Massimo Recalcati lo dice, senza creare peraltro il sospetto di proselitismo : "Fare gli interessi della collettività è percepito come un abuso di potere contro la libertà dell'individuo. Un forte vento spira in direzione contraria alla funzione simbolica delle istituzioni" ( in Il complesso di Telemaco, p. 64). Come si potrebbe diventare città, se ognuno persegue soltanto il proprio interesse individuale? Senza un progetto e senza la parola che lo rende possibile, cos'altro si potrebbe diagnosticare se non una malattia grave? La peste ipermoderna sceglie la morte, gridando insensatamente : morte all'untore! Morte cioè a chi parla di comunità, di popolo, di bene comune.
Ancora Recalcati lo dice, da psicoanalista : "Milioni di giovani vivono, nel mondo cosiddetto civilizzato, come prigionieri volontari rinchiusi nelle loro camere. Hanno interrotto ogni legame con il mondo, si sono ritirati dalla vita, hanno abbandonato scuola e lavoro. Questa moltitudine aninima preferisce il ritiro autistico, il ripiegamento narcisistico su di sè..." (Id., p. 65).
Si avverte una resa della morte di fronte alla vita! Ma l'inno alla vita diviene possibile solo quando si è impiegata molta fatica, quando si è lottato tenacemente per superare ogni ostacolo, quando cioè si è stati capaci di soffrire e di offrire. Perchè proprio questa è stata la mancanza più grave, la malattia radicale di questo tempo : non avere altro ideale se non quello di godere, mentre il desiderio rimane rimosso (come aveva presagito Lacan).
Senza accusa e senza rancore verso i disertori. Soltanto l'invito ad uscire da una malattia pestifera, contagiosa: l'individualismo! Il coraggio di ribellarsi ad un atteggiamento di massa. il don