giovedì 9 luglio 2015

Opprimere o subire?

In politica, colui che opprime è detto tiranno, anche quando formalmente c'è la democrazia. 
In psicoanalisi, colui che opprime è il Super-Io, che a ragione viene considerato il persecutore.

La domanda che ci si pone è : meglio subire, o meglio opprimere (per non dover subire)?

Colui che opprime esercita l'aggressività propria del tiranno e del persecutore; rimane perciò in quella condizione, se non ha scoperto valori più alti. Per il greco antico, la parola kalòn indicava sia il bello sia il valore (più tardi, soprattutto nella filologia tedesca, il termine è stato estetizzato) : una parola
che unificava senso estetico e senso economico. Ora, i valori non sono tutti uguali; esiste una gerarchia dei valori. Ogni tempo compone una gerarchia dei valori : in un tempo storico, l'onore vale più del benessere; in un altro tempo, la coerenza con i propri princìpi vale più dell'immagine sociale; ecc.
  Il valore risponde ad un'economia della persona e della comunità, oltre che ad un rispetto del creato. Il valore, per essere affermato, richiede un'azione o un'iniziativa della persona.

Subire potrebbe sembrare un non-valore, una rinuncia all'affermazione dei valori. Ma non è così!   Subire richiede piuttosto un saper-soffrire, ossia trasformare in senso ciò che appare come non-senso.
Nel momento depressivo, recessivo, fallimentare, il saper-soffrire diviene la chiave per uscire dalla situazione precaria : viene richiesta più energia psichica e spirituale, più lotta per ritrovare il gusto della vita e della ricerca. Paradossalmente, proprio quando si subisce, si è più in grado di prendere coscienza e consapevolezza dei valori. Ma occorre accettare un percorso contro-corrente, che a volte impone una vita in solitudine. Basta però non chiudersi a riccio , e rimanere sempre aperti al nuovo che la passione (il subire) genera.  il don

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