sabato 30 novembre 2013

Gioia e felicità

L'angoscia è il sintomo della disgrazia, non della sofferenza che è invece un dono di Dio. La disgrazia è proprio una mancanza della grazia. Anche in francese si fa la distinzione tra malheur (disgrazia) e sofferenza (souffrance). Così la felicità (le bonheur) è sinonimo di gioia, ma non di godimento : felicità e gioia si riferiscono alla dimensione spirituale, il godimento alla dimensione psichica.
J.C. Larchet distingue tra malattia psichica e malattia spirituale : le malattie psichiche sono turbe nella relazione del soggetto col mondo, con le altre persone e con se stessi; le malattie spirituali sono le passioni e riguardano una errata relazione con Dio (in L'inconscio spirituale, pp. 11-27). 
Mentre l'eros può ridursi ad energia psichica, il pathos ossia il patire può aiutare a vincere le passioni e la colpa. Il patire non è un parassita, come potrebbe esserlo l'eros narcisista; il patire produce il compatire.
Larchet  sottolinea quali potrebbero essere i rischi nella relazione tra lo psichico e lo spirituale : nel mondo dell'ortodossia (IL CRISTIANESIMO ORIENTALE) il rischio sarebbe il massimalismo ossia ridurre lo psichico allo spirituale; nel mondo cattolico il rischio sarebbe quello di confondere tra psichico e spirituale ossia esaltare lo psichico e svalutare lo spirituale. Questo giudizio tiene presente la storia del cristianesimo in Oriente e in Occidente.
Larchet distingue un inconscio corporale, un inconscio psichico ed un inconscio spirituale (op. cit., pp. 93-97): afferma che "la psicanalisi freudiana ignora del tutto l'inconscio spirituale" (p.94); mentre la psicoanalisi di Jung confonde tra psichico e spirituale (p.95), ossia c'è una riduzione dello spirituale ad uno psichismo gnostico. Larchet ignora Lacan, il quale ha iniziato una nuova e interessante corrente di psicoanalisi, che parla con interesse del "Nome del Padre" e guarda al cristianesimo di Roma come al "trionfo del simbolico sull'immaginario". Molto interessante è l'ultima parte del libro di Larchet : tra l'altro vengono rilevate le radici spirituali delle malattie psichiche; e la guarigione diviene possibile per l'esperienza mistica o teologale delle virtù, non per una pratica pelagiana.
La gioia e la felicità sono doni che Dio fa affinchè siano condivisi, mentre il godimento rinchiude l'io in un atteggiamento narcisista.  il don

martedì 26 novembre 2013

Del godimento

Il Seminario - Libro XX - Ancòra 1972-1973 di J. Lacan inizia proprio con un colpo a sorpresa : "Niente costringe a godere, tranne il superio. Il superio è l'imperativo del godimento : Godi!" ( p. 5).
Non c'è godimento dei sensi se non è il superio a ordinarlo. E' l'imperativo del significante che comanda : Godi! Infatti si può persino godere del digiuno, dell'elemosina e di quel non-lavoro (passività) che è la preghiera.
Ma "cos'è il significante?  ... Dirò che il significante si situa a livello della sostanza godente.  ... Il significante è la causa del godimento." (p.23)
Ma c'è un godimento del sapere che fa del "sapere un potere". L'antonimo del potere è il servizio, ma questo si colloca nella periferia esistenziale, non si pone mai al centro del cerchio intorno a cui tutto gira. 
J. Lacan lo dice, utilizzando quello che è diventato un mito del pensiero non-scientifico : la rivoluzione copernicana. "La rivoluzione copernicana non è in alcun modo una rivoluzione.     (...)   Il punto vitale, come ad alcuni è venuto in mente di constatare, non è Copernico, ma piuttosto Keplero, in quanto per lui non gira allo stesso modo , gira formando un'ellisse , e già questo mette in forse la funzione del centro. Per Keplero ciò verso cui tutto cade  è un punto dell'ellisse che si chiama fuoco, e nel punto simmetrico non c'è niente" (p.41) .
Il godimento ha una qualche utilità in relazione all'energia psichica? Lacan pone in relazione ciò che dicono in proposito Aristotele e Freud : "Aristotele, nel libro settimo dell'Etica Nicomachea, pone la questione del piacere. Ciò che, riferendosi nè più nè meno al godimento, gli appare sicurissimo è che il piacere  non può che distinguersi dai bisogni.  (...)  I bisogni sono qualcosa che è soddisfatto dal movimento. 
Che strano, come mai ritroviamo la stessa cosa sotto la penna di Freud, però nell'articolazione del principio del piacere? Per quale equivoco in Freud il principio di piacere viene evocato solo dal sopraggiungere dell'eccitazione e dal movimento provocato da questa eccitazione al fine di sottrarsi ad essa?" (p.59).
La psicologia della Gestalt parlava di due schemi innati di messa in azione : la tenerezza per le cose rotonde e la paura dei serpenti. I due bisogni fondamentali dell'essere umano sarebbero cioè : la sopravvivenza dell'individuo e la sopravvivenza della specie. Il sesso dunque si collocherebbe nella sfera dei bisogni; e nella sfera del desiderio soltanto se messo in relazione al significante.
"Che cosè il sapere? E' strano che prima di Cartesio la questione del sapere non sia mai stata posta. Perchè tale questione si rinnovasse c'è voluta l'analisi (la psicoanalisi). L'analisi è venuta ad annunciarci che c'è un sapere che non si sa (l'inconscio), un sapere che trova supporto nel significante come tale" (p. 90)
Si è citato in sintesi il godimento nella scienza, nella filosofia, infine ora nella mistica. Ha scritto Lacan : "La sventura di Cristo ci viene spiegata con l'idea della salvezza degli uomini, ma io trovo che si trattava piuttosto di salvare Dio , ridando un pò di presenza, di attualità, a quell'odio di Dio nel quale siamo, e a ragione, piuttosto fiacchi" (p.93)
Nel prossimo Post si dovrà parlare di ciò che differenzia lo psichico dallo spirituale : la malattia psichica è una cosa, la malattia spirituale è un'altra. Il significante dell'inconscio psichico non è lo stesso dell'inconscio spirituale. Un chiarimento in tal senso viene da Larchet e da Certeau.
Approfondire per non improvvisare!  il don

sabato 23 novembre 2013

Conversar

"Trasumanar per verba", diceva Dante, mostrando il passaggio dall'immagine all'attenzione. La Parola ha capacità performativa, nel momento in cui la si accoglie con tutta l'attenzione nel presente.
Per contro, cos'è la coscienza dell'estraneità?
Il sintomo dell'estraneità è l'abbandono interiore; eppure manifesta il desiderio di tornare a casa. L'esperienza mistica ruota, come la psicanalisi d'altronde, intorno alla perdita. L'analogia tra mistica e psicoanalisi la si trova nel corpo come oggetto. La perdita del corpo è la ricerca del corpo : quando la psiche non conosce lo squilibrio della psicosi, della schizofrenia, della paranoia, il corpo non è in frammenti. Il nada (= il niente) è la situazione radicale dell'umiliato nell'esistenza psichica e corporea; ma è anche la situazione di partenza di un viaggio dello spirito, che deve ricreare il corpo fisico, sociale ed ecclesiale.
L'analogia tra mistica e psicoanalisi la si trova nel corpo come oggetto d'esperienza. La parola dice ciò che il corpo soffre, non solo il corpo fisico, ma anche il corpo sociale ed il corpo ecclesiale.
Cosa dice la sintomatologia psicoanalitica? Che i disturbi della psiche mostrano nel corpo i loro effetti.
La mistica mostra un essere umano a tre dimensioni, a immagine della Trinità : è lo spirito (la terza dimensione) che tira su la psiche ed il corpo. La mistica rende familiare l'esperienza dell'estraneo: lo sguardo dell'Altro suscita il linguaggio di una parola che guarisce la malattia mortale. 
Il conversar di cose dell'esistenza e dello spirito crea luoghi di relazione, ossia luoghi di inevitabile trasformazione. Infatti chi si sottrae al confronto è perchè non vuole l'incontro. Ciò che si cerca nel dialogo non è l'oggetto di godimento, ma il desiderio dell'Altro ed il proprio desiderio. La narrazione della vita svela il sintomo e avvia il malessere verso la verità, ossia verso la guarigione, ma non verso il reale , che è malattia e finzione.     Torniamo a pensare e a conversare. il don 

venerdì 22 novembre 2013

Non-identità ovvero l'estraneo

Una meditazione su un piccolo libro di Michel de Certeau, ossia "Mai senza l'altro" (ed. Qiqajon) mostra un viaggio nella differenza : "la non-identità è il modo su cui si elabora la comunione" ( p. 18). Parlare troppo di identità potrebbe portare al conformismo, alla omologazione, all'apparenza che vuole vedere tutti uguali nell'esteriore, ignorando l'interiore. Il cristiano, come "il mistico irrompe sempre nella chiesa come un guastafeste, un importuno, un estraneo" (p.11). L'identità del cristiano non è data dalla devozione o dall'atto di culto, ma dalla pratica del vangelo. Ora il vangelo inizia alla relazione autentica con Dio e col fratello. "Dio resta per noi lo sconosciuto, colui che non conosciamo, pur credendo in lui; egli rimane l'estraneo per noi, nello spessore dell'esperienza umana...Ma egli è altresì misconosciuto, colui che non vogliamo riconoscere" (p.12). Mettersi in viaggio verso Dio significa per noi, come già per Abramo, lo "sradicamento" dalla propria terra, un partire "senza sapere dove" (p.15). Ma anche la relazione con l'altro essere umano non parte all'insegna del pacifismo. Dice Certeau : "Il cominciamento della relazione è il conflitto : è questo che apre all'esistenza dell'altro" (p. 52-54).
La chiesa che annunzia la fede ha come modello il suo Signore e Maestro : i cattolici non possono ignorare il Vangelo senza il rischio di tradire Gesù, il Figlio del Padre. Dice Certeau, a proposito dell'evento che irrompe come inizio del cammino di fede : "l'evangelo di Giovanni si presenta come un dramma.  Non appena Gesù compare, ...l'ordine tradizionale è sconvolto. Più egli parla e agisce, più la rottura si aggrava.  Rivelandosi, quest'uomo rivela a loro stessi i dormienti : strappa le maschere, rapisce le sicurezze, suscita opzioni personali e decisive". (p.119)  Suscita la crisi, pone la coscienza sotto il giudizio, ma nel momento in cui fa riconoscere  la colpa, guarisce. 
"Senza cambiare le istituzioni e senza ricusare le leggi, Gesù trasforma dal di dentro l'organizzazione delle forze" (p. 120) : non fa dottrina, guarisce!  Riattiva le relazioni : il giudizio si trasforma in un incontro che dona la capacità di amare.
La fedeltà non esclude l'intelligenza; la generosità non si fa illusioni sulla risoluzione del problema; l'amore non mi lascia in pace, anzi mi mostra il cammino che ancora devo compiere. L'incontro con l'altro, che resta sempre l'estraneo, diviene possibile se inizio ad amare l'estraneo che è dentro di me. Posso dire a me stesso: non ti conosco; ma Dio mi conosce, perchè ogni giorno guarisce il mio peccato.  il don

giovedì 21 novembre 2013

Ancòra ...

"Lo straniero ..." di Michel de Certeau è un testo del 1969 : vi si delinea "il movimento della fede" a partire da un'analisi della società che non è più cristiana. Sono passati 40 anni, ma oggi più di ieri Dio resta lo straniero; per di più  ogni persona è diventata più straniera a se stessa. Oggi si può cogliere, molto più di ieri, che la fede è ridotta a devozione e cerimonia , quasi ricordo ed espressione esoterica di un passato che non c'è più. Pochissimi hanno scoperto che la fede è un'esperienza di cammino al seguito (la sequela) di Gesù. Pochissimi hanno deciso di mettersi in viaggio per fare l'esperienza dei discepoli  di Emmaus : sperimentando il Cristo come il  Risorto, e non  come morto e sepolto. Senza speranza i due discepoli ...e nella tristezza...
Presentando il testo di Certeau, Luce Giard ha scritto :
"Accettando di lasciarsi cambiare dall'apporto  di esperienze altre , acconsentendo di aprire il proprio spirito e il proprio cuore nei confronti dello straniero, ognuno impara a diventare più inventivo e più libero..." (p. XXV). 
Si può concludere un anno della fede con una cerimonia , se non si è fatto niente per far crescere la fede nella persona e nella comunità?
Ci si è resi conto della fecondità della fede se non la si è considerata come esperienza spirituale e se non si è data la parola all'agnostico, al lontano, al non-praticante o contestatore silenzioso dell'apparato chiesiastico?
La parola del credente, in quella che Lacan chiamava la "fiera delle religioni", è un'esperienza che testimonia la fecondità culturale della fede, oppure è rimasta un'espressione devozionale ignorante e asfittica sia dell'umano sia dell'evangelico?
Il Vangelo è considerato nella sua forza dirompente e rrivoluzionaria che sfida la sicurezza e la stabilità di un'istituzione tesa soltanto a preservare se stessa ?
Domande che chiedono risposte, non tanto numeri e chiacchiere di carnevale!   il don

Lo straniero o ...

Il testo di Michel de Certeau, "Lo straniero o l'unione nella differenza", parla dell'esperienza spirituale a partire dal cambiamento. Ma subito chiarisce : la malattia che acceca tutti è la difesa dell'identità ed il rifiuto della differenza. Porre a fondamento del cambiamento l'apologia della differenza significa riconoscere con chiarezza che la cerimonia è il ripetitivo della tradizione, mentre motore della rivoluzione è l'inventivo o la scoperta che apre il divenire. Don Tonino Bello parlava della convivialità delle differenze che supera la legge del conflitto. 
Certeau fa notare che la questione vitale è il nuovo inizio, ossia l'atto di cambiamento che dà vita ad un nuovo itinerario della storia. Il monachesimo benedettino, in mille anni di vita, ha saputo coniugare autonomia e federazione; la rivoluzione antropologica che ha iniziato si è instaurata insieme alla rivoluzione economica. (pp. 120-125) .  Nella modernità, il cristianesimo è rimasto incastrato tra due ideologie in conflitto tra loro : il capitalismo che ha difeso l'individualismo antropologico ed economico, ed il comunismo che ha difeso un collettivismo economico senza dare rilevanza alla dimensione antropologica della persona e della comunità. 
Ciò che l'apologia della differenza vorrebbe mettere in primo piano sarebbe la relazione, che supera il soggettivismo cartesiano e kantiano. Il progetto del divenire deve  andare oltre la rivolta anarchica da una parte ed il conformismo dall'altra. L'unità nasce dal riconoscimento delle differenze, non dall'affermazione dell'identità. E' l'approfondimento teologico sulla Trinità e l'esperienza della relazione trinitaria che può aprire il divenire del cristianesimo: nella Trinità di Dio, il Padre - il Figlio - lo Spirito non sono identici; in quanto sono persone differenti, tra loro formano l'unico Dio. Senza il riconoscimento delle differenze, non è possibile raggiungere nessuna comunione tra le persone umane. 
La prima tappa del percorso : l'ascolto è dare la parola.
La seconda tappa è il discernimento comune intorno al saper-fare.
La terza tappa : da ogni confronto deve nascere un incontro convergente. 
Dalla teoria alla pratica : il nostro lavoro è tutto quì!  il don

venerdì 15 novembre 2013

L'ospite inquietante

Questo è il titolo di un libro di U. Galimberti : "L'ospite inquietante". C'è un chiaro richiamo al filosofo della "morte di Dio" : "Nietzsche chiama il nichilismo "il più inquietante fra tutti gli ospiti" (M. Heiddeger, La questione dell'essere)". Ma Galimberti parla in questo libro del "nichilismo e i giovani".
"... i giovani stanno male... interrogati non sanno descrivere il loro malessere...solo il mercato s'interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo...Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le parole che invitano all'impegno e allo sguardo volto al futuro ... "s'infrangono in un grido strozzato che s'inabissa nella solitudine (pp.11-12). (il corsivo è mio).
Ancora nell'introduzione, Galimberti pone delle prospettive interessanti di interazione tra mondo religioso e mondo laico, tra istituzioni in crisi, tra culture litigiose che devono scoprire il valore del dialogo e ancor più dell'interazione.
"... L'individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti... 
il disagio non è più psicologico, ma culturale. E allora è sulla cultura collettiva e non sulla sofferenza individuale che bisogna agire..." (p.12).
Ora mi si consenta qualche riflessione e proposta personale e collettiva:
1. ridare parola e forza ai valori, chiamati per nome. La gioia è un valore rispetto al divertimento narcisista : la gioia dona una durata che il divertimento disattende.
2. Accogliere il rischio di un confronto e di un incontro sui problemi comuni, uscendo dalla tana privatistica, dal rinchiudersi in casa o nella setta o nel partito o nel club o nella parrocchia.
3. Tornare a progettare insieme, a conversare, ad aprire nuovi orizzonti e prospettive nel territorio dove si vive. La conversazione e la capacità di ascolto aprono il futuro alle pratiche quotidiane, non ultime quelle di buone ricette della nonna.
Una vita a colori al posto di un'esistenza grigia : ora l'ospite nuovo c'invita all'accoglienza!  il don

lunedì 11 novembre 2013

Il Mezzogiorno e l'Italia

L'editrice Studium ha pubblicato di recente, sotto il titolo "Il Mezzogiorno e l'Italia", alcuni testi di Gramsci e di Sturzo, accompagnati da interventi di autori vari. Mi soffermo ora soltanto sull'intervento di Giuseppe Vacca, il quale sottolinea "l'avversione di entrambi (Sturzo e Gramsci) per il centralismo democratico dello Stato unitario ed il favore per uno Stato delle autonomie che in Sturzo si concreta nel regionalismo, mentre per Gramsci, dopo l'opzione federalistica del 1923-24, rimarrà indeterminato" (p.11). E ancora con grande chiarezza, Vacca afferma : "La questione geopolitica della questione meridionale e la concezione della politica come lotta per l'egemonia fanno di Sturzo e di Gramsci i due uomini politici più lungimiranti dell'Italia tra le due guerre" (p.29). 
Il Vaticano non fu molto lungimirante nel decretare lo scioglimento del partito popolare e costringere Sturzo all'esilio, mentre con Mussolini faceva un concordato, illudendosi che il gerarca avrebbe rispettato l'Azione cattolica, quando invece cominciò a perseguitarla poco dopo. Nota ancora Vacca : "Sturzo ancor più deciso era stato nel respingere la proposta della destra clericale di qualificare il Ppi  come un un partito cattolico, argomentando che "il concetto di partito è un concetto politico che implica la divisione, mentre il concetto di cattolicesimo  è un concetto religioso  che implica l'universalità" (p.31). Forse il Partito popolare avrebbe fatto molto meglio di quel che fece invece la Democrazia cristiana (vittoria della destra clericale), trascinando lo stesso nome cristiano in una sporcizia di clientelismo e di affarismo. E per il Mezzogiorno, invece dello sviluppo, fu la catastrofe non solo economica ma anche culturale e spirituale. 
Fu il cardinale Casaroli a riportare,nella seconda metà del Novecento,  la diplomazia vaticana all'apogeo, sopratutto nella grande mediazione che seppe operare nei paesi comunisti, come egli stesso ha raccontato nelle memorie "Il martirio della pazienza". 
I preti dovrebbero fare i preti : predicare il vangelo, dopo averlo vissuto, dando testimonianza di essere legati non al potere temporale ma a quello spirituale. Oggi papa Francesco dà questa trasparente testimonianza; e speriamo che non ce lo facciano fuori! il don

sabato 9 novembre 2013

Il Vaticano e l'Italia

Antonio Gramsci è considerato, a livello internazionale, un teorico acuto del comunismo. Il testo "Il Vaticano e l'Italia", sul quale si farà ora qualche riflessione, mostra quanto l'intellettuale sardo fosse attento alla storia e alla religione quando essa fa storia. Un primo elemento da mettere in evidenza : Gramsci mostra fastidio per un anti-clericalismo di maniera, di derivazione massonica e anarco-socialista. La sua analisi storica, che cerca la giusta distanza dall'atteggiamento di pregiudizio, è ben documentata (cita Civiltà cattolica e altre riviste del cattolicesimo italiano e internazionale). Il suo giudizio sull'Azione cattolica è di ammirazione riguardo all'organizzazione e alla penetrazione popolare, anche se, com'è naturale, non risparmia critiche verso il Vaticano e verso il clero. E tuttavia riesce ad apprezzare l'opera di un Cottolengo a Torino : non ne condivide la fede (che considera superata), ma ne esalta l'opera sociale. "L'Azione cattolica gli appare uno strumento assai più moderno dei partiti politici...", scrive Angelo d'Orsi nella prefazione.  Interessante anche il capitolo su "Cattolici integrali, gesuiti e modernisti" : supera l'atteggiamento d'indifferenza di gran parte della cultura laica verso la cultura cattolica, cerca di comprendere il pluralismo che s'agita all'interno della chiesa cattolica, le nuove filosofie che rivendicano un posto accanto  alla neoscolastica tomista, che continua ad essere la filosofia ufficiale della chiesa cattolica. Sa distinguere bene quella che è pura azione politica della chiesa, quando essa manca di spiritualità (anche se considera la spiritualità come appartenente ad un'età storica ormai tramontata), dall'azione culturale che fa crescere la coscienza e la prassi del popolo quando ne promuove la liberazione e ne stimola lo sviluppo.
Gli avversari fanno scoprire spesso cose più interessanti e giuste di quelli della propria parte : mentre con questi ci si ritrova d'accordo su facili compromessi, da quelli si viene posti di fronte alle esigenze vere del Vangelo, cioè più giustizia tra ricchi e poveri, più lavoro dignitoso per tutti, una cultura più attenta  alla vita, una fraternità concreta e meno astratta.  il don