venerdì 17 giugno 2016

Il sogno e la non violenza!

Il celebre discorso di Martin Luther King, nel 1963, "Ho un sogno", ha fatto strada. Nel 1964, il pastore nero è insignito del premio Nobel; ma subito ha diviso i 54 mila dollari del premio tra associazioni statunitensi per la non violenza. I cittadini degli Stati Uniti non dovrebbero dimenticarlo, specialmente coloro che vorrebbero tutti gli americani sceriffi, con la pistola in tasca ed il fucile in casa!
Ha scritto la moglie del pastore, Coretta Scott King: "I neri hanno trovato nell'azione diretta non violenta un metodo di militanza che evitava l'uso della violenza ma inscenava un confronto che elettrizzava ed educava l'intera nazione... Senza odio e senza piegarsi, la domanda di libertà emerse con forza e dignità".
Il sogno di Gandhi fu l'indipendenza dell'India, e la non violenza fu il metodo che utilizzò per realizzarlo. Ha scritto Thomas Merton, in un studio dedicato a Gandhi, nel 1964 : "Gandhi comprese che il popolo dell'India si stava risvegliando in lui. (...) Era la coscienza spirituale di un popolo che si risvegliava nello spirito di un individuo".
Prosegue Merton:  "La violenza è essenzialmente muta, e può nascere solo quando vengono meno il pensiero e la comunicazione razionale. (...)  A chi voleva distoglierlo dal sacrificarsi per il popolo, Gandhi replicò: "Col passare degli anni la voce di Dio si è fatta sempre più udibile. Egli non mi ha mai abbandonato, nemmeno nelle ore più buie.   Spesso mi ha salvato da me stesso e non mi ha mai lasciato neanche un'ombra d'indipendenza.  Quanto più profonda è stata la mia resa a Lui, tanto più grande è stata la mia gioia".
Gandhi volle liberare gli indiani non solo dal colonialismo inglese, ma anche da se stessi, ossia da quell'induismo che intendeva conservare l'ingiustizia della struttura della caste (che non devono comunicare tra loro, rimanendo rigidamente distinte). Dice infine Merton : "La più alta forma di libertà spirituale, secondo Gandhi, va cercata nella forza del cuore capace di liberare insieme l'oppresso e l'oppressore".     il don

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