che il paradigma del calcolo scopra l'incommensurabile, che soltanto il paradigma del dono può offrire. E' pura illusione dell'Io quella di fare l'influencer, con al seguito tanti fans. L'io autentico è quello che sa donare fiducia, rispetto, non quello che intende asservire la persona umana. Un progetto antropologico post-moderno, cioè in grado di superare i condizionamenti della Modernità, deve rimettere insieme ciò che si pensa con ciò che si vive. L'esperienza spirituale e intellettuale deve armonizzarsi con l'esperienza esistenziale. Meglio "i mezzi poveri", avrebbe detto Maritain, perchè mi lasciano la libertà di amare. L'imperativo categorico di Kant ha consentito di sopportare il dovere soltanto perchè incentivava il borghese ad arricchirsi.

                                                don Carmelo Guarini


giovedì 13 aprile 2023

Conoscenza e coscienza

 Da un amico ho ricevuto l'invito a parlare della relazione tra conoscenza e coscienza. E' un argomento interessante, che potrebbe coinvolgere altri. Metto anzitutto  in evidenza alcune aporie.

La prima aporia: oggi c'è troppa conoscenza (informazioni) e poca coscienza (sapienza). Siamo sopraffatti  dalla conoscenza (la nostra intelligenza è colonizzata dai media) e paralizzati nella coscienza (la coscienza non ha più un orientamento : non esiste più la memoria collettiva).

La seconda aporia : la conoscenza collettiva è eclettica, mentre la memoria collettiva (che forma la coscienza) è scomparsa (la religione è New Age); la coscienza individuale è dilaniata da due opposti: l'oblio (ossia dimenticare tutto) e le tracce di  memoria (ma la perdita si può curare?).

Terza aporia e domanda risolutiva: la memoria collettiva ferita può guarire le ferite della memoria individuale?  La coscienza collettiva (per esempio, il nazionalismo o il sovranismo che vorrebbe far risorgere la nazione) si scontra con la coscienza individuale creativa (quella dell'artista, dell'intellettuale non-organico, del mistico). Quest'ultima non obbedisce se non alla libertà e alla relazione autentica. La coscienza individuale creativa non è populista, non è omologata, non si piega alla schiavitù della finanza, del successo mediatico. Come ricreare la coscienza collettiva partendo dalla libertà e dalla creatività?

Per rimettere in moto la coscienza che si orienta nella conoscenza, sarebbe utile appropriarsi di quella distinzione che M. Heiddeger faceva nel secolo scorso tra pensiero calcolante e pensiero meditante. La meditazione è un inizio di cambiamento.  Ma l'abbandono del calcolo non basterebbe per affermare il paradigma del dono. Servirebbe rimettere insieme (non sovrapponendole o identificandole, ma tenendole distinte) filosofia e teologia: il pensiero riconoscente, diceva Klaus Hemmerle, apre la relazione, sostituisce la controversia. Sulla gratitudine del ricevere e  del dare, il dono rappresenta ciò che potrebbe unificare conoscenza e coscienza!

                                                  don Carmelo Guarini


domenica 9 aprile 2023

La resurrezione a Pasqua

 L'esperienza spirituale vissuta quest'anno dopo la santa cena il giovedì santo vale la pena di essere raccontata perchè è stata qualcosa di nuovo. 

Anzitutto l'addobbo materiale del repositorio ha esercitato un'attrazione spirituale in coloro che sono entrati a pregare: lo si percepiva dal silenzio profondo di coloro che pregavano;  l'armonia era anche il frutto dell'aver messo insieme idee e lavoro concreto. D'altronde, il silenzio non è vuoto, è piuttosto ascolto e accoglienza dell'altro.

Una piccola esperienza, tuttavia, può mostrare qualcosa di più grande e di più decisivo!   Il rito può ridursi ad una commemorazione, ed è quello che fa una certa raligiosità di massa. Oppure la partecipazione al rito può ricevere una luce ed una forza in grado di trasformare interiore ed esteriore: questo dovrebbe fare una religiosità personalizzata. Di questa personalizzazione c'è oggi bisogno: il che significa che anche un'azione di volontariato non si riduce ad una materializzazione dell'attività, ma riesce a raggiungere la vita interiore di coloro che ricevono un dono.

La relazione trinitaria è il dono più grande che Gesù Cristo ha mostrato e testimoniato  nel mistero pasquale di passione, morte e resurrezione. L'unità col Padre nello Spirito Santo viene donata all'umanità come la vita nuova che elimina conflitti, guerre, divisioni,  anzitutto all'interno di ogni persona, poi anche nelle relazioni con le altre persone. La preghiera per l'amico e per il nemico aiuta ad amare (cioè a non uccidere o ferire) sia l'amico sia il nemico.   

                                                      don Carmelo Guarini

mercoledì 5 aprile 2023

Venerdì santo. Il cristianesimo è finito?

 Il cristianesimo è finito prima ancora di divenire storia?

Confronto tra epoche storiche. La lettura attenta di Thomas Mann e di Thomas Merton rileva la differenza tra l'epoca borghese ( la sua fine, sul finire dell'800 ) e l'epoca del proletariato. In un discorso tenuto all'università di Chigago nel 1950, Thomas Mann faceva notare: "La parola decadenza usata con tanto virtuosismo psicologico da Nietzsche entrò nel gergo intellettuale dell'epoca ...". Ancora : "Il nazionalsocialismo fu definito da uno che se ne intendeva "rivoluzione del nichilismo"." Thomas Merton, in tanti suoi scritti (non solo l'autobiografia La montagna dalle sette balze) non aveva mancato di far notare che la borghesia cattolica (ma anche quella luterana e calvinista, anglicana , ecc.) aveva mancato la pratica cristiana del vangelo.

Le due colonne, con la base d'argilla, della borghesia sono: la cultura e il possesso; queste due forze materiali hanno finito per distruggere lo spirito del Vangelo. Cultura e possesso: due forze di potere, che nascondono sotto l'ipocrisia dell'elemosina la volontà di potere e di piacere. Denaro e cultura, per tenere i poveri lontani dal Vangelo.

Con la fine dell'era borghese, inizia l'epoca del proletariato. Ora la giustiza sarebbe la rivendicazionae epocale delle masse. Ma la politica diviene un'ascetica disumana: la dignità umana viene calpestata dal bolscevismo sovietico (Lenin e Stalin) e poi dal maoismo in Cina (dopo Mao, la banda dei quattro). Il bisogno di giustizia esplode tra le mani del partito, mentre il proletariato continua ad essere vittima;  e quasta volta i carnefici sono i suoi presunti liberatori!

Gramsci, mentre era in prigione, esortava il figlio (ancora  a scuola elementare) a studiare la storia, per essere in grado di comprenere lo spirito dell'epoca. 

Lo ZeitGeist è il preludio necessario per poter accedere al tempo dello spirito, questo tempo della libertà e della creatività, in grado di liberarsi dall'asservimento e dal  condizionamento dello "spirito del tempo". 

Il cristianesimo inizia la storia dell'umanità nuova proprio il venerdì santo, con la pratica della pietas e della compassione, opposizione alla volontà di potenza e di piacere. Potenza dello spirito che si oppone alla potenza dell'istinto! E mette in guardia dal costruire potenza materiale con la contemporanea svalutazione delle virtù morali e sociali!

                                            don Carmelo Guarini


martedì 4 aprile 2023

La trascendenza della catastrofe

 La trascendenza della catastrofe è la trascendenza dell'Apocalisse!

Ho riletto la conclusione del fisico Carlo Rovelli nel suo libretto Sette brevi lezioni di fisica. La domanda difficile che egli pone a se stesso e a noi: Siamo fatti anche noi solo di quanti e particelle?, questa domanda va presa sul serio. Perciò andrebbe ridiscusso il rapporto tra il mito e la scienza storica, e tra lo spirito e la storia da una parte e dall'altra la vita, relazione rivelatasi scabrosa nell'impostazione data da Nietzsche nella seconda della Betrachtungen Unzeitgemesse.  Nietzsche ha esaltato la vita, ha pensato di salvarla dalle grinfie della storia e dello spirito, ma ponendo in questo modo la vita di fronte alla grande tentazione dell'auto-distruzione, del suicidio dell'umanità. Forse non se n'è accorto. Forse gli era mancato quel rigore logico che Wittgenstein ha sempre mantenuto anche quando parlava di estetica, di etica, di scienza e di mistica. Nietzsche ha identificato troppo la natura umana con la natura cosmica : la sua antropologia, come d'altronde quella di Marx e Freud, esalta la potenza dell'istinto, mentre disprezza l'impotenza dello spirito!

Ai tre maestri del sospetto individuati da Paul Ricoeur, ne aggiungerei un quarto: Charles Darwin, troppo sicuro di sè nel teorizzare l'evoluzione come alternativa alla creazione. Siamo nel regno dei simboli, anzi potremmo dire di più, siamo nel regno della metastoria, sia che parliamo di creazione sia di evoluzione. Leggendo Chomskj, mi è parso ragionevole ciò che egli dice intorno alla struttura profonda del linguaggio umano e del pensiero dell'uomo: fa pensare a qualcosa di innato, non a qualcosa che si possa apprendere esternamente. Difatti, le scimmie dopo che per millenni hanno ascoltato il linguaggio umano, non sono state capaci nè di imitarlo nè d'impararlo. Certo le scimmie hanno un'intelligenza, come gli altri animali; potrebbero anche avere un'anima (una psichè), come tutti gli altri animali; ma non hanno lo spirito.

Ciò che distingue l'essere umano dagli altri animali è proprio lo spirito: questo si manifesta nel linguaggio, nel pensiero e nella libertà (che non s'accontenta della potenza dell'istinto e non è disposta a rinunziare alla potenza dello spirito). 

Alla pagina 83 del libretto citato, Rovelli scrive: "Siamo forse la sola specie sulla Terra consapevole dell'inevitabilità della nostra morte individuale: temo che presto dovremmo diventare anche la specie che vedrà consapevolmente arrivare la propria fine , o quanto meno la fine della propria civiltà.".

Il mito illuminista dell'immortalità della specie si è sgretolato. Rimane in piedi il futuro dell'umanità sulla Terra: lo spirito potrà salvarlo; e la storia potrà mostrare, dopo che  i miti sono finiti, che la lbertà e la responsabilità sono capaci di creare cambiamenti di qualità più di quanto non riesca a fare la natura. La relazione torna al centro di tutto: la connessione tra gli elementi più diversi non è forse la scoperta più grande che la teoria dei quanti ci ha messo dinanzi?

                                                don carmelo guarini

lunedì 3 aprile 2023

La freccia dell'evoluzione

 La freccia dell'evoluzione non può essere un ritorno al passato, un ritorno alla scimmia, come vorrebbe la visione darwiniana e darwivista. Sarebbe il bumerang che ritorna su chi lo ha lanciato!

La freccia dell'evoluzione può conoscere lo sviluppo dell'umanità nella tensione al divenire dello spirito. Il mondo sulla terra diverrebbe più pace che guerra, più fraternità che odio tra popoli e nazioni, tra la materia e lo spirito.

La freccia dell'evoluzione guarda all'armonia tra interiore ed esteriore: non disprezza nulla di ciò che è natura, e tuttavia  considera la cultura come lo spirito che può salvare mondo vegetale e animale dalla distruzione certa.

Oltre la crisi” - secondo appuntamento relazione cura di don Carmelo Gu...