sabato 28 dicembre 2013

Incontri

A partire da gennaio 2014, don Carmelo Guarini presenterà, in diversi paesi della Puglia, il suo ultimo libro. I luoghi d'incontro saranno sia di chiesa sia laici o civili, senza preclusione.



L'autore dialogherà sulla crisi spirituale, in particolare sulla crisi del Cristianesimo, in Europa, sulla rilevanza dell'esperienza spirituale, e ancora sulla malattia psichica e sulla malattia spirituale, sul modo di fare storia tra scienza e finzione, sul ritorno del mito attraverso la psicoanalisi, e sulla mistica.
Nella programmazione degli incontri si sceglierà un tema specifico (non tutti i temi di cui sopra) con lo sponsor del luogo. 

martedì 24 dicembre 2013

E torna Natale...

"E torna Natale..." : questo il titolo di un opuscolo di Chiara Lubich, per dire che l'evento di Betlemme  si rinnova in ogni luogo del mondo e in ogni tempo della storia. "E torna, come una dolcissima poesia, la ricorrenza del Natale" (p.9). Senza fermarsi però alla poesia, incalza l'esistenza : "Ma chi è Costui che scuote le fibre di tutti i cuori...?" . 
Chi non prepara se stesso all'accoglienza, si preclude l'incontro con Colui che viene da un altro mondo in questo nostro mondo, che ha bisogno di Lui e del suo. Così il Figlio non porta solo se stesso in questo mondo; porta anche il Padre ed il segreto della sua vita con il Padre, l'amore che è lo Spirito Santo. 
Questa venuta porta la vita nuova : "Natale è la festa della famiglia. Ma dov'è nata la più straordinaria famiglia se non nella grotta di Betlemme? E' lì, con la nascita del Bambino, che essa ha avuto origine. E' lì che si è sprigionato per la prima volta nel cuore di Maria e di Giuseppe l'amore per un terzo membro : il Dio fatto bambino" (p.45).
La meditazione può condurre all'esperienza mistica dell'incontro che cambia la vita. L'umano e il divino non sono più in guerra o nel conflitto, com'era per gli dei greci e romani. 
"Io penso che il Natale non invecchi mai, perchè è un mistero profondamente umano oltre che divino". 
Si potrebbe dire coi Padri che "il divino divinizza l'umano", lo trasforma in una vita che non muore più. Se non ci fosse stata la morte e la resurrezione di Gesù, il tutto sarebbe rimasto una bella favola o una gnosi; invece il tutto è un Eterno che che si fa storia, per fare della storia un'eternità. il don

domenica 22 dicembre 2013

Rivoluzione nella pace

"Rivoluzione nella pace" è il titolo di un libro, in cui vengono ripubblicati discorsi e prediche di mons. Hélder Camara, vescovo nel Nord-Est del Brasile e uno dei quaranta vescovi che fecero il "Patto delle catacombe" al tempo del Concilio Vaticano II°. Un vescovo molto amato anche in Europa, per le poesie che componeva e per i lucidi giudizi sullo sviluppo e sottosviluppo nel mondo e non solo in America latina. Vale la pena di rileggere e meditare alcuni di questi discorsi che la Jaka Book ha voluto rieditare. Il primo parla di "evangelizzazione e umanizzazione" : "E' una grazia divina scoprire i segni del tempo, essere all'altezza degli avvenimenti, corrispondere pienamente ai piani di Dio" (p.3).
E ancora : "Il nostro motto di sviluppo è la frase di Cristo : "Sono venuto perchè abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza"" (p.4).
In un altro discorso affronta il tema "Cristianesimo, Comunismo e democrazia" : tutto il discorso ruota intorno alla Populorum progressio di papa Montini. Cita ripetutamente papa Paolo VI. Una di queste citazioni : "La solidarietà sociale, sempre più efficiente, deve permettere a tutti i popoli di sentirsi , essi stessi, gli artefici del proprio destino. Il passato fu molto spesso caratterizzato da relazioni di forza tra le nazioni : sorgerà un giorno in cui le relazioni internazionali saranno caratterizzate da mutuo rispetto e amicizia.(p.24)
Infine ha raccontato un'esperienza : "Una volta, nella mia diocesi, mille famiglie di pescatori, che già erano poveri , correvano il rischio di cadere nella miseria. Nel nord-est brasiliano in sviluppo si stavano istallando, tra le altre, una compagnia di gomma sintetica e una fabbrica di proteina vegetale. I detriti chimici che le due industrie scaricavano nel fiume uccidevano i pesci, aggravando terribilmente la situazione dei pescatori" (p.36). Può la chiesa disinteressarsi del destino economico e materiale dei suoi figli? Si chiedeva don Hélder. Può la chiesa non alzare la voce contro la distruzione dell'ambiente e della natura? Non per questo potrebbe essere accusata di comunismo. Se non lo facesse, mancherebbe contro la giustizia e l'amore! il don

mercoledì 18 dicembre 2013

Fraternità

La Rivoluzione francese avrebbe voluto realizzare la fraternità, ma non lo fece : la soffocò nella violenza e non riuscì a sconfiggere l'individualismo e l'egoismo. Aveva dimenticato il messaggio del Vangelo : la fraternità non può realizzarsi senza la mitezza, l'umiltà e lo spirito di povertà.
Nel libro di Arturo Paoli "Cent'anni di fraternità" è narrata l'avventura cristiana della fraternità a partire dal Concilio Vaticano II : "Il 16 novembre 1965, poco prima della fine del Concilio Vaticano II, quaranta vescovi di diversi continenti si riunirono presso le catacombe di Domitilla, vicino a Roma, per celebrare l'eucaristia e sottoscrivere un voto con il quale si impegnavano a mettere i poveri al centro del loro operato e a condurre essi stessi una vita nella maggiore povertà possibile. Agirono con grande riservatezza e discrezione, convinti che un rinnovamento nella Chiesa potesse iniziare soltanto con un cambiamento della loro condotta personale. I vescovi consegnarono il patto -che venne denominato "patto delle catacombe" - al cardinale di Bologna  Giuseppe Lercaro, uno dei moderatori più influenti del Concilio, perchè giungesse nelle mani di papa Paolo VI" (p.5).
Arturo Paoli narra nel suo libro la sua esperienza coi poveri in America latina e "il martirio del vescovo argentino Angelelli", ucciso dal ricco latifondo , come i sei Gesuiti dell'Università del Centro America, per aver difeso un progetto di giustizia sociale a favore dei poveri.
La ricchezza è peccato, non la povertà, che può essere invece l'opportunità per scoprire la bellezza  e la gioia di vivere secondo il Vangelo : il benessere non mantiene le sue promesse di felicità; la povertà invece crea spirito di famiglia e fraternità.
"Chiesa del culto o della liberazione?" è il capitolo dedicato da Arturo Paoli all'oggi della Chiesa e del Vangelo, passando per la scoperta di "Gesù teologo della liberazione" (p.116). 
Questa è la vera sfida per l'evangelizzazione e la catechesi della Chiesa : vivere il Vangelo prima di predicarlo!
il don

martedì 3 dicembre 2013

Teatro e|o Mistica

L'ermeneutica del testo mistico conduce a riconoscere nel racconto dell'esperienza spirituale la risposta alla problematica posta dalla filosofia del tempo. Un confronto sul metodo ("la methode") in Descartes e in Surin mostra in primo luogo il movimento del pensiero ("la pensèe") verso l'esperienza. Ambedue protagonisti nel Grand siècle della Francia, il destino del primo è stato quello di una celebrità durata secoli, il secondo viene alla ribalta della storia proprio nel momento in cui la modernità chiude il suo corso. Per Surin, la mistica è la nuova scienza, "la scienza sperimentale", come egli la chiama. Il pensiero, in Descartes, ha ancora un primato sul vissuto : l'idea chiara e distinta indica  il metodo da seguire per giungere al vero. Surin segue piuttosto il metodo di Giovanni della Croce : sperimentare il "nada" per giungere al "todo"; il passaggio attraverso la "notte oscura" (Giovanni della Croce aveva scritto in poesia "oh noche amable mas que alborada (...) oh noche que juntaste Amado con amada , amada en lo Amado trasformada"). E' vero che il generale della Compagnia, padre Vitelleschi , aveva dichiarato ai gesuiti che seguivano l'orientamento mistico : "peregrina, non nostra" questa spiritualità; ma è anche vero che ha lasciato uno spazio vitale di esercizio spirituale. Nessuna espulsione dalla Compagnia per chi avesse seguito l'orientamento mistico!
L'affrontement (le vis a vis) non è tanto tra Descartes e Surin, nel Grand siècle, quanto piuttosto tra una religiosità esteriore o teatrale (tesa soltanto a difendere un ordine o un sistema costituito) e una spiritualità cristiana tesa a riscoprire l'interiorità. Se la Chiesa si appoggiava ad uno Stato che aveva soltanto l'interesse di difendere l'ordine costituito e di rafforzarlo, rischiava di rimanere sconfitta , in quanto "terzo stato", dalla rivoluzione che nel secolo seguente avrebbe spazzato via ogni ordine che la Storia giudicherà oppressivo. Le opere del padre Surin ( in Italia è stata tradotta soltanto "la Guida spirituale"; attendiamo di vedere anche la pubblicazione del "Catechismo spirituale" e di "La scienza sperimentale") mostrano che la testimonianza mistica rende l'annunzio del Vangelo straordinariamente vivo in ogni tempo!
 il don

lunedì 2 dicembre 2013

Spettacolo e Spiritualità

""Un teatro dove accorreva ogni sorta di persone" : questa è Loudun, a dire di Surin, nel momento in cui nel dicembre 1634 arriva a sua volta nella città...". Così Michel Certeau, nel suo studio "La possessione di Loudun" descrive l'esperienza mistica del padre Surin di fronte alla possessione diabolica delle Suore Orsoline, trasformata in spettacolo dal re e dalla chiesa : lì erano accorsi esorcisti, avvocati e medici. L'obiettivo era quello di mostrare l'azione del diavolo, in un momento in cui la presenza di Dio non era più avvertita o ignorata. Un teatro, lo definisce Surin, nel suo trattato "La scienza sperimentale" (testo non ancora tradotto in italiano). Scrive Certeau nel suo studio :"Surin si è dunque messo in cammino con questa idea di lavorare più per via interiore che per tumulto di parole, e di guadagnare i cuori e l'affezione di queste anime vessate dal demonio, e di persuaderle all'orazione e alla presenza di Dio, e per questa via resistere alla potenza dell'inferno" (p.334).
La scienza sperimentale è la mistica, la quale nasce appunto dall'esperienza spirituale. Scrive Certeau : "Surin è su un sentiero di cui non ha finito di scendere i gradini. (...) Scrive molto ma la sua opera è per più tardi, quando Giobbe si rialzerà, tra più di vent'anni, consumato nel corpo ma rasserenato dalla prova, avendo trovato il sole in fondo al pozzo, e scoprendo , con un autunno arrivato tardi, il segreto di essere come un bambino nel seno di Nostro Signore, con così pochi pensieri come all'età di otto anni  " (p.348).
Surin trova la radice della malattia psichica delle Orsoline nella malattia spirituale; d'altra parte, nulla riescono a fare gli esorcisti mandati dalla chiesa; il loro finisce con l'essere uno spettacolo che attira folle di persone curiose e avide di pettegolezzi e chiacchiere. Surin cambia metodo, che si può riassumere in questo suo consiglio : "Vi prego di mettere il fondamento della vera vita spirituale nella sincerità del cuore" .
( Correspondance de Surin, citato da Certeau, p. 370).
Possessione diabolica o meno, la malattia psichica ha una radice nella malattia spirituale, come già dicevano i padri della chiesa avendolo appreso dai padri del deserto (per esempio Atanasio dalla vita di Antonio abate). Isteriche o paranoiche o nevrotiche  che fossero, le Orsoline di Loudun erano malate di spirito : in ciò era la radice del loro malessere. Lo spettacolo o il teatro creato dal re e dalla chiesa non otteneva alcun risultato, in quanto gli esorcisti si ritiravano sconfitti. La stimmata sulla mano che Anna degli Angeli esibirà in tante città della Francia come prova della sua guarigione per  mano divina non farà altro che produrre ulteriore spettacolo, ma non conversioni durature. Surin si mostrerà preoccupato dalla piega teatrale che prenderà la guarigione della superiora delle Orsoline. 
Storia, psicanalisi e mistica : un percorso dal teatro alla spiritualità.   il don

sabato 30 novembre 2013

Gioia e felicità

L'angoscia è il sintomo della disgrazia, non della sofferenza che è invece un dono di Dio. La disgrazia è proprio una mancanza della grazia. Anche in francese si fa la distinzione tra malheur (disgrazia) e sofferenza (souffrance). Così la felicità (le bonheur) è sinonimo di gioia, ma non di godimento : felicità e gioia si riferiscono alla dimensione spirituale, il godimento alla dimensione psichica.
J.C. Larchet distingue tra malattia psichica e malattia spirituale : le malattie psichiche sono turbe nella relazione del soggetto col mondo, con le altre persone e con se stessi; le malattie spirituali sono le passioni e riguardano una errata relazione con Dio (in L'inconscio spirituale, pp. 11-27). 
Mentre l'eros può ridursi ad energia psichica, il pathos ossia il patire può aiutare a vincere le passioni e la colpa. Il patire non è un parassita, come potrebbe esserlo l'eros narcisista; il patire produce il compatire.
Larchet  sottolinea quali potrebbero essere i rischi nella relazione tra lo psichico e lo spirituale : nel mondo dell'ortodossia (IL CRISTIANESIMO ORIENTALE) il rischio sarebbe il massimalismo ossia ridurre lo psichico allo spirituale; nel mondo cattolico il rischio sarebbe quello di confondere tra psichico e spirituale ossia esaltare lo psichico e svalutare lo spirituale. Questo giudizio tiene presente la storia del cristianesimo in Oriente e in Occidente.
Larchet distingue un inconscio corporale, un inconscio psichico ed un inconscio spirituale (op. cit., pp. 93-97): afferma che "la psicanalisi freudiana ignora del tutto l'inconscio spirituale" (p.94); mentre la psicoanalisi di Jung confonde tra psichico e spirituale (p.95), ossia c'è una riduzione dello spirituale ad uno psichismo gnostico. Larchet ignora Lacan, il quale ha iniziato una nuova e interessante corrente di psicoanalisi, che parla con interesse del "Nome del Padre" e guarda al cristianesimo di Roma come al "trionfo del simbolico sull'immaginario". Molto interessante è l'ultima parte del libro di Larchet : tra l'altro vengono rilevate le radici spirituali delle malattie psichiche; e la guarigione diviene possibile per l'esperienza mistica o teologale delle virtù, non per una pratica pelagiana.
La gioia e la felicità sono doni che Dio fa affinchè siano condivisi, mentre il godimento rinchiude l'io in un atteggiamento narcisista.  il don

martedì 26 novembre 2013

Del godimento

Il Seminario - Libro XX - Ancòra 1972-1973 di J. Lacan inizia proprio con un colpo a sorpresa : "Niente costringe a godere, tranne il superio. Il superio è l'imperativo del godimento : Godi!" ( p. 5).
Non c'è godimento dei sensi se non è il superio a ordinarlo. E' l'imperativo del significante che comanda : Godi! Infatti si può persino godere del digiuno, dell'elemosina e di quel non-lavoro (passività) che è la preghiera.
Ma "cos'è il significante?  ... Dirò che il significante si situa a livello della sostanza godente.  ... Il significante è la causa del godimento." (p.23)
Ma c'è un godimento del sapere che fa del "sapere un potere". L'antonimo del potere è il servizio, ma questo si colloca nella periferia esistenziale, non si pone mai al centro del cerchio intorno a cui tutto gira. 
J. Lacan lo dice, utilizzando quello che è diventato un mito del pensiero non-scientifico : la rivoluzione copernicana. "La rivoluzione copernicana non è in alcun modo una rivoluzione.     (...)   Il punto vitale, come ad alcuni è venuto in mente di constatare, non è Copernico, ma piuttosto Keplero, in quanto per lui non gira allo stesso modo , gira formando un'ellisse , e già questo mette in forse la funzione del centro. Per Keplero ciò verso cui tutto cade  è un punto dell'ellisse che si chiama fuoco, e nel punto simmetrico non c'è niente" (p.41) .
Il godimento ha una qualche utilità in relazione all'energia psichica? Lacan pone in relazione ciò che dicono in proposito Aristotele e Freud : "Aristotele, nel libro settimo dell'Etica Nicomachea, pone la questione del piacere. Ciò che, riferendosi nè più nè meno al godimento, gli appare sicurissimo è che il piacere  non può che distinguersi dai bisogni.  (...)  I bisogni sono qualcosa che è soddisfatto dal movimento. 
Che strano, come mai ritroviamo la stessa cosa sotto la penna di Freud, però nell'articolazione del principio del piacere? Per quale equivoco in Freud il principio di piacere viene evocato solo dal sopraggiungere dell'eccitazione e dal movimento provocato da questa eccitazione al fine di sottrarsi ad essa?" (p.59).
La psicologia della Gestalt parlava di due schemi innati di messa in azione : la tenerezza per le cose rotonde e la paura dei serpenti. I due bisogni fondamentali dell'essere umano sarebbero cioè : la sopravvivenza dell'individuo e la sopravvivenza della specie. Il sesso dunque si collocherebbe nella sfera dei bisogni; e nella sfera del desiderio soltanto se messo in relazione al significante.
"Che cosè il sapere? E' strano che prima di Cartesio la questione del sapere non sia mai stata posta. Perchè tale questione si rinnovasse c'è voluta l'analisi (la psicoanalisi). L'analisi è venuta ad annunciarci che c'è un sapere che non si sa (l'inconscio), un sapere che trova supporto nel significante come tale" (p. 90)
Si è citato in sintesi il godimento nella scienza, nella filosofia, infine ora nella mistica. Ha scritto Lacan : "La sventura di Cristo ci viene spiegata con l'idea della salvezza degli uomini, ma io trovo che si trattava piuttosto di salvare Dio , ridando un pò di presenza, di attualità, a quell'odio di Dio nel quale siamo, e a ragione, piuttosto fiacchi" (p.93)
Nel prossimo Post si dovrà parlare di ciò che differenzia lo psichico dallo spirituale : la malattia psichica è una cosa, la malattia spirituale è un'altra. Il significante dell'inconscio psichico non è lo stesso dell'inconscio spirituale. Un chiarimento in tal senso viene da Larchet e da Certeau.
Approfondire per non improvvisare!  il don

sabato 23 novembre 2013

Conversar

"Trasumanar per verba", diceva Dante, mostrando il passaggio dall'immagine all'attenzione. La Parola ha capacità performativa, nel momento in cui la si accoglie con tutta l'attenzione nel presente.
Per contro, cos'è la coscienza dell'estraneità?
Il sintomo dell'estraneità è l'abbandono interiore; eppure manifesta il desiderio di tornare a casa. L'esperienza mistica ruota, come la psicanalisi d'altronde, intorno alla perdita. L'analogia tra mistica e psicoanalisi la si trova nel corpo come oggetto. La perdita del corpo è la ricerca del corpo : quando la psiche non conosce lo squilibrio della psicosi, della schizofrenia, della paranoia, il corpo non è in frammenti. Il nada (= il niente) è la situazione radicale dell'umiliato nell'esistenza psichica e corporea; ma è anche la situazione di partenza di un viaggio dello spirito, che deve ricreare il corpo fisico, sociale ed ecclesiale.
L'analogia tra mistica e psicoanalisi la si trova nel corpo come oggetto d'esperienza. La parola dice ciò che il corpo soffre, non solo il corpo fisico, ma anche il corpo sociale ed il corpo ecclesiale.
Cosa dice la sintomatologia psicoanalitica? Che i disturbi della psiche mostrano nel corpo i loro effetti.
La mistica mostra un essere umano a tre dimensioni, a immagine della Trinità : è lo spirito (la terza dimensione) che tira su la psiche ed il corpo. La mistica rende familiare l'esperienza dell'estraneo: lo sguardo dell'Altro suscita il linguaggio di una parola che guarisce la malattia mortale. 
Il conversar di cose dell'esistenza e dello spirito crea luoghi di relazione, ossia luoghi di inevitabile trasformazione. Infatti chi si sottrae al confronto è perchè non vuole l'incontro. Ciò che si cerca nel dialogo non è l'oggetto di godimento, ma il desiderio dell'Altro ed il proprio desiderio. La narrazione della vita svela il sintomo e avvia il malessere verso la verità, ossia verso la guarigione, ma non verso il reale , che è malattia e finzione.     Torniamo a pensare e a conversare. il don 

venerdì 22 novembre 2013

Non-identità ovvero l'estraneo

Una meditazione su un piccolo libro di Michel de Certeau, ossia "Mai senza l'altro" (ed. Qiqajon) mostra un viaggio nella differenza : "la non-identità è il modo su cui si elabora la comunione" ( p. 18). Parlare troppo di identità potrebbe portare al conformismo, alla omologazione, all'apparenza che vuole vedere tutti uguali nell'esteriore, ignorando l'interiore. Il cristiano, come "il mistico irrompe sempre nella chiesa come un guastafeste, un importuno, un estraneo" (p.11). L'identità del cristiano non è data dalla devozione o dall'atto di culto, ma dalla pratica del vangelo. Ora il vangelo inizia alla relazione autentica con Dio e col fratello. "Dio resta per noi lo sconosciuto, colui che non conosciamo, pur credendo in lui; egli rimane l'estraneo per noi, nello spessore dell'esperienza umana...Ma egli è altresì misconosciuto, colui che non vogliamo riconoscere" (p.12). Mettersi in viaggio verso Dio significa per noi, come già per Abramo, lo "sradicamento" dalla propria terra, un partire "senza sapere dove" (p.15). Ma anche la relazione con l'altro essere umano non parte all'insegna del pacifismo. Dice Certeau : "Il cominciamento della relazione è il conflitto : è questo che apre all'esistenza dell'altro" (p. 52-54).
La chiesa che annunzia la fede ha come modello il suo Signore e Maestro : i cattolici non possono ignorare il Vangelo senza il rischio di tradire Gesù, il Figlio del Padre. Dice Certeau, a proposito dell'evento che irrompe come inizio del cammino di fede : "l'evangelo di Giovanni si presenta come un dramma.  Non appena Gesù compare, ...l'ordine tradizionale è sconvolto. Più egli parla e agisce, più la rottura si aggrava.  Rivelandosi, quest'uomo rivela a loro stessi i dormienti : strappa le maschere, rapisce le sicurezze, suscita opzioni personali e decisive". (p.119)  Suscita la crisi, pone la coscienza sotto il giudizio, ma nel momento in cui fa riconoscere  la colpa, guarisce. 
"Senza cambiare le istituzioni e senza ricusare le leggi, Gesù trasforma dal di dentro l'organizzazione delle forze" (p. 120) : non fa dottrina, guarisce!  Riattiva le relazioni : il giudizio si trasforma in un incontro che dona la capacità di amare.
La fedeltà non esclude l'intelligenza; la generosità non si fa illusioni sulla risoluzione del problema; l'amore non mi lascia in pace, anzi mi mostra il cammino che ancora devo compiere. L'incontro con l'altro, che resta sempre l'estraneo, diviene possibile se inizio ad amare l'estraneo che è dentro di me. Posso dire a me stesso: non ti conosco; ma Dio mi conosce, perchè ogni giorno guarisce il mio peccato.  il don

giovedì 21 novembre 2013

Ancòra ...

"Lo straniero ..." di Michel de Certeau è un testo del 1969 : vi si delinea "il movimento della fede" a partire da un'analisi della società che non è più cristiana. Sono passati 40 anni, ma oggi più di ieri Dio resta lo straniero; per di più  ogni persona è diventata più straniera a se stessa. Oggi si può cogliere, molto più di ieri, che la fede è ridotta a devozione e cerimonia , quasi ricordo ed espressione esoterica di un passato che non c'è più. Pochissimi hanno scoperto che la fede è un'esperienza di cammino al seguito (la sequela) di Gesù. Pochissimi hanno deciso di mettersi in viaggio per fare l'esperienza dei discepoli  di Emmaus : sperimentando il Cristo come il  Risorto, e non  come morto e sepolto. Senza speranza i due discepoli ...e nella tristezza...
Presentando il testo di Certeau, Luce Giard ha scritto :
"Accettando di lasciarsi cambiare dall'apporto  di esperienze altre , acconsentendo di aprire il proprio spirito e il proprio cuore nei confronti dello straniero, ognuno impara a diventare più inventivo e più libero..." (p. XXV). 
Si può concludere un anno della fede con una cerimonia , se non si è fatto niente per far crescere la fede nella persona e nella comunità?
Ci si è resi conto della fecondità della fede se non la si è considerata come esperienza spirituale e se non si è data la parola all'agnostico, al lontano, al non-praticante o contestatore silenzioso dell'apparato chiesiastico?
La parola del credente, in quella che Lacan chiamava la "fiera delle religioni", è un'esperienza che testimonia la fecondità culturale della fede, oppure è rimasta un'espressione devozionale ignorante e asfittica sia dell'umano sia dell'evangelico?
Il Vangelo è considerato nella sua forza dirompente e rrivoluzionaria che sfida la sicurezza e la stabilità di un'istituzione tesa soltanto a preservare se stessa ?
Domande che chiedono risposte, non tanto numeri e chiacchiere di carnevale!   il don

Lo straniero o ...

Il testo di Michel de Certeau, "Lo straniero o l'unione nella differenza", parla dell'esperienza spirituale a partire dal cambiamento. Ma subito chiarisce : la malattia che acceca tutti è la difesa dell'identità ed il rifiuto della differenza. Porre a fondamento del cambiamento l'apologia della differenza significa riconoscere con chiarezza che la cerimonia è il ripetitivo della tradizione, mentre motore della rivoluzione è l'inventivo o la scoperta che apre il divenire. Don Tonino Bello parlava della convivialità delle differenze che supera la legge del conflitto. 
Certeau fa notare che la questione vitale è il nuovo inizio, ossia l'atto di cambiamento che dà vita ad un nuovo itinerario della storia. Il monachesimo benedettino, in mille anni di vita, ha saputo coniugare autonomia e federazione; la rivoluzione antropologica che ha iniziato si è instaurata insieme alla rivoluzione economica. (pp. 120-125) .  Nella modernità, il cristianesimo è rimasto incastrato tra due ideologie in conflitto tra loro : il capitalismo che ha difeso l'individualismo antropologico ed economico, ed il comunismo che ha difeso un collettivismo economico senza dare rilevanza alla dimensione antropologica della persona e della comunità. 
Ciò che l'apologia della differenza vorrebbe mettere in primo piano sarebbe la relazione, che supera il soggettivismo cartesiano e kantiano. Il progetto del divenire deve  andare oltre la rivolta anarchica da una parte ed il conformismo dall'altra. L'unità nasce dal riconoscimento delle differenze, non dall'affermazione dell'identità. E' l'approfondimento teologico sulla Trinità e l'esperienza della relazione trinitaria che può aprire il divenire del cristianesimo: nella Trinità di Dio, il Padre - il Figlio - lo Spirito non sono identici; in quanto sono persone differenti, tra loro formano l'unico Dio. Senza il riconoscimento delle differenze, non è possibile raggiungere nessuna comunione tra le persone umane. 
La prima tappa del percorso : l'ascolto è dare la parola.
La seconda tappa è il discernimento comune intorno al saper-fare.
La terza tappa : da ogni confronto deve nascere un incontro convergente. 
Dalla teoria alla pratica : il nostro lavoro è tutto quì!  il don

venerdì 15 novembre 2013

L'ospite inquietante

Questo è il titolo di un libro di U. Galimberti : "L'ospite inquietante". C'è un chiaro richiamo al filosofo della "morte di Dio" : "Nietzsche chiama il nichilismo "il più inquietante fra tutti gli ospiti" (M. Heiddeger, La questione dell'essere)". Ma Galimberti parla in questo libro del "nichilismo e i giovani".
"... i giovani stanno male... interrogati non sanno descrivere il loro malessere...solo il mercato s'interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo...Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le parole che invitano all'impegno e allo sguardo volto al futuro ... "s'infrangono in un grido strozzato che s'inabissa nella solitudine (pp.11-12). (il corsivo è mio).
Ancora nell'introduzione, Galimberti pone delle prospettive interessanti di interazione tra mondo religioso e mondo laico, tra istituzioni in crisi, tra culture litigiose che devono scoprire il valore del dialogo e ancor più dell'interazione.
"... L'individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti... 
il disagio non è più psicologico, ma culturale. E allora è sulla cultura collettiva e non sulla sofferenza individuale che bisogna agire..." (p.12).
Ora mi si consenta qualche riflessione e proposta personale e collettiva:
1. ridare parola e forza ai valori, chiamati per nome. La gioia è un valore rispetto al divertimento narcisista : la gioia dona una durata che il divertimento disattende.
2. Accogliere il rischio di un confronto e di un incontro sui problemi comuni, uscendo dalla tana privatistica, dal rinchiudersi in casa o nella setta o nel partito o nel club o nella parrocchia.
3. Tornare a progettare insieme, a conversare, ad aprire nuovi orizzonti e prospettive nel territorio dove si vive. La conversazione e la capacità di ascolto aprono il futuro alle pratiche quotidiane, non ultime quelle di buone ricette della nonna.
Una vita a colori al posto di un'esistenza grigia : ora l'ospite nuovo c'invita all'accoglienza!  il don

lunedì 11 novembre 2013

Il Mezzogiorno e l'Italia

L'editrice Studium ha pubblicato di recente, sotto il titolo "Il Mezzogiorno e l'Italia", alcuni testi di Gramsci e di Sturzo, accompagnati da interventi di autori vari. Mi soffermo ora soltanto sull'intervento di Giuseppe Vacca, il quale sottolinea "l'avversione di entrambi (Sturzo e Gramsci) per il centralismo democratico dello Stato unitario ed il favore per uno Stato delle autonomie che in Sturzo si concreta nel regionalismo, mentre per Gramsci, dopo l'opzione federalistica del 1923-24, rimarrà indeterminato" (p.11). E ancora con grande chiarezza, Vacca afferma : "La questione geopolitica della questione meridionale e la concezione della politica come lotta per l'egemonia fanno di Sturzo e di Gramsci i due uomini politici più lungimiranti dell'Italia tra le due guerre" (p.29). 
Il Vaticano non fu molto lungimirante nel decretare lo scioglimento del partito popolare e costringere Sturzo all'esilio, mentre con Mussolini faceva un concordato, illudendosi che il gerarca avrebbe rispettato l'Azione cattolica, quando invece cominciò a perseguitarla poco dopo. Nota ancora Vacca : "Sturzo ancor più deciso era stato nel respingere la proposta della destra clericale di qualificare il Ppi  come un un partito cattolico, argomentando che "il concetto di partito è un concetto politico che implica la divisione, mentre il concetto di cattolicesimo  è un concetto religioso  che implica l'universalità" (p.31). Forse il Partito popolare avrebbe fatto molto meglio di quel che fece invece la Democrazia cristiana (vittoria della destra clericale), trascinando lo stesso nome cristiano in una sporcizia di clientelismo e di affarismo. E per il Mezzogiorno, invece dello sviluppo, fu la catastrofe non solo economica ma anche culturale e spirituale. 
Fu il cardinale Casaroli a riportare,nella seconda metà del Novecento,  la diplomazia vaticana all'apogeo, sopratutto nella grande mediazione che seppe operare nei paesi comunisti, come egli stesso ha raccontato nelle memorie "Il martirio della pazienza". 
I preti dovrebbero fare i preti : predicare il vangelo, dopo averlo vissuto, dando testimonianza di essere legati non al potere temporale ma a quello spirituale. Oggi papa Francesco dà questa trasparente testimonianza; e speriamo che non ce lo facciano fuori! il don

sabato 9 novembre 2013

Il Vaticano e l'Italia

Antonio Gramsci è considerato, a livello internazionale, un teorico acuto del comunismo. Il testo "Il Vaticano e l'Italia", sul quale si farà ora qualche riflessione, mostra quanto l'intellettuale sardo fosse attento alla storia e alla religione quando essa fa storia. Un primo elemento da mettere in evidenza : Gramsci mostra fastidio per un anti-clericalismo di maniera, di derivazione massonica e anarco-socialista. La sua analisi storica, che cerca la giusta distanza dall'atteggiamento di pregiudizio, è ben documentata (cita Civiltà cattolica e altre riviste del cattolicesimo italiano e internazionale). Il suo giudizio sull'Azione cattolica è di ammirazione riguardo all'organizzazione e alla penetrazione popolare, anche se, com'è naturale, non risparmia critiche verso il Vaticano e verso il clero. E tuttavia riesce ad apprezzare l'opera di un Cottolengo a Torino : non ne condivide la fede (che considera superata), ma ne esalta l'opera sociale. "L'Azione cattolica gli appare uno strumento assai più moderno dei partiti politici...", scrive Angelo d'Orsi nella prefazione.  Interessante anche il capitolo su "Cattolici integrali, gesuiti e modernisti" : supera l'atteggiamento d'indifferenza di gran parte della cultura laica verso la cultura cattolica, cerca di comprendere il pluralismo che s'agita all'interno della chiesa cattolica, le nuove filosofie che rivendicano un posto accanto  alla neoscolastica tomista, che continua ad essere la filosofia ufficiale della chiesa cattolica. Sa distinguere bene quella che è pura azione politica della chiesa, quando essa manca di spiritualità (anche se considera la spiritualità come appartenente ad un'età storica ormai tramontata), dall'azione culturale che fa crescere la coscienza e la prassi del popolo quando ne promuove la liberazione e ne stimola lo sviluppo.
Gli avversari fanno scoprire spesso cose più interessanti e giuste di quelli della propria parte : mentre con questi ci si ritrova d'accordo su facili compromessi, da quelli si viene posti di fronte alle esigenze vere del Vangelo, cioè più giustizia tra ricchi e poveri, più lavoro dignitoso per tutti, una cultura più attenta  alla vita, una fraternità concreta e meno astratta.  il don

martedì 22 ottobre 2013

una massa di disertori

Chi sono i disertori? Sono quella massa di individualisti che non intendono diventare popolo o comunità.
Massimo Recalcati lo dice, senza creare peraltro il sospetto di proselitismo : "Fare gli interessi della collettività è percepito come un abuso di potere contro la libertà dell'individuo. Un forte vento spira in direzione contraria alla funzione simbolica delle istituzioni" ( in Il complesso di Telemaco, p. 64). Come si potrebbe diventare città, se ognuno persegue soltanto il proprio interesse individuale? Senza un progetto e senza la parola che lo rende possibile, cos'altro si potrebbe diagnosticare se non una malattia grave? La peste ipermoderna sceglie la morte, gridando insensatamente : morte all'untore! Morte cioè a chi parla di comunità, di popolo, di bene comune.
Ancora Recalcati lo dice, da psicoanalista : "Milioni di giovani vivono, nel mondo cosiddetto civilizzato, come prigionieri volontari rinchiusi nelle loro camere. Hanno interrotto ogni legame con il mondo, si sono ritirati dalla vita, hanno abbandonato scuola e lavoro. Questa moltitudine aninima preferisce il ritiro autistico, il ripiegamento narcisistico su di sè..." (Id., p. 65).
Si avverte una resa della morte di fronte alla vita! Ma l'inno alla vita diviene possibile solo quando si è impiegata molta fatica, quando si è lottato tenacemente per superare ogni ostacolo, quando cioè si è stati capaci di soffrire e di offrire. Perchè proprio questa è stata la mancanza più grave,  la malattia radicale di questo tempo : non avere altro ideale se non quello di godere, mentre il desiderio rimane rimosso (come aveva presagito Lacan).
Senza accusa e senza rancore verso i disertori. Soltanto l'invito ad uscire da una malattia pestifera, contagiosa: l'individualismo! Il coraggio di ribellarsi ad un atteggiamento di massa. il don

domenica 6 ottobre 2013

vento di restaurazione

Tira vento non di rivoluzione, ma di restaurazione. Se è vero, come affermava Marlaux, che "la rivoluzione ha sostituito la vita eterna", le notti insonni per la chiesa cristiana e cattolica ormai non si dovrebbero più contare, dal momento che i problemi non potrebbero essere più differiti alla vita dopo la morte, e si porrebbe l'urgenza di affrontarli e risolverli "ora", "adesso", oltretutto con efficacia!
Invece, siamo impantanati o insabbiati, non solo  in Italia, tra clericalismo e laicismo. Ognuno s'è rinchiuso nel suo angolo; non è che vi sia stato rinchiuso. Abbiamo dismesso di dialogare, o meglio non abbiamo ancora cominciato a far prove di dialogo. Si continua a dare i numeri. E oltre che a divertirsi e fare soldi, non si pensa e non si desidera altro.
Così il desiderio dell'altro, cioè quello di essere riconosciuto e amato per poter riconoscere ed amare, rimane schiacciato dalla tecnica consumistica e dai modelli tecnologici, come sottolineava anni fa Lacan, e come dice  un lacaniano di oggi, Recalcati.
La relazione, ogni relazione salta. Restano soltanto : solitudine e incomunicabilità; anzi non si ha neppure più voglia di ascolto e di dialogo. L'individualismo è divenuto così pressante e invadente da apparire ormai come una dittatura. E' il trionfo dell'anarchia; ed è la morte della coscienza collettiva. Di  ardenti  ne sono rimasti veramente pochi; bisogna cercarli con attenzione e passione, per trovarne ancora uno. 
Ma non mi do per vinto : sabato prossimo il dialogo sarà sul libro di Havel, Il potere dei senza potere. Sarà una prova di dialogo e di amicizia : Carlo ed io parleremo di umanesimo e di umanità, di un pre-politico da recuperare con impegno e passione. Apriamo, apriamo, apriamo..., perchè possa vincere la rivoluzione e non la restaurazione". il don

martedì 1 ottobre 2013

verso la città

cronaca della serata di sabato 28 settembre
Il Sindaco è venuto nella chiesa dell'Immacolata, per l'incontro, alle ore 20,05. Non c'era ancora nessuno, ed è andato via alle ore 20,06, dicendo che l'evento andava pubblicizzato meglio e posto in un giorno più consono alle famiglie. Avremmo dovuto dialogare su due testi del cardinale C.M. Martini verso la città. Tra le ore 20,10 e le 20,30 sono venute almeno dieci persone, le quali sono andate via quasi subito, forse per aver trovato l'aula quasi deserta. Soltanto due persone si sono fermate a conversare, ed io sono stato contento di fare loro accoglienza e di rispondere alle loro domande. In fondo il successo di un evento non si misura dalla massa di gente intervenuta. Le relazioni autentiche sono sempre personali, mai di massa. E sono le relazioni autentiche a vincere le varie forme di peste che ammorbano la città e delle quali parlava il cardinale Martini in un testo del 1984: la peste della violenza (anche verbale), la peste della solitudine, la peste della corruzione. Nel 1985, Italo Calvino, nelle "Lezioni americane" scriveva di "un'altra pestilenza del linguaggio e della vita" che "si manifesta come perdita di forza conoscitiva". E anni dopo, Alberto Asor Rosa, in un'intervista sul "Grande silenzio degli intellettuali", diceva che "c'è un'analfabetismo di ritorno, creato dalla cultura di massa"; e puntava il dito contro "l'attuale immaginario collettivo che predilige modelli in serie e ripetitivi. Vengono a mancare creatività e spirito critico". 
Nell'altro testo di Martini sul quale avremmo dovuto dialogare col Sindaco, "L'uomo in frammenti", un intervento ad una tavola rotonda organizzata da Confindustria di Milano, l'accento veniva posto sul fatto fondamentale della relazione autentica alla quale i giovani non sono disposti a rinunciare neppure quando fossero tutti presi dalle macchine tecnologiche. Qualità dunque, più che quantità : questa è la sfida che abbiamo dinanzi, e su questa ci giochiamo il presente ed il futuro!  il don

sabato 14 settembre 2013

INCONTRI D'AUTUNNO

Per iniziativa della Biblioteca Ecclesiale di Mesagne (BR) , nella chiesa dell'Immacolata :
                      INCONTRI D'AUTUNNO
sabato 28 settembre, ore 20 : dialogo su due testi di C.M. Martini, Verso la città. 
                               Intervengono : - il sindaco Franco Scoditti
                                                        - don Carmelo Guarini
sabato 5 ottobre, ore 20 : dialogo sul testo di T. de Chardin, Sulla felicità.
                                Intervengono : - due giovani
                                                          - don Carmelo Guarini
sabato 12 ottobre, ore 20 : dialogo sul testo di Havel, Il potere dei senza potere.
                                Intervengono : - Carlo Graniti
                                                         - don Carmelo Guarini
sabato 19 ottobre, ore 20 : presentazione del libro di d. Carmelo Guarini, Ricerca storica e              spirituale.
                                Intervengono : - Angelo Sconosciuto
                                                         - don Carmelo Guarini
sabato 26 ottobre , ore 20 : dialogo sul testo di Igino Giordani, Famiglia comunità d'amore.
                                Intervengono : - una famiglia
                                                          - don Carmelo Guarini
L'ingresso è libero. Ognuno farà accoglienza e terrà viva la ricerca per un felice incontro. il don


giovedì 5 settembre 2013

emergenza catechesi 2

Un chiacchiericcio, un pettegolezzo, un giudizio o una stroncatura verso qualsiasi persona da parte di un cristiano qualsiasi e tanto più da parte di un catechista, rimane un fatto indifferente, o piuttosto non affossa la testimonianza, invece di darle quella rilevanza che soltanto un fare ed un dire secondo le parole del vangelo potrebbe porre un discrimine tra l'agire mondano e l'agire cristiano?
In effetti, se tanti catechisti si lamentano dell'assenza dei ragazzi e delle ragazze dal catechismo, e se anche i genitori una volta avvisati non assegnano alla cosa nessuna importanza, non è forse vero che il sacramento è divenuto un fatto puramente formale di culto, senza un aggancio reale alla vita quotidiana?
Documenti e testi rinnovati non sono mancati in questi ultimi decenni; pochissimi catecumeni ne hanno fatto tesoro; la maggior parte è rimasta al palo. Quelli tra i catecumeni che hanno fatto esperienza cristiana, sono stati accompagnati da una comunità parrocchiale viva e da una famiglia cristiana. Perchè quì ciò che è in gioco è vivere il vangelo nei fatti e nelle parole. 
La pressione sociale e culturale mondana sembra più forte. E' chiaro che da soli non si può vivere la fede, altrimenti Gesù non si sarebbe premurato di dar vira alla comunità degli apostoli e dei discepoli. E' nella comunità che crescono la fede, la speranza e la carità. Crescono nell'aiuto reciproco che i  cristiani si donano.  il don

mercoledì 4 settembre 2013

emergenza catechesi

La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze che hanno fatto catechismo nelle parrocchie cattoliche nei trascorsi decenni non sono diventati cristiani; il vangelo non li ha toccati, la loro vita è orientata da tutt'altre aspirazioni. Cosa si dovrebbe dire che la responsabilità è soltanto loro? In effetti, la catechesi è caratterizzata almeno da tre debolezze : verbalismo, astrattismo, moralismo. Le parole non bastano, come non bastano le teorie e la morale. La catechesi dovrebbe iniziare ad un'esperienza di comunità : e la grazia potrebbe compiere la conversione dall'individualismo e dal narcisismo all'imparare ad amare. Cosa manca di essenziale? Vivere il vangelo e testimoniare la conversione quotidiana. Il rinnovamento della catechesi passa anche attraverso un approfondimento teologico e culturale : troppa improvvisazione continua a sopraffarci; e anche una certa pretesa di non aver bisogno della grazia divina per il cambiamento.
il don

il rischio della novità

Immaginiamo un laico ed un prete che vogliano fare un mondo nuovo, un'umanità nuova. Ed ognuno pensa di avere la ricetta, tanto da dire all'altro ciò che dovrebbe fare. Il laico dice al prete : tu dovresti soltanto confessare. Quale sarebbe la risposta di un prete non sprovveduto? Ma in che mondo vivi? E' dallo psicoanalista che vanno i depressi, gli angosciati, i malati. Vuoi prenderti gioco di me, dicendo che sono rimasto senza clienti? Tuttavia, il prete non avrebbe ancora risposto alla domanda del laico. Il prete che risponde davvero, direbbe : questo è ancora un tempo di annuncio del vangelo, ed io intendo raccontare esperienze di vangelo vissuto ( non solo mie, ma anche di altri); non fare prediche, e neppure dare consigli morali. Vorrei suscitare il desiderio della parola, di una parola senza menzogna, di quella parola che guarisce ogni malattia.
Il prete dice al laico : tu dovresti tornare a pregare , mentre lavori soltanto. Quale sarebbe la risposta del laico smaliziato? Ma vuoi scherzare! Abbiamo impiegato secoli per capire che il lavoro è preghiera (anzitutto perchè Dio quando crea, lavora, e mentre lavora, prega), e adesso dovremo tornare ad una preghiera-culto?
Tuttavia, il laico non avrebbe ancora risposto alla domanda del prete. Per rispondere davvero alla domanda del prete, il laico dice : il lavoro è una benedizione di Dio (non una sua maledizione); i non-credenti considerano il lavoro come uno strumento di realizzazione umana. Questo è proprio il tempo nel quale i credenti possono mostrare che credono al lavoro come ad un dono da fare agli altri esseri umani e alla natura ( se la natura mostra spesso il suo aspetto distruttivo, noi umani mostriamo alla natura che sappiamo ricostruire anche sulle rovine da essa create come terremoti, alluvioni, ...).  Il laico direbbe : io vorrei suscitare il desiderio di un lavoro che affatica ma non stressa, che guarda al bene dell'altro e non solo al proprio tornaconto, che edifica e non cerca solo un guadagno per poter sopravvivere!
Se il laico e il prete tornassero a parlarsi (non addosso) ascoltandosi, non come " don Camillo e  Peppone", ognuno potrebbe imparare qualcosa dall'altro. E per il nostro tempo, nel quale ognuno ha la pretesa di sapere tutto e di non avere più bisogno di imparare altro, non sarebbe  poco, anzi sarebbe il modo per suscitare il desiderio dell'incontro, per una cultura dell'incontro. Questo sarebbe il rischio della novità. Un rischio da correre, con grande desiderio. "Il re Nabuccodonosor non lasciò Daniele nella fossa dei leoni, dopo aver visto che il desiderio di Daniele era stato più forte della fame dei leoni".  Questo è il rischio della novità : fare esperienze dello spirito e raccontarle.  il don

il rischio dell'ascolto

La fatica più grande non è l'ascolto dell'altro, ma l'ascolto della propria coscienza. Obbedire alla voce della propria coscienza è andare sino in fondo al proprio destino, non al proprio successo o alla propria riuscita. E tuttavia la coscienza non comanda mai di uccidere l'altro, nè di uccidere Gesù, nè di uccidere l'ebreo o il musulmano. Al contrario, la coscienza dice: ama il tuo vicino, rispetta colui che ti è prossimo. Risulta subito evidente che non si ascolta la coscienza, quando il cristiano uccide Gesù , quando un ebreo uccide l'altro ebreo, ed il musulmano il musulmano. L'evidenza della disobbedienza alla propria coscienza : quando l'amico uccide l'amico, ed il vicino il vicino. Perchè si potrebbe anche trovare una ragione sufficiente al fatto che il nemico uccida il nemico (ogni nemico sente di poter uccidere di diritto il proprio nemico : lo pensava il diritto egiziano, il diritto romano, il diritto babilonese...). E non ci rendiamo conto invece di quanto il vangelo cristiano sia penetrato nella cultura del mondo, chiedendo il rispetto ed il perdono verso il nemico. Già nella rivelazione dell'Antico Testamento, Dio aveva chiesto di rispettare la vita di Caino, l'assassino : il fatto di lasciarlo in vita, non diminuiva, anzi rendeva ancor più grave l'espiazione della colpa. Proprio di fronte alla colpa dell'altro si rende manifesto il rischio dell'ascolto della coscienza : mentre la nostra colpa tendiamo con più facilità a giustificarla, quella dell'altro tendiamo a giudicarla con severità. 
Il rischio di ascoltare la coscienza può condurmi ad entrare in conflitto con un'opinione pubblica o con una maggioranza omologata, conformista nel linguaggio e nei comportamenti. Ma non posso mettere a tacere la coscienza per paura di essere messo al bando, ostracizzato, canzonato, ridicolizzato. Se obbedisco  alla mia coscienza, posso continuare a vivere libero, posso ancora perseguire un ideale non d'interesse o di comodo, posso perseguire un progetto di vita che solo la mia coscienza conosce nei suoi aspetti inconsci e più misteriosi. E' lo schematismo, il copiare gli uni dagli altri, che uccide la coscienza, proprio come il cristiano che uccide Gesù.  
Mi hanno ucciso Gesù e non si sono resi conto del peccato che hanno commesso!   il don 

domenica 25 agosto 2013

esperienze di vangelo vissuto

Un commento alla "cultura dell'incontro", sotto forma d'esperienza. "Ero disoccupato e mi hai trovato un lavoro". Questo desiderio di Gesù, questo suo invito a dimenticarmi di me stesso, per fare mio il bisogno dell'altro, mi ha spinto a invertarmi dei lavori per le diverse persone disoccupate venute a chiedere aiuto. Allora, pensando alla manutenzione della chiesa e anche della cappella cimiteriale, mi sono reso conto che tanti lavori di manutenzione potevano esser fatti. Così, senza mostrare preferenza per l'uno o per l'altro, ma considerando ognuno come prossimo, ho lasciato che ognuno facesse un lavoro, e poi senza dare un salario, ma considerando ugualmente il bisogno, ho dato ad ognuno una libera donazione. Ho visto ognuno andar via contento. 
Una seconda esperienza. Era da molti anni che desideravo conoscere da vicino l'esperienza del Meeting di Rimini. In questa settimana trascorsa, ho potuto, tramite Internet, seguire la narrazione di esperienze, la presentazione di libri, i tanti interventi sull'economia e la politica nel mondo. Sopratutto il racconto di esperienze mi è sembrato interessante : è un tratto comune che rende "Comunione e liberazione" interattiva con gli altri nuovi movimenti ecclesiali. Ho ascoltato con molto interesse un professore cinese che insegna filosofia all'Università di Pechino, e fa conoscere s. Tommaso e la ragione occidentale ai suoi connazionali. Ho ascoltato due ortodossi che in Ucraina e in Russia si occupano dei bimbi abbandonati. Poi la testimonianza di "Aiuto alla chiesa che soffre" : in Iraq, in Siria, in Libano, in Egitto, in Pachistan...; tanti milioni di euro per aiutare fratelli e anche nemici bisognosi!
E' davvero una cosa straordinaria che i nuovi movimenti possono scambiare le loro esperienze e possano sentirsi dire, come i primi cristiani "guarda come si amano!".    il don

sabato 24 agosto 2013

la diversità di genere

Questo intervento non è a difesa dell'omofobia, neppure intende mostrare disprezzo nei confronti dei gay. Intende piuttosto mettere a fuoco un aspetto che la cultura omologante, conformista  e narcisista contemporanea si mostra incapace di comunicare e valorizzare. Si tratta della diversità tra maschio e femmina, che la Bibbia, già nel Genesi, esprime  con un'immagine corporea e realistica : il maschio è il puntuto (il termine ebraico è isch), la femmina è la forata (in ebraico ischà). Nella dimensione psicologica e spirituale, neppure si potrebbe omologare la figura paterna con la figura materna, perchè diverso è il modo di rapportarsi alla madre ( con lei il figlio o la figlia intrattiene sempre un rapporto viscerale ) da quello di rapportarsi al padre ( con lui il figlio o la figlia intrattiene un rapporto dello spirito ). Con la madre si può comunicare visceralmente, emozionalmente e sentimentalmente; col padre occorre comunicare razionalmente, pragmaticamente. Le donne che ai nostri giorni negano la loro capacità recettiva quando, per imitare gli uomini, scimmiottano un'intraprendenza che presto mostra il fallimento sul piano propriamente umano. Gli uomini che non sono capaci di cogliere nel genio femminile la capacità di donazione, sono ancora dei padri-padroni e dei mostri di narcisismo. 
La diversità di genere, per venire alla luce, ha bisogno di una cultura non omologante e neppure narcisista. Sono anzitutto il padre e la madre, quando il primo ha sviluppato in pienezza l'essere maschio e quando la seconda si è realizzata come femmina, a educare alla diversità di genere il bimbo e la bimba. Quando Paolo di Tarso dice che l'esser cristiani non comporta la rivendicazione della distinzione tra giudeo e greco, tra schiavo e libero, tra uomo e donna, perchè in ognuno è Cristo ad essere formato, forse ha dimenticato, per essere più chiaro, di ricordare alla donne che il loro modello più vicino è la madre di Gesù, la donna pienamente realizzata in quanto donna. E' chiaro però che lì Paolo sta facendo un discorso teologico, non pedagogico e psicologico.
Non me ne vogliano il governatore Nichi e neppure l'arci-gay se dico : evitiamo di trattare certi argomenti come si farebbe la pubblicità alla Coca Cola; trattiamo gli argomenti che riguardano l'umanità con  la responsabilità di chi sta costruendo un nuovo umanesimo!
il don

sabato 17 agosto 2013

la cultura dell'incontro

La cultura dell'incontro, come d'altronde la cultura del dare, chiede un apprendistato, una scuola di vita. Non può far conto dell'improvvisazione, dal momento che il dare non è un fenomeno  istintivo. Lacan ci ha mostrato attraverso l'analisi o la psicoanalisi la differenza tra il bisogno e il desiderio. Il bisogno possiamo ritenerlo un fenomeno biologico ; il desiderio nasce come fenomeno culturale, vale a dire che al suo formarsi giocano un ruolo essenziale non solo l'affetto, l'intelletto e la memoria, ma anche l'inconscio nel quale si può scorgere una certa stratificazione di irrazionale oltre che di ragione, di oblio oltre che di memoria, di odio oltre che di amore. Si può capire allora perchè nel confronto dell'io con l'altro non si giunga subito all'incontro, ma si passi spesso attraverso il conflitto, la lotta, la rivendicazione di un possesso. Ma, come nella cultura del dare, si fa esperienza che a dare non si perde nulla (anzi colui che dona lancia il messaggio: io valgo più del mio dono; e colui che riceve il dono, per non rimanere servo di colui che ha donato, non può non restituire in modo adeguato), così nella cultura dell'incontro si fa esperienza che l'andare dell'io verso l'altro non comporta nessuna resa e nessuna diserzione rispetto al proprio Sè, che anzi l'altro si mostra essenziale alla crescita dell' io. 
E. Mounier, parlando della persona, ha mostrato che la sua costruzione chiede almeno tre movimenti : l'en soi (l'interiorità dell'io), le pour soi (la relazione all'altro come espressione esteriore), le sur soi (il riconoscimento di uno più grande di sè). La costruzione dell'io chiede di saper ricevere un dono che è più grande dell'io; e di ritenere costitutiva la relazione Io - Tu , direbbe M. Buber. L'altro è ciò che manca all'io!
La cultura dell'incontro disegna un percorso a tappe : l'esodo dell'io, l'attesa dell'altro, il passaggio veloce dall'attaccamento al distacco, perchè il desiderio possa spingersi oltre il possesso.   il don

martedì 30 luglio 2013

Antigone secondo Kierkegaard

Nell'epoca antica l'individuo è solidale con la sua stirpe; nell'epoca moderna, è solo. In Aut Aut, Kierkegaard ha lasciato scritto : "Ciò che per i Greci costituisce l'interesse tragico è il fatto che nell'infelice morte del fratello (Polinice), nella collisione della sorella (Antigone) con una singola proibizione umana, risuona il triste destino di Edipo, come nelle doglie del parto; come se il tragico destino di Edipo si ramificasse in ciascun discendente della famiglia". Prosegue il filosofo danese : la colpa tragica oscilla tra colpa e innocenza, ed è questo che provoca la sofferenza. Nell'antichità, l'individuo non è ancora l'artefice del proprio destino, come lo è invece l'individuo moderno. Perciò nella cultura contemporanea, l'individuo sfuma ogni contenuto tragico e gli resta soltanto il male; ma questo male è mutato da tragico in comico; la commedia suscita il riso anche sulla colpa tragica. 
"Quanto minore è l'esteriorità tanto maggiore sarà l'interiorità" ( dal Diario, 3136).
L'interiorità, nell'antichità, è presente nella rivelazione ebraica. Abramo, quando è posto di fronte all'alternativa : o assassino del figlio Isacco oppure credente, è la fede che lo salva dal diventare assassino. Per Antigone invece non c'è alternativa : il destino è ineluttabile, il copione è già scritto, la colpa di Edipo comporta una sequenza di morti, un ineluttabile destino di morte. Abramo invece ha potuto scegliere tra la morte e la fede.
La fede sorpassa il semplice ascolto di una voce interiore : è la richiesta di agire contro natura, ma consente di ritrovare  la natura ad un livello diverso : il religioso è ad un livello più alto dell'estetico e del filosofico.
Ecco restituita al Cristianesimo l'interiorità della storia!    il don

domenica 21 luglio 2013

Antigone secondo Lacan

Antigone, la tragedia più commentata e interpretata di Sofocle. A partire da Aristotele, nella Poetica, passando per Hegel , Goethe e Simone Weil, per giungere sino a Lacan. 
In breve il racconto del dramma: due fratelli sono in guerra tra loro; uno è diventato re di Tebe; l'altro fratello, Polinice, è stato mandato in esilio, ma egli forma un esercito di mercenari e ritorna per conquistare la città. I due fratelli si uccidono in guerra, l'uno per mano dell'altro. Creonte, il loro zio, divenuto re della città, ordina che il defunto re legittimo venga seppellito con tutti gli onori, mentre Polinice sia lasciato in pasto agli avvoltoi e alle bestie selvatiche. Si tratta della legge scritta e della ragione che vi si associa. Antigone, la sorella dei due fratelli morti, disobbedisce allo zio re e dà sepoltura a Polinice.
 Hegel vi ha visto il conflitto tra due discorsi discordanti, quello della famiglia e quello dello stato, che andrebbero a sfociare verso una composizione. Ma è davvero questo l'obiettivo di Antigone? Soltanto quello di obbedire alla pietà familiare e non anche alla legge degli dei, la Diche, la legge non scritta? O niente di tutto questo? Creonte giustificava la sua decisione, affermando che egli obbediva alle leggi scritte della città e anche alla ragione. Ma quando il veggente Tiresia gli annunzia grandi mali, per aver egli ha condannato Antigone ad essere sepolta viva, Creonte si lascia prendere dal timore e ordina di tirare fuori Antigone dalla tomba. Senonchè Antigone si è tolta la vita, per evitare il supplizio di una morte lenta. Il figlio di Creonte, il promesso sposo ad Antigone, quando vede la futura sposa morta, si suicida anch'egli. E la moglie del re, la madre del futuro sposo di Antigone si suicida a sua volta, dopo che ha visto il figlio morto. Creonte ha commesso un errore di giudizio, ha voluto infliggere la "seconda morte" a Polinice, negandogli la sepoltura; per questo si è abbattuta su di lui l'ira degli dei. Eppure in Creonte vi si trovano sia il timore sia la pietà, come si è visto, dice Lacan. Cosa che non troviamo in Antigone : nè il timore nè la pietà. Ora seguiamo l'interpretazione di Lacan : c'è un termine ripetuto venti volte nel dramma di Antigone, il termine Ate, che indica il limite che la vita umana non può oltrepassare. Antigone intende proprio oltrepassare questo limite : ella sembra aver colto la condanna degli dei sul padre Edipo e sui suoi discendenti (come si vede in Edipo a Colono, l'altra grande tragedia di Sofocle). Lì, nella caverna dove era stata rinchiusa, Antigone vive lo scontro finale tra il desiderio della vita e la pulsione di morte. E' vero che ella obbedisce alla legge non scritta degli dei, ma non vede altra via d'uscita alla catastrofe, dal momento che solo la morte potrà operare quel ricongiungimento che la vita ha spezzato. Dunque Antigone non ha compiuto nè un'azione di timore nè un'azione di pietà; dentro la sua coscienza si è verificato lo scontro tra l'evento e la verità, ed ella è andata incontro alla pulsione di morte. Così Lacan, in L'etica della psicoanalisi. 
Un destino segnato è senza speranza di resurrezione. Forse non ci rendiamo conto della grande novità introdotta dal Cristianesimo! Ma proprio questa novità chiede che il significante venga messo in luce più ancora del significato : il simbolico deve mostrare il reale più dell'immaginario, e come se non con un vissuto altro?  il don

venerdì 5 luglio 2013

dalle reti al web

Il passaggio dalle reti al web gli esperti lo indicano come un cambiamento di direzioni : mentre nelle reti, la direzione era solo in un senso, ora con il web la comunicazione diviene bidirezionale. "Ogni nodo della rete diventa ricettore e creatore (donatore)". La dinamica del ricevere e del dare è rimessa in moto : non ci sono più soggetti passivi; passività (il ricevere) e attività (il dare) divengono dinamiche di una costruzione della comunità messe in opera dal contributo di ognuno. Si torna così, come sempre, nel campo della ricerca pura o di base, quella che non lavora per un interesse economico, perciò non vive per la preoccupazione di brevettare (il brevetto che mi fa guadagnare) come fa per esempio la ricerca applicata. 
Ora siamo nel web, più che nelle reti.  il don

vita comune

Il libro "Vita comune" di Dietrich Bonhoeffer è un resoconto di un'esperienza coi giovani pastori che si preparavano al servizio pastorale. Il primo capitolo è intitolato "comunione". Riassumo i punti fondamentali di questo capitolo : anzitutto la vita del cristiano è stare in mezzo ai nemici (niente, mettersi comodi); in secondo luogo, il desiderio e la gioia della comunione vince la solitudine (il desiderio nasce all'interno, ma abita l'esterno); la crescita deriva dalla Parola di Dio  ( è il vivere la Parola che trasforma la persona); la testimonianza del fratello è, per il cristiano, Parola viva, cioè dona la pace e supera il conflitto; l'amore fraterno chiede la pratica del perdono piuttosto che il giudizio; la comunione cristiana si motiva a partire da Gesù Cristo, non a partire dalla propria interiorità e devozione. La comunione come sogno è un ideale umano, che conduce alla crisi; ma da quella crisi, la fede e la carità possono uscire più radicate in Dio, che è il fondamento della realtà della vita comune. La conversione dalla propria visione ideale alla visione di Dio si esprime nella gratitudine per ciò che si è ricevuto!
Il cristiano  della chiesa confessante non s'attarda a parlare di metodi e tecniche pastorali coi giovani pastori, ma riporta l'evangelizzazione al primato della Parola di Dio, all'accoglienza e al vissuto di Essa. Far vivere la Parola vuol dire relazione spirituale, non amore psichico. Così la comunità si edifica con quel primo e fondamentale servizio che è "ascoltare la Parola" : il primo servizio non è quello di parlare, ma quello di ascoltare. Questo ascolto comporta il "sopportare il peccato dell'altro". Ma "il peccato reso esplicito nella confessione, perde il suo potere". 
 Ci troviamo di fronte ad un testo che converge con molti testi della prassi sinodale dei primi secoli. Si dovrà riprendere questi testi di Atanasio, Basilio, Gregorio di Nazianzo, Agostino d'Ippona, Ireneo di Lione, Martino di Tours; si potrebbe scorgere quanto bisogno la chiesa di oggi abbia di quella prassi sinodale!
  il don

domenica 30 giugno 2013

commento

La lettura dei Seminari di Lacan risulta più difficile persino degli stessi testi di Freud, dei quali lo psichiatra francese ha voluto dare un'ermeneutica rigorosa. 
Mi fermo a commentare soltanto il possibile effetto che potrebbe avere sul Reietto (il volutamente "messo al bando" dalla comunità familiare o sociale o religiosa) : un effetto nevrotico, sicuramente. Ma di cosa si tratta, precisamente? Non di "senso di colpa", ma di sentimento di vergogna! Il senso di colpa potrebbe essere smascherato dall'analizzante (avendo però un buon analista), il quale potrebbe ritorcere la colpa su chi effettivamente ha compiuto il misfatto, non su chi è stato indebitamente scaricato. Mettere al bando, rendendo pubblica una certa colpa del Reietto o della Reietta (la diversità di genere, nota Lacan, rimane un mistero anche per Freud), significa suscitare un sentimento di vergogna, per il quale il Reietto o la Reietta dovrebbe rimanere per sempre alla "gogna". E' più facile, suggerisce Lacan, uscire dal senso di colpa che non dal sentimento di vergogna : nel primo caso si può  più facilmente operare uno sfondamento; nel secondo caso è difficilissimo rompere l'accerchiamento, dal momento che i coalizzati tendono ad agire come un'associazione a delinquere, non come una comunità terapeutica o di recupero. Fin quì l'analisi della dimensione psicologica, che non va assolutamente sottovalutata. 
 Io mi permetto di aggiungere ciò che si potrebbe fare sul piano della dimensione spirituale : creare intorno alla reietta o al reietto una rete d'amore che vinca il "sentimento di vergogna", per il quale ella ed egli si sono convinti che ciò che gli altri hanno imposto, cioè la "messa alla gogna", ossia l'interiorizzazione del "sentimento di vergogna", è insuperabile. Quì si tratterebbe di avere una fede ed un amore, per cui tutto diviene possibile a chi crede, perchè "a Dio nulla è impossibile". Devo fermarmi quì, per evitare di scivolare nella retorica. Ma per restare ancora a Lacan, che ha dichiarato di credere al "trionfo della religione e alla vittoria della religione sulla psicoanalisi" ( vedi Discorso ai cattolici, e l'altro scritto Il trionfo della religione), nonostante la sua professione di non credenza, credo si possa davvero giocarsi la partita sul "chi ama di più" e sul "chi dà veramente la vita".  il don

sabato 29 giugno 2013

Il Reietto

Richard Bach l'ha intitolato "Il gabbiano J.L.", ma è la storia di un reietto che ha trovato la forza e la grazia di riuscire nell'affermazione dell'Ideale. Un racconto che ha conosciuto l'avventura di decine di edizioni : il che vuol dire che ha toccato un tasto sensibile, quello del desiderio, che in altro campo Freud ha svelato come "inconscio", ossia la messa a fuoco del "sintomo", al dire di Lacan.
La prima prova che il reietto deve superare è il rifiuto dello "stormo buon appetito" : la solitudine non permette di appoggiarsi a niente e su nessuno; si deve solo imparare a "volare". Nella seconda parte, il reietto è accolto in una comunità di paradiso, che è cosa diversa dalla comunità terrestre, si direbbe; ciò che egli ha imparato sul dono materiale, ora deve trasferirlo nella dimensione dello spirito, cioè nella dimensione relazionale, mettendosi alla scuola della comunità paradiso. Nella terza parte, l'esercizio consiste nel saper istruire i discepoli : saper trasmettere come superare la paura del "volo", che è sempre un "dare la vita".
La figura del volo si applica molto bene alla figura del dono : sia nell'una che nell'altra è ben visibile il rischio della vita, nel senso del "gioco d'azzardo" di cui aveva parlato Pascal. Sia nel volo, sia nel dono, ci si gioca la vita, non una cosa occasionale! Il rischio deve valere la posta in gioco : il reietto dev'essere ora in grado di formare una comunità che sia alternativa allo "stormo buon appetito", altrimenti la comunità di dopo sarebbe identica a quella di prima, salvo il nome "paradiso". L'evento interiore veramente straordinario  sembra ora questo: il reietto, pur essendo impegnato a formare la comunità paradiso, avendo vinto la paura di rimanere reietto, può rimanere tale e quale in qualsiasi spazio ed in qualsiasi tempo. La forza del reietto è la stessa del "senza potere", come lo chiama Havel. La forza dell'Ideale è sempre una forza di dissenso : è il desiderio dell'oltre che crea il fascino del "giocarsi la vita".  Il problema o il sintomo è la Cosa sulla quale si gioca!   il don

venerdì 21 giugno 2013

liberazione

Nell'introdurre "Poteri e strategie" di M. Foucault, Pierre Della Vigna ha scritto : "Nel suo radicalismo, Foucault non sembra aver mai temuto la solitudine, nè sembra mai essersi posto problemi di schieramento.  (...)  Il centro della sua riflessione occupa i luoghi oscuri del potere in atto (...)  i poteri, per quanto coercitivi e apparentemente onnipotenti, trovano sempre, continuamente , delle opposizioni che li riducono, per così dire, all'impotenza". ( pp. 8-9) "Ma c'è sempre, nel corpo sociale, nelle classi, nei gruppi, negli individui stessi, qualcosa che sfugge in un certo modo alle relazioni di potere; qualcosa che non è affatto la materia prima, più o meno docile o resistente, ma il movimento centrifugo, l'energia di segno opposto, l'elemento sfuggente". (p.11)
Dall'analisi sul Gulag nei paesi comunisti sino alla  prigione nei paesi occidentali, lo studio delle pratiche ha  inteso mostrare non tanto gli eventi rivoluzionari di pensatori della discontinuità, quanto il soggetto storico che è fatto segno dell'oppressione. 
Il pensiero cristiano, quello che si è ispirato al Vangelo, e ha preceduto e seguito una certa prassi di liberazione, ha lasciato un sedimento rivoluzionario anche nelle coscienze cosiddette laiche o atee, una certa rivolta o ribellione a tutte le espressioni di oppressione. E tuttavia non basta voler trovare ogni volta un nemico da combattere : non basta al cristiano del vangelo, non basta neppure al pensatore della ragione. Il soggetto dell'oppressione non ha tanto bisogno di essere pensato, quanto di essere liberato. Quì si trova il vero problema : chi è in grado di operare la liberazione? Cristo ha semplicemente operato la liberazione di oppressi nella dimensione materiale e spirituale. Ha inteso anche preparare i suoi seguaci a strategie di liberazione da ogni forma di potere e di oppressione ? Un progetto è cosa diversa dallo schema di lavoro, direbbe Foucault. Un progetto ha una strategia di sviluppo  e questo il Cristo l'ha indicato nello Spirito Santo, che può rifare nuova la storia, in ogni tempo. Liberazione è più che resistenza all'oppressione!  il don

martedì 18 giugno 2013

senza potere

E' stato tradotto e pubblicato in Italia  (2013), con il titolo "Il potere dei senza potere", un testo certamente datato di Vàclav Havel, ma  in esso si possono trovare interessanti riflessioni sui "movimenti dissidenti", note che vanno oltre la storia del post-totalitarismo in "Boemia" (Cecoslovacchia) negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.  Si dice con chiarezza che si trattava  di scegliere tra la "vita nella verità" e la "vita nella menzogna". Lo "storico incontro tra dittatura e civiltà consumistica" è avvenuto con "un adattamento alla "vita nella menzogna"  (p. 31). La dittatura comunista ed il consumismo capitalista avevano inteso "sacrificare l'integrità morale e spirituale della persona alle sue sicurezze materiali". (p.31) La primavera di Praga e poi Charta 77 manifestavano un sintomo nuovo: una specie di "stanchezza della stanchezza" (p.44). Questi movimenti nascono in un ambito pre-politico più ampio della politica, dove il "confronto è tra la "vita nella menzogna" e la "vita nella verità" (p.46). La sottovalutazione della politica riguardo ai processi pre-politici ha favorito sia pure indirettamente e paradossalmente l'affermarsi dei "movimenti dissidenti", i quali hanno preso a "difendere l'uomo e le intenzioni reali della vita contro le intenzioni del sistema" (p.78). 
"La cultura è quindi la sfera in cui è possibile riscontrare la forma più evoluta di struttura parallela.  (...) Ad un certo grado del proprio sviluppo, i movimenti dissidenti non possono fare a meno di certi elementi di organizzazione. (...) Si può dire che le strutture parallele rappresentino la manifestazione più articolata della vita nella verità. Ecco un'ulteriore conferma che lo spazio più peculiare e il punto di partenza di tutti i tentativi della società di resistere alla pressione del sistema è l'ambito "pre-politico"". (pp. 95-96)
Provo a tirare una conclusione, che potrebbe anche rappresentare un punto di partenza nuovo per l'oggi, cioè il "quì e ora": quando il "sistema potere" non riesce a valutare bene la situazione umana e culturale, perchè guarda soltanto agli organigrammi, allora l'urgenza del progetto umano e culturale spetta ai "senza potere". E' chiaro che i "senza potere", oggi, sono soprattutto i giovani, ma anche quegli adulti che non  prendono parte alla spartizione  della torta col sistema potere. Come un gioco serio, getterei una palla al centro,   per dare vita ad una "Cattedra dei senza-potere"  giovani e adulti, luogo d'incontro più che di lezioni scolastiche.  il don 

domenica 16 giugno 2013

Dato che

Il libro del filosofo francese Jean-Luc Marion sul dono, tradotto in italiano col titolo "Dato che. Saggio per una fenomenologia della donazione", pone al centro un'ortoprassi  che intende sopravanzare il possesso. Cosa ricevo dal dono, dato che esso non è merce di scambio, ma semplice "investimento" gratuito e disinteressato?
"Donare equivale a dimostrare la propria superiorità, valere di più, essere più in alto, magister; accettare senza ricambiare o senza ricambiare in eccesso, equivale a subordinarsi, diventare cliente o servo, farsi piccolo, cadere più in basso (minister)" . (Mauss, Saggio sul dono, citato da Marion, p. 94). "Cosa ricevo, si chiede Marion, in cambio del mio dono sconosciuto?". "la coscienza certa della mia generosità; perdendolo, io dono a me stesso il mio dono, o piuttosto ritrovo me stesso in cambio del mio dono perduto. La perdita diventa il guadagno per eccellenza -il miglior affare possibile, perché vi guadagno, di fatto, infinitamente di più di quanto non vi perda: me stesso, contro un dono che valeva meno di me" (p. 95).
Il cristianesimo ha continuato a perdere colpi, nella modernità, cioè negli ultimi quattro secoli, perché ha perso prima di tutto il contatto col Vangelo, prima ancora di perdere il contatto con la storia, o più ancora prima di venire giudicato come fallito nella storia europea. E non si dica che dare a fondo perduto sia operazione di un ingenuo e di un bigotto ! L'incidenza dei nostri atti sulla storia non la si scopre col PDF. Allarga mente e cuore e ritroverai te stesso, e farai un lavoro non inutile e non irrilevante! il don

venerdì 31 maggio 2013

gioia e libertà

"Sono nella gioia". E da dove nasce questa esperienza? Dal fatto dell'amore : dall'amare Dio e il fratello. La libertà mi permette di amare, di rimanere  nell'amore; ma è l'amore che mi porta la gioia. La gioia diviene il distintivo dell'amore : per il fatto che lodo Dio come l'altro dal quale mi viene l'amore, sono nella gioia. E' un dono gratuito dell'amore divino la gioia. "Nessuno vi toglierà la vostra gioia", ha detto Gesù. La gioia che  il Figlio  dona è la gioia del Padre, non la gioia del mondo.  Papa  Bergoglio ha detto oggi un'esperienza bellissima dei cristiani e degli uomini e donne di buona volontà : perdere tempo a lodare Dio (questa è preghiera!). Anche perdere tempo a dir bene del fratello (invece di dir male) : anche questa è lode. Gesù non ha mai dissociato l'amore di Dio dall'amore del prossimo. Sono un unico amore! Unica è pure la gioia che si sperimenta quando si ama il prossimo per Dio, e Dio senza dimenticare il prossimo. L'amore vuole la gioia dell'altro, perciò non cerca mai di impossessarsi dell'altro. Il possesso è la morte della libertà e della gioia; il possesso è la sospensione del dono della vita, che deve rimanere sempre dono. 
Quando si perde la fede nel dono della vita, si perde anche l'amore, la gioia e la libertà. Per ritrovare fede, libertà e gioia, occorre abbandonarsi alla lode, più che alla rivendicazione. Dio non è un padrone; e noi non siamo sindacalisti. La lode fa ritrovare la gioia : è un esercizio spirituale, non un'emozione passeggera. 
La gioia del padre e della madre, la gioia dei figli e delle figlie, dei fratelli e delle sorelle : donare liberamente, senza mai pentirsi di aver donato! Non c'è gioia più grande!   il don

venerdì 24 maggio 2013

non-luogo

Il non-luogo è il luogo del non-incontro. Ma non c'è più differenza tra pubblico e privato : ormai il non-luogo è dappertutto, nelle relazioni amicali e familiari come in quelle politiche. Il fatto è che il virtuale ha introdotto il non-luogo anche nel reale e si fa grande fatica a distinguere tra autentico e non-autentico. La tecnica è il Leviatano, il nuovo mostro dell'Apocalisse che non lascia più spazio nè di libertà, nè di amore, nè d'intelligenza naturale. Il grave rischio è quello di diventare tutti servi dell'intelligenza artificiale, di considerarla  più efficiente di quella naturale, di obbedire ai suoi comandi come i sudditi ad un dittatore.
La sfida da accogliere e vincere sarebbe quella di trasformare il non-luogo in luogo d'incontro. Due operazioni sarebbero allora necessarie per raggiungere un tale obiettivo : in primo luogo una formazione culturale in grado di fare critica e autocritica; in secondo luogo, una democrazia effettiva che rimpiazzi la ormai logora democrazia elettiva. La prima operazione è culturale; la seconda è politica.
Un nuovo umanesimo potrebbe nascere soltanto da relazioni nuove e autentiche, che mostrino il fallimento dello stile di vita individualistico, delle mostruose disuguaglianze che ha generato, dell'inconsistente esaltazione dell'io rispetto al noi. La rete è un grande strumento di comunicazione, ma vuol essere riempito dì generosità, di sincerità, di passione per l'umano. Potrebbe anche esaltare bullismo e disprezzo per l'altro, violenza e crudeltà; in tal caso si mostrerebbe incapace di vincere il disumano. La scienza e la storia, la psicologia e la politica, gli atei e i religiosi devono indurre la tecnica ad umanizzarsi. Questa è la grande sfida che dev'essere vinta : trasformare il non-luogo in luogo d'incontro".
il don

LA CHIESA

"La Chiesa" è una raccolta di testi di Karl Barth, pubblicata in Italia dall'editrice Città Nuova, nel 1970. Nell'Introduzione, Brunero Gherardini legava la riflessione del teologo svizzero sulla chiesa all'adesione alla Confessione di Barmen. La chiesa confessante è un'esperienza che Barth condivise con D. Bonhoeffer. Con lo scritto Romerbrief (1919-1921), dice Gherardini, Barth aveva inteso "liberare la parola di Dio dal fortilizio liberale e modernista" (p.11). La contestazione barthiana diviene ora più evangelica che dialettica : "Il fatto è che Barth sogna una chiesa in perenne movimento d'autoriforma, ininterrottamente negata dalla Parola che ininterrottamente la fonda, e che la esige sempre diversa da quella che è" (p.14).
La chiesa, che è perennemente sotto il giudizio della divina Parola, è da Essa continuamente rifatta o ricreata: la Parola, mentre giudica la chiesa, le dona la grazia di riformarsi,  perchè torni ad essere sempre di nuovo dispensatrice di grazia.
Ancora nell'Introduzione, Gherardini sottolineava il legame interessante stabilito da Barth tra Chiesa e Corpo di Cristo : questa identificazione tra Cristo e Chiesa è un passo importante per un approfondimento della relazione sussistente tra "corpus verum" e "corpus misticum"; sia l'uno che l'altro, diceva Barth, sono lo stesso corpo di Cristo, e non due o tre. Dialogo ecumenico aperto!
L'unità delle chiese nell'unica Chiesa, Cristo la lega all'ascolto e alla pratica del suo Vangelo, divina Parola che fa l'unità. Ma anche la vitalità delle singole chiese dipende dal vivere la Parola. Dio ed il fratello sono unico amore, come i vangeli insegnano.
il don
 

domenica 19 maggio 2013

novità - armonia - missione

Una chiesa polifonica : la novità come apertura, l'armonia come superamento del conflitto e dell'indifferenza, la missione come dono di testimonianza. All'incontro mondiale di Roma delle associazioni, dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali con Papa Francesco, la chiesa si riscopre ancora capace di fare storia : è l'azione dello Spirito Santo che continua l'opera dell'umanità nuova iniziata dal Figlio. L'ascolto delle esperienze di incontro con Cristo nella comunità cristiana e delle testimonianze di crescita nella fede e nell'amore rappresentano senza dubbio il momento alto della comunicazione. Il racconto possiede un fascino che non si ferma all'ascolto, ma spinge all'azione,  alla riforma per eccellenza, che è quella di ricominciare ad amare e a vivere il vangelo.
La novità come apertura allo Spirito, superando la tentazione della chiusura nelle sicurezze già ben  collaudate : uscire dall'Egitto dei cocomeri e delle cipolle verso un deserto che però diverrà giardino!
L'armonia che supera la paralisi dei conflitti e dei linguaggi è ancora opera dello Spirito, non del protagonismo umano :  è la differenza tra Babele e Gerusalemme.
La missione : ciò che si è ricevuto, se non lo si dona, ammuffisce e si perde, piuttosto che portare frutti di pace e di gioia.
L'apertura è un invito costante nella chiesa degli ultimi decenni : da papa Roncalli a papa Giovanni Paolo II,a papa Francesco. Dal lasciare entrare aria pulita e fresca, sino all'uscir fuori. Purtroppo, nel frattempo, l'aria viziata non è soltanto nella dimora; l'inquinamento ha reso l'aria del pianeta terra poco salutare e respirabile. La smania di un progresso senza limiti, di una produttività a qualsiasi costo, ci costringerà a sloggiare su un altro pianeta, bene che ci vada! Eppure, forse ancora dall'Europa ripartirà la conquista, ma questa volta di un interiore; e dopo aver fatto esperienza di guerre di religione e di colonialismo, potrà ora promuovere dialogo e incontri; la sua missione potrà essere ancor più grande di quella assolta dall'Impero Romano, ora senza legioni, con la forza ritrovata di una spiritualità e di una cultura polifonica.  il don

giovedì 16 maggio 2013

giorno per giorno

Dalla biblioteca ho tirato fuori "appunti di una mamma", di Anna Maria Zanzucchi : un libro del 1980 e ne ho fatto una lettura spirituale, rimanendo sempre più sorpreso e meravigliato dell'inconfondibile legame tra umano e divino, tra la libertà ed il vangelo. 
Un confronto continuo, quotidiano, tra genitori e figli : un "imparare ad ascoltarsi, a conoscersi, a guardare a fondo nelle cose, a perdonare" (p. 46); una vita di famiglia, fatta di libertà e condivisione (vedere insieme il da farsi, ed un confrontarsi sul già fatto) di idee, di programmi, di esperienze. E' soprattutto lo scambio di esperienze che aiuta la crescita comune e assicura quel sentirsi uniti, che invece il giudizio rompe. Ma anche lo scambio di idee su un libro, su un fatto, invece di fermarsi allo scontro di vedute, può trasformarsi in arricchimento reciproco. Senza la paura di mettere in piazza la vita personale e di famiglia, anzi con il coraggio e la gioia di condividere persino con estranei la vita del vangelo, il racconto fa chiaramente percepire cosa sia il condividere la vita dell'altro e degli altri.
In effetti, quel che giorno per giorno inasprisce la solitudine di ognuno è il vivere per se stessi, mettere dei paletti per conservare degli attaccamenti alle cose, alle persone, all'io. Al contrario, l'unità nasce quando si è disposti, giorno per giorno, a condividere idee, programmi, esperienze. 
Il finale degli "appunti di una mamma", lo lascio dire ad Anna Maria Zanzucchi : "La giornata è finita. Sono già tutti a letto. (...)Se ci penso bene, quasi sempre in questo periodo, per una cosa o per l'altra, alla fine della giornata mi ritrovo con un dolore, con un'ansia, con un qualcosa che mi fa male dentro. E' la malattia di uno, è la difficoltà di un'altro, è una situazione intricata... Ma perchè -mi viene da chiedere- perchè sempre qualcosa che m'addolora? (...)  Capisco...che c'è una via d'uscita, sempre nuova, sempre da riscoprire. E' dire a Gesù con tutto il cuore: "Accetto questa sofferenza, questa cosa che non vorrei". La accetto e la unisco al suo dolore.".
C'è una grazia che può ribaltare quella che chiamiamo disgrazia : il saper ricominciare, il dimenticare per non lasciarsi dominare dalla disgrazia passata, il rimettere in gioco la relazione senza la paura che l'altro faccia ancora il gioco sporco. La morte dell'io è soltanto una sospensione del dono della vita, ma la vita la vince sulla morte ogni volta che l'io ricomincia a donare.  il don

mercoledì 15 maggio 2013

invisibile luce

Ho ripescato dalla biblioteca un racconto di esperienze del 1977 "storia della mia fede" (sottotitolo), edito da Città Nuova. L'autrice, Suzanne-Marie Durand narra della luce che si è irradiata nella sua vita :
Attraverso la famiglia.
Attraverso i santi. 
Attraverso il lavoro apostolico.
Attraverso il silenzio.
Anzitutto una famiglia sana e piena di rispetto per il diverso: "il dio di mio padre e il dio di mia madre non avevano lo stesso volto" (p.22).  La morte improvvisa della madre, che lascia alla famiglia il suo viatico"sia fatta la volontà di Dio", vede irrompere una sofferenza che è grazia, non  disgrazia.
La scoperta delle vite dei santi, che nei loro scritti spiegano la divina Parola : le loro esperienze di preghiera e fraternità umana costituiscono incitamento alla realizzazione del progetto di Dio.
In terzo luogo il lavoro apostolico : in una Corsica, rimasta senza preti, dove "le antiche processioni e devozioni non bastano più a colmare l'ignoranza religiosa" (p.88), "mi resi conto che nessun metodo poteva supplire all'intelligenza e alla ricerca personali" (p.91). A volte nei conventi e nelle associazioni religiose si crea una sorta di "sclerosi in una cosa, in un sistema, in un ingranaggio, per cui i metodi e le tecniche divengono la preoccupazione dominante" (p.107); succede allora che proprio il ritorno al Vangelo suscita ardore, sapienza, generosità.
Infine, nel tanto lavoro apostolico si riscopre la forza della preghiera e della Parola : l'una e l'altra comunicano quando c'è il silenzio. Grazie ai periodi di ritiro e di silenzio, la fede e l'amore crescono e si approfondiscono!
Suzanne-Marie Durand apre e chiude la sua narrazione con questa preghiera :
Lungo i tuoi sentieri
Guidaci là dove noi tendiamo:
Alla luce che tu abiti.
Il racconto di vita è sempre racconto della fede e dell'amore.  il don

martedì 14 maggio 2013

ritorno

"Cerco un paese innocente" è un racconto di Pasquale Lubrano del 1982 : "quando i giovani tornano alla terra" (sottotitolo del libro) è il racconto di un'esperienza che sul nascere appare come un ritorno al passato, quando in realtà è piuttosto un progetto che guarda al futuro, sapendo prevedere. Senza lasciarsi condizionare dalle ostilità, colui che crede nel valore del lavoro e dell'ambiente, da conservare con "spirito francescano", sa trovare il modo più giusto di lavorare la terra, traendone sostentamento, ma nel rispetto delle persone e della loro salute. 
Il racconto di esperienze suscita sempre un ascolto attento, sopratutto quando le motivazioni riescono a spiegare i fatti : lo spirito umano vuol conoscere l'interno, e non s'accontenta dell'esterno se non quando s'è lasciato defraudare dello spirito. Ma la capacità umana di prevedere e di progettare (questa capacità dello spirito che il padre Teilhard de Chardin diceva collegata alla libertà e all'elezione, piuttosto che alla selezione deterministica) nasce dall'interiorità dell'essere umano e da Qualcun'altro che ve l'ha posta dentro come un dono prezioso, racchiuso in uno scrigno.  
Un'esperienza di lavoro, di ritorno alla terra, può ispirare persino una poesia :
"La terra contadina,
dove le mani 
si consumano e la vita
lievita gemendo
mentre si torce il panno
di sudore
e si respirano le sbriciolate zolle,
raccogliendo 
il frutto del seme
sotterrato.
.......
Amo questa terra 
calpestata
e lascio in essa
cadere
la mia vita,
e queste lande
di provincia
si gonfiano di vento
di sole
della mia forza d'uomo.
 Il ritorno alla terra è un ritrovare se stessi e la relazione con l'altro : come il seme che marcisce e dà vita alla spiga, mostra che il fine di ogni morte è la vita, non la fine.  il don