martedì 29 gennaio 2013

gettare ponti

"Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre,  e sui nidi.
Trema l'ultimo canto nelle altane
dove sole era l'ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l'amara bacca già stilla il sapore
dei sorridenti addii".
Questa poesia di Cristina Campo, da "Passo d'addio" del 1956, esprime liricamente ciò che la poetessa scriveva in prosa ad un amico: "cerco di gettare ponti tra te e te stesso", e tu dovresti fare altrettanto (sottinteso), mostrandomi il ponte "al di sopra di tutto quello che t'incatena".
La morte è là per eliminare il compiacimento del possesso: quì la morte non è relata soltanto alla fine fisica del corpo e alla fine psichica dell'eros; ora la morte conduce alla vita spirituale nel distacco da ogni possesso.
"Vivere dentro" impedisce quell'operazione panteistica e gnostica secondo la quale ci si identifica con la natura e sugli esseri umani invece ci si vuole imporre ad ogni costo. 
Simone Weil diceva: "La grande ènigme de la vie humaine ce n'est pas la souffrance , c'est le malheur". La disgrazia è "l'amara bacca" che sembra impedire la realizzazione del proprio disegno di vita. Invece "il dolce Ottobre" è lo spiegarsi del disegno divino che proprio attraverso la sofferenza getta il ponte per realizzare il suo piano, che è anche il tuo; e Ottobre lo svela.
Proprio "l'attenzione, che è un attender certo", ha fatto dire a Cristina Campo che "Dante non è un poeta dell'immaginazione (visione gnostico-romantica) , ma dell'attenzione". L'attenzione all'infinito e all'eterno sorpassa la nostalgia dei distacchi (il ripiegamento sul passato) e apre all'attender certo dell'Amore che perdona e nell'autunno porta ancora saporosi frutti.  il don


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