mercoledì 16 dicembre 2015

La sorpresa

Sull'ultimo numero della rivista  Sophia (n.2-2015), uno scrittore riportava queste righe di Flannery O'Connor che si trovano nel libro Nel territorio del diavolo, sul mistero di scrivere : "Non molto tempo fa, un'insegnante mi raccontava che i suoi migliori studenti ritenevano non fosse più necessario scrivere nulla. Secondo loro, oggi tutto si può fare con le cifre, e se non si può fare con le cifre, non vale la pena farlo. Direi che è naturale pensarla così per una generazione che è stata indotta a credere che imparare serva ad eliminare il mistero. Per costoro la narrativa può essere davvero inquietante, perché lo scrittore di narrativa si interessa del mistero che viene vissuto. Si interessa del mistero ultimo, quale noi lo troviamo incarnato nel mondo concreto dell'esperienza sensoriale". (tr. it., p.84).
In poche righe, la scrittrice è riuscita a mettere insieme tre esperienze, che si potrebbero esprimere in tre parole: sorpresa, fascino, mistero. Solo l'ultima di queste tre parole viene espressa in maniera esplicita, ma per dire che il pensare scientifico e tecnologico ha spazzato via il mistero. Nel pensare della generazione giovane è prevalente il paradigma del calcolo, l'algoritmo. Le altre due parole, fascino e sorpresa, emergono naturalmente dal mistero: vengo sorpreso dall'esperienza di interesse e d'attrazione che il fascino suscita.  Coloro che avevano pensato il mondo e la vita in cifre, vengono ora sorpresi da un mistero che, senza un punto d'appoggio sorge e affascina colui che non è più soddisfatto dal calcolo e dai conti.  il don

lunedì 14 dicembre 2015

L'avventura

L'avventura accetta il rischio: l'una e l'altro escludono il calcolo nel desiderio che li guida. Il desiderio ha tanto interesse quanto il bisogno!
"Una sola cosa è in gioco : ciò che m'interessa." :  diceva Klaus Hemmerle, il vescovo-teologo di Aquisgrana. M'attrae e m'innamora il più bello, il più vero, il più bene. Ciò che non muore, l'eterno!
Perché la sicurezza finisce con l'interessare meno dell'avventura? In effetti, la sicurezza, a lungo andare, stanca o suscita noia. Per vincere la noia, spesso s'inizia
una guerra! Ma il tempo di pace non lascia spazio alla noia, se ci s'impegna nella crescita, nello sviluppo della relazione umana nel tempo.
L'avventura non esclude ma comporta sempre un processo di consapevolezza : interiorizzare l'esteriorità ed esteriorizzare l'interiorità. Il desiderio, che in un primo tempo ha sostenuto inconsciamente l'avventura, ora attende, in coscienza, che  l'improbabile nell'evento si realizzi. Mettere in gioco la vita, ossia esser pronto a donarla, significa affrontare la morte, per vincerla. Nella morte, la vita non è tolta ma trasformata. Certo non nella sicurezza, ma nel rischio e nell'avventura. Mettere la morte e la vita nelle mani di "il più grande": così investe l'avventura!  il don

lunedì 7 dicembre 2015

La sfida. 2.

Hai ricevuto un dono? Ricambialo!
Hai ricevuto un aiuto? Restituisci!
Hai ricevuto qualcosa di materiale?
Puoi dare di più, se restituisci qualcosa di spirituale!
Hai ricevuto il perdono? Dona anche tu il perdono.
Non saremo più in due; il terzo sarà tra noi!
Vuoi realizzare il disegno di Dio sulla tua vita?
Aiuta il tuo prossimo a realizzare il disegno di Dio
sulla sua vita.
La sfida è  vincere indifferenza e diffidenza per ciò che
si è ricevuto: la reciprocità del dono attira la presenza del
Dio Spirito. E' sempre il terzo che riempie ogni abbandono!
il don

giovedì 3 dicembre 2015

La sfida

Dopo aver ascoltato il discorso di papa Francesco al 5° Convegno Ecclesiale di Firenze, si sente il desiderio di non ascoltare altro, non per disprezzo di alcuno, ma proprio perché in quel discorso c'è tutto quello che si deve meditare e progettare per uscire dalle "sicurezze che danno il potere e l'immagine" (tentazione pelagiana l'ha
chiamata il Papa) e per abbandonare le parole vuote che non dicono nulla (la tentazione dello spiritualismo gnostico), e per immergersi nella storia dei peccatori, dei poveri, degli ultimi, con il "giubilo di Francesco d'Assisi" e "l'umorismo di Filippo Neri" (cito ancora dal discorso del Papa).
Riprendere in mano l'Evangeli gaudium   per fare esercizio di Vangelo vissuto: così s'impara lo stile sinodale. Diciamo la verità: i sinodi diocesani che si sono tenuti in Italia, negli ultimi vent'anni, sono stati perlopiù un qualcosa di formale (per dire che si è fatto il sinodo, inviando poi a Roma il documento finale), hanno trovato poco coinvolgimento nel popolo (a Milano, quando gli Ariani, forti dell'appoggio dell'imperatore, minacciavano l'unità e la verità della Chiesa, il popolo acclamò Ambrogio vescovo). Non è ancora il "popolo di Dio" che potrà salvare la Chiesa italiana dalla tentazione pelagiana e gnostica?
La sfida sarà intorno al Vangelo vissuto, "con umiltà, con disinteresse, con beatitudine"; tutto il resto è chiacchiera!  il don

venerdì 27 novembre 2015

A Natale...

Dio, a Natale, è morto : l'Eterno si è fatto tempo che passa, da Dio si è fatto uomo;
da onnipotente si è fatto impotente; da Verità divina si è mescolato alla menzogna
umana; da Vita che è, si è fatto morte!
Togliamo di mezzo tutto il dolciastro e facciamo di questo Natale una festa
all'Amore, che viene per "dare la vita". E impariamo dalla preghiera la grazia di
"dare la vita" : questa  non è opera nostra. Neppure un genio saprebbe cavarsela: per "dare la vita" non si può improvvisare. Un prete amico mi ha inviato on-line una
risposta di madre Teresa al card. Comastri : per "dare la vita" ai più poveri, occorrono molte ore di preghiera al giorno, perché da Dio viene la forza di amare, la luce per amare, la gioia di amare.  Senza l'amore di Dio non si è capaci di amare! Si è fatto uomo perché ci riconciliassimo con l'amore.
Abbiamo esagerato col lavoro, col divertimento, con lo studio e la scienza, con la
politica e l'economia, con la ricerca di noi stessi nelle soddisfazioni, ...
Abbiamo esagerato e abbiamo fallito...E' ora di ricominciare : tutti in palestra per fare
esercizi di preghiera, esperienze d'amore.  Potrebbe essere un vero Natale. il don

venerdì 20 novembre 2015

Rischio

Il rischio di donare.
Il rischio di camminare.
Il rischio di ricominciare.
Il rischio di perdonare.
Il rischio di tornare.
Il rischio di andare.
Il rischio di amare.
Il rischio di parlare.
Il rischio di dialogare.
Il rischio di testimoniare.
Il rischio esclude il calcolo, ma non che l'improbabile si realizzi!
            il don

giovedì 19 novembre 2015

Comunità aperta

S'impara molto più dalla storia che dalla sociologia: è la distanza che si prende di fronte alla pressione culturale che consente la maggiore consapevolezza e presa di coscienza di una situazione problematica.
La differenza tra la comunità e il gruppo: mentre nella prima si vivono relazioni
inclusive (l'apertura verso il diverso si compie senza paura), il gruppo tende a chiudersi, ossia a divenire una specie di club, quando non è capace di confronto e
di incontro. Fare comunità è il "di più" rispetto al  fare gruppo: aprire piuttosto che chiudere al diverso; uscire verso l'altro per trovare una convergenza tra il suo sogno
ed il mio sogno.
Gruppi chiusi formano persone chiuse, con pregiudizi verso il diverso.      Comunità aperte sanno valorizzare la mediazione culturale, non per favorire edonismo e narcisismo, ma per aiutare la crescita dell'altro, con la stessa passione con la quale si persegue la crescita di sé.
In una realtà moderna che ha fatto del dubbio, più che della certezza, un metodo di ricerca e di stile di vita, problematizzare non è soltanto esercizio dell'io, è ricerca della
relazione con l'altro, è esercizio di dialogo (esercizio impegnativo, molto più del colloquio, che può anche ridursi a monologo tra due io).
Si potrebbe dire, con papa Francesco, che l'esercizio della misericordia richiede molta più fiducia e comprensione dell'esercizio della giustizia: la "chiesa catara" pretende di fare una "comunità di perfetti" escludendo i peccatori; la chiesa cattolica include tutti, peccatori e giusti, al suo interno, e chiede agli uni e agli altri di misurarsi sull'amore di
Cristo. Il Vangelo di Gesù Cristo è l' unità di misura della comunità.   E' l'esercizio del Vangelo a creare la comunità aperta.   il  don

sabato 14 novembre 2015

Coscienza

Il momento più interessante dell'incontro di ieri sera, nella biblioteca dei Padri Gesuiti
a Grottaglie, sul tema "Coscienza cristiana e coscienza moderna",  è stato sicuramente il finale quando si è aperto un dialogo aperto e appassionato sulla formazione.


Nel finale, stando tutti in piedi, ognuno cercava di dire cosa si dovrebbe fare di più per
far uscire la famiglia dalle sue chiusure nel privato, e le generazioni adulte e giovani



dalla loro reciproca indifferenza e diffidenza.













Mettere insieme "apprendre par raison" e "apprendre par coeur" è un'urgenza esistenziale, prima ancora che formativa. Si può insegnare soltanto se si continua a
imparare, ossia a fare esperienza dell'altro, uscendo dal proprio mondo di sogni, per
incontrare, conoscere e aiutare la realizzazione del sogno dell'altro. La coscienza si
sviluppa e si approfondisce nella misura in cui passa dalla figura medioevale dell'Identico alla figura moderna del Diverso (centrata non sull'io, ma sull'altro), ossia
da un monoteismo monolitico all'Uno - Trinità di Dio (è il primo mistero della fede cristiana l'essere uno di Dio in tre Persone) e antropologicamente la valorizzazione della diversità nell'unità della comunità.  il don

venerdì 13 novembre 2015

Inesistenza

"Inesistenza" è un breve testo di Chiara Lubich, del 18 giugno 1998. In sintesi dice: "inesistenza voluta della nostra volontà, per essere volontà di Dio e vita dell'altro in noi". Non essere per dare modo all'altro di essere: questo è il modo d'essere dell'io, nella relazione al tu.

"Santità di popolo" è un altro testo, sempre di Chiara, del 27 agosto 1998. E dice in sintesi: "Il Signore non ci domanda una santità individuale, ma comunitaria, dove ognuno deve aiutare il suo prossimo a farsi santo".

Una mia sintesi dei due testi, in questa preghiera - parola a Dio: "Quando mi presenterò alla tua porta, ti dirò soltanto: ho creduto alla tua misericordia. Ed
è per questo che non ho fatto con nessuno la parte del diavolo, pur riuscendo 
ad aiutare soltanto qualcuno.    Ho continuato a credere alla tua misericordia,
che cancella e dimentica non solo i miei peccati,    ma anche quelli di altri che
ho aiutato ad uscire dal tunnel verso la luce.





E' la tua misericordia che mi ha dato la forza di ricominciare sempre, a non esistere
 per esistere, e ad aiutare qualche prossimo a incamminarsi su quella meravigliosa strada che è il "dare la vita".   il don

sabato 7 novembre 2015

Il dono

Ti ringrazio per il dono :
ti ringrazio non solo per il bene
ti ringrazio per quando mi fai male;
ti ringrazio per quando fai saltare i miei progetti
ti ringrazio perché proprio allora Dio realizza il suo su di noi;
ti ringrazio per quando mi aiuti a morire,
proprio allora mi doni di vivere;
ti ringrazio, e non riesco a dire altro;
ma vorrei dire soltanto : prego
e amo!

Nessuno vuol essere Gesù.
Chi vuol essere Erode; e chi, Pilato; chi, il centurione romano; chi, il buon ladrone;
chi, Zaccheo; chi, la samaritana; chi, Pietro; e chi, Paolo.
Ma nessuno vuol essere Gesù.    Eppure è Lui il dono più grande!
       il don

martedì 3 novembre 2015

Lavoro

La costituzione italiana ha posto il lavoro a fondamento della vita della repubblica.
Garantirlo a tutti è quindi un obbligo costituzionale.
Il sindacato, che ha una funzione importantissima per la vita sociale e della polis,
potrebbe lottare di più perché sia assicurato ad ogni famiglia.
Lo stato potrebbe combattere con più efficacia evasione fiscale e corruzione ( con 70 miliardi l'anno di evasione fiscale si potrebbe far diminuire il debito pubblico ...) : ci vorrebbe un Cantone per ogni regione, oltre al coordinamento nazionale, come avviene per l'anti-mafia); la speculazione finanziaria potrebbe essere sconfitta, rimettendo il lavoro al centro della produttività del paese.
C'è qualche segnale di saggezza nel mondo giovanile ( che ritorna a coltivare passioni : apicultura, produzioni agricole biologiche, ...), che guarda sia alla qualità della vita sia al lavoro come vocazione e passione.
Ciò che diceva Peguy dell'artigianato (un'azione che sa mettere insieme lavoro e arte) non riguardava soltanto il passato ma anche l'avvenire : una profezia s'avvera!
                 il don

domenica 1 novembre 2015

Segno e senso

Un segno sulla neve : può essere la traccia di una volpe, di un lupo...Il cacciatore o l'animalista sa dare il senso, ossia identificare a chi appartiene la traccia.

Introducendo il Memorial  di Pierre Favre, Certeau pone il segno nell'evento che passa, ed il senso nella "continuità della volontà di Dio che rimane". Scrive ancora Certeau che Favre utilizzava il Memorial non come un diario, ma come "strumento di lavoro", proprio per cogliere lo svolgimento della volontà di Dio nella propria vita e nella storia del tempo . Questa lucidità nel cogliere la volontà di Dio derivava da una preparazione trentennale nella pratica degli Esercizi : Ignazio riconosceva in Pierre Favre colui che meglio di tutti sapeva fare discernimento ed elezione, per aver vissuto dapprima i tre gradi di umiltà.




Il segno che sono vivo o morto può essere  il dono o il regalo. Ma il  senso  di essere vivo o morto lo trovo nel motivo che mi spinge a "perdere la vita" per ritrovarla.   Il segno appartiene    al mondo dell'apparenza, che   se staccato dal senso,     conduce all'ipocrisia.   Fare la volontà di Dio richiede più ricezione che iniziativa.
Caterina da Genova (Fieschi Adorno) diceva che attraverso la morte dell'amor proprio si può essere raggiunti dall'amor puro.
Chiara Lubich dirà che  "il meno perfetto in unità è preferibile al più perfetto in disunità" : è sempre attraverso la morte dell'io che Dio viene allo scoperto, ma si nasconde quando gli "io" sono troppo appariscenti.  il don

giovedì 29 ottobre 2015

Prenditi tempo

Prenditi tempo per lavorare
Prenditi tempo per ascoltare
Prenditi tempo per donare
Prenditi tempo per pregare
Prenditi tempo per imparare
Prenditi tempo per meditare
Prenditi tempo per riposare
Prenditi tempo per cucinare
Prenditi tempo per comunicare
Prenditi tempo per amare .
Prenditi tempo per soffrire
Prenditi tempo per saper morire.



Non è sprecato  il tempo   dedicato a vivere con perfezione il momento presente!

il don

sabato 24 ottobre 2015

Famiglia

Il Sinodo dei Vescovi ha fatto un giusto discernimento sulla famiglia oggi. E' chiaro che la misericordia guarisce le ferite inferte da Satana e da coloro che sono divenuti suoi accoliti; guarisce meglio che il giudizio, che rompe sempre l'unità interna della persona e l'unità con l'altro.




Nella Chiesa, però, opera un criterio diverso da quello che vige nel mondo, nel quale il modello  democratico s'accontenta di una dialettica tra maggioranza e minoranza. Non così nella Chiesa, la quale vede nel modello dell'unanimità lo Spirito Santo all'opera.
La Chiesa non s'accontenta di una maggioranza che decide; puntare all'unanimità vuol dire lasciarsi guidare dallo Spirito Santo : il Suo giudizio deve prevalere sul giudizio umano, fosse pure di una maggioranza. L'unanimità la si potrebbe scorgere  in quel discernimento che assegna alla misericordia il giudizio ultimo.

La famiglia, come Dio l'ha voluta, la si potrà salvare soltanto se si chiederà ad essa un di  più d'amore,      ossia un uscir fuori,           coltivando relazioni con le altre famiglie, ripristinando tra le famiglie l'aiuto reciproco.    "Grazie - Scusa - Prego"   è un buon criterio quotidiano per ricominciare le relazioni sia all'interno della famiglia, sia al di fuori.   il don

giovedì 22 ottobre 2015

Esercizi

Esercizi d'amore ed esercizi dello spirito.
Due esperienze tratte da due testi diversi.
 La prima esperienza la si trova nel testo autobiografico "Consigli e ricordi" di Teresa di Lisieux" : "Quando inizi un lavoro, occorre sempre farlo con distacco, lasciare che le tue sorelle ti diano dei consigli, che eventualmente lo ritocchino in tua assenza e che ti facciano perdere con ciò diverse ore di lavoro intenso, perché il loro gusto non è uguale al tuo. E ancora, se il tuo lavoro così ritoccato perdesse il suo valore, è necessario che tu ne gioisca, perché non si deve lavorare tanto con l'idea di realizzare un lavoro perfetto, ma per fare la volontà di Dio".
La seconda esperienza è tratta dal testo autobiografico "Racconto di un pellegrino" di Ignazio di Loyola (il racconto è in terza persona) : "Tornato la prima volta dalle Fiandre, cominciò a dedicarsi, più del solito, a conversazioni spirituali e, quasi contemporaneamente, dava gli Esercizi a tre, cioè a Peralta, al baccelliere Castro che stava alla Sorbona, e a un basco di nome Amador, che si ospitava a Santa Barbara. (n. 77). Il baccelliere Castro, in seguito, tornò in Spagna, e predicò a Burgos per un certo periodo, poi si fece certosino a Valenza" (n. 78).
In ambedue le esperienze si sottolinea l'importanza del distacco dal proprio io:   fare il proprio lavoro per volontà di Dio, ma con tutto l'impegno e la passione. Nella prima esperienza non si dice che il lavoro non dev'essere ben fatto, ma che bisogna lasciare un certo spazio (quasi un'interferenza) ad altri, perché diano il loro contributo; ciò può rendere quel lavoro più perfetto. Nella seconda esperienza si sottolinea che la ricerca della volontà di Dio non è a proprio tornaconto (portare acqua al proprio mulino), ma alla realizzazione del disegno divino (il baccelliere Castro non entra a far parte dei compagni di Ignazio, ma dei Certosini).
L'esercizio d'amore è  esercizio dello spirito: è nella meditazione quotidiana che si riceve da Dio la luce per rendere ogni lavoro un dono d'amore, e superare quella tentazione narcisista che ricerca l'onore del proprio io ed il possesso sull'altro.  il don

giovedì 15 ottobre 2015

Meditazione

La meditazione quotidiana, nel cristianesimo, ha una lunga storia. Risale ai padri del deserto, e successivamente al monachesimo benedettino e agli ordini religiosi. Si è diffusa anche tra i laici, in epoche diverse.
Nell'ultima parte dell'autobiografia di Teresa di Lisieux, titolata "Consigli e ricordi", ho colto questa sua esperienza, che è di grande aiuto a vivere l'amore reciproco.
E' la sorella di Teresa che racconta : "Tenevo molto a fare il mio ritiro mensile tranquillamente ed era un vero problema scegliere una domenica in cui non ci fosse qualche inconveniente... Suor Teresa del Bambino  Gesù mi disse : "Tu vai dunque a fare il ritiro per avere più tempo libero, per tua soddisfazione? Io ci vado per fedeltà, per dare di più al buon Dio...
Se in quel giorno ho molto da scrivere, per avere il cuore libero, mi sento nella disposizione di spirito di essere disturbata e mi dico : "Quest'ora la dedico al disturbo, lo voglio, ci conto, e se resto tranquilla ringrazierò Dio come di una grazia sulla quale non contavo". Così sono sempre felice".
Ha scritto Jean Guitton, nel libro dedicato al dottore della "piccola via" e "dell'amore", che "Il genio di Teresa di Lisieux" consiste in "uno sforzo senza sforzo", e l'ascesi è presa dentro la grazia mistica,    superando così quel     dualismo "bisbetico"    che i giansenisti avevano tra l'agire umano e l'agire divino.
Hanno avuto ragione tanti giovani d'Europa e d'Occidente ad      andare in India    per imparare la meditazione;     è per questa infatti che si riceve l'unità interiore.            Ma avrebbero e potrebbero ancora trovarla in Europa, se ci fosse un cristiano (prete o laico che sia) ad iniziare gratuitamente a questa pratica. Meditare è ritrovare l'unità della propria vita.     il don

lunedì 12 ottobre 2015

Bisogni e valori

Ha scritto una psicoterapeuta, Paola Magna, in un articolo titolato "Corresponsabilità :
barriere inevitabili ed evitabili"    (rivista Tre Dimensioni , Anno XII, 3-2015)    che occorre distinguere tra bisogni e valori. Si parla di barriere intra-psichiche!

"I bisogni sono forze ego-centriche (non egoistiche) : la collaborazione deve essere gratificante per chi la compie.
I valori sono forze etero-centrate che incitano ad andare al di là della legittima gratificazione personale per tentare ed osare qualcosa che è valido e degno in sé, al di là della logica del ritorno" (p. 298).

Da qui la domanda importante, che riveste il significato di esaminare la coscienza : "Il ruolo che la comunità mi ha dato serve per dare a me un'immagine gratificante o per dare il mio contributo alla crescita comune?".

Altra domanda : la compartecipazione è regolata dal valore da perseguire o dal rispetto di favori reciproci?
False aspettative  e attese reciproche    creano       un clima di scambio commerciale, e questo clima elimina l'obiettivo valoriale che ci si era proposti di perseguire.
Più grande è il valore, più è richiesto di dare a fondo perduto; ma è proprio da una perdita che si riceve un grande guadagno.    il don

sabato 10 ottobre 2015

A proposito di esperienza !

Fare esperienza spirituale, e di Vangelo, e in più comunicarla, è cosa ottima. Occorre però stare attenti a non incorrere nella spettacolarizzazione dell'esperienza!

Nell'autobiografia di Teresa di Lisieux, il "dottore dell'amore", e precisamente in "Consigli e ricordi", si trova questa sua risposta alla sorella che si diceva preoccupata di dover sempre dare l'esempio alle novizie : "Questa è ricerca di se stessi, falso zelo e illusione. Si racconta che un vescovo, desiderando conoscere un santo che godeva ottima reputazione , andò a trovarlo accompagnato dai grandi del suo seguito. Il santo, vedendo arrivare da lontano il prelato con la sua corte, ebbe un moto di vanità; e per questo volendo reagire ed essendosi accorto che dei bambini giocavano all'altalena su un tronco d'albero, ne fece scendere immediatamente uno e si mise al suo posto.   Il vescovo        lo considerò un insensato           e se ne ripartì senza procedere oltre in accertamenti".

L'intenzione vale sempre molto più che l'azione, che potrebbe nascondere un'apparenza menzognera.        Ignazio di Loyola lo dice nella    seconda settimana degli "Esercizi spirituali",    quando si tratta di fare "elezione" ("eligir") :      il terzo grado di umiltà, necessario per fare una buona "scelta", è "preferire di essere stimato stupido e pazzo per Cristo, che per primo è stato ritenuto tale, piuttosto che prudente e saggio in questo mondo".

Comunicare un'esperienza spirituale non è mai mettere in mostra se stessi, ma sempre rinnegare se stessi e dare gloria a Dio soltanto!     il don

domenica 20 settembre 2015

Valorizzare l'altro!

Valorizzare l'altro nell'istante che passa: ed è così che l'incontro permane.

Lo scontro, che il cristianesimo (e lo si trova tutto nel Vangelo)  ha innescato tra il potere ed il servizio, dura nei secoli; ma Colui che ha detto "Io ho vinto il mondo", ha già annunziato di chi sarà la vittoria finale. Non l'ha detto soltanto per incoraggiare; ha svelato il segreto della vittoria : il potere può essere sconfitto soltanto da colui che pratica il servizio.

La colpa (il peccato) più grande è quella dell'identico, che esige l'adeguamento al Sè, e non lascia più spazio al diverso che è l'altro. I carrieristi si ritrovano tutti in quell'omologo : pensa solo a far carriera e non occuparti d'altro, nè del bene del popolo nè di quello delle singole persone. Omologati sull'identico sono anche coloro che aderiscono alla dea tangente o al dio denaro : pensano solo a far soldi, senza preoccuparsi di chi sta male e cerca qualcosa di diverso dal denaro.


Aprendo il Vangelo, trovi : un uomo ricco di Gerico, Zaccheo, deluso dal denaro utilizzato come strumento di potere, decide di valorizzare meglio il denaro ("dò metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto", ossia con gli interessi), perchè un "rabbi" (un maestro) l'ha valorizzato (Luca, 19). La persona viene prima di una cosa!   Ancora, al capitolo 4 del vangelo di Giovanni trovi una donna straniera (samaritana), non rassegnata alle vicende e alle delusioni della vita, capace ancora di ricerca, e che coltiva il desiderio di incontrare una sorgente che non sia la ripetizione dell'identico, perciò è pronta ad incontrare l'altro.

Colui che valorizza Zaccheo e la donna samaritana, ha esperienza non solo dell'Uno ma anche dell'Altro : Egli fa scuola mostrando il servizio e mettendo fuori gioco il potere. Solo un Dio poteva farlo; nessun uomo (e nessuna donna) sarebbe stato capace di tanto.   il don

mercoledì 16 settembre 2015

Europa cristiana !

L'accoglienza e la solidarietà costituiscono soltanto l'aspetto più esteriore della fraternità; e potremmo ritrovarle, senza difficoltà, anche nel mondo musulmano.
La caratteristica dell'occidente europeo è l'accoglienza della diversità. La modernità ha quasi costretto il cristianesimo ad approfondire l'Altro piuttosto che l'Identico. Così la teologia, dopo aver riflettuto per secoli sul Verbo Incarnato, si ritrova ad entrare più profondamente nel mistero della Trinità : le ipostasi (le divine persone) spiegano l'Uno molto meglio che non l'Identico. Ora si mostra più chiara non solo l'azione del Figlio, ma anche quella del Padre e dello Spirito Santo. 
Occorre diventare più consapevoli che le scoperte scientifiche, le rivoluzioni industriali e politiche, e tutti i valori nati nell'occidente, li ha resi possibili il cristianesimo. Senza la valorizzazione della libertà e della diversità, della ragione e del sentimento (tutto questo è maturato dentro la riflessione teologica e la vita ecclesiale), non sarebbe potuto avvenire nessun progresso nella filosofia e nella scienza, nella medicina e nell'economia.
Forse l'Europa si è lasciata deprimere dalle proprie esperienze negative : le tante guerre, gli stermini, l'esaltazione colonialista. Forse si è lasciata andare su un terreno troppo pragmatico, rinunziando troppo presto alla ricerca incessante, quella che non si stanca di rimettere insieme in ogni tempo teoria e pratica, intelletto e vita, scienza e arte.
Ora viene in rilievo che il Vangelo non è pienamente penetrato in questa vecchia Europa : e c'è ancora un apporto dello Spirito, insieme a quello del Padre e del Figlio, che dev'essere considerato.
Una diversità che reclama più unità; una unità che non intende sopprimere le diversità. Questa sfida che l'Europa deve sostenere non può vincerla senza un cristianesimo vissuto e consapevole. Sarà il suo marchio doc nel mondo.  il don

lunedì 7 settembre 2015

Prepariamoci !

"Il Convegno di Firenze dalla prospettiva dei Movimenti" : Patrizia Bertoncello ha intervistato alcuni responsabili di movimenti in Italia intorno alla preparazione al prossimo convegno ecclesiale di Firenze. (GEN'S, anno LXV, 3 Luglio - settembre 2015).
Paola Del Toso, membro dell'AGESCI e segretaria della CNAL, tra l'altro, si è così espressa : "Lo scautismo è prima di tutto un'espereinza vitale.  (...) lo scautismo cattolico mette a suo fondamento "l'assoluta capacità della persona a compiere il bene", di realizzare la felicità altrui  realizzando al contempo se stesso in modo conforme al disegno di Dio. (...)  Più che un "nuovo" umanesimo,c'è forse da riscoprire l'essenza più vera dell'umanesimo cristiano, che non può che stare nella libertà propria del cristiano (Gal. 5,1) e  nel suo esercizio responsabile. Un umanesimo che trova il suo modello in Gesù Cristo, nella sua storia e nella sua dimensione teologale" ( GEN'S , p. 98).

Il Convegno ecclesiale di Firenze sarà sicuramente un'occasione di confronto tra realtà diverse della chiesa italiana. Sarebbe bello se fosse anche un momento di incontro non passeggero tra diversità, anzi impegnasse persone ed associazioni in concreti progetti di vita evangelica a cominciare dall'accoglienza reciproca, nel superamento di pregiudizi verso l'altra persona, l'altro movimento o associazione, verso i lontani (con i vicini è più facile, quando son tutti omologati).

Allora prepariamoci, e una volta tenuto il Convegno, mettiamo in pratica ciò che abbiamo sperimentato e imparato.  il don

martedì 1 settembre 2015

Europa, ecco la tua ora!

Del colonialismo europeo in Africa qualcosa di buono è rimasto : ora tanti africani fuggono dalla guerra e dalla fame, e sperano di trovare in Europa pace e benessere.
Questo è il momento di mostrare che l'occidente europeo sa accogliere, sa valorizzare,
sa vivere, oltre che pensare, uguaglianza, libertà e fraternità. Non è questa l'ora di mostrare che "virtute e conoscenza" sono tra i primi obiettivi da raggiungere non solo
per le persone, ma anche per i popoli?
Questo è il momento per far dimenticare le guerre, le violenze, i tanti egoismi, e far rinascere, nel dono dell' accoglienza, la speranza di uno sviluppo per gli africani. Saranno essi stessi a trovare per l'Africa lo sviluppo culturale ed economico.

Questa è una grande opportunità per l'Europa : ritrovare il meglio di se stessa, uscendo
da quel pessimismo nichilista che da un po' di tempo sta tentando di distruggerla e di corromperla.    Fare gli Stati Uniti d'Europa sarà molto più difficile di quanto non fu fare gli Stati Uniti d'America. Da noi non potrà essere fattore di unificazione soltanto
l'interesse economico, né soltanto la forza militare e politica. Da noi si dovrà vincere
quel fardello che pesa sul Vecchio continente, quella stanchezza e quasi rassegnazione della vecchiaia che impediscono "il sogno". L'America non ha mai smesso "il sogno": la gioventù sogna sempre, nonostante tutto. Ma i sogni dei vecchi hanno qualcosa in più del sogno dei giovani:  sanno misurare quanto pesano i contrasti, ossia il debito e il credito, il dono ed il possesso, la felicità e la sofferenza, la vita e la morte, la libertà e la responsabilità.  Dove la bilancia pende di più? Lo sguardo del vecchio ed il suo sogno: sa vedere la novità meglio di un giovane. Per esempio la filosofia in Europa ha
quasi abbandonato quel razionalismo che le faceva considerare il sentimento, l'amore come roba di poveri romantici! Un altro esempio : la qualità del lavoro e la tutela del lavoratore; non è stata questa la grande conquista compiuta dal sindacato? E per l'ambiente : non sarà ancora l'Europa a trovare il modo per tenete insieme sviluppo industriale - tecnologico e salvaguardia del creato ?
 C'è ancora un'ora per te, Europa!
il don


martedì 18 agosto 2015

A proposito di umanesimo

Ho trovato molto interessante un articolo di Luigino Bruni sulla rivista di vita ecclesiale GEN'S (n. 3 luglio - settembre 2015 anno XLV): economia e teologia sono così ben intrecciate da sembrare  una cosa sola; ma alla fine rimane ad ognuna il compito di sviluppare sino in fondo  il proprio campo d'azione, essendo dono e presentando la forza travolgente del dono.
Riporto l'incipit dell'articolo, intitolato "La forza del dono vulnerabile" : "Il dono è
una cosa molto seria, ma nel nostro capitalismo speculativo, fondato su consumi e finanza è diventato quasi impossibile parlare "bene" oggi di dono, perché lo abbiamo messo in un angolo , ridotto a ben poca cosa, soprattutto nella sfera pubblica, civile, economica" (p. 104).
E dopo aver parlato della necessità di superare la cultura dell'immunità e delle caste, così conclude : "La nostra cultura del lavoro e delle imprese ha allora un grande bisogno di un nuovo umanesimo. La cultura del lavoro - non dimentichiamolo - è
fiorita dentro le abbazie, da secoli di ora et labora  - spirito e servizio delle mani, mani
alleate dello spirito, , che insieme nutrivano il lavoro. I primi "manager" di grandi organizzazioni si sono formati leggendo e copiando i codici di Cicerone e di Agostino" (p. 108). E sono  grate a quei copisti le nostre ricchissime biblioteche!
Economia e teologia non possono mai dimenticare quel detto latino : "Verba docent - Exempla trahunt". La testimonianza attrae e spinge alla sequela soprattutto quando mostra gratitudine e dona a "fondo perduto", senza neppure chiedere il conto. Speriamo davvero che il convegno ecclesiale di Firenze rappresenti per la chiesa in Italia l'inizio di un nuovo umanesimo!   il don

lunedì 10 agosto 2015

Cultura e fraternità

Se "la cultura cristiana è nel buio di una prova profonda", come affermava G.M. Zanghi, in un opuscolo del 2007, dal titolo Notte della cultura europea, la teologia, ma non solo essa, ha la sua parte di responsabilità.
Zanghi così coglieva la relazione tra teologia e cultura europea, dopo aver mostrato i risultati del nichilismo :
"La teologia è emarginata ed estenuata. Chiusa troppo spesso in circoli di esperti, fatica a farsi presente, fatica a ritrovare un autentico discorso di fede, che è sempre sintesi di umano e divino, è il Cristo vivente.
E la cultura cristiana, senza teologia, si secolarizza, nella difficoltà a trovare la sua anima, la sua forma, che è il mistero della Theanthropia, dell'Incarnazione.  Per difendersi, è tentata di arroccarsi su posizioni chiuse, più archeologia che creazione - memoria, ma senza l'impeto della Speranza. Oppure si apre, ma in una partecipazione che, priva della forza purificatrice e illuminante della Carità, si lascia penetrare dal negativo della cultura "laica" dominante senza riuscire a superarlo cristianamente" (in Notte della cultura europea, p. 48).
In ogni tempo il cristianesimo da dove ricomincia? Insieme : da Dio e dall'uomo; dal Dio Uno e trinità di persone, e dall'Incarnazione del Dio fatto uomo che dona lo Spirito Santo. Se nella chiesa si ricomincia a vivere la carità, non può certo mancare il dono dello Spirito. Se puntiamo troppo sul nostro protagonismo di uomini, finiamo col parlare più d'impegno che di dono, più di volontariato che di fraternità (l'agape è lo specifico cristiano), più di idee che di vita vissuta, più di storia che d'eternità.  il don

venerdì 7 agosto 2015

un cammino vero

G. Fontana, nel numero 7|2015 di Limes (la rivista italiana di Geopolitica), ha  analizzato la situazione greca, facendo riferimento al campionato di calcio europeo del 2004, vinto dalla Grecia, grazie ad un allenatore tedesco, che aveva puntato tutto sulla disciplina di squadra e sul sistema difensivo. Tra l'altro, scrive Fontana :
"C'è uno spassoso sketch di Monty Pithon in cui la Grecia vince un Campionato del mondo di calcio giocato dai filosofi. Dopo l'eliminazione in semifinale dell'Inghilterra del "celebre trio di centrocampo Bentham-Locke-Hobbes, la finale è tra la Grecia di Socrate-Platone-Aristotele e la Germania di Kant-Hegel e Nietzsche. Durante l'intera partita non succede assolutamente nulla, ma all'ultimo minuto Socrate regala alla Grecia il goal vittoria, 1-0 e coppa del mondo ai greci" ( p. 98 ).
Ora, mi pare di poter dire che Tsipras ha saputo avventurarsi e fermarsi in tempo. Quantomeno ha mosso le acque stagnanti dell'Unione Europea : il parlamento di Strasburgo da anni mostra un'omologazione tra popolari e socialisti, sia politicamente sia economicamente. Tsipras ha permesso, tra l'altro, ad Italia e Francia di farsi più ardite di fronte ad una Germania appiattita sui propri interessi nazionali (sia i popolari sia i socialisti non guardano all'Europa ) e incapace di essere guida del Vecchio Continente, unicamente occupata a perseguire il proprio surplus economico. Grazie a Tsipras una svolta potrebbe aprirsi. Il premier Renzi, chiudendo il semestre di presidenza italiana, invitata i parlamentari europei a cementare i valori, perché ogni nazione non finisca per difendere soltanto il proprio interesse economico. 
I parlamentari europei dovrebbero lavorare anzitutto per costruire l'Europa, e non limitarsi  a perseguire gli interessi della propria nazione.
Il termine kalòn, in greco antico, significa bello ma anche valore : racchiude il senso estetico ed il senso economico; ed il valore non è soltanto l'utile, è la saggezza pratica  che sa risvegliare "virtute e conoscenza".
       il don

domenica 2 agosto 2015

Dire di sì !

"Laudato sii, mi Signore, per sora nostra morte corporale, alla quale niuno homo vivente pò scampare. 
Beati quelli che troverà nelle tue santissime voluntati".

Quando il giullare d'Assisi scrive il "cantico delle creature", è ormai consunto nel corpo e nell'anima: la cecità, le stimmate, il quasi rinnegamento dei suoi frati riguardo a Madonna povertà; questo e altro ancora suscitano quella lode al Creatore e al creato, quel movimento tra due abissi, la vita e la morte, il dolore e la gioia, l'impegno e l'abbandono. Non è solo ecologia; non è neppure soltanto socialità. E' esperienza di contemplazione : nel creato si può toccare l'amore infinito di Dio, il quale ne ha affidato all'umanità la custodia, perchè nulla vada distrutto, ma tutto sia conservato e migliorato.


A che cosa dice di sì, Francesco? 
Alla bellezza, perchè conservi tutta la purezza, tutto il valore : l'acqua di sorgente così pura; l'aria di foresta così pura; il fuoco così forte e purificatore; il vento così lieve e impetuoso; la poesia e il canto, così benéfici per l'animo depresso e sconsolato.

A che cosa dice di sì, ancora, Francesco?
Alla creazione nuova. Ma, non sarà tutta opera nostra; non sarà neppure soltanto opera di Dio; sarà insieme opera di Dio e opera nostra. Un'opera, che è già iniziata con l'incarnazione di Dio, il Dio fatto uomo, ma non potrà concludersi senza la divinizzazione dell'uomo. Il dono ricevuto dev'essere ridonato!        il don










martedì 21 luglio 2015

Dire di no!

Coraggio è dire di no all'occultismo, alla  New Age, alla Chiesa dell'Unificazione (Mounis e Milingo), al Nuovo Ordine Mondiale, a tutto quell'ecumenismo che i Padri dell'epoca d'oro della teologia avrebbero squalificato come "eclettismo".
 Il mondo crea sempre nuove fedi, che fanno leva  sul denaro e sul piacere (sesso, droghe...) per far proseliti.

La vera fede cristiana è quella che vive del Vangelo :  così è capace di lottare e vincere contro lo spirito mondano. Non per nulla il "comandamento nuovo" che Gesù istituisce è l'obbligo di "farsi santi insieme", ossia aiutarsi tra uguali, rimanendo liberi, a scoprire cos'è vivere e "dare la vita". 


Dire di sì alla sequela di Gesù e del Vangelo, senza lasciarsi prendere dalla smania e dal prurito di "fondare un qualcosa di nuovo", è ancora dire di no al mondo.  L'umiltà, la mitezza, addirittura la debolezza rimangono virtù (non lo sono la potenza del denaro e della violenza, che portano con sè corruzione e morte), per essere in grado di riconoscere il "Signore della vita" e la Grazia che viene soltanto da Lui.




il don              



sabato 18 luglio 2015

Ancora sul coraggio

Anche un laico, non solo un credente, potrebbe unire : coraggio, rischio, sequela.
Scrive Slavoj Zizek, nell ' introduzione al suo libro "Vivere alla fine dei tempi" : "Nel Seminario XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Lacan fornì una succinta definizione della verità dell'interpretazione in psicoanalisi : "L'interpretazione non è messa alla prova da una verità che decida in base ad un sì o un no, essa libera la verità in quanto tale. Essa è vera solo nella misura in cui è veramente seguita"". (p.15).
 Davvero molto interessante per un cristiano questa affermazione di due laici!
E due pagine dopo, il filosofo di Lubliana, prosegue : "meglio correre un rischio e impegnarsi in un Evento di verità, anche se si conclude in una catastrofe, che vegetare in quella sopravvivenza utilitaria-edonistica e priva di eventi che Nietzsche chiamò l'ultimo uomo".

Gesù, il fondatore del Cristianesimo, ha detto di sè "Io sono la via, la verità, la vita", superando ogni posizione di astrattismo nel farsi della verità, e collegandola alla vita e al percorso (la strada).  Il coraggio è necessario nella scelta della verità, ma è nel rischio della sequela che la verità si mostra.
Nel nichilismo filosofico e pragmatico dell'Occidente, europeo e americano, ma anche di tutti quei paesi che sono stati colonizzati da un simile nichilismo, si trova una resa davvero sconcertante di fronte all'individuazione del nemico. Sulla scia del "Trattato della tolleranza" di Voltaire (per altri versi condivisibile, quando condanna le guerre di religione), e dell' ultimo uomo di Nietzsche (che vive di una felicità banale), si predica dappertutto : "troviamo un accordo su ogni cosa", dichiarando così che non c'è più un nemico, perchè non c'è alcun male. Infatti chi è il nemico se non colui che trama lo scacco matto per la mia vita? Giustamente Zizek individua il nemico nell'utilitarismo e nell'edonismo: la resa a quel nemico rappresenterebbe il vero scacco.
Il fatto che "la teologia stia di nuovo emergendo come punto di riferimento per la politica radicale (di sinistra)" (pag. 554) dice un fatto nuovo : questa volta la relazione tra cristianesimo e marxismo non sarà di sottomissione o di imitazione, e neppure soltanto di confronto; l'incontro potrà avvenire soltanto alla prova dei fatti, ossia chi è più capace di rischio e di sequela (lì è il coraggio), trascina il resto, senza che si crei un ulteriore scarto.  il don


giovedì 9 luglio 2015

Opprimere o subire?

In politica, colui che opprime è detto tiranno, anche quando formalmente c'è la democrazia. 
In psicoanalisi, colui che opprime è il Super-Io, che a ragione viene considerato il persecutore.

La domanda che ci si pone è : meglio subire, o meglio opprimere (per non dover subire)?

Colui che opprime esercita l'aggressività propria del tiranno e del persecutore; rimane perciò in quella condizione, se non ha scoperto valori più alti. Per il greco antico, la parola kalòn indicava sia il bello sia il valore (più tardi, soprattutto nella filologia tedesca, il termine è stato estetizzato) : una parola
che unificava senso estetico e senso economico. Ora, i valori non sono tutti uguali; esiste una gerarchia dei valori. Ogni tempo compone una gerarchia dei valori : in un tempo storico, l'onore vale più del benessere; in un altro tempo, la coerenza con i propri princìpi vale più dell'immagine sociale; ecc.
  Il valore risponde ad un'economia della persona e della comunità, oltre che ad un rispetto del creato. Il valore, per essere affermato, richiede un'azione o un'iniziativa della persona.

Subire potrebbe sembrare un non-valore, una rinuncia all'affermazione dei valori. Ma non è così!   Subire richiede piuttosto un saper-soffrire, ossia trasformare in senso ciò che appare come non-senso.
Nel momento depressivo, recessivo, fallimentare, il saper-soffrire diviene la chiave per uscire dalla situazione precaria : viene richiesta più energia psichica e spirituale, più lotta per ritrovare il gusto della vita e della ricerca. Paradossalmente, proprio quando si subisce, si è più in grado di prendere coscienza e consapevolezza dei valori. Ma occorre accettare un percorso contro-corrente, che a volte impone una vita in solitudine. Basta però non chiudersi a riccio , e rimanere sempre aperti al nuovo che la passione (il subire) genera.  il don

martedì 7 luglio 2015

Il coraggio dell'insieme

C'è un coraggio dell'individuo che potrebbe divenire facilmente ammirazione narcisista dell'io : conservare il dominio sul resto, sul non-io, reputandolo scarto.

E c'è un coraggio del Dio cristiano, un coraggio, si direbbe, trinitario. Il coraggio della relazione che consente la pienezza del dono e dell'incontro. Un vivere per l'altro, non per se stesso. Un non-essere che rende possibile l'essere.

Come  poter vivere il coraggio dell'insieme, in una società dell'immagine e della spettacolarità, della comunicazione strapazzata nel chiacchiericcio, che adusa vessar ogni aspetto, anche il più intimo, della persona umana?

Da soli non si può! Si parte dallo zero; e si rimane nello zero.

Solo l'uno è l'insieme. Ma l'insieme non è la somma delle parti : uno più uno due. La somma resta una somma, ma non è l'insieme. L'insieme potrebbe essere soltanto "l'uno che ha perso le parti" ( le parti che sono morte nell'uno), per ritrovarsi "tutto", non più parti. Nell'insieme ogni parte è l'uno, ossia il tutto. Non ho fatto nè un ragionamento matematico, nè una riflessione psicologica. Questa è piuttosto un'intuizione spirituale, una luce della rivelazione cristiana, che potrebbe diventare vita quando fosse riconosciuta come via e verità. E questa visione non è quella di Marx, che legava il coraggio alla vergogna e al terrore. La rivelazione cristiana ha messo in campo l'amore (il tutto e l'uno), che brucia ogni vergogna e ogni terrore (ogni peccato e ogni paura dell'inferno) : e alla sola condizione dell'amore si ritrova il coraggio dell'uno e dell'insieme, ossia del tutto.    il don

lunedì 6 luglio 2015

Coraggio !

Slavoj Zizek, in Vivere alla fine dei tempi, mette il coraggio in relazione alla storia e all'esistenza (alla vergogna e al terrore). Scrive : "Quando Marx analizzò l'arretratezza della Germania nello scritto giovanile Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, fece un'osservazione sul legame tra vergogna, terrore e coraggio che viene di rado notata ma che è invece cruciale :

"Bisogna rendere ancor più oppressiva l'oppressione reale con l'aggiungervi la consapevolezza dell'oppressione, ancor più vergognosa la vergogna, dandole pubblicità. Si deve raffigurare ciascuna sfera della società tedesca come il marchio d'infamia della società tedesca, bisogna far ballare questi rapporti mummificati cantando loro la loro propria musica! Bisogna insegnare al popolo ad avere orrore di sè stesso, per fargli coraggio"".

Si può dire di avere coraggio solo quando si è presa coscienza della propria situazione vergognosa, al punto da esser presi dal panico e dal terrore di non farcela. C'è coraggio solo quando s'impegna la propria esistenza in un cambiamento che sfida le consuetudini "mummificate", divenute un comodo appiglio d'interessi di "casta" o di gruppo, o di parte.

Certo, il coraggio non deve mai divenire temerarietà, per non andare incontro ad un fallimento sicuro.
Il coraggio deve programmare una strategia che tenga in debito conto la prudenza e la pazienza, sapendo bilanciare infine la giustizia e la solidarietà, il proprio bene col bene dell'altro.   il don


venerdì 26 giugno 2015

Il disegno è la reciprocità



Possono pure saltare tutti i programmi umani! Con gioia aderisco al loro "sabotaggio". Ma con più forza ancora aderisco al disegno di Dio, e vado avanti con chi condivide la reciprocità.
Si può continuare a donare, per aver scoperto la grandezza del dono; ma diviene inutile farlo con colui o con coloro che non hanno colto il passo ulteriore, la reciprocità.

Ogni programma umano, fosse pure il più geniale e il più furbo, si rivela un fallimento, quando non ha come scopo il bene dell'altro, ma soltanto la difesa di un proprio interesse.        Ma l'abitudine (che pone la sua sicurezza in ciò che ha già sperimentato) rende irremovibile il pregiudizio e impedisce di avventurarsi nel nuovo, lì dove la voce e l'azione di Dio si presentano come sorpresa.

Non ci vuole molto a scoprire in ogni programma umano quell'amore di sè che rende vano l'amore di Dio. Lo sapeva Agostino d'Ippona. Lo sapeva Caterina da Genova, che lo traduceva, nel suo secolo, in "amor proprio che rende vano l'amor puro".  Dovrebbero saperlo tutti i cristiani; ma soprattutto dovrebbero viverlo coloro che ne hanno colto il valore. Non è un caso che la reciprocità funziona solo quando l'amor puro è vissuto reciprocamente ( va e torna).  E' veramente il "gioco pulito" del Vangelo : se c'è un disegno di Dio, aderirvi sino in fondo, anche a costo di perdere carriera, immagine e cose materiali, è affidarne a Lui la realizzazione!   il don

sabato 20 giugno 2015

La tattica dell'adeguamento

Boris Pasternak ha riportato, nel suo romanzo "Il dottor Zgivago",  un detto popolare : "Adeguati ! Disse la macina al grano".

Chi detiene il potere chiede sempre un adeguamento. E si adegua soltanto colui che trova utile l'omologazione al potere, ossia il carrierista, l'avido di denaro, il gaudente, il vigliacco, il fallito sul piano dei valori.

La tattica dell'adeguamento, in colui che la promuove e in colui che la subisce senza fare resistenza, 
comporta infine ciò che rimproverava Giuseppe De Luca sia ai vili sia agli ingenui : "Risparmiare i corvi e vessar le colombe".

La protesta all'adeguamento è la resistenza del coraggioso : è pronto a "pagare un prezzo alto" perchè la causa trionfi. Dietrich Bonhoeffer ha resistito al nazifascismo per amore del Cristianesimo e della divina Parola. Perciò venne ucciso. Tuttavia la sua testimonianza ha fatto breccia nel cuore e nella mente di tanti, non alla maniera di quei martiri Kamikaze che mentre muoiono creano una scia di morti innocenti, ma alla maniera di Gesù Cristo che mentre veniva ucciso pregava per i suoi uccisori.
Le lettere di Bonhoeffer dal carcere di Tegel testimoniano più la resistenza che la resa!

La cultura massificata del dominio, del consumismo e del libertinismo utilizza la tattica dell'adeguamento. Teilhard de Chardin lo scriveva nel 1938-1940, nel Fenomeno umano : "Il Milione di uomini scientificamente riunito, come è stato detto così bene. Il Milione di uomini disposto a scacchiera, sui campi di parata. Il Milione di uomini standardizzato nella fabbrica. Il Milione di uomini motorizzato. (...)  Il cristallo al posto della cellula. Il termitaio al posto della fraternità!. (pag. 239).

sabato 13 giugno 2015

Presentazione libro

Il 13 giugno sera, presso la biblioteca dei Padri Gesuiti, a Grottaglie, presentazione del libro "Esperienza scientifica ed esperienza mistica in Teilhard de Chardin". Il gruppo di uomini e donne
presenti ha potuto cogliere l'urgenza che c'era nel Novecento del dialogo tra scienza e spiritualità.
Questa urgenza è divenuta oggi ancora più grande, se si considera il fatto che la scienza è sempre più al servizio della tecnologia, la quale detta anche le regole di vita (consumi tecnologici, piuttosto che la cura delle relazioni) , senza preoccuparsi della crescita spirituale della persona e della comunità.

Il confronto tra l'evoluzionismo selettivo di Darwin e l'evoluzionismo elettivo del padre Teilhard de Chardin è servito a mettere in chiaro il salto di qualità che si è verificato nel passaggio dagli animali all'uomo : pensiero riflesso, linguaggio, azione, con la discesa in campo della libertà di scelta che supera ogni espressione di rigido determinismo.
L'evoluzione non è contro la creazione: anzi fa comprendere meglio come Dio abbia creato non un universo perfetto e statico, ma una terra con dei limiti ed una tensione verso la perfezione. All'umanità Dio ha affidato il compito di far crescere la vita sulla terra, non di impedirla, come pensava Nietzsche.

In una lettera al padre Valensin (anno 1921),  Teilhard de Chardin scriveva : "Io sogno un nuovo san Francesco o un nuovo sant'Ignazio,che verrebbe a presentarci il nuovo genere di vita cristiana, più mescolata al mondo e insieme più distaccata, di cui abbiamo bisogno". Attaccamento e distacco sono due atteggiamenti, ambedue necessari, alla crescita della vita spirituale. L'essere umano ha la necessità e il desiderio di compiere esercizi dello spirito : essi consentono di superare "il verbalismo e l'astrattismo di teologia e catechesi".     il don



sabato 6 giugno 2015

AMORE, non attivismo

Dimmi cosa cerchi nel lavoro, nel fare soldi, nella carriera, ... Men che uomo... Robot ?!

E tu, perchè sei diventato prete?  In questo secolo, le cerimonie sembrano folklore, e i personaggi attori che si esibiscono! Soltanto questo volevi? E tu prete, che sei tra i migliori, t'interessi a risolvere  i problemi delle persone, e forse per essi ti agiti e ti preoccupi.

 Senti cosa dice il Maestro a Marta : "Tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa necessaria".  E quale sarebbe questa cosa necessaria? Starsene a pregare, senza far niente? Non è questo che dice il Maestro! Dice che la cosa più importante è imparare ad amare:  ascoltare con attenzione; non credere che l'azione risolva ogni problema; cambiare l'interno prima dell'esterno (il cuore, prima ancora della faccia); quando hai scoperto cos'è il dono, dona e basta ( senza chiedere il ritorno, ma pensando che il dono è già in cielo). Finito il discorso d'amore, adesso sono tutti a tavola: Gesù, Lazzaro, i discepoli, e anche Marta (la padrona di casa) si concede di mettersi seduta   e di lasciare che sia ora Maria a servire un pò i commensali. Certo che dal Maestro imparano un pò tutti: l'amore sconvolge i ruoli, donando ad ognuno la libertà più grande, la creatività più grande, la fedeltà più grande. Stando a tavola e vedendo un pò tutti fuori di sè (cioè non più preoccupati di se stessi e agitati per le proprie cose), un pò come lo sono i pazzi e anche i santi, Marta ora comprende perchè quella Parola del Maestro è un cibo che sazia corpo,anima e spirito; non solo sazia, ma trasforma; anzi è quasi "fuoco che già divampa".  Neppure Gioacchino da Fiore avrebbe ardito tanto nel tradurre quell'espressione di Gesù : "Fuoco sono venuto a portare sulla terra, e cosa voglio se già divampa"! L'abate calabrese forse avrebbe tradotto il testo così come ancora oggi noi lo leggiamo : "Fuoco sono venuto a portare, e come vorrei che fosse già acceso". E' per l'amore, che già divampa!  il don

sabato 30 maggio 2015

Dare la vita è gioia

"Il sacrificio più grande è dare la vita per l'opera di un altro". Così mons. Giussani, in L'avvenimento cristiano. Io direi : "Non c'è gioia più grande che dare la vita per l'opera di un altro", e questo grazie ad un Papa, vescovo di Roma, e ad una donna, fondatrice di un'opera, non grazie a me.

Quando si dona la vita per una propria opera, si ha sempre la paura di perderla. Quando si dà la vita per l'opera di un altro, questa paura non esiste, il dono è in pura perdita.
Il dono più grande che il Dio-Figlio fa al Dio-Padre è quello di realizzare la sua opera : l'obbedienza alla volontà del Padre è per il Figlio un'opera d'amore; l'annichilimento (comprese passione e morte) del Figlio è il segno che Egli non ha cercato la propria gloria (il  successo, il proprio interesse), ma solo quella del Padre. Il dono più grande che il Dio-Padre fa al Dio-Figlio è quello di dare visibilità al Figlio, rimanendo Egli invisibile; rimanendo Egli, silenzioso, parla soltanto attraverso il Figlio. E qual'è il dono più grande dello Spirito Santo? Non mostrare se stesso, ma l'amore reciproco (l'agape) del Padre e del Figlio, la loro perfettissima unità.

Il dono in pura perdita è un perfetto guadagno, diceva J. Henri Newman, parafrasando San Paolo. 
Quando una famiglia, o una parrocchia, o un gruppo, o una comunità si chiudono a riccio, non vivono più per l'altro, e si perdono in se stessi, inaridiscono, divengono infecondi, ristagnano, hanno perso il più grande guadagno. La festa della Trinità passa anche quest'anno come una consuetudine che non cambia nulla? E pensare che nei primi secoli della Chiesa, per la  vita e la  verità della Trinità, uomini e donne, teologi e laici, vescovi e sposati hanno dato la vita, investendo lì ogni risorsa! Il loro perdere la vita è stato il nostro guadagno.  il don

sabato 16 maggio 2015

La sfida del Vangelo

Il Vangelo sfida il mondo e la stessa chiesa mondana. La sfida riguarda il cambiamento della società e della comunità, e al tempo stesso della persona.
Nel Novecento nascono molti movimenti ecclesiali : Taizè, Movimento dei Focolari, Comunità S. Egidio, Comunione e Liberazione, Rinnovamento dello Spirito, ecc. Tutti fanno leva sull'esperienza del Vangelo e sull'ascolto dello Spirito Santo.
 L'invito alla conversione non comporta imposizione o coercizione di sorta. Lo Spirito Santo invita ad amare,  non costringe, non fa violenza, anzi suggerisce di abbandonare i metodi mondani, torture e chiacchiere, per risolvere problemi e allontanare i guai inutili.
Scriveva Romano Guardini nel 1922, nel saggio "Il senso della Chiesa"  : "Si è iniziato un processo di incalcolabile portata : il risveglio della Chiesa nelle anime" (p. 15). E ancora :"La nostra epoca è in procinto di passare dall'accentuazione dell'elemento individuale e soggettivo a quella dell'elemento comunitario e oggettivo. E' sulla Chiesa quindi che cadrà più forte l'accento" (p. 55)
E' lo Spirito Santo che ridona vitalità alla Chiesa; apre alla pienezza della verità, facendo comprendere l'efficacia travolgente del Vangelo, per la trasformazione che opera nella persona e nella comunità quando si vive l'amore reciproco.
Il cambiamento, quindi, non è un'operazione pelagiana, affidata alle sole forze umane, alla presunzione umana di creare un mondo nuovo ed una nuova umanità. Tale presunzione, nel corso della storia, ha incontrato sempre il fallimento.
La sfida è quella della fede e dell'amore : essere all'altezza del Vangelo, perseguendo mitezza e umiltà invece che violenza e morte, servizio  nascosto al posto di un'esibizione narcisista. Vivere il Vangelo dona molta più soddisfazione che dire parolacce e usare il travestimento del sacro per dire soltanto il profano.       il don 

venerdì 8 maggio 2015

Confronto

La lettura delle "Conferenze brasiliane" (1979) di Franco Basaglia e di "Il movimento di Comunione e liberazione. 1954-1986. di Luigi Giussani. Conversazioni con Robi Ronza,   un lettura fatta in
simultanea, induce al confronto tra due metodi e due visioni del mondo.
Il primo, laico e comunista; il secondo, prete e religioso.
Ma prima di vedere le differenze tra l'uno e l'altro, nella lettura si è colpiti da un tratto comune : ossia 
imparare dall'esperienza e dalla storia. La lotta di Franco Basaglia per la chiusura dei manicomi fa leva sulla pratica e sul coinvolgimento dei lavoratori e della società civile per reintegrare i matti o i folli nella comunità umana. Questo interessarsi  dell'umanità sofferente, coinvolgendo non solo psichiatri e operatori sanitari, ma anche e soprattutto la comunità civile, ha di mira il bene del malato, non il lauto guadagno del medico e dello psichiatra. Di Franco Basaglia si potrebbe dire, sotto questo aspetto : ecco un medico italiano in cui non c'è falsità.
Leggendo le conversazioni di mons. Giussani con Robi Ronza si è colpiti ugualmente dalla passione di rendere l'avvenimento cristiano presente nella storia odierna e di mostrarne tutta la forza trasformatrice. In un periodo nel quale la chiesa italiana, dopo essersi arroccata nel liturgico e nel devozionale,  rimane succube della politica secolare e del pragmatismo mondano, don Giussani inizia un lavoro educativo e culturale con i giovani e poi con le famiglie, una nuova evangelizzazione che pone al centro l'esperienza nelle sue espressioni cristiane : la cultura, la carità, la missione. Con uno spirito, si direbbe, kierkegardiano, intende mostrare che il cristianesimo non può rimanere succube dell'illuminismo e del comunismo, ma ha da realizzare una sempre nuova incarnazione del Dio fatto uomo nella storia.
La differenza tra Basaglia e Giussani sta proprio nella durata della pratica trasformatrice : il comunismo è finito, ed il grande affidamento che il coraggioso psichiatra poneva nel proletariato si è disintegrato; mentre il cristianesimo ricomincia a vivere, risorgendo dalle ceneri della carne mortale, e ritrovando nel Vangelo l'energia per riproporre una nuova cultura.  il don

lunedì 4 maggio 2015

Incontrarsi per formarsi all'oltre

Incontrarsi per "discutere non degli affari propri". Iniziando a leggere "Le conferenze brasiliane" di Franco Basaglia, sono stato colpito da quest'affermazione: "discutere non degli affari propri", che esprime molto bene il senso del dialogo.   Mentre il colloquio è una conversazione tra amici e conoscenti su questioni personali o private, il dialogo sembra proprio essere un discutere di ciò che riguarda la città, la società, le problematiche della comunità nel suo insieme.

 La chiusura dei manicomi e la successiva apertura delle centri di cura non sembra aver portato i frutti sperati. La presa di coscienza che ha portato alla chiusura dei manicomi, come luoghi di oppressione e di dolore ma non di cura, non è stata sufficientemente continuata, approfondita, condotta avanti come battaglia sociale e culturale. I folli risultano per la maggior parte "cronicizzati".  Il folle è stato restituito al "potere dei suoi familiari" (spesso non interessati al suo recupero e reinserimento sociale) e al loro maleplacito più che beneplacito.
Franco Basaglia aveva impostato il problema della follia, come aveva fatto anche Michel Foucault in Francia, sul nesso : follia - esclusione sociale.   L'istituzione che si difende di fronte al sapere, adottando un metodo repressivo e di "scarto" ( per usare un termine ridivenuto significativo e pregnante, grazie all'utilizzo che ne sta facendo papa Francesco), emarginando il sapere (ossia ponendolo come luogo di dominio), si sottrae al compito più importante al quale è deputata : servire il bene di ogni persona, insieme a quello della comunità. Riprendere gli scritti di Franco Basaglia oggi, in una prospettiva de-ideologizzata, rende ancor più attuale quell'azione di cambiamento che era stata iniziata non solo con passione ma che era stata soprattutto portata avanti pagando un prezzo all'istituzione medica, alla magistratura, alla società ben pensante.

Proprio oggi che parliamo soltanto degli affari nostri, dappertutto, persino nei tribunali e nei templi, oltre che alla radio e nelle trasmissioni televisive, chi parla di cambiamento della comunità (mostrandone le colpe ed cercandone i rimedi) non gode di molto ascolto.  Proprio ora è divenuto urgente "incontrarsi per discutere non degli affari propri".    il don


venerdì 24 aprile 2015

Franchezza e umiltà

Franchezza e umiltà non sono soltanto le due parole indicate da Papa Francesco come metodo o stile sinodale per la Chiesa, sono soprattutto il modo per coniugare politica e spiritualità.

Fare qualche riferimento alla storia può rendere il discorso molto più chiaro.

 Il genocidio di un milione e mezzo di armeni ad opera dell'impero ottomano fu riconosciuto già un secolo fa dalla Francia, la quale, tra l'altro,  aprì le frontiere agli armeni che fuggivano dalla loro patria. Oggi è ancora la Francia, e insieme con lei la Russia, a richiamare la comunità internazionale 
al riconoscimento dello sterminio compiuto da un impero  nei confronti di una nazione che intendeva 
conservare la propria identità cristiana.

Un altro esempio di franchezza e di umiltà : Giovanna d'Arco, "la pulzella", mandata al  rogo dall'inquisizione inglese, perchè aveva combattuto per la libertà della Francia contro l'invasore inglese, è riconosciuta "madre della patria" non solo dai cristiani ma anche da laici non credenti.

Parlare e agire con franchezza, ascoltare con umiltà : è l'unico modo umano per riconoscere l'altro ed
essere dall'altro riconosciuto. Non serve alzare la voce; non serve usare violenza e coercizione; non serve a niente mentire, come non si possono negare i fatti. Chi ascolta con umiltà, sa riconoscere il male che è stato fatto; e chi parla con franchezza, mostra di avere il coraggio della verità.

il don


sabato 11 aprile 2015

Compassione

La compassione (=misericordia) chiede una radicalità più grande della giustizia.
Nella rivendicazione della giustizia, l'io viene in qualche modo gratificato.
Nella compassione, occorre accettare di patire insieme, condividendo ogni umiliazione.
Il campo della giustizia ha una propria visibilità: mostra una lotta per i diritti.
La compassione agisce più propriamente in un campo invisibile, dove il risultato rimane
per lo più nascosto.
Mettere insieme la giustizia e la compassione è opera di una vita: l'esperienza ha insegnato
a trarre profitto e gioia anche dai fallimenti, infatti  essi aiutano a far coesistere quelli che
 sembrano aspetti opposti e inconciliabili. L'idea moderna di progresso ha creato una coscienza
che fa leva sull'attività e considera la passività un qualcosa che appartiene a mistici ai margini
del mondo. Attività e passività sono, tuttavia, ciò che sistole e diastole sono per il cuore.
Giustamente il padre Teilhard de Chardin diceva che il più umano sa mettere insieme attaccamento
e distacco: l'efficacia di questa azione è prerogativa degli ardenti, non dei pessimisti o dei gaudenti.
il don

giovedì 9 aprile 2015

Storia

L'impero romano non nasce con la battaglia di Azio, nella quale Ottaviano vince Antonio e Cleopatra e riceve tre anni dopo il titolo di Augusto. Non rimaniamo intrappolati nelle categorie formali. L'impero romano nasce quando Roma è ancora una repubblica : la vittoria, prima su Cartagine e poi sui Galli, la farà signora del Mediterraneo.
 Gli Stati Uniti d'America sono diventati impero dopo aver vinto la seconda guerra mondiale:         pur rimanendo formalmente una democrazia, da quel momento sono diventati i padroni del mondo. Se torniamo intorno agli anni duecento prima di Cristo, troviamo due potenze che stanno lottando per il predominio nel Mediterraneo : Roma e Cartagine. Annibale (Barca) è il geniale stratega che mette l'esercito romano in grave difficoltà : prima con la distruzione di Sagunto (giocando d'anticipo sulla decisione del Senato romano), poi con la vittoria a Canne. Cinquant'anni dopo Cartagine sarà distrutta, perchè non aveva avuto l'ambizione di diventare impero.
Ogni impero nasce prima come idea, come un ideale da raggiungere, poi si afferma come ortoprassi.
Agli occhi di Annibale, Roma era ancora una potenza locale che poteva essere sconfitta. Agli occhi del mondo, gli Stati Uniti d'America, ancora negli anni trenta del ventesimo secolo, erano soltanto una potenza che s'occupava della propria crescita. E chi avrebbe mai pensato che sarebbero entrati in una guerra sostanzialmente europea?
Cartagine era rimasta legata al commercio e non riuscì ad immaginare che gli sviluppi di esso richiedevano di divenire una potenza militare. Ventidue secoli dopo, gli Stati Uniti compresero che
l'allargamento del businnes poteva realizzarsi soltanto divenendo anche una potenza militare; l'idea di assicurare la libertà nel mondo, insieme poi al piano Marshal, fu soltanto la "generosità di un orco", come scrissero Sarte e Merleau-Ponty su Les Temps Modernes.   il don

domenica 29 marzo 2015

Resurrezione

La Lega Araba vorrebbe e potrebbe fermare il fondamentalismo islamico, la "guerra santa". Si tratta, 
infatti, prima di tutto di un fatto interno all'Islam. Se riuscisse a vincere la violenza al suo interno, potrebbe divenire impero, dal momento che la divisione conduce alla sconfitta.
In secondo luogo, c'è un dialogo che dev'essere ancora sviluppato tra Cristianesimo e Islam. Nel Vangelo non si trova mai il ricorso alla violenza e alla guerra, anche se la chiesa ed i cristiani nel corso dei secoli vi hanno fatto ricorso ma venendo meno alla forza del vangelo. L'aspetto più 
problematico, per l'Occidente, è il venir meno della fede e della passione per il Vangelo!
Se la passione della "notte oscura" sarà vissuta con tutto l'amore, senza ricorso alla violenza, si pre=
parerà la Resurrezione : il futuro della storia umana sarà di chi lotta per un mondo più giusto, più
compassionevole, non di chi uccide e si uccide. C'è una morte dell'istinto e della violenza che deve
essere vinta: la vera guerra si combatte all'interno della coscienza e dell'intelligenza. L'assassinio è
sempre un ritorno alla barbarie. Ma chi vive il Vangelo sa che  "non c'è amore più grande di colui che dona la vita per l'amico e per il nemico (rendendolo amico)". Chi saprà farlo, avrà la vittoria.
Occorre dire un grande grazie a tutti quei cristiani uccisi ancora oggi per l'amore a Cristo e al Vangelo: la loro grande testimonianza ci ridona il coraggio di credere ancora che "dare la vita" vale molto più che toglierla. La Pasqua di Resurrezione di Gesù è per noi oggi soprattutto il dono di "vivere dentro".   il don

giovedì 19 marzo 2015

Je suis la Tunisie

Sempre dalla parte delle vittime, mai dalla parte dei persecutori. Con la speranza che i persecutori
prendano coscienza che la vita è un valore inviolabile, come la dignità di ogni persona e di ogni popolo; ma se non lo facessero, dovrebbero essere fermati.
Quel che rimane oscuro è, tuttavia, l'indecisione delle grandi potenze di fronte al terrorismo. La Roma imperiale avrebbe già espresso il verdetto, con tempestività : " ISIS delenda est".
Per salvare la primavera araba, diviene urgente aiutare Egitto e Tunisia, ossia i popoli lì dove il sogno non è stato ancora deluso. Non si dovrebbe ripetere l'errore compiuto in Siria, dove il terrorismo fu
incoraggiato proprio dalle grandi potenze, destabilizzando una nazione che non aveva in mente di fomentare il terrore.
La diplomazia internazionale continua a sfornare parole a non finire, ma sembra lontana dal comprendere quel che realmente sta accadendo, e anche le decisioni da prendere per fermare in tempo una guerra che a macchia d'olio si stende sulla cartina geografica mondiale.
Esiste un Islam ideologico, guerrafondaio, che si richiama al Corano, a Maometto, alla "guerra santa", e che cerca di far apparire quell'altro Islam, pacifico, dialogico, come traditore della vera fede.
Quell'Islam violento, assassino, dev'essere fermato in tempo, con decisione, con un attacco mirato, per la difesa della vita non solo dei cristiani ma anche dei musulmani pacifici. E' legittima difesa, perchè è bene sapere che "chi di spada uccide, di spada muore" a sua volta.
il
il don

venerdì 13 marzo 2015

Dono , non "fare soldi"

Le azioni hanno spesso bisogno di chiarimento : per esempio, non si può confondere il dono con il cedimento alla richiesta di tangente. E' il sogno americano che ha fatto del "fare soldi" un sogno di
massa. Col dono, invece, l'umanità ha creato arte, scienza, economia, spiritualità. A partire dal dono
si riapre in ogni epoca una storia nuova, un'arte nuova, un'economia nuova, una spiritualità nuova.
Non si butta via il vecchio, lo si tramanda e lo si valorizza, tirandolo fuori dal museo per mostrarne 
il valore nella piazza e nelle case. Il nuovo prende meglio risalto e mostra la sua efficacia, se sullo
sfondo si staglia il vecchio. Se il nuovo non disprezza il vecchio, se ne assume tutto il valore, allora
potrà con più forza aprire il futuro!
Nel Rinascimento italiano c'erano tanti mecenati che investivano in architettura, in pittura, in cultura:
facevano lavorare architetti e pittori, compositori e letterati; non guardavano soltanto al proprio benessere, ma investivano nel "più essere" della comunità.
Michel Foucault, in "Il sogno", un'introduzione al libro di Biswanger "Sogno ed esistenza", dice che
tra le dimensioni dell'immaginazione, ossia quella epica, quella lirica, quella tragica, è proprio quest'ultima la più radicale (o assoluta), in quanto pone l'esistenza in una relazione verticale tra ascesa e discesa, consentendo il passaggio dall'antropologia all'ontologia (vedi ultimo paragrafo del
libretto di Foucault). Si potrebbe dire che il dono attua il sogno della fraternità, mentre il voler "fare soldi" è soltanto il sogno di un ladro!
il don

sabato 28 febbraio 2015

RICOMINCIARE

Ricominciare... e poi l'unità!    Ma prima c'è da vivere l'amore reciproco, l'esser pronti a donare la vita
per poterla ricevere in pienezza.

Il libro di Olivier Clément su "Taizé" racconta di un ricominciare dalla divisione tra cristiani : fratelli
cattolici, luterani e anglicani hanno deciso di vivere insieme, da più di mezzo secolo,  nell'adorazione della Croce e del Vangelo, per dare testimonianza di amore a tutti quei giovani che sono alla ricerca   di un ideale che non tramonta, di un assoluto che sia capace di sconfiggere il relativismo imperante.

Scrive Clemént : "Non temete, guardiani delle ortodossie!   Taizé non s'impossessa di nessuno,   non pretende di essere la Chiesa,     ma soltanto la soglia e il segno della Chiesa,     in una prospettiva di riconciliazione.      A Taizé ci si desta  al silenzio,  alla preghiera,  all'amicizia.          Si scopre che il cristianesimo è possibile nell'amicizia.     E ognuno ritorna la proprio paese, alla propria parrocchia,  con il gusto incontenibile di questo risveglio e di questa amicizia" (p. 14).

Lo Spirito Santo suscita il donare,       l'  imparare a dare non solo cose materiali,   ma anzitutto vita spirituale, in un occidente che ha benessere materiale e "mal d'amore".   Ricominciare, col desiderio
di vedere sanati gli errori ed i conflitti del passato.  La scommessa è questa.   Il rischio di rimanere delusi non c'è, poichè non si tratta di illusione ma di fede.  il don

giovedì 12 febbraio 2015

Non chiudersi a riccio !



La conversazione è meglio del chiacchiericcio : si inizia dal colloquio per passare al dialogo,
che richiede certamente più impegno da parte della ragione e dell'intelletto. Questo nuovo libro
è stato scritto per dialogare su tematiche esistenziali, relazionali, intellettuali. Se riusciamo a 
vincere i pregiudizi e ad incontrarci sul terreno del "mutuo riconoscimento", mettiamo le basi 
o i fondamentali per rilanciare lavoro, arte, ricerca, vita spirituale, ...
Gli inviti per la presentazione del libro nei vari paesi della Puglia saranno concordati per tempo.
Il libro verrà offerto in dono a coloro che lo desiderano, avendo la fondazione l'obiettivo di far 
crescere "coscienza e conoscenza".    il don

sabato 7 febbraio 2015

La "guerra santa" : come fermarla?

Il mondo musulmano è in profonda crisi : tuttavia, il suo medioevo non è da buttare; anzi compie opera meritoria con il suo teocentrismo.

 Il confronto con il cristianesimo si svolge e si svilupperà sempre più sul piano della testimonianza o del martirio (= marturia) :   i cristiani sono sempre richiamati da Gesù Cristo al "dare la vita", mai a toglierla. In questo i cristiani danno una testimonianza più grande!
 In seno al cristianesimo, poi,  parliamo ormai di ecumenismo, di unificazione delle chiese, di dialogo e di "amore reciproco", di incontro ... Invece, il conflitto tra sunniti e sciiti, nel mondo musulmano, diviene sempre più acuto. Adesso, c' addirittura un califfato che mette tutta la propria potenza nella violenza.

L'Occidente potrà vincere se mostrerà che il  Vangelo è superiore alla "guerra santa" : ha conquistato, grazie al cristianesimo,  lo "stato di diritto", lo statuto internazionale tra i popoli, la famiglia fondata sull'uguaglianza tra uomo e donna, la libertà di pensiero - di parola e di azione, la fraternità che può colmare il divario tra ricchi e poveri...Ma dovrà dare testimonianza, col rispetto verso il nemico, come Gesù ha insegnato...

Non c'è uno scontro tra civiltà, ma un confronto tra un umanesimo e l'altro : siccome il Dio cristiano s'è incarnato 
e ha vinto la morte, siamo certi che l'umanesimo cristiano ha una possibilità in più per il futuro. Ora, la 
sfida più grande diviene il dialogo : un lavoro di riconoscimento del bene dell'altro a partire dal proprio bene.   il don