sabato 17 agosto 2013

la cultura dell'incontro

La cultura dell'incontro, come d'altronde la cultura del dare, chiede un apprendistato, una scuola di vita. Non può far conto dell'improvvisazione, dal momento che il dare non è un fenomeno  istintivo. Lacan ci ha mostrato attraverso l'analisi o la psicoanalisi la differenza tra il bisogno e il desiderio. Il bisogno possiamo ritenerlo un fenomeno biologico ; il desiderio nasce come fenomeno culturale, vale a dire che al suo formarsi giocano un ruolo essenziale non solo l'affetto, l'intelletto e la memoria, ma anche l'inconscio nel quale si può scorgere una certa stratificazione di irrazionale oltre che di ragione, di oblio oltre che di memoria, di odio oltre che di amore. Si può capire allora perchè nel confronto dell'io con l'altro non si giunga subito all'incontro, ma si passi spesso attraverso il conflitto, la lotta, la rivendicazione di un possesso. Ma, come nella cultura del dare, si fa esperienza che a dare non si perde nulla (anzi colui che dona lancia il messaggio: io valgo più del mio dono; e colui che riceve il dono, per non rimanere servo di colui che ha donato, non può non restituire in modo adeguato), così nella cultura dell'incontro si fa esperienza che l'andare dell'io verso l'altro non comporta nessuna resa e nessuna diserzione rispetto al proprio Sè, che anzi l'altro si mostra essenziale alla crescita dell' io. 
E. Mounier, parlando della persona, ha mostrato che la sua costruzione chiede almeno tre movimenti : l'en soi (l'interiorità dell'io), le pour soi (la relazione all'altro come espressione esteriore), le sur soi (il riconoscimento di uno più grande di sè). La costruzione dell'io chiede di saper ricevere un dono che è più grande dell'io; e di ritenere costitutiva la relazione Io - Tu , direbbe M. Buber. L'altro è ciò che manca all'io!
La cultura dell'incontro disegna un percorso a tappe : l'esodo dell'io, l'attesa dell'altro, il passaggio veloce dall'attaccamento al distacco, perchè il desiderio possa spingersi oltre il possesso.   il don

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