venerdì 28 settembre 2012

Quo usque tandem abutere...

"Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?". Questo incipit della prima catilinaria, non è diretto soltanto a Catilina; Cicerone si rivolge ai patres conscripti del Senato di Roma, per risvegliare la coscienza di fronte al bene comune ora minacciato. La coscienza della comunità è qualcosa di più dell'interesse individuale o del clan. Venti secolo più tardi, Teilhard de Chardin, parlerà della coscienza collettiva come di un'evoluzione irreversibile dell'umanità verso l'Ultra-Umano. La responsabilità di fronte al bene comune non può concedere scusanti o lasciar correre trasgressioni del dittatore di turno. La vigilanza intorno al bene comune ben s'accorda con la pazienza, la quale può diventare cedimento soltanto in chi non la esercita. L'esercizio della pazienza, come l'esercizio di tutte le virtù, non fa perdere la pazienza, anzi la irrobustisce, e rende lo sguardo più attento alle prevaricazioni; cresce la pazienza, infine, man mano che la chiarezza, la lealtà, la trasparenza, la giustizia vengono messe in campo come elementi indispensabili di una strategia di lotta, tesa alla vittoria e non alla resa. Dare la parola alla ragione, al diritto, ai fatti, al Vangelo, significa fare il salto decisivo dall'uomo delle caverne, che mangiava con le mani e forse era anche un cannibale, all'uomo moderno e contemporaneo, che utilizza coltello e forchetta non solo per motivi di galateo, ma perchè è cresciuta in lui la cultura e la spiritualità, ossia la compassione verso se stesso e verso l'altro, in quanto facenti parte di quell'unica umanità che chiede non solo pazienza, ma diritto e giustizia. il don

sabato 22 settembre 2012

"senza volto"

"senza immagine" non è tanto una provocazione; vorrei dire che l'invisibile è più appassionante, più creativo, più efficace del visibile. Come l'uomo che non ha più volto, di cui parla il profeta Isaia (si è nel Primo Testamento) a proposito del servo sofferente, la comunicazione che sfida l'immagine per affermare il primato dell'invisibile e della trasparenza ( direi: quel passare attraverso i muri del Risorto, come ne parlano i Vangeli), non è iconoclasta, semmai coniuga la cultura occidentale dell'immagine con la cultura orientale del "senza immagine". Il silenzio, il distacco, il linguaggio dei segni, il volto "senza volto" : tutto questo, come l'armonia tra l'individuo e la comunità, è retaggio dell'oriente. Forse l'oriente sta perdendo questo retaggio, sotto la spinta colonizzatrice dell'occidente, che spinge verso un individualismo esasperato e corrode culture millenarie, quali sono quelle asiatiche. La filosofia e la teologia in Occidente, specie in Europa, avevano dimenticato dalla fine del medioevo (che non è stato poi così antimoderno, come ci ha spiegato lo storico francese Etienne Gilson) di sviluppare, ma prima ancora lo aveva dimenticato la predicazione (che in quanto annunzio del Vangelo viene prima della riflessione teologica), la connessione, il collegamento tra persona e comunità, tra storia e fede. Ora che l'oriente viene in occidente, quest'ultimo  non può sottrarsi alla sfida della "non immagine", del "senza volto"; se lo facesse, finirebbe sconfitto da un oriente che a sua volta è confuso e disorientato. La soluzione è nel Vangelo, ancora una volta. il don

mercoledì 19 settembre 2012

lealtà e chiarezza

La parola trasparenza potrebbe riassumere il binomio "lealtà e chiarezza". Dal momento che siamo malati di "inciuci", la cura che ci vuole è proprio quella della lealtà e della chiarezza. Una cura alla quale neppure il religioso, che sempre inclina a quella che Gesù denunciava come "ipocrisia", può sottrarsi. Chiarezza nelle parole e lealtà nelle scelte. Nel Vangelo si raccomanda la correzione reciproca proprio perchè non ci sia "inciucio" nella vita religiosa. Perchè forse è proprio dalla mancanza di testimonianza evangelica che inizia la corruzione della vita sociale ed economico-politica. Se il cristianesimo viene ridotto al culto e alle cerimonie, se non si vive la lealtà e la trasparenza nell'agorà, non ci si deve meravigliare che tanti siano diventati non solo indifferenti ma addirittura ostili  verso la chiesa ed il cristianesimo. Gli studi degli psicoanalisti e degli psicologi continuano ad essere affollati da tanti disposti a pagare pur di liberarsi dai sensi di colpa. Perchè tanti non vanno più a confessarsi dal prete? Non solo perchè non credono più (hanno smarrito la fede), ma soprattutto perchè andandoci hanno costatato che i sensi di colpa aumentavano invece di diminuire. Certo la grazia è una cosa diversa dalla terapia psicologica, come diverso è il peccato dal senso di colpa. Ma un certo modo di fare ( cioè indurre al peccato per  costringere poi alla confessione ) ha indotto a credere che la confessione è considerata dal clero (non da tutto) come un atto burocratico, non come un gesto di conversione e di perdono. Nei problemi di coscienza, non c'è niente di peggio della confusione e della propaganda. Attenzione: perchè essere cristiani oggi chiede una grande responsabilità, se non vogliamo che la religione venga confinata nel privato. Qualche prete è arrivato a dire che l'onanismo è dono di Dio; avrebbe dovuto comunque chiarire che è un dono di qualcuno che ha preso il posto di Dio. Nel libro di Giobbe non si fa confusione tra la tentazione che viene da satana ed il soccorso che invece viene sempre da Dio. Satana induce al peccato; Dio sempre soccorre nel tempo della tentazione. Più che di fervorini, oggi abbiamo sopratutto bisogno di chiarezza e di lealtà, come quella che troviamo nei Vangeli riguardo alle parole e ai gesti di Gesù. Abbiamo paura di confrontarci sino in fondo col Vangelo di Gesù Cristo? il don

venerdì 14 settembre 2012

google e fecebook

"la biblioteca e la piazza" : non sono la stessa cosa; eppure ambedue utilizzano la comunicazione per fare ricerca. Cominciamo col riconoscere lo specifico dell'una e dell'altra: la prima fa ricerca attraverso il documento per raggiungere una qualche certezza su un evento, una persona, una storia; la seconda investiga ponendo domande e raccontando episodi che andrebbero comunque accertati e valutati. La biblioteca forma alla riflessione, la piazza assicura spontaneità e immediatezza di giudizio. Leggendo i commenti a documenti, interviste, servizi su internet, si può notare subito un eccesso di volgarità e di violenza verbale : il segnale più grave è proprio la superficialità e la mancanza di approfondimento su temi diversi e complessi. Il pregiudizio, per chi studia e ricerca davvero, è il vero nemico da combattere; di fronte ad esso occorre sempre stare in guardia. La precomprensione è l'atteggiamento più giusto di fronte alla ricerca: prima di parlare devo documentarmi, vagliare i documenti, accertare la verità prima di esprimere un giudizio. Nella ricerca, il punto di vista dell'altro è altrettanto importante quanto il mio: sono interessato a conoscere la  tesi dell'altro e la documentazione a sostegno di essa. Nel confronto ciò che ricerco non è tanto la mia vittoria, ma l'incontro con l'altro che è dentro la verità che intendo difendere. In definitiva abbiamo più bisogno di google o di fecebook, di biblioteca o di piazza? Non porrei la questione sotto l'aspetto dell'alternativa: direi che la fatica dello studio è necessaria per una comunicazione (oltre che per un'azione) più incisiva orientata all'incontro; l'immediatezza e la spontaneità del parlare in piazza è utile per non fuggire di fronte ai problemi concreti. L'interazione tra queste due forme di comunicazione dev'essere perfezionata perchè gli appassionati della biblioteca e della piazza possano comprendersi e incontrarsi. Ciò che ogni mondo può fare, tanto per cominciare, è aprirsi all'altro mondo!  Creare ponti, non costruire muri! il don

mercoledì 12 settembre 2012

il negativo oggettivo distinto dalla persona

Il negativo oggettivo va bandito; il negativo nella persona va trasformato. Il cristianesimo ha sempre distinto il peccato dal peccatore: in questo, Paolo di Tarso seguiva Gesù Cristo (nella Lettera ai Romani, Paolo prospetta un recupero del peccatore tramite la Grazia, dopo aver riconosciuto che il peccato è un'energia estranea che s'impossessa dell'essere umano). Agostino d'Ippona, nel confronto con Pelagio, ha affermato l'impossibilità per l'essere umano di salvarsi con le proprie forze e con le presunte virtù "naturali": soltanto "il dono di grazia" ( il richiamo a Paolo è chiaro) può tirare fuori l'essere umano dai peccati nei quali è immerso. Nel Novecento, il peccato è sostituito dal senso di colpa, del quale hanno parlato la psicoanalisi di Freud e la psicologia del profondo di Jung: si è perduto il senso oggettivo della colpa, finendo per parlare solo di sensi di colpa. Ma gli studi degli psicoanalisti e degli psicologi, pur essendo sempre affollati da pazienti che non trovano mai una guarigione definitiva ( pazienti in cura per anni, non giungono mai a riconoscere l'esistenza oggettiva della colpa, perchè sono sempre rinviati a dei sensi di colpa da combattere e superare, come dice Martin Buber). I sensi di colpa, dei quali altri sarebbero colpevoli, non alleviano la coscienza personale e neppure la società : soltanto quando si riconosce la propria colpa e se ne fa un'espiazione nella sfera della coscienza e nella sfera sociale,  si può sperimentare una trasformazione della colpa in una vita nuova (ciò che i teologi chiamano esperienza del dono di grazia, quando il peccato è perdonato da Dio che vi ha messo nel cuore il desiderio della vita nuova che vuole rompere col passato di peccato). La psicologia può guarire nevrosi, ossessioni, psicosi, depressioni, isterie; ma l'odio verso chi ti ha fatto del male, l'ingiustizia mascherata di legalità, la sete e fame di guadagno, il desiderio di successo, l'ideologia edonista, può vincerli soltanto chi mette in pratica il Vangelo. E' il Vangelo che ha rimesso insieme "spirito e vita": dunque non una vita contro lo spirito, e neppure uno spirito contro la vita. Nel Vangelo si testimoniano cambiamenti di vita vistosi: ricchi che decidono di condividere coi poveri, edonisti che mettono la loro vita al servizio del prossimo, illusi disillusi che muoiono dopo aver deciso di vivere per un Ideale più grande. Non di rado i più grandi peccatori divengono i più grandi santi: non la severità li ha conquistati, ma la grande compassione. Riesce a combattere il male oggettivo, chi se ne dissocia. Torniamo a parlare di peccato e di perdono divino e umano, distinguendo la sfera giuridica, la sfera affettiva e la sfera religiosa. La tolleranza verso il diverso si riesce a conquistarla nella misura in cui si riconoscono le proprie colpe. L'unità di interiore ed esteriore è un obiettivo non solo della persona, ma anche della comunità umana.  il don

sabato 8 settembre 2012

la rete

La rete non è un pulpito e neppure una cattedra. E' qualcosa di meno e qualcosa di più: è un esercizio di relazioni; richiede umiltà per imparare dall'altro, e coraggio per non lasciarsi trascinare dalla corrente. Richiede impegno notevole, non improvvisazione: nel rispetto per l'altro si può intravvedere quanto ognuno chiede a se stesso. L'obiettivo non potrebbe essere quello di salvare le apparenze o di costruirsi un'immagine, magari a scapito della verità, della giustizia e della compassione. Il linguaggio sboccato che si trova spesso nei commenti, non sarebbe grave sotto l'aspetto morale; l'aspetto più grave è la superficialità e l'ignoranza che mostra nei confronti della cultura, della comprensione dei problemi, del qualunquismo delle soluzioni che prospetta. La fretta,  della quale siamo vittime e preda, ci impedisce l'approfondimento, la cura del particolare e lo sguardo d'insieme, la riflessione personale, la presa di distanza dalle mode correnti.  La cultura industriale ci ha marcati: al posto del prodotto artigianale che richiedeva tempo e pazienza, ci rifila un prodotto che è perlopiù merce di scambio e di denaro. La rete può cadere in una trappola mimetica : chi la usa potrebbe vedervi in essa soltanto un utile, un tornaconto; oppure qualcuno potrebbe utilizzarla come passatempo. L'una e l'altra cosa non svilupperebbero la relazione tra persone. Nella relazione ciò che conta davvero è smascherare l'io falso e affermare l'io vero: un esercizio che muove tra interiore ed esteriore, perciò non ha paura di confessare il proprio limite e di riconoscerlo quando gli venisse prospettato dall'altro. La rete mi appare come esercizio di relazioni: ciò che mi appassiona non è tanto il poter fare soldi, neppure il costruirsi un'immagine d'apparenza...; è l'opportunità di interagire per preparare un nuovo umanesimo. Perciò tutto il positivo va salvato, ed il negativo bandito. E' la FEDE NELL'UMANITA' che può aiutare a riscoprire l'amore e l'odio, la scelta tra la colpa oggettiva e le sensazioni individuali della colpa. La rete offre la grande opportunità di superare il soggettivismo, ogni forma di chiusura individualistica, di rimettere in gioco l'intersoggettività, di superare la contrapposizione tra l'ideale e la prassi. Il gioco scoperto è sempre un gioco ben fatto, il gioco truccato viene sempre scoperto: lo sanno tutti coloro che puntano sull'inganno e sulla menzogna. Certo, c'è oltremodo bisogno di passare all'azione e alla pratica, ma sempre guardando in alto e lontano; l'utile immediato potrebbe dimostrarsi una trappola e finire col rompere la rete.   il don

domenica 2 settembre 2012

il dialogo tra movimenti e nuove comunità

La Pentecoste del 1998: un grande evento. L'incontro a piazza s.Pietro tra i movimenti e le nuove comunità, incontro voluto dal Papa, avrebbe dato impulso e slancio ad un'interazione più stretta intorno all'obiettivo comune del rinnovamento conciliare. Più centralità al Vangelo e più concretezza nel metterlo in pratica. Più dialogo tra cristiani di chiese diverse e con i fedeli delle altre religioni. Più importanza al vissuto spirituale e alla testimonianza voluta da Gesù Cristo. Più energie spirituali e più denaro al servizio del Vangelo; più gesti concreti di amore al prossimo. Si vanno spegnendo le invidie, le gelosie di gruppo, le chiusure nel proprio movimento o nella propria associazione, la difesa ad oltranza del gruppo di appartenenza. Si sviluppa in tutti l'idea e la pratica di un uomo-mondo: il movimento che è più portato all'azione impara da chi dedica più spazio alla preghiera; chi cura con passione la liturgia impara da chi sa e vive la comunione, fine ed effetto dell'azione liturgica. La vita a colori è molto più bella della vita a bianco e nero: s'impara il servizio nell'economia, nella preghiera, nello studio e nell'ambiente, nella comunicazione, e tutto orientato alla comunione o all'unità. Ciò che ognuno può imparare dall'altro è la fede vissuta, la speranza ravvicinata, la carità gioiosa. Ogni cristiano trova la sua gioia quotidiana nel Dio in croce, "perchè su questa terra Dio dobbiamo amarlo e preferirlo in croce" (Chiara Lubich); da Lui impara che "l'amare senza misura non è mai invano" (Tony Weber); in Lui trova il modello della vita trinitaria in terra (Silvano Cola). Ognuno potrebbe lasciarsi sempre interrogare dall'altro: quanto tempo e quanta importanza dai al movimento che non è il tuo ma il suo?  il don