domenica 5 maggio 2013

Equo - giusto

Ha scritto Paul Ricoeur, in Riflession fatta. Autobiografia intellettuale : "L'esame di coscienza, eredità socratica e biblica, ha quale prima soglia il riconoscimento della linea di divisione tra le cose che dipendono da noi e quelle che non dipendono da noi". 
L'indagine sugli aspetti interiori di un'azione e anche sui condizionamenti esterni, precede l'imputazione di una certa azione. Già Aristotele ammetteva, di fronte alla legge universale, la possibilità dei "casi di coscienza". Così argomenta  nell'Etica nicomachea : "Il motivo (dei casi di coscienza) è che la legge è sempre una norma universale, mentre di alcuni casi singoli non è possibile trattare correttamente. (...) Ed è questa la natura dell'equo : un correttivo della legge, laddove è difettosa a causa della sua universalità". 
Ora si tratta, però, di indagare correttamente sull'equo o sul giusto, per esprimere con chiarezza un orientamento che non conduca all'auto-indulgenza, mentre da un'altra parte si condanna il rigore. E' inevitabile che il giudizio più giusto  manchi di giustizia, o addirittura che pecchi d'ingiustizia : il motivo non è recondito e neppure misterioso,   dal momento      che si ha   a che      fare con la misura umana sempre fallibile, eccetto l'unico caso nel quale "si dona la vita senza chiedere in cambio nessuna contropartita". In questo caso, però,  si è già passati dal piano della giustizia a quello dell'agape, dove non c'è pretesa di ritorno. 
Se si rimane sul terreno della giustizia, si potrebbe ancora pretendere un comportamento giusto; se si passa al piano dell'amore, l'unica cosa che rimane da fare è continuare ad amare! Ma "dare la vita" non è mai invano : anche l'equo e il giusto potrebbe ricevere quello che gli manca, l'amore senza misura. Allora il diritto e la giustizia ne uscirebbero trasformati. Dall'amore, che è più della giustizia!  il don

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