martedì 22 ottobre 2013

una massa di disertori

Chi sono i disertori? Sono quella massa di individualisti che non intendono diventare popolo o comunità.
Massimo Recalcati lo dice, senza creare peraltro il sospetto di proselitismo : "Fare gli interessi della collettività è percepito come un abuso di potere contro la libertà dell'individuo. Un forte vento spira in direzione contraria alla funzione simbolica delle istituzioni" ( in Il complesso di Telemaco, p. 64). Come si potrebbe diventare città, se ognuno persegue soltanto il proprio interesse individuale? Senza un progetto e senza la parola che lo rende possibile, cos'altro si potrebbe diagnosticare se non una malattia grave? La peste ipermoderna sceglie la morte, gridando insensatamente : morte all'untore! Morte cioè a chi parla di comunità, di popolo, di bene comune.
Ancora Recalcati lo dice, da psicoanalista : "Milioni di giovani vivono, nel mondo cosiddetto civilizzato, come prigionieri volontari rinchiusi nelle loro camere. Hanno interrotto ogni legame con il mondo, si sono ritirati dalla vita, hanno abbandonato scuola e lavoro. Questa moltitudine aninima preferisce il ritiro autistico, il ripiegamento narcisistico su di sè..." (Id., p. 65).
Si avverte una resa della morte di fronte alla vita! Ma l'inno alla vita diviene possibile solo quando si è impiegata molta fatica, quando si è lottato tenacemente per superare ogni ostacolo, quando cioè si è stati capaci di soffrire e di offrire. Perchè proprio questa è stata la mancanza più grave,  la malattia radicale di questo tempo : non avere altro ideale se non quello di godere, mentre il desiderio rimane rimosso (come aveva presagito Lacan).
Senza accusa e senza rancore verso i disertori. Soltanto l'invito ad uscire da una malattia pestifera, contagiosa: l'individualismo! Il coraggio di ribellarsi ad un atteggiamento di massa. il don

2 commenti:

  1. Da chi e da dove viene la paura di confrontarsi e di incontrarsi?

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    1. Verrebbe da dire: è la post-modernità, bellezza! Questi sono i sintomi di una malattia profonda che viene da lontano, diciamo dalla metà del secolo appena passato. Sintomi che insorgono dalla esplosione del punto di vista del mondo, dalla scoperta della dimensione planetaria, dalla difficoltà fisiologica di tenere sotto controllo uno spazio troppo enorme a cui ci dobbiamo abituare. Dalla fine dell’ubriacatura da sviluppo economico progressivo. Dalla disillusione sessantottina. Dall’idea o dalla illusione della impossibilità di nuove guerre, pena la fine del pianeta. Dalla fine delle democrazie nazionali in nome di aggregati sovrastatali. Dalla fine del conflitto est/ovest sostituito dal conflitto nord/sud in veste di migrazioni di massa. Dall’emergere di nuove pressanti istanze dalla dubbia soluzione (omosessualità, matrimonio, fine-vita ecc.), anche queste incontrollabili dal singolo, dalla base. Dall’emergere di nuovi “potenti” capaci di controllare attraverso la finanza mondiale non solo più i bisogni, ma le scelte etiche, gli stili di vita. I giovani, ma non solo loro, sono sprofondati in nuovo caos, dove le categorie mentali note non sono più in grado di informare sistemi tassonomici validi, dove si sono perse le coordinate d’orientamento, quello che Durkheim definiva stato di anomia, ossia di dissonanza cognitiva tra le aspettative normative e la realtà vissuta. Giuseppe Summa.

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