martedì 30 luglio 2013

Antigone secondo Kierkegaard

Nell'epoca antica l'individuo è solidale con la sua stirpe; nell'epoca moderna, è solo. In Aut Aut, Kierkegaard ha lasciato scritto : "Ciò che per i Greci costituisce l'interesse tragico è il fatto che nell'infelice morte del fratello (Polinice), nella collisione della sorella (Antigone) con una singola proibizione umana, risuona il triste destino di Edipo, come nelle doglie del parto; come se il tragico destino di Edipo si ramificasse in ciascun discendente della famiglia". Prosegue il filosofo danese : la colpa tragica oscilla tra colpa e innocenza, ed è questo che provoca la sofferenza. Nell'antichità, l'individuo non è ancora l'artefice del proprio destino, come lo è invece l'individuo moderno. Perciò nella cultura contemporanea, l'individuo sfuma ogni contenuto tragico e gli resta soltanto il male; ma questo male è mutato da tragico in comico; la commedia suscita il riso anche sulla colpa tragica. 
"Quanto minore è l'esteriorità tanto maggiore sarà l'interiorità" ( dal Diario, 3136).
L'interiorità, nell'antichità, è presente nella rivelazione ebraica. Abramo, quando è posto di fronte all'alternativa : o assassino del figlio Isacco oppure credente, è la fede che lo salva dal diventare assassino. Per Antigone invece non c'è alternativa : il destino è ineluttabile, il copione è già scritto, la colpa di Edipo comporta una sequenza di morti, un ineluttabile destino di morte. Abramo invece ha potuto scegliere tra la morte e la fede.
La fede sorpassa il semplice ascolto di una voce interiore : è la richiesta di agire contro natura, ma consente di ritrovare  la natura ad un livello diverso : il religioso è ad un livello più alto dell'estetico e del filosofico.
Ecco restituita al Cristianesimo l'interiorità della storia!    il don

domenica 21 luglio 2013

Antigone secondo Lacan

Antigone, la tragedia più commentata e interpretata di Sofocle. A partire da Aristotele, nella Poetica, passando per Hegel , Goethe e Simone Weil, per giungere sino a Lacan. 
In breve il racconto del dramma: due fratelli sono in guerra tra loro; uno è diventato re di Tebe; l'altro fratello, Polinice, è stato mandato in esilio, ma egli forma un esercito di mercenari e ritorna per conquistare la città. I due fratelli si uccidono in guerra, l'uno per mano dell'altro. Creonte, il loro zio, divenuto re della città, ordina che il defunto re legittimo venga seppellito con tutti gli onori, mentre Polinice sia lasciato in pasto agli avvoltoi e alle bestie selvatiche. Si tratta della legge scritta e della ragione che vi si associa. Antigone, la sorella dei due fratelli morti, disobbedisce allo zio re e dà sepoltura a Polinice.
 Hegel vi ha visto il conflitto tra due discorsi discordanti, quello della famiglia e quello dello stato, che andrebbero a sfociare verso una composizione. Ma è davvero questo l'obiettivo di Antigone? Soltanto quello di obbedire alla pietà familiare e non anche alla legge degli dei, la Diche, la legge non scritta? O niente di tutto questo? Creonte giustificava la sua decisione, affermando che egli obbediva alle leggi scritte della città e anche alla ragione. Ma quando il veggente Tiresia gli annunzia grandi mali, per aver egli ha condannato Antigone ad essere sepolta viva, Creonte si lascia prendere dal timore e ordina di tirare fuori Antigone dalla tomba. Senonchè Antigone si è tolta la vita, per evitare il supplizio di una morte lenta. Il figlio di Creonte, il promesso sposo ad Antigone, quando vede la futura sposa morta, si suicida anch'egli. E la moglie del re, la madre del futuro sposo di Antigone si suicida a sua volta, dopo che ha visto il figlio morto. Creonte ha commesso un errore di giudizio, ha voluto infliggere la "seconda morte" a Polinice, negandogli la sepoltura; per questo si è abbattuta su di lui l'ira degli dei. Eppure in Creonte vi si trovano sia il timore sia la pietà, come si è visto, dice Lacan. Cosa che non troviamo in Antigone : nè il timore nè la pietà. Ora seguiamo l'interpretazione di Lacan : c'è un termine ripetuto venti volte nel dramma di Antigone, il termine Ate, che indica il limite che la vita umana non può oltrepassare. Antigone intende proprio oltrepassare questo limite : ella sembra aver colto la condanna degli dei sul padre Edipo e sui suoi discendenti (come si vede in Edipo a Colono, l'altra grande tragedia di Sofocle). Lì, nella caverna dove era stata rinchiusa, Antigone vive lo scontro finale tra il desiderio della vita e la pulsione di morte. E' vero che ella obbedisce alla legge non scritta degli dei, ma non vede altra via d'uscita alla catastrofe, dal momento che solo la morte potrà operare quel ricongiungimento che la vita ha spezzato. Dunque Antigone non ha compiuto nè un'azione di timore nè un'azione di pietà; dentro la sua coscienza si è verificato lo scontro tra l'evento e la verità, ed ella è andata incontro alla pulsione di morte. Così Lacan, in L'etica della psicoanalisi. 
Un destino segnato è senza speranza di resurrezione. Forse non ci rendiamo conto della grande novità introdotta dal Cristianesimo! Ma proprio questa novità chiede che il significante venga messo in luce più ancora del significato : il simbolico deve mostrare il reale più dell'immaginario, e come se non con un vissuto altro?  il don

venerdì 5 luglio 2013

dalle reti al web

Il passaggio dalle reti al web gli esperti lo indicano come un cambiamento di direzioni : mentre nelle reti, la direzione era solo in un senso, ora con il web la comunicazione diviene bidirezionale. "Ogni nodo della rete diventa ricettore e creatore (donatore)". La dinamica del ricevere e del dare è rimessa in moto : non ci sono più soggetti passivi; passività (il ricevere) e attività (il dare) divengono dinamiche di una costruzione della comunità messe in opera dal contributo di ognuno. Si torna così, come sempre, nel campo della ricerca pura o di base, quella che non lavora per un interesse economico, perciò non vive per la preoccupazione di brevettare (il brevetto che mi fa guadagnare) come fa per esempio la ricerca applicata. 
Ora siamo nel web, più che nelle reti.  il don

vita comune

Il libro "Vita comune" di Dietrich Bonhoeffer è un resoconto di un'esperienza coi giovani pastori che si preparavano al servizio pastorale. Il primo capitolo è intitolato "comunione". Riassumo i punti fondamentali di questo capitolo : anzitutto la vita del cristiano è stare in mezzo ai nemici (niente, mettersi comodi); in secondo luogo, il desiderio e la gioia della comunione vince la solitudine (il desiderio nasce all'interno, ma abita l'esterno); la crescita deriva dalla Parola di Dio  ( è il vivere la Parola che trasforma la persona); la testimonianza del fratello è, per il cristiano, Parola viva, cioè dona la pace e supera il conflitto; l'amore fraterno chiede la pratica del perdono piuttosto che il giudizio; la comunione cristiana si motiva a partire da Gesù Cristo, non a partire dalla propria interiorità e devozione. La comunione come sogno è un ideale umano, che conduce alla crisi; ma da quella crisi, la fede e la carità possono uscire più radicate in Dio, che è il fondamento della realtà della vita comune. La conversione dalla propria visione ideale alla visione di Dio si esprime nella gratitudine per ciò che si è ricevuto!
Il cristiano  della chiesa confessante non s'attarda a parlare di metodi e tecniche pastorali coi giovani pastori, ma riporta l'evangelizzazione al primato della Parola di Dio, all'accoglienza e al vissuto di Essa. Far vivere la Parola vuol dire relazione spirituale, non amore psichico. Così la comunità si edifica con quel primo e fondamentale servizio che è "ascoltare la Parola" : il primo servizio non è quello di parlare, ma quello di ascoltare. Questo ascolto comporta il "sopportare il peccato dell'altro". Ma "il peccato reso esplicito nella confessione, perde il suo potere". 
 Ci troviamo di fronte ad un testo che converge con molti testi della prassi sinodale dei primi secoli. Si dovrà riprendere questi testi di Atanasio, Basilio, Gregorio di Nazianzo, Agostino d'Ippona, Ireneo di Lione, Martino di Tours; si potrebbe scorgere quanto bisogno la chiesa di oggi abbia di quella prassi sinodale!
  il don