lunedì 27 agosto 2012

cos'è la massoneria?

Il motto massonico: libertà-uguaglianza-fratellanza. E' un obiettivo religioso, politico, ideologico, culturale? Il motto sarebbe quello della rivoluzione francese!
Il tempio massonico : al suo interno, si trovano, tra l'altro, le statue di Venere, di Minerva... Reminiscenze del politeismo pagano?
La dottrina massonica: il "grande architetto dell'universo" è una creazione umana o una rivelazione divina? Quale relazione intrattiene con l'umanità ? Di distacco assoluto? Come interviene nella storia umana? Come Fato o come Provvidenza? Con la giustizia o con la compassione? Punisce o guarisce?
Porre domande non è semplice curiosità; ma si può giungere al dialogo soltanto se c'è un coinvolgimento esistenziale, e non solo intellettuale.
Perchè diventare massone? Perchè partecipare ad una liturgia massonica, da muratore, da maestro? Da venerabile potrei capire perchè!
Dal momento che l'epoca del proselitismo è finita anche per le grandi religioni del mondo (cioè è finito il tempo della conquista; è iniziato il tempo della testimonianza), non rimane altro se non una testimonianza di servizio alle persone concrete e al popolo. Occorre far comprendere bene ciò in cui si crede; occorre mostrare in trasparenza la propria azione e le attività che si compiono. Il dialogo potrebbe infine divenire interazione soltanto se si fosse trovato un obiettivo comune di più grande libertà, uguaglianza e fraternità. Senza pregiudizi...!  il don

giovedì 23 agosto 2012

letto per voi: Oltre la filosofia

Il libro di Ran Lahav, docente all'università di Haifa (Israele), fa parte della "pratica filosofica", iniziata in Europa nei primi anni Ottanta, però "con una direzione che  è sembrata troppo pragmatica" (p.3), " e invece di aiutare i singoli a elevare la vita e a viverla più pienamente, ha finito per concentrarsi sull'autoanalisi intellettuale e sul pensiero critico"(p.3). Si tratta si scoprire invece la realtà umana come un processo trasformativo, volto verso una pienezza di vita, cioè verso un'umanità più libera, più creativa, più autentica. La pratica filosofica come modo di vivere significa : più che criticare, ispirare la vita, riscoprendola come una meraviglia che toglie la confusione e fa apparire la bellezza in tutta la sua chiarezza. Il processo trasformativo chiede nuove categorie di applicazione: i pattern, le visioni, le forze, l'esplorazione del perimetro. L'ascolto delle "voci" intorno alla libertà, alla creatività, all'autenticità; le voci del giusto e dello sbagliato; tutto questo serve a comprendere il perimetro nel quale muoversi, per trovare un "disegno significativo". Per esempio: in William James si può notare "LA LOTTA PER UN IDEALE":  il vuoto e la noia derivano dal fatto che intendiamo ottenere senza lotta o senza difficoltà quello che desideriamo (p.142-143). La potenza del desiderio che cerca un ideale non facile, ma che sia piuttosto frutto di fatica e di conquista. Il desiderio che suscita energie e lotta per un ideale che non si spenga nell'attimo che fugge.
Si può dire che la filosofia torna ad essere ricerca di saggezza, di vita autentica: perciò nè troppo teoretica, nè troppo pragmatica. UN VISSUTO PENSATO . il don

martedì 14 agosto 2012

letto per voi: Mai senza l'altro

Michel De Certeau, "uno storico affascinato dall'avventura mistica", si potrebbe anche dire "dall'esperienza mistica". Infatti non c'è vera esperienza, se non ci si inoltra nel rischio di un'avventura. E' attraverso l'avventura che si possono fare nuove scoperte, vedere altri mondi, non fermarsi all'apparenza ma entrare delicatamente nell'interiore. Chi disprezza l'avventura e l'esperienza, rischia di rimanere prigioniero del vecchio mondo. De Certeau è un gesuita che ha viaggiato nel mondo della differenza e dei conflitti. Quando parla del luogo, lo dice un evento. Il momento privilegiato, l'evento (nel linguaggio neotestamentario, il Kairòs) da origine alla storia, che è un itinerario, un cammino di continuità, nonostante le crisi e i conflitti che tentano di azzerare l'evento. L'esperienza è indizio di un mutamento nel linguaggio (pp.109-113): il linguaggio nuovo è esigito sia dal discorso scientifico, sia dal linguaggio affettivo-amicale; dal primo si esige il rigore, dal secondo l'autenticità. Si considera linguaggio fiacco: il politichese, l'ecclesialese, il mediatichese, ...Perchè si considera fiacco un certo linguaggio? Perchè non dice niente alla persona; non investe nella relazione; si rifugia nella rappresentazione dell'istituzione. Le passioni, i conflitti ( continua De Certeau) possono diventare "un'iniziazione all'esistenza dell'altro". Sarebbe cosa triste, e forse anche inconcludente, un atteggiamento cristiano irenico, che rinuncia cioè ad ogni forma di lotta, che si tira da parte pur di godere comodità. Cristo stesso ha detto: "non sono venuto a portare la pace, ma la spada". Senza una lotta per qualcosa di più autentico, di più puro, di più giusto, di più profondo, di più alto,  di più amaro e di più dolce, tutto rimarrebbe piatto, scialbo, insipido, alla fine persino disgustoso. Un palato raffinato sa gustare un buon piatto, sa centellinare un buon vino; ma un assetato e un affamato sanno apprezzare molto di più un pezzo di vero pane e un bicchiere d'acqua fresca. De Certeau direbbe infine: "si diventa artisti, quando ci sottomettiamo alla realtà che squarcia i nostri sogni". Più che sognatori, realizzatori!           il don

venerdì 10 agosto 2012

la novità del Vangelo disprezzata

Chi si omologa al mondo, disprezza la novità del Vangelo. Chi esige il rispetto, ma non lo dà, contraddice il Vangelo. Chi predica senza prima aver vissuto, dice qualcosa che attira la bestemmia sul Vangelo. Chi nicchia a risolvere un problema con lealtà, preferendo un consenso strappato con la pressione o l'inganno, tradisce la semplicità del Vangelo. Chi rifiuta la lealtà ( "il tuo parlare sia sì sì, no no") di un incontro, sceglie la menzogna di Satana piuttosto che la verità del Vangelo.
Potremmo continuare all'infinito, analizzando una per una tutte le situazioni umane nelle quali ci troviamo sempre imbrigliati, non riuscendo mai a fare ciò che il Vangelo ci chiede, e cadendo sempre nel compromesso, che molto spesso non è colpa grave, ma di sicuro manifesta la nostra paura a dare la vita sino in fondo. E' la perdita delle sicurezze che ci fa paura!  Lasciar tutto in concreto è il vero inizio di colui che sceglie  la libertà del Vangelo: il difficile però è non tornare a prendersi sotto altra forma ciò che si è lasciato. Dare la vita senza pretenderla da altri! La reciprocità del dare-ricevere è affidata al mistero, all'evento che porta dentro di sè il mistero: occorre esser pronti a ricevere il "crudo del vangelo", la nuda croce, che lascia le cose come sono, perchè l'altro non risponde, o perchè voleva una domanda diversa, o perchè anch'egli è bloccato dalle circostanze a non dare la risposta desiata. Un fatto è certo: chi canzona, chi giudica, chi disprezza, chi emargina, chi incatena, chi opera il ricatto, chi gioca sulla pelle dell'altro, chi si diverte al prezzo di far soffrire l'altro, chi impone il suo dictat, chi non lascia via di scampo ( o cedi o non avrai salva la vita), usa il bumerang, infine ogni violenza gli tornerà addosso. Il Vangelo è chiarissimo : dare la vita e basta, non è mai invano, perchè nessuno potrà togliertela.  il don

domenica 5 agosto 2012

letto per voi: L'esperienza interiore

Questo testo di Thomas Merton, trodotto in Italia a cura della editrice San Paolo, si presenta come un classico di meditazione-contemplazione. A noi interessa molto da vicino, per la distanza che prende nei confronti dello psichismo gnostico. La premessa del percorso che Merton indica: occorre fare dapprima la scoperta che l'io esteriore è illusorio, è l'io falso. Cosa cerca l'io esteriore? Intende realizzare progetti egocentrici, conseguire soddisfazioni e successo, raggiungere un possesso sulle cose e sulle persone quanto più ampio possibile. Quando si risveglia l'io interiore? Quando  entra in un'esperienza spirituale di silenzio, di umiltà, di semplicità, allora si comincia a far vivere l'io vero. L'io interiore comincia ad affermarsi quando inizia a liberarsi dalla tirannia dell'autogratificazione, dell'amore per le comodità, dalla ricerca del piacere - dell'orgoglio - della vanità - della cupidigia. L'io interiore può cominciare a vivere quando inizia ad amare : è l'amore che rompe la corazza dell'io falso, esteriore.
Ma occorre superare l'autoinganno che la società cerca di imporre ai suoi membri sul modo di pensare e di vivere. Per coltivare la vita spirituale, occorre andare in un'altra direzione, assumere altri atteggiamenti. Le ambizioni che l'io falso si crea, per una certa immagine illusoria, devono essere sostituite da azioni d'amore disinteressate; queste ultime infatti ricreano l'unità interiore dell'io vero.
Due realtà divengono fondamentali per la crescita dell'io vero: 1. la ricerca della volontà di Dio in tutto ciò che si fa e si pensa; 2. la conoscenza della vera dottrina cristiana che preserva da comportamenti e prima ancora da pensieri erronei. Merton cita Newman e i padri del deserto, i quali affermavano che credere il falso conduce a comportamenti falsi. L'ostacolo più grande alla Grazia di Dio è voler rimanere guida di se stessi: se Dio è costretto a ritrarsi, l'io ricade nell'esteriore.
Per concludere, una citazione dal testo di Merton: "Se una persona è veramente guidata dallo Spirito Santo, la stessa grazia si prenderà cura di lui, perchè semplicità e oscurità esteriori sono segni di grazia. E lo stesso vale per la docilità e l'obbedienza. Ogniqualvolta c'è un conflitto reale con l'obbedienza, colui che cede e obbedisce non perde mai. Crescerà sempre nella grazia e non dovrebbe permettersi di sentirsi frustrato  dal suo sacrificio" (p.141).
Il discernimento può dirsi ben fatto solo quando la mia volontà è venuta a coincidere pienamente con la volontà divina: una volta fatta questa esperienza, la si potrà continuare a ripetere sia pure in luoghi diversi e modi diversi; ma rimarrà sempre che ciò che Dio vuole, lo voglio anch'io.  il don