mercoledì 16 dicembre 2015

La sorpresa

Sull'ultimo numero della rivista  Sophia (n.2-2015), uno scrittore riportava queste righe di Flannery O'Connor che si trovano nel libro Nel territorio del diavolo, sul mistero di scrivere : "Non molto tempo fa, un'insegnante mi raccontava che i suoi migliori studenti ritenevano non fosse più necessario scrivere nulla. Secondo loro, oggi tutto si può fare con le cifre, e se non si può fare con le cifre, non vale la pena farlo. Direi che è naturale pensarla così per una generazione che è stata indotta a credere che imparare serva ad eliminare il mistero. Per costoro la narrativa può essere davvero inquietante, perché lo scrittore di narrativa si interessa del mistero che viene vissuto. Si interessa del mistero ultimo, quale noi lo troviamo incarnato nel mondo concreto dell'esperienza sensoriale". (tr. it., p.84).
In poche righe, la scrittrice è riuscita a mettere insieme tre esperienze, che si potrebbero esprimere in tre parole: sorpresa, fascino, mistero. Solo l'ultima di queste tre parole viene espressa in maniera esplicita, ma per dire che il pensare scientifico e tecnologico ha spazzato via il mistero. Nel pensare della generazione giovane è prevalente il paradigma del calcolo, l'algoritmo. Le altre due parole, fascino e sorpresa, emergono naturalmente dal mistero: vengo sorpreso dall'esperienza di interesse e d'attrazione che il fascino suscita.  Coloro che avevano pensato il mondo e la vita in cifre, vengono ora sorpresi da un mistero che, senza un punto d'appoggio sorge e affascina colui che non è più soddisfatto dal calcolo e dai conti.  il don

lunedì 14 dicembre 2015

L'avventura

L'avventura accetta il rischio: l'una e l'altro escludono il calcolo nel desiderio che li guida. Il desiderio ha tanto interesse quanto il bisogno!
"Una sola cosa è in gioco : ciò che m'interessa." :  diceva Klaus Hemmerle, il vescovo-teologo di Aquisgrana. M'attrae e m'innamora il più bello, il più vero, il più bene. Ciò che non muore, l'eterno!
Perché la sicurezza finisce con l'interessare meno dell'avventura? In effetti, la sicurezza, a lungo andare, stanca o suscita noia. Per vincere la noia, spesso s'inizia
una guerra! Ma il tempo di pace non lascia spazio alla noia, se ci s'impegna nella crescita, nello sviluppo della relazione umana nel tempo.
L'avventura non esclude ma comporta sempre un processo di consapevolezza : interiorizzare l'esteriorità ed esteriorizzare l'interiorità. Il desiderio, che in un primo tempo ha sostenuto inconsciamente l'avventura, ora attende, in coscienza, che  l'improbabile nell'evento si realizzi. Mettere in gioco la vita, ossia esser pronto a donarla, significa affrontare la morte, per vincerla. Nella morte, la vita non è tolta ma trasformata. Certo non nella sicurezza, ma nel rischio e nell'avventura. Mettere la morte e la vita nelle mani di "il più grande": così investe l'avventura!  il don

lunedì 7 dicembre 2015

La sfida. 2.

Hai ricevuto un dono? Ricambialo!
Hai ricevuto un aiuto? Restituisci!
Hai ricevuto qualcosa di materiale?
Puoi dare di più, se restituisci qualcosa di spirituale!
Hai ricevuto il perdono? Dona anche tu il perdono.
Non saremo più in due; il terzo sarà tra noi!
Vuoi realizzare il disegno di Dio sulla tua vita?
Aiuta il tuo prossimo a realizzare il disegno di Dio
sulla sua vita.
La sfida è  vincere indifferenza e diffidenza per ciò che
si è ricevuto: la reciprocità del dono attira la presenza del
Dio Spirito. E' sempre il terzo che riempie ogni abbandono!
il don

giovedì 3 dicembre 2015

La sfida

Dopo aver ascoltato il discorso di papa Francesco al 5° Convegno Ecclesiale di Firenze, si sente il desiderio di non ascoltare altro, non per disprezzo di alcuno, ma proprio perché in quel discorso c'è tutto quello che si deve meditare e progettare per uscire dalle "sicurezze che danno il potere e l'immagine" (tentazione pelagiana l'ha
chiamata il Papa) e per abbandonare le parole vuote che non dicono nulla (la tentazione dello spiritualismo gnostico), e per immergersi nella storia dei peccatori, dei poveri, degli ultimi, con il "giubilo di Francesco d'Assisi" e "l'umorismo di Filippo Neri" (cito ancora dal discorso del Papa).
Riprendere in mano l'Evangeli gaudium   per fare esercizio di Vangelo vissuto: così s'impara lo stile sinodale. Diciamo la verità: i sinodi diocesani che si sono tenuti in Italia, negli ultimi vent'anni, sono stati perlopiù un qualcosa di formale (per dire che si è fatto il sinodo, inviando poi a Roma il documento finale), hanno trovato poco coinvolgimento nel popolo (a Milano, quando gli Ariani, forti dell'appoggio dell'imperatore, minacciavano l'unità e la verità della Chiesa, il popolo acclamò Ambrogio vescovo). Non è ancora il "popolo di Dio" che potrà salvare la Chiesa italiana dalla tentazione pelagiana e gnostica?
La sfida sarà intorno al Vangelo vissuto, "con umiltà, con disinteresse, con beatitudine"; tutto il resto è chiacchiera!  il don