lunedì 31 dicembre 2012

una teologia nuova

Il libro "Dio Amore" della teologa Marisa Cerini è un'opera di teologia nuova, non di "nouvelle theologie". La differenza è tutta nell'autore : la teologia nuova è di ogni tempo storico, e la fa essenzialmente lo Spirito Santo; l'autore umano ha un'importanza secondaria. La "nuova teologia" invece, si potrebbe dire, è quella che non riesce a liberarsi dalla "pressione culturale del tempo".
Fare esperienza dell'amore di Dio a partire dal Vangelo vissuto rinnova il modo di fare teologia : un metodo di ricerca che mette da parte la controversia e il desiderio di vanagloria (affermare un proprio pensiero), e inaugura tra i teologi un reciproco comprendersi. Il fondamento del fare ricerca teologica diviene il come, ossia la congiunzione greca "kathòs" che indica "non un semplice paragone...ma una conformità profonda" (vedi nota a pag. 54). La natura divina che viene comunicata quando si vive l'amore vicendevole come Gesù l'ha vissuto nei nostri riguardi, diviene anche comunicazione del pensiero divino quando i teologi si amano tra loro con la misura di quel "kathòs". Per fare teologia nuova, occorrerebbe mettere in atto due condizioni: la prima è un patto di mutuo riconoscimento (ossia saper vedere nell'altro quella verità che la divina Verità vi ha messo), la seconda è un patto di misericordia (ossia vedere il nuovo che va aldilà dell'errore riconosciuto). L'amore intellettuale è la virtù regina nel fare teologia, ma non può prescindere dalle virtù serve, ossia l'umiltà, la mitezza, il coraggio. Come nella Trinità di Dio il Padre ed il Figlio non smettono mai il dono reciproco, ed il loro noi è il legame dello Spirito Santo, Unità che è prima della Trinità; così chi vuol fare teologia deve mettere l'unità prima della distinzione, ossia la Verità divina prima della verità umana. il don

domenica 30 dicembre 2012

la verità appassionata

Chi cerca la verità deve disporsi alla fatica di un desiderio-passione, a pagarla per quello che vale. Di qualità si parla, non di quantità. Certo l'accumulo di idee ed esperienze può servire a raggiungere il "punto critico", il punto di svolta dalla quantità alla qualità. Ma c'è una cosa o una persona che potrebbe dire "Io sono la Verità"? Eppure Gesù l'ha detto, attirandosi dai suoi familiari l'attributo di "pazzo", dai suoi correligionari l'attributo di "indemoniato". E' il prezzo che ha pagato per essersi fatto uomo, da Dio che era. La sua è la Verità divenuta passione per l'umanità.
Per ogni persona umana la passione non si esaurisce nella ricerca della verità; la passione continua anche dopo che la si è trovata; con una differenza qualitativa però. Mentre la passione nella ricerca della verità è spesso angosciante, dopo averla trovata la passione per la Verità diviene un fuoco che brucia di felicità. Non c'è felicità più grande di questa: poter vivere il Vangelo per essere divinizzati. Tutto il resto non conta. Scoprire nel Vangelo che l'altro non è ostacolo alla mia felicità, anzi è proprio la condizione della felicità, significa penetrare nel cuore del Figlio incarnato: Dio s'è fatto Bambino per rivelarci il cuore e la sostanza della vita trinitaria. Il Padre ed il Figlio che si amano nel reciproco donarsi e nel fare l'Uno la volontà dell'Altro, svelano all'umanità il senso e la dinamica della vita. La cultura del nostro tempo assomiglia molto alla cultura di Pilato, che disse al Cristo : "Che cos'è la verità?". E lo disse con un tono scettico, rassegnato, senza la passione della ricerca. E Gesù si ritrovò abbandonato dagli uomini prima ancora che dal Padre. L'impero di Roma, di cui Pilato era un rappresentante, durerà ancora tre secoli, poi morirà. Tanti romani, che avevano visto  trasformarsi la disciplina latina in imperialismo, troveranno una Verità più grande nel Cristianesimo: la Verità-Amore, la Persona-relazione, la Comunità-comunione. Ora i protagonisti della storia saranno Dio ed il popolo: la storia nuova non vedrà più nè le guerre dell'Olimpo, nè le guerre tra uomini. Il regno di Dio sarà di pace e di giustizia. La storia nuova continua: così si rende testimonianza alla Verità!  il don

la via stretta

La via stretta, di cui ha parlato Gesù e di cui il Vangelo ci ha tramandato non solo l'espressione ma anche il significato (lo Spirito Santo è l'ermeneuta della Parola divina), potrebbe essere anche un'autostrada; allora la larghezza della strada o la sua strettezza non sarebbe riferita allo spazio esteriore e neppure al tempo, ma ad un'altra dimensione che chiamerei dell'annientamento (la via stretta) contrapposto al dominio (la via larga). Il dare la vita, per Gesù, diviene possibile solo nella forma del farsi servo, nell'espressione del nada (direbbe Giovanni della Croce). Se io mi faccio "niente" (nada), allora Dio può donarmi il "tutto" (todo). La via stretta, allora, non è uno spazio geografico, neppure uno spazio storico o psicologico (quì la gnosi non ha nessun potere trasformativo); è uno spazio dello spirito e della vita spirituale più ancora che uno spazio dell'anima (nel senso di psiche). La via stretta è il disegno divino, è il suo progetto  su ogni persona umana che viene così orientata a SUPERARE  IL RIPIEGAMENTO NARCISISTA DELLA REALIZZAZIONE SOGGETTIVA AD OGNI COSTO, per entrare attraverso quel progetto divino nel servizio della comunità umana. "Io sono la Via" : nessuno meglio di Gesù ha potuto dirlo, per il fatto che Egli non è solo un profeta o un mistico, sarebbe ancora soltanto qualcosa di umano; invece, siccome è Dio, la sia Via è un percorso infallibile. Gesù indica se stesso come la Via, seguendo la quale non ci si potrebbe mai smarrire: se io la seguo, finirò sempre per ritrovare me stesso in Dio e in tutta l'umanità che è una sua creatura, perchè sua creazione. La via stretta è ancora la via della croce e dell'abbandono :  la via dolorosa che conduce al Calvario, e prima ancora la via della Galilea, della Samaria e della Giudea, una via piena di incomprensioni, di insulti e di torture, di amore non ricambiato, di doni che non vedono riconoscenza e gratitudine. La via stretta è la via dell'amore che sceglie la passione per affermarsi. Dice il testo dell'Imitazione : "Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio". Potremmo dire, per completare : "la vita di Cristo fu tutta un dono di grazia, di gioia, di guarigioni, di amore, di perdono dei peccati". Io vado ancora alla ricerca di Lui, per essere guarito e per lasciarmi condurre soltanto dalla sua mano infallibile. il don

domenica 23 dicembre 2012

la vita nuova

Ogni vita, sin dalla nascita, deve lottare contro la morte e la decrescita.
Ogni vita, sin dalla nascita, deve affermare la crescita e la riuscita.
La vita divina si fa storia, nella persona e nella comunità, quando trova l'assenso incondizionato alla sua Parola ed al suo Progetto. La Parola è quella di un Dio che si fa Uomo e dona la vita nuova all'umanità. Viene tra noi come un volontario, non come un funzionario. Viene con tutto l'amore e la passione di togliere dal mondo la radice del male, dell'ingiustizia, dell'oppressione. Viene per servire e non per essere servito. Viene per guarire, non per renderci più difficile la vita. Viene per accogliere, non per creare barriere o bastioni. Viene non per caso, ma per necessità. Viene, viene sempre....
Non è mai vana l'attesa : se gli dai fiducia, se ti fidi della sua Parola, se lo accogli, ti apre una strada verso il tuo prossimo, che diviene più che amico e fratello. La sua scelta di farsi vicino, e prossimo e fratello e amico può divenire ora la tua stessa scelta. La vita nuova è proprio Lui, la Vita che ti comunica. A te non chiede altro se non che tu dica sì alla pienezza di vita, non solo individuale ma comunitaria. E non è poco! il don  

sabato 22 dicembre 2012

Dio si è fatto bambino

"L'incarnazione di Dio non è idillio, è scandalo: Dio ci viene incontro nell'umiltà di un bambino". Così il vescovo Klaus Hemmerle invitava a meditare su un dono di grazia che non ha niente di edulcorato; l'evento mostra sì tutta la tenerezza di un Dio che non rimane estraneo o lontano rispetto al dolore ed al male umano, ma al prezzo di una crocifissione che  inizia già nella nascita, con l'abbraccio alla povertà, alla mitezza, alla precarietà, al nascondimento. Mentre il percorso umano tende al divenire adulto, per mostrare potenza, ricchezza, forza, immagine di dominio e di violenza, il Dio-Uomo mostra una Via nuova, una Vita inedita, una Verità vissuta. Il dare la vita si coniuga non con una verità oggetto di controversia ma col riconoscimento dell'altro e con una strada che sarà percorsa insieme. L'esperienza del nuovo inizio avviene quando non ci si scandalizza più, quando il cuore segue la stella. Dice il vescovo Hemmerle: "Il tuo cuore non si è ingannato, inginocchiandosi dinanzi al Bambino". Gesù lo dirà a chiare parole: "se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli". Bisogna lasciare a Dio l'iniziativa, per essere sicuri di centrare il bersaglio; nello stesso tempo occorre fare tutto rimanendo uniti alla sua volontà e come se tutto dipendesse dal mio amore e dalla mia azione. Dio fa nuova la storia; ed il cristiano è chiamato al fare come al contemplare.  Il lavoro senza preghiera rimane ancora sotto il segno della maledizione; la preghiera senza lavoro rinnega il grande lavoro di Dio dentro l'avventura umana. Dio s'è avventurato quando ha assunto la natura umana, non ha programmato cioè una vita comoda per se stesso; non ha scelto nè la potenza nè la ricchezza e neppure un'immagine spettacolare per imporsi. Ha seguito la sua stella, la stella del suo cuore, l'amore (che è lo Spirito, ossia il dono); per arrivare a noi s'è affidato alla stella. Chi poi ha seguito quella stella è giunto alla grotta dell'amore e ha scoperto che povertà, umiltà e abbandono nascondono la regalità di Dio ed il far parte del suo regno. Il peccatore è stato circondato dall'amore, non condannato. Si può riconoscere la stella dell'amore che perdona solo quando si è sperimentato tutto il peso angoscioso e opprimente  del peccato. L'amore è un atto di liberazione, più dell'intelligenza. Può fare nuova la storia l'umanità che sposa Dio, non quella che lo ignora e ne rimane lontana.  il don 

giovedì 20 dicembre 2012

per la pace

"Per la pace" : è una raccolta di aforismi di Gandhi. Nell'Introduzione, T. Merton ha delineato il contesto storico, culturale e spirituale in cui si è svolta l'attività pubblica di Gandhi. L'Asia aveva già in qualche modo tradito la sua vocazione spirituale, quando aveva rinunziato a mettere insieme scienza e saggezza, uniformandosi in ciò al modello occidentale, Occidente che aveva scelto di far la guerra a se stesso instaurando una dittatura dello scientismo e dello spettacolo narcisista. Ha scritto Merton che se Gandhi fu ucciso da un indù fondamentalista, ciò lo si può comprendere se si guarda alla distanza che ancora sussisteva tra la sua vita spirituale (che aveva conquistato la pace interiore) ed il movimento indù che aveva al suo interno ancora tante persone che erano per la violenza e la guerra. Un aforisma gandhiano afferma: "Se si vuole combattere il feticcio della forza, si potrà farlo solo ricorrendo a mezzi totalmente differenti da quelli in voga presso i puri adoratori della forza bruta". E mentre condanna la violenza dell'Occidente, afferma ancora in un altro aforisma: "Gesù è stato forse il resistente più attivo che ci tramandi la storia. La sua è la non violenza par excellence". Questo richiamo all'Occidente perchè recuperi la non violenza cristiana ed evangelica, che è stata sempre la forza più grande della Chiesa (non solo di Francesco d'Assisi, ma di tutti i veri cristiani della storia), suona come un invito a vivere la pace e testimoniarla. Se desideriamo avere un "centro della pace", dobbiamo anzitutto trovarlo in noi stessi e poi essere pronti a dare la vita perchè sia un riflesso di Colui che ha detto di sè  "Io sono la Via, la Verità e la Vita".   il don

domenica 9 dicembre 2012

lealtà o sconcerto?

Si dà fiducia ad una persona o ad una causa, quando se n'è provata la lealtà; allora non è più il caso di attardarsi in prove di fedeltà o nell'imbastire piani di sconcerto. Lealtà e sconcerto non possono stare in relazione: la prima crea rapporti sempre più stretti, il secondo invece fa crescere i conflitti. Quando si è sperimentata la lealtà, si può passare subito ad un piano d'azione che consentirebbe di conseguire obiettivi comuni dopo aver deciso insieme il percorso migliore da COMPIERE. 
Tra il cominciamento ed il compimento ci dev'essere sempre un accrescimento, che è una specie di ponte tra la A e la Z. Se la lealtà la si è sperimentata come l'inizio giusto, occorre proseguire approfondendo le relazioni, salvando però insieme alla comunità la libertà di ognuno.
Lo sconcerto può sorprenderci quando ci siamo creati delle attese impossibili, chiedendo troppo a coloro che ci potevano invece dare quel tanto e non più. 
Con lealtà si può sempre concertare. Ma lo sconcerto chi lo crea?
  il don

venerdì 7 dicembre 2012

il desiderio-passione

Il progetto di vita ha il suo motore nel desiderio-passione. Ogni essere umano vorrebbe fare della propria vita un progetto realizzato. Ma quanti lo scoprono e quanti riescono a realizzarlo? La scoperta dipende anzitutto dal desiderio e dalla ricerca. Per realizzare il progetto, poi, il semplice desiderio non basta ; occorre un desiderio raddoppiato, appassionato, che sia disposto a passare attraverso la passione. La dialettica tra eros e pathos costituisce una dinamica psicologica interessantissima, ma ancor più spirituale : nel momento in cui si spinge in profondità sin quasi a toccare l'abisso,l'anima è sollevata verso l'alto, un sublime dove "si può bruciare di felicità". Un fuoco che consuma anche la cenere e lascia vivere solo la fiamma. Ma un progetto di vita individuale, sganciato dalle relazioni umane, dal fare amicizia e comunità, rischierebbe di divenire entropico, destinato a vedere subito la morte, e una morte dannata, senza compagnia. Ogni progetto ha sempre bisogno di un'approvazione, di una condivisione, non tanto di una promozione. C'è l'altro che deve condividere e il desiderio e la passione. Allora il progetto perde l'interiorità individualistica e diviene progetto comune. E' per questo che ciò che io dono, non dev'essere più me stesso, ma l'altro, anzi tutti gli altri. Se nel dono ci sono tutti gli altri, la realizzazione finale è l'unica Anima, ossia "Dio tutto in tutti".   il don

domenica 2 dicembre 2012

sapienza e gratitudine

La sapienza è ciò che chiese a Dio il re Salomone, il quale divenne famoso, più che per la ricchezza ed il potere, per la sapienza. E tuttavia nella vecchiaia la perdette, per aver abbandonato il Dio vivente ed essersi volto agli idoli. La sapienza cristiana è dono dello Spirito Santo: Gesù lo ha promesso a chi ascolta la sua voce, e di certo non resterà deluso.
Gratitudine e sapienza sono due realtà collegate : dato che il dono della sapienza consente di non sbagliare, si può e si deve dire grazie per ogni dono ricevuto. Impara a dire grazie colui che sa apprezzare il dono della vita, della salute, del lavoro e dello studio, degli affetti, della fede e dello spirito. La gratitudine verso Dio che colma dei suoi doni si estende anche verso ogni fratello che ci dona quello che può. I santi ci trasmettono la loro esperienza della sapienza e della gratitudine: essi ringraziano Dio anche per la malattia e la persecuzione, sanno perdonare il nemico che li opprime e li tortura, sanno dire come Gesù "Padre perdona perchè non sa quello che fa". L'amore scaccia il giudizio e la vendetta. E' sapienza chiedere a Dio di poter dimenticare il male ricevuto e di saper ritrovare la forza ed il coraggio di volere nuovamente il bene anche del nemico. E' ancora sapienza chiedere a Dio di saper soffrire e offrire.
Nella divina Parola sia dell'Antico che del Nuovo Testamento si trova la sapienza della vita: occorre soltanto provare a vivere ciò che viene chiesto; allora i frutti diverranno abbondanti! Un primo frutto sarà quello di abbandonare il chiacchiericcio e di operare ogni bene a favore del fratello.   il don