sabato 31 agosto 2024

La bellezza

 La bellezza non è soltanto una composizione dell'ingegneria. La cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze è più estetica della cupola di San Pietro a Roma: la leggerezza della prima fa la differenza. I calcoli dell'ingegneria hanno fatto sì che le due cupole siano rimaste in piedi. Ma una cosa è il calcolo ingegneristico, altra cosa è la bellezza estetica.

La bellezza è la leggerezza che supera la pesantezza!

Anche l'etica e l'estetica differiscono tra loro per gli effetti che producono: l'etica è ritenuta pesante, l'estetica eccelle per la leggerezza. Un lavoro si può compierlo soffrendo per la fatica che comporta; se nel lavoro che sto facendo ci metto l'amore, sperimento in qualche modo la leggerezza. 

Dalla confusione antropologica contemporanea si può uscire con uno sguardo d'amore e di pietà.

Cosa potrebbe chiedere un figlio al padre? Quale preghiera essenziale potrebbe rivolgergli? (La preghiera è domanda. Se non si domanda, è perchè ci si ritiene autosufficienti). La domanda sarebbe: Innamorami di te! Quale sarebbe la risposta del padre al figlio?  "Sono innamorato di te!" . Il padre  dice al figlio  di essere interessato alla relazione. Il figlio coglie l'interesse del padre (non si tratta di interesse economico o di calcolo utilitaristico) per la propria vita: per questo diviene capace di rispondere al dono con il dono.

La bruttezza ha la possibilità di essere trasformata in bellezza?

Un pittore francese del secolo scorso, G. Rouault , ha dipinto corpi straziati, deformati; ma essendo credente ha voluto mostrare che la bruttezza può esprimere pietà, e non soltanto repulsione. Il corpo straziato  trova nel Cristo sofferente un senso.  Il pittore credente trova nella bruttezza un volgersi dello sguardo alla pietà. La cura di ciò che è brutto da vedere e da accettare la si trova nella pietà. Nella stessa prospettiva,  anche l'anima straziata dall'abbandono, dall'ingratitudine, dal disprezzo di coloro che sembrano essere i conquistatori felici della vita, trova nella pietà (la compassione) una sorta di bellezza misteriosa. La croce di Gesù Signore è stata, nel corso dei secoli, per alcuni disprezzo, per altri esperienza di compassione e di riscatto. Rouault compì da pittore un percorso contro corrente: volendo trovare un modo tutto personale per esprimere la sua arte, dovette superare la prova dell'incomprensione anche da parte dei credenti. Un prete gli consigliò di dipingere quadri che potesse vendere. Questo consiglio scandalizzò il pittore, che continuò a seguire la propria ispirazione, ma conobbe infine, anche se dopo molti anni, il riconoscimento della propria arte. Un'esperienza di bruttezza trasformata in bellezza! 

                      don Carmelo Guarini                              


venerdì 30 agosto 2024

Abuso di potere

 L'abuso di potere è la pretesa d'imporre una soluzione, una risposta, dimenticando la domanda fondamentale di ogni uomo ( ossia, dell'umanità). Qual'è questa domanda? Il bisogno di essere amato! Perchè non si può amare se non dopo che si è stati amati. Chi ama per primo in assoluto? Il cristianesimo lo dice con chiarezza: è l'Eterno Padre. Il Figlio eterno è amato dall'Eterno Padre. Anche il Figlio eterno non potrebbe amare se non fosse amato dal Padre eterno.

L'abuso di potere non è solo di colui che ricopre una carica istituzionale ed è tentanto di risolvere un problema imponendo una soluzione sia pure legale (la legge che vale più dell'uomo, direbbe il Signore Gesù, va contro l'uomo che vale più della legge).

L'abuso di potere è anche la ricerca del "mi piace" e il tonfo del peccato. Questo abuso non riesce a contrastarlo neppure l'eliminazione buddista del desiderio. 

Buddha era stato, da giovane, un aristocratico che aveva sperimentato tutti i piaceri della vita; infine aveva scoperto che tutti questi piaceri non erano liberazione ma ulteriore schiavitù, così intraprese una vita ascetica che tendeva ad eliminare il desiderio.

Gesù Signore non aveva mai sentito, nella sua esistenza storica,  il bisogno del piacere della ricchezza, del piacere del sapere, del piacere del potere. Egli sapeva, prima ancora di fare esperienza, che il piacere è esercizio di potere, non di servizio. Si sottopose alla triplice tentazione nel deserto, ma non concesse nulla al tentatore. Il desiderio che vince il piacere-potere è l'amore. Nel deserto Gesù Signore fa esperienza, umanamente, che l'amore (non la legge) è la realizzazione del desiderio, non il suo annullamento.

Fa abuso di potere colui che vuole annullare il Vaticano II, ossia  il ritorno della Chiesa alla Parola di Dio (recupero che viene dalla Riforma protestante) e alla laicità del Vangelo (la declericalizzazione dell'esperienza cristiana). 

Fare esperienza di Vangelo, mettere il desiderio di seguire Gesù Signore al centro della vita, vuol dire non annullare il desiderio, ma mettere le ali al vivere l' amore. Dalla crisi di fede nell'amore si esce in Europa con un ritorno libero e creativo alla sequela di Gesù, mettendo in conto sia il centuplo sia le persecuzioni che rafforzano la fede e l'amore per Dio Padre. 

Vaclav Havel, nel suo racconto - testimonianza "Il potere dei senza potere", ha mostrato come una vita nella verità, non solo di artisti ma di tutto un popolo, era riuscita a fare opposizione attiva alla vita nella menzogna.  Nella primavera di Praga si era mostrata chiara l'opposizione popolare alla vita nella menzogna condotta dal regime. La vita nella verità avrebbe vinto!  Consiglio la meditazione di quel libro di Havel al prof. Odifreddi; forse dopo quella lettura, potrebbe non  condividere più la domanda di Pilato "cos'è la verità?".  Ma anche la chiesa cattolica non può pretendere di uscire dalla crisi con un ritorno alle leggi, alle norme, ma più semplicemente con la fede in Gesù Signore e nel suo vangelo, con la pratica dell'amore nel quale si riassume tutta la vita spirituale di un cristiano. 

Il recupero del meglio della Riforma e dell'Illuminismo viene dalla Parola di Dio fatta propria dal popolo, e ancora dalla laicità come il Vangelo la mostra (la vita di fede e d'amore non s'identifica col clericalismo del Sinedrio, anzi lo supera). Il clericalismo e la fiscalizzazione della legge rappresentano un abuso di potere. La testimonianza della fede in Gesù e della pratica del Vangelo che tanti laici cristiani e cattolici oggi danno può fare del bene anche ai preti. La sorpresa dell'imprevedibile divino è proprio questa : coloro che ieri davano testimonianza, oggi la ricevono. La gioia  è di tutti! 

                                           don Carmelo Guarini

                                              

giovedì 29 agosto 2024

La diversità culturale

 Un saggio di Milan Kundera, anno 1983, dal titolo "Un occidente prigioniero o la tragedia dell'Europa centrale", induce a riflettere  sull'Europa delle nazioni : "il massimo di diversità nel minimo spazio".   Rispettare l'identità culturale delle nazioni più piccole dell'Europa centrale significa, dice Kundera, impedire il dominio imperialista delle nazioni grandi.  Le nazioni più piccole dell'Europa centrale hanno dovuto difendersi per secoli sia dalla Russia sia dalla Germania, che ne  hanno minacciato seriamente l'identità e  la soprravvivenza.    La Boemia, la Polonia, l'Ungheria sono state minacciate nella loro sopravvivenza.

Una cultura di popolo, e non di elite soltanto, ha reso possibile l'approfondimento della diversità e allo stesso tempo la comune identità culturale. 

Il Circolo linguistico di Praga, nella prima metà del Novecento, ha consentito l'approfondimento della cultura boema, e durante l'occupazione sovietica (nella seconda metà del Novecento) gli scrittori sono diventati i traduttori più apprezzati nel mondo. La traduzione, che ha dietro di sè una cultura,  è opera incomparabile dell'intelligenza umana, ed è incomparabilmente più significativa se la si confronta con        la traduzione automatica dell'intelligenza artificiale,            che usa indiscriminatamente : povertà o miseria, grandezza o bellezza, mistero o assurdo, ecc., come se fossero sinonimi e non nascondessero invece in sè un significato filosofico, storico, esistenziale. Potrebbe l'intelligenza artificiale, nella traduzione da una lingua ad un'altra,  tener conto della componente culturale, filosofica, storica delle varie lingue? 

Proprio per preservare l'identità storico-culturale di un popolo, una lingua deve, nella traduzione in un'altra lingua, mostrare quel "particulare", che come diceva Bembo, esprimeva l'universale della lingua italiana, in un'Italia che non era ancora unita. 

La sfida di un'unità sempre più grande si misura sulla capacità di rispetto per la diversità culturale. In questo senso, gli scrittori, i pittori, i musicisti  difendono e approndiscono  l'identità culturale molto meglio dei commercianti e degli economisti.  La sfida per l'Europa, nel panorama mondiale, non è solo quella di mantenere un euro forte;  sarà sempre più mostrare la capacità di tenere insieme tante lingue e tante storie di nazioni piccole e grandi che non lasciano perdere un patrimonio di millenni; anzi, a quel patrimonio attingono per il loro futuro.

Ora, dopo secoli, è possibile rimettere insieme ciò che si era diviso. L'Inghilterra, la Svezia, l'Olanda, una parte della Germania, che sino al 1400 avevano in comune il pensiero cattolico ed una prassi comune, e poi a partire dal 1500 hanno sviluppato un proprio pensiero filosofico ed esistenziale, ora potrebbero contribuire all'unità europea proprio con la cultura che ha permesso loro di andare più a fondo nella propria identià. La diversità non distrugge l'unità, non la mette in pericolo; ne valorizza lo specifico in se stessa e nell'altra.  Proprio per questo prepara un'unità più grande. 

                                              don Carmelo Guarini

lunedì 26 agosto 2024

L'infinito e il finito

 I Greci non credevano nella morte, come dice il prof. Galimberti, ma nella sua ineluttabilità.Non credevano nel limite, difatti nella TRagedia greca la trasgressione del limite (la Yubris) è ineluttabile. Non credevao nella libertà, salvo quando appare Socrate (che contesta gli dei della città e afferma il dio interiore) e poi Aristetele (che teorizza essere l'uomo un centro decisionale). I Greci tragici non credevano nel finito, lo consideravano un burattino nelle mani di burattinai (gli dei che decidevano il destino). 

Il cristiano può credere nel finito, perchè crede nell'infinito. Il Medioevo ha conosciuto un periodo di riflessione intellettuale molto alta. Non solo Anselmo di Canterbury, ma dopo di lui, Tommaso d'Aquino, Joannes Duns Scoto, Gioacchino da Fiore (che ha atteso otto secoli per vedere aperta la causa di beatificazione, grazie ad un vescovo coraggioso e teologicamente aperto al futuro quale è stato Agostino di Cosenza). Duns Scoto sembra fare una sintesi tra la filosofia metastorica di Tommaso e la filosofia di Gioacchino (storica e spirituale). Duns Scoto dice che Dio è Libertà assoluta, ma non anarchica; la libertà di Dio è relazione agapica. La libertà e l'Agàpe coincidono: è l'dea di persona che ora raggiunge una conoscenza intellettuale più alta. Una conoscenza che non riusciamo a scorgere nell'istituzione "chiesa medievale", ma che viene donata attraverso un carisma (la povertà di Francesco d'Assisi).    Continua Duns Scoto:       l'essere umano è contingente e determinato; la sua libertà si esprime nella relazione con la libertà necessaria e indeterminata di Dio. La metafisica della contingenza di Duns Scoto fa notare alla metafisica dell'essere di Tommaso che dall'esistenza e dalla storia non si può prescindere. Gli esistenzialisti dell'Ottocento e del Novecento (Kierkegaard - Sartre e Camus) portebbero più facilmente dialogare con Duns Scoto che con Tommaso d'Aquino, ma anche con Gioacchino da Fiore. 

La libertà e la storia (il finito) costituiscono una sorta di autocoscienza dell'umanità occidentale, mai raggiunta nei secoli precedenti. 

Il  finito può essere creduto come libertà ed esistenza, e anche come storia di popolo, soltanto se posto in relazione con l'Infinito. Il finito rimarrebbe assurdo se non ci fosse l'Infinito. La rivolta metafisica che Camus invocava,  andrebbe inevitabilmente incontro al suicidio filosofico: l'esito sarebbe legato alla premessa. L'infinito è sia l'origine sia la destinazione del finito. Non lo è solo per l'intelletto, lo è anche per il cuore che chiarisce all'intelletto ciò che la mancanza di povertà rende impossibile raggiungere. In verità, quì si rende la miseria della ricchezza e la grandezza della povertà (Pascal lo faceva notare  a Descartes : le moi est haissable) una realtà evidente. L'Io è inaffidabile: in quanto finito, si perde, è incapace di riconoscersi. Il pensiero meditante non è una risposta esauriente al pensiero calcolante, come voleva Heiddeger. C'è bisogno di un pensiero riconoscente : questo dice all'Io che la sua apparizione è un fenomeno-dono, che non nasce come un fungo, ma ha dietro di sè una relazione tra donatore e donatario. L'io che riconosce il donatore, può riconoscersi come donatario. 

Il donatore è l'Infinito. Il donatario è il finito. La persona è relazione, non Io anarchico! Grazie alla filosofia cristiana, che con la metafisica della contingenza allontana l'umanità dalla rivolta metafisica, che è infine una giustificazione della guerra, fosse anche propagandata da un cristianesimo ortodosso. 

                                don Carmelo Guarini

                                                            

                                      


domenica 25 agosto 2024

La morte - la comunità - la politica

 Sono morte : la morte - la comunità - la politica.

Potrebbero risorgere? A quale condizione?

Ascoltando l'orazione funebre del card. Ravasi a Giorgio Napolitano, mi è tornata alla mente un'altra orazione funebre, quella di J. P. Sartre all'amico Merleau-Ponty. E' stata ripubblicata di recente sotto il titolo "Merleau-Ponty vivo". Giorgio Napolitano ha confessato al card. Ravasi di aver abbandonato la pratica religiosa da giovane. Sartre ha  scritto che Merleau-Ponty aveva lasciato da giovane la comunità cristiana, e da adulto non aveva voluto entrare nel partito comunista, pur condividendone lo spirito. Sartre dice che Merleau era rimasto due volte deluso.

Ma, deluso dal che cosa o dal come?     Nel come c'è sempre la relazione ed il suo senso.

La morte è morta per mancanza di verità, di libertà, di giustizia. Se la morte muore, anche la vita muore. Perchè la vita possa vivere, occorre che la morte viva, perchè è dalla morte che la vita nasce e rinasce, anzi risorge. Se manca l'amore alla verità, alla libertà e alla giustizia, "la morte e la vita non si affrontano più in duello" e nessuna delle due sopravvive.  La morte viene uccisa dalla mancanza di vita; e la vita non è più vita per mancanza del morire. La morte non è la contraddizione della vita, ma il suo opposto, come polo nord e polo sud, artico e antartico.

La comunità è morta per mancanza di verità, di libertà e di giustizia. Questa triplice mancanza accomuna la comunità alla morte, impedisce alla comunità di vivere. Colui che abbandona la comunità, lo fa perchè non trova più in essa la vita, cioè una libertà viva, una giustizia viva, una verità non ipocrita.  La morte può essere soltanto un passaggio, non uno stato permanente; se lo fosse, impedirebbe la vita. Neppure nella famiglia si trova più la comunità; troviamo soltanto individui che perseguono obiettivi egoistici. Il motivo? Verità, libertà e giustizia sono principi attivi che crescono soltanto nella relazione comunitaria.

La politica è morta per mancanza di verità, di libertà e di giustizia. Sartre ha confessato che Merleau-Ponty si orientava nella politica molto meglio di lui, nonostante Sartre fosse entrato nel partito comunista e Merleau-Ponty non vi fosse mai entrato. Erano stati due saggi di Merleau-Ponty a mettere in luce la verità, la libertà e la giustizia. Un testo è Umanismo e terrore, dove Merleau-Ponty denunziava il leninismo e soprattutto lo stalinismo (che aveva messo a morte 10 milioni di cittadini russi), il dominio del partito e del regime sul popolo. L'altro testo Le avventure della dialettica metteva in relazione la coscienza di classe e le esigenze di libertà, giustizia e verità da parte del popolo, tenuto allo scuro dei disegni della politica.

La morte, la comunità, la politica possono risorgere? Possono tornare ad essere attrazione di vita? Ad una condizione: quella di perseguire con passione la verità, la giustizia, la libertà. L. Althusser, autore del Per Marx , lo aveva espresso molto bene, alla fine della sua vita,  in due articoli pubblicati su Le Monde, tradotti in italiano sotto il titolo Quel che deve cambiare nel partito comunista. Nulla cambiò, nessuna passione si riaccese per la verità, la libertà e la giustizia. Il comunismo messianico morì e ciò che gli succedette fu un socialismo libertino, non più marxista ma freudiano, un populismo senza più una politica economica. Ora, una politica economica la si può  reinventare soltanto insieme ad  un tessuto storico-culturale. Reinventando la rivoluzione e facendo risorgere dalla tradizione ciò che non può morire senza che muoia anche l'umanità. Ricominciando appaunto dalla verità, dalla giustizia e dalla libertà. 

                                   Don Carmelo Guarini

venerdì 23 agosto 2024

Il Vangelo non tramonta

 Ero bambino. Adesso sono vecchio. Da bambino mi piaceva Gesù; e mi piaceva più di quanto piacessi a me stesso! Adesso che sono vecchio, e qualche somma occorre tirarla senza dare i numeri, posso dire che è l'unico che non mi ha mai deluso. 

Le sue parole non mi hanno deluso! "Non sono venuto per giudicare e condannare il mondo, ma per salvarlo".  Vale la pena donare qualcosa al mondo e morire per salvare il mondo!

Del mondo sì,  sono deluso.  Sulla riuscita del mondo senza Gesù Signore non ci scommetterei! "Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me (...)   e chi ama la sua vita più di me, non è degno di me".  Se questa parola ho scommesso e non sono deluso!

Perchè in occidente il cristianesimo tramonta? Perchè alla cristianità non si è più interessati? Perchè si confonde il cristianesimo storico con il Vangelo eterno? Perchè la relazione con Gesù non attrae ed il suo Vangelo è sezionato come su un tavolo anatomico?

La critica della ragion pratica di Kant confonde tra eteronomia e relazione; difende l'autonomia dell'etica e condanna l'eteronomia della relazione. Kant dice qualcosa di nuovo rispetto a Pelagio? Agostino nel Contra Pelagiun aveva detto che la morale è necessariamente eteronoma, perchè si basa sulla relazione tra Io e Dio. L'etica autonoma (e la virtù naturale) è illusione dell'Io!

Non era stato il pensiero cristiano a introdurre l'idea di persona? La persona è relazione; non è individuo isolato, nè perso nella massa. Si entra in relazione con l'altra persona se si è unificati interiormente, e se si vive esteriormente ciò che si crede interiormente. Allora è facile vivere la relazione con l'altra persona : l'agàpe dona la comunione trinitaria.

La seconda idea che il pensare cristiano ha introdotto nel mondo è la comunità universale (cattolica): supera l'etnia (il gallicanesimo, la comunità catara dei perfetti, la setta evangelista,  ...). La comunità cristiana universale vive il Vangelo e l'Agàpe in Italia, in Giappone, in Uganda, a Mosca e a Kjjv, a Gerusalemme e a Teheran.

La terza idea : Dio entra nella storia, non nel mito. Il mito si può solo immaginarlo. Il vangelo si può viverlo. Gesù è contemporaneo, perchè è stato storico. Se fosse stato soltanto storico, non avrebbe avuto  seguito oggi. Colui che crea la relazione, oggi , tra un Io e Gesù è la Spirito Santo, il mediatore interiore e assoluto. La Chiesa è soltanto una mediazione esteriore: se non obbedisce allo Spirito Santo e segue il mondo, non è più mediatrice!

Alla luce del Vangelo del Figlio e della guida dello Spirito Santo , la Chiesa in ogni tempo reinventa il come (Wie) vivere la persona, la comunità, la storia.

                                Don Carmelo Guarini


mercoledì 21 agosto 2024

La rivoluzione cristiana

Cos'è una rivoluzione ?

E' un evento di cambiamento che sconvolge  un rapporto di potere consolidatosi e tramandato da una generazione all'altra.

Cosa rende una rivoluzione desiderabile? 

La speranza che si possano creare relazioni nuove, dal momento che le relazioni precedenti sono divenute illusorie per mancanza di fiducia e di interrelazione reciproca.

Quella di Gesù Signore è stata una rivoluzione spirituale (dalla Legge all'Amore), politica (dalla disciplina della Legge alla creatività dell'Amore), culturale (dalla libertà anarchica dell'individuo alla creatività di una relazione nell'amore). 

Perchè quella di Gesù Signore si può dire una rivoluzione? Perchè si pone in discontinuità con la cultura e con la prassi, in una parola con la tradizione ebraica, greca, romana. La tradizione ebraica, greca e romana era diventata opprimente, giustificava la schiavitù (il padrone e il servo) e il potere (alcuni comandano, altri obbediscono), decretava fatale la differenza tra ricchi e poveri. Ancora: la cultura antica esaltava la repressione e vanificava la relazione di fiducia e di riconoscimento reciproco. 

La rivoluzione che Gesù Signore porta, cura le ferite ma non ne crea di nuove. Gli scartati si rendono protagonisti, uscendo dalla rassegnazione, e nell'amore trovano la libertà di decidere e di agire.

Nell'esercizio della libertà si riconquista la relazione di fede o di fiducia con Dio e con l'umanità ferita, ma questa relazione è vissuta ora nella dimensione dell'amore. Prima dominava l'autorità della Legge che giustificava la repressione e non lasciava spazio alla libertà dell'amore. Ora (Il Vangelo è la vera novità di vita) , nella relazione libera e di fiducia, l'amore si affida più alla creatività dello Spirito che al dominio della Legge. La tradizione non viene abolita, come non viene abolita la Legge, viene trasformata dall'interno.

 La prima rivoluzione non è cambiare il mondo, ma se stessi: lo sguardo cambia il modo in cui giudico e agisco! Si può superare l'ossessione del tramonto e della decadenza? Occorre saper vedere il nuovo che apre il futuro!  Pascal diceva che il ressentissement (la convinzione profonda) equivale al se donner (il donarsi) .  Il cristiano tiene sempre insieme, in maniera stretta, ciò che crede e ciò che vive!

                                                        don Carmelo Guarini

La formazione vale ancora?

 Il punto di partenza è sempre la propria esperienza. C'è ancora bisogno di formazione, dal momento che ognuno sembra preferire essere autodidatta, ossia il costruttore di se stesso?

E' cambiato il come formarsi e formare: non bastano la curiosità e il coraggio, servono soprattutto il confronto e l'incontro, ossia lo sviluppo delle relazioni.

Si può correggere anche un grande filosofo? Si può provare! N. Berdiaev ha lasciato scritto nella sua Autobiografia spirituale: "Kant è un filosofo molto cristiano, più cristiano di Tommaso d'Aquino. La filosofia cristiana è la filosofia del soggetto e non dell'oggetto, dell'io e non del mondo ...". (p. 105)

Ciò che Berdiaev non aveva colto in Kant è il pelagianesimo. Agostino aveva mostrato non solo in astratto ma per la sua stessa esperienza che la Grazia mostra la necessità della relazione dell'Io con Dio. Senza il dono di Dio, l'uomo rimane nel vuoto, gli viene a mancare la relazione essenziale di cui ha bisogno la sua esistenza. La filosofia cristiana è la la filosofia della relazione tra Dio e l'Io.  Difatti il primo mistero della fede cristiana, Dio Uno e Trino, rivela che il Padre non può esistere senza il Figlio, ed il Figlio senza il Padre, ma il loro essere e continuare ad esistere è amore reciproco; lo Spirito Santo è un'altra Persona grazie al fatto che in Lui Il Padre e il Figlio sono Uno, pur rimanendo distente come Persone.

Il distacco è la virtù più grande, diceva Meister Eckhart. Ma basta il distacco per progredire nell'amore e nella comunione? Non basta!

La povertà è il distacco dalle cose.

L'obbedienza è il distacco dell'IO.

La castità è il distacco dalle persone. 

Il distacco valorizza la solitudine, è in essa che il distacco si sviluppa. Ancora: il distacco elimina gli appoggi e le stampelle dell'esistenza. Ma, per vivere l'amore e la comunione , per sviluppare l'esistenza, occorre reimparare ogni giorno ad amare, ossia continuare a donare a fondo perduto. Il dono materiale è il più facile.  Il dono spirituale è più complesso: "Essere perfetti come il Padre" richiede il superamento del perfezionismo (l'atteggiamento pelagiano), lasciare andare (Verlassenheit) il proprio progetto per seguire il disegno di Dio. 

Se il sacramento non diventa vissuto, rimane un rito. L'Eucarestia deve far crescere l'amore e la comunione tra le persone; se ciò non avviene, rimane rito inefficace. Il sacramento della penitenza deve portare luce al penitente; forse è stato abbandonato perchè non ci sono più confessori in grado di guidare e illuminare.

La formazione rimane ancora una necessità e un bisogno: da unidirezionale diviene scambio reciproco di doni.  Vita di relazione e di comunione: ciò che dono all'altro di luce viene dalla mia espereinza, ciò che l'altro dona a me di luce viene dalla sua esperienza.       Ci si forma reciprocamente: i figli imparano dai padri e i padri dai figli. Tutti in formazione, mai arrivati. Il discernimento è l'apertura più grande;  chiede che si spalanchino le braccia e il cuore , proprio come l'offerta di Gesù Signore sulla croce.

                                   don Carmelo Guarini



martedì 20 agosto 2024

La crisi dopo l'apogeo

 Il Novecento rappresenta per la Chiesa un tempo di cretività intellettuale e spirituale, paragonabile al IV secolo e al 1200. La ricerca teologica che confluisce nel Concilio Vaticano II e la nascita di oltre 50 movimenti ecclesiali. 

Ma una cosa è il vedere, altra cosa è realizzare ciò che si è visto. Il verbo greco idein è  vedere un progetto allo stato iniziale (Wittgenstein diceva : "Non pensare. Guarda") ; il verbo theorein è un'anticipazione dello sguardo sul progetto compiuto.

La conoscenza non elimina il mistero; tra il conoscere e il realizzare ciò che si è conosciuto rimane un imprevedibile, che è proprio un'espressione del mistero. Dopo una conquista intellettuale o dopo l'apparizione di un carisma, i quali mostrano la visione di un apogeo, sopraggiunge una crisi che sembra mettere tutto in discussione. E tuttavia bisogna capire che la crisi non è demolizione del tutto che si è visto. La crisi tenta piuttosto un approfondimento di ciò che si è visto, per rendere possibile la concretizzazione di quello che si è visto.

Fanno male tutti coloro che parlano soltanto di tramonto dell'occidente, del cristianesimo; finiscono per creare un'idea ossessiva che non lascia più spazio al rilancio, alla creatività. 

L'indignazione suscita la creatività. Il tipo creativo s'indigna nei confronti del tipo scettico (che si lascia dominare dal dubbio) e nei confronti del tipo dogmatico (che rimane vittima o prigioniero dell'autoritarismo e della tutela che esercita su di lui). Il tipo creativo non è l'anarchico che distrugge ogni istituzione; si lascia guidare piuttosto dallo Spirito che intende rivitalizzare ogni istituzione che esercita un servizio al bene comune. Il tipo creativo approfondisce la visione e la pratica della giustizia, della relazione tra persone e popoli, l'autenticità dell'esistenza. 

Abbiamo capito che le filosofie del tramonto hanno evidenziato soltanto le malattie dell'occidente e del cristianesimo, non hanno invece proposto come uscire dalla crisi, anzi hanno tacciato di ingenuità i pochi che proponevano terapie di guarigione per la psiche e lo spirito. Il sogno infranto sulla possibilità del cambiamento ha creato un clima depressivo nella massa; si è percepita una rinunzia a governare la crisi. Lo spirito è sbeffeggiato, messo fuori gioco, non se ne parla neppure. Si parla e si vive alla giornata: ci si occupa di particolari, di dettagli, l'insieme sembra svanito. 

La crisi è una sfida che il tipo creativo prende sul serio; invece il tipo scettico e il tipo dogmatico si lasciano sfuggire il nuovo che proprio dalla crisi può venire fuori. La teologia cristiana del Novecento e i movimenti ecclessiali carismatici proprio nella crisi fanno esperienza del nuovo che sono chiamati a veicolare. La relazione col diverso, l'approfondimento dell'interazione tra teoria e pratica, il rilancio del sogno che elimina lo stato depressivo, questo e altro ancora esprime la gratitudine verso la crisi. Una metafisica della contingenza apre alle sorprese dello spirito.

                         don Carmelo Guarini

lunedì 19 agosto 2024

La solitudine impedisce la comunione?

 C'è una solitudine che è percepita come una disgrazia. E c'è una solitudine che viene ricevuta come una chiamata.

Kierkegaard , nel Diario, afferma :"In certi momenti si sente in modo tutto particolare com'è duro essere soli al mondo. Vidi poco fa una povera fanciulla che si recava sola soletta alla Chiesa  per ricevere la Confermazione. Vidi un vecchio al quale era morta l'intera famiglia , portare al cimitero il nipotino, l'unica sua consolazione , in una bara sotto il braccio; e di lì a poco lo rividi seduto nel cimitero come una croce piantata sopra una tomba di famiglia."

Non c'è modo migliore per ritrovarsi in comunione col prossimo che trovare se stessi nella solitudine. Si scopre così che la solitudine non è una sventura, ma una chiamata di Colui che ha creato la solitudine perchè ognuno possa essere se stesso, e ha creato la comunione perchè la relazione possa giungere alla pienezza. 

Se la solitudine è una chiamata, quale può essere la risposta umana? L'esistenza è l'evento decisivo, il fenomeno che sisviluppa più nel dono che nel calcolo.  Contestando questo mondo e questa società in quanto corrotti, l'esistenza umana, unica e irrepetibile, afferma che nel dono c'è sempre un guadagno; invece, è proprio nel calcolo che si perde. 

Manca la comunione quando ognuno non riesce a vivere la solitudine.  Infatti, la prima comunione è con se stessi: la luce, la pace anzitutto in se stessi. Quando la confusione interiore svanisce, quando la tenebra si dilegua, quando il patire ha trasformato l'homo sapiens in homo patiens, allora non c'è più nulla che possa togliere la pace,  "nè morte, nè vita". La trasformazione interiore che il distacco opera non lascia più spazio all'amore di sè. Il distacco apre alla relazione e alla comunione. Purchè si sia sinceri, anzitutto con se stessi, e poi  sinceri con tutti.

L'esistenza umana è un'esperienza sia di solitudine sia di comunione: uno scavo in profondità impedisce di eliminare l'uno o l'altro termine. Tanto più profondo è lo  scambio della comunicazione quanto più sincera è stata l'esperienza della solitudine.  La comunione non si sviluppa se uno si appoggia all'altro come ad una stampella.         E tuttavia la comunione non è questione di organizzazione; è soprattutto l'amore che mantiene in piedi il proprio se come il se dell'altro. 

                             don Carmelo Guarini

domenica 18 agosto 2024

La fede e il vuoto

 Perchè Dio chiede la fede e non offre una dimostrazione certa della sua esistenza ?

Perchè Gesù Signore non impone una legge da seguire, ma lascia la libertà di vivere o meno l'amore?  (Dice il Vangelo: "amatevi gli uni gli altri, come Io ho amato voi").        Non impone,  propone.

Margherita Hack confessava ad Antonino Zichichi : "L'ateismo è una fede, non è una scienza. Io credo nel nulla."

La fede - fiducia è un fondamento della vita senza il quale non si può diventare ricchi ma neppure si può scegliere di essere poveri; senza fede non si può esercitare il potere, ma neppure il servizio; senza fede non si può possedere cose e progetti, ma neppure si può donare e perdonare!

Perchè la fede è così fondamentale? Perchè è un'espereinza di trasformazione : riempie un vuoto, che è il maggior nemico dell'esistenza umana e della sua intelligenza.

Il vuoto è simile al caos: non viene fuori  nessuna legge, nessun ordine, nessuno sviluppo (tanto meno un'evoluzione ermafrodita). Dal caos non viene fuori nè la materia inanimata nè quella animata. Dal vuoto non può nascere nulla di intelligente, nessun evento che sia dono, vita, futuro.

Nella fede si manifesta la verità e la menzogna. Il potere del denaro è tutto? Il potere del sapere (la scienza) è tutto? Il potere del potere (dominio) è tutto? Non c'è una verità della povertà che risolve problemi che il denaro non riesce a rivolvere? Non c'è una sapienza di vita che edifica là dove la scienza gonfia ogni cosa con arroganza? Non c'è un servizio che dona senza bisogno di dominare?

Nella fede si rivela la forza di una relazione: dai fiducia e ricevi fiducia! In fondo, i maestri del sospetto hanno soltanto smascherato un'ipocrisia, ma introducendone un'altra. Marx ha posto il sospetto sulla generosità del capitalismo, ma non ha delineato come combatterlo: la giustizia senza la verità e l'amore non genera pace. Freud ha posto il sospetto sulla coscienza, ma l'inconscio non da risposte al vuoto di una vita senza senso. Nietzsche ha posto il sospetto sulla morale, ma così tutto diventa vuoto, "notte, buio, freddo". Darwin ha voluto combattere la fede nella creazione divina con la fede nell'evoluzionismo: dogma la creazione, dogma l'evoluzione. 

                                               Di vuoto si può morire!  Di fede si vive!

don Carmelo Guarini

giovedì 15 agosto 2024

Segno e significato

 Scrive Carlo Rovelli in Helgoland : "Il punto di vista dall'esterno è un punto di vista che non c'è. Ogni descrizione del mondo è dall'interno."  ( p.178)

La descrizione del mondo è appunto una descrizione dei segni, dall'interno. Ma all'interno del mondo dovrebbe trovarsi il significato: sarebbe la spiegazione del mondo e non semplicemente la sua descrizione. Il significato non può venire dall'esterno, ma dovremmo trovarlo al suo interno.

Non si può ridurre l'antropologia alla cosmologia, e neppure alla biologia. 

La prospettiva relazionale  ci allontana dal riduzionismo. Il Tutto non consente che una parte venga soppressa. Trovare il significato all'interno vuol dire che non ci si può fermare alla descrizione. La ricerca del significato deve proseguire. Senza dimenticare che il progresso di ogni scienza nella modernità (la fisica, la chimica, la biologia, la psicologia, la sociologia,   ....) è avvenuto grazie alla specializzazione, ossia ad un procedimento analitico che ha consentito l'approfondimento di un punto di vista distinto da altri punti di vista delle altre scienze. La scoperta che "l'atomo ha un comportamento fisico e un comportamento chimico" (Heisenberg) è avvenuta dopo che la fisica e la chimica hanno fatto un percorso in proprio.

Un aneddoto raccontato da Leonardo Sciascia in La scomparsa di Majorana : ciò di cui Majorana rimase più soddisfatto nel suo incontro con Heisenberg fu l'aver potuto parlare di filosofia e fisica, cosa che non era mai avvenuta con Enrico Fermi. Ha scritto Sciascia : "Heisenberg viveva il problema della fisica, la sua ricerca di fisico, dentro un vasto edrammatico contesto di pensiero." (p. 49).

La coscienza è qualcosa che si trova all'interno del mondo: la si trova non tanto nella descrizione del mondo, quanto nella sua spiegazione. La si trova all'interno del mondo, ma è proprio dell'essere umano poterla esplicitare. La coscienza appartiene al mondo dello spirito, che è all'interno del mondo, ma la cui ricerca della spiegazione è appena agli inizi. Una vita nello spirito, una spiritualità sarà possibile vederla nel suo sviluppo più gurdando al futuro che al passato, nel quale troviamo della tracce e anche un orientamento, ma che potremmo vedere dispiegata soltanto quando la spiritualità occidentale e quella orientale avranno cominciato ad interagire, a convergere, superando ogni forma di conflitto e di dualismo. Siccome la spiritualità dice il Tutto prima delle parti, è proprio da lì che proviene il significato che le parti trovano nel Tutto. 

                            


martedì 13 agosto 2024

Il pericolo del riduzionismo

 Il ritorno al selvaggio, l'esaltazione della natura rispetto alla cultura, fa parte del Weltgeist  (lo spirito del mondo) e dello Zeitgeist  (lo spirito del tempo). 

Il pericolo del riduzionismo l'ho trovato anche nel libro di Carlo Rovelli , Helgoland : ridurre il Welt der Geist (il mondo dello spirito) al Weltgeist (lo spirito del mondo). Non sono la stessa cosa! Come non si può far coincidere cosmologia e antropologia; e non si può ridurre l'antropologia alla cosmologia. Volerle tenere in relazione non può significare annullare l'identità dell'una a scapito dell'altra, nè l'identità dell'altra a scapito della prima.

La rilevanza della filosofia nella relazione con la fisica la si può ritrovare, per esempio, nell'aver acquisito che l'universo si espande: non è entropico, perchè non muore il tutto ma soltanto una parte. Ma anche nell'idea filosofica che l'esistenza è diversa dalla vita animale e vegetale.

Ancora, a proposito dell'evoluzione che eliminerebbe l'idea di creazione,  ci sarebbe da distinguere un'evoluzione retrospettiva (che guarda soltanto al passato) da un'evoluzione prospettiva (che vedrebbe lo sviluppo dell'umanità come una crescita dello spirito, non come un semplice ritorno al selvaggio, a ciò che accomunerebbe l'umanità al regno animale e vegetale). 

Il ritorno alla guerra, anzi l'espansione del fenomeno della guerra, può essere il segno di un ritorno al selvaggio, di un annullamento della cultura dello spirito. Quì si esprimerebbe un voluto riduzionismo della cultura alla natura. 

"Nessuna metafisica sopravvive. La vacuità è vuota.", scrive Carlo Rovelli in Helgoland (p. 153). La  filosofia induista e buddista non è verbizzata, ossia non conosce il passaggio dal mito alla storia, non conosce la comunione nella comunità che supera l'etnia, non conosce l'esperienza relazionale della persona che supera l'individualismo e la massa. Giovanni della Croce non si fermava al nada: diceva che il nada conosce e vive il todo; ossia la vacuità è destinata alla pienezza.

Ciò che il cristianesimo ha perso, nella modernità, è il vissuto dello spirito.  La scolastica, che si è  astratta dalla storia e dalla relazione tra persone - e  insieme la perdita della comunione nella comunità: tutto questo ha reso vana l'espereinza del nada e del todo. 

L'antropologia contemporanea soffre di grande confusione: non sapendo più di cosa occuparsi (ossia del senso dell'umano), per un senso di stanchezza e di decadenza, si affida alla cosmologia e riduce la cultura alla natura. Questa strana idea circola un pò dappertutto: la cultura coincide con la natura; l'essere umano non può tendere ad altro se non ad essere umilmente un segmento della natura. Le conseguenze di una simile virata si rivelano catastrofiche. Rinunciare ad opporsi ad una simile sventura, sarebbe come rinnegare quella teorizzazione che Pascal ha compiuto nel Grand Siecle della Francia: la fronda serviva da opposizione all'assolutismo di Luigi XIV, allo Zeigeist di quel secolo. La fronda difendeva la dignità della persona e della comunità; si appellava alla storia della cultura cristiana, che ha considerato sempre la grazia più della vita.

                                                                      don Carmelo Guarini

lunedì 12 agosto 2024

Il dono e il calcolo

Dono e calcolo esprimono due paradigmi diversi, ma non si tratta di porli in alternativa, cioè un paradigma che escluda l'altro, ma di portare ogni paradigma alla situazione estrema (la Grenzsituation)  in modo che l'uno esprima radicalmente l'altro. 

Il dono non è un'ideale irreale. Il calcolo non è la contraddizione del dono, semmai è la sua opposizione. Il dono lo ritroviamo nella situazione estrema del calcolo, cioè l'incommensurabile. Il calcolo lo ritroviamo nella situazione estrema del dono, cioè quando il dono diviene reciproco.

La quaestio non risolve il problema quando s'impantana nella controversia. La relatio supera i punti di vista contrapposti: evidenzia, in un gioco di squadra, il meglio che ogni punto di vista offre. 

In antropologia, la scienza del comportamento ha la pretesa di porre  le leggi che descrivono l'organizzazione della relazione, ossia si ferma alla descrizione del prevedibile.  Il suo orizzonte è retrospettivo, non prospettivo.   Ora, il prevedibile risponde ad una logica della continuità. La scienza dello spirito evidenzia l'imprevedibile che giunge come evento di discontinuità. L'amore è un evento discontinuo che unifica due poli opposti (un polo nord e un polo sud), ma non è assurdo o contraddittorio; esprime piuttosto un senso del mistero che la scienza del comportamento ignora.
La scienza del comportamento confonde, ossia non distingue, tra assurdo e mistero, ossia chiama assurdo ciò che invece è mistero, il non ancora conosciuto.   Lo spirito considera il dono come un mistero,      non come un assurdo;                apre una prospettiva che non rientra nel calcolo del comportamento. 

L'opposizione è reale, non elimina i poli (polo nord e polo sud). La contraddizione non può esistere, perchè eliminerebbe il pincipio di non-contraddizione.  La nota espressione di Hegel   :   "la contraddizione è l'anima della realtà", contiene un errore. O sono stati i traduttori  italiani di Hegel ad usare il termine contraddizione invece di opposizione; oppure è stato lo stesso Hegel a non distinguere con chiarezza opposizione e contraddizione. L'opposizione esiste nella realtà fisica e in quella antropologica. Non ignora l'esistenza, direbbe Kierkegaard.  La contraddizione è soltanto un'idea teoretica formulata per sfidare e verificare  il principio di non-contraddizione sul quale si fonda la logica della ragione.    Ammettere la contraddizione significherebbe dare un'esistenza all'assurdo e all'irrazionale.

Il mistero è il campo da gioco del dono e del calcolo. Il dono raggiunge il calcolo nella reciprocità dei  due soggetti che  ci guadagnano  entrambi.  Il calcolo raggiunge il dono nell'incommesurabile.
Il dono, che sembrava escluso da pensiero calcolante, riappare nel pensiero riconoscente, che non solo conosce ma esprime anche gratitudine. 
                                          don Carmelo Guarini




sabato 10 agosto 2024

Tradizione e rivoluzione

 "La tradizione è oblio delle origini." Così scriveva Husserl.

La rivoluzione è finita nel momento in cui non si crede più nell'altro. La storia non perdona a coloro che praticano il "pensiero di sorvolo". "Le voci della pittura sono le voci del silenzio", scriveva Merleau-Ponty.

Questioni tutto sommato relative sono quelle poste da Piaget e da Vigoskj: per Piaget è il pensiero che nasce per primo; per il secondo il linguaggio precede il pensiero. Forse però  linguaggio e pensiero nascono insieme. Quando si risale alle origini, si possono fare ipotesi; mancando i documenti, non ci possono essere certezze. Così possiamo dire che la scoperta del fuoco precede la scoperta della ruota. Un bisogno accresce la ricerca di una scoperta: nell'era glaciale si è avvertito più intensamente il bisogno del fuoco. La scoperta della ruota viene dopo: il bisogno di velocità trova nella linea curva la soluzione. Il cerchio è più veloce del triangolo e del quadrato.

Il vero problema della perdita della tradizione e dell'ormai impossibe  rivoluzione è il pensiero calcolante, il paradigma scientifico dominante. Merleau-Ponty ne dava una piegazione nel suo scritto "L'occhio e lo spirito", quando scriveva: "La scienza manipola le cose e rinuncia ad abitarle. (...)  Il pensiero operativo diventa una specie di assoluto artificialismo, come si vede nell'ideologia cibernetica, in cui le creazioni umane sono derivate da un processo naturale d'informazione (...)   si entra in un regime di cultura dove non esiste più nè il vero nè il falso che riguardi l'uomo e la storia."

La fede, il bisogno di credere è a fondamento della relazione tra l'Io e l'Altro. Se togli di mezzo l'Altro, rimane sul campo soltanto un Io egocentrico, indifferente alla storia, alla tradizione come alla rivoluzione. Per tornare a fare storia, per non sorvolare l'esistenza, si devono riscoprire le radici del presente nel passato, e si deve guardare al futuro sapendo vedere nel presente ciò che è falso e ciò che è vero. Se l'architettura più moderna privilegia  la linea curva rispetto alla linea retta (trovandovi anche consonanze emotive, ambientali, estetiche ...) è perchè va riscoprendo la relazione dell'umanità  con la natura e l'esistenza, cose queste che fanno la storia. La tradizione ha sempre il problema di riscoprire le origini, o meglio le radici del presente. La rivoluzione non deve mai dimenticare che la prassi, ossia un fare senza pensare, è destinato al fallimento: libertà e creatività non s'accordano con un regime di imposizione e d'obbligo. L'amore è la forza più misteriosa nella storia dell'umanità:                dalle origini  non ha mai finito  di rivoluzionare  (sconvolgere ) ciò che sembrava ormai acquisito.

                                       don Carmelo Guarini

                            

lunedì 5 agosto 2024

L'omertà

 L'omertà è una forma di ipocrisia : colui o colei che la pratica, crea consapevolmente o meno relazioni anti-sociali. Si stabilisce , in questo modo, un disprezzo per le leggi e per la convivenza civile. Chi sono quelli che praticano l'omertà, oltre ai mafiosi? I ladri, gli spacciatori, ecc.  I drogati no, e neppure gli ubbriachi, nei quali sono manifesti i segni esteriori del loro malessere.

La pratica della sincerità e della trasparenza non chiede altro se non intelligenza e coraggio. Intelligenza nel considerare l'edificazione della comunità altrettanto importante quanto la crescita dell'Io. Coraggio, in quanto considero le altre persone degne di stima come la propria persona.

Perchè tenere segreto lo spaccio di droga, anche nelle scuole, quando si sa il male che arreca ai ragazzi, che oggi già all'età di 12 anni ne fanno uso? Perchè coprire gli spacciatori invece  di denunziarli?  Eppure rovinano la salute e la vita di tanti soltanto per avidità di denaro! Perchè non denunziare la prostituzione minorile, quando si sa bene che i minorenni andrebbero  tutelati proprio nei momenti di difficoltà, cioè quando sono più vulnerabili?

Perchè si preferisce l'omertà alla virtù civica della sincerità?

Cosa ci guadagna il chacchiericcio (perchè le cose si sanno e se ne parla nelle conventicole) che prende il posto del coraggio civico? E quale intelligenza si sviluppa nella comunità quando, con l'omertà, se ne minano le basi?

C'è da dire, infine, che poco hanno  fatto la famiglia, la scuola, la parrocchia nell'edificare la comunità: non hanno sviluppato  nelle persone l'intelligenza e il coraggio di vivere. E, nell'epoca della comunicazione, hanno favorito l'omertà invece della virtù civica della sincerità.

Catastrofe educativa! Ma non se ne può parlare, come non si parlava di sesso nell'epoca vittoriana, salvo poi a trasgredire segretamente la dignità delle persone. Certo, quando una persona arriva alla droga o all'alcool è perchè ha conosciuto  un periodo di smarrimento, di confusione, di solitudine e più ancora di isolamento.

  Non c'è più nessuno che si occupi del disagio altri? Siamo tutti concentrati soltanto sul nostro Io, sul lavoro e sui progetti personali?

Dopo aver perseguito con avidità successo e denaro, potremmo ora scoprire che la povertà rende la vita più dignitosa della ricchezza, che la vita dello spirito richiede altrettanto impegno di quello che si profonde nel conseguire il benessere materiale del corpo! Picconare il muro dell'omertà significa lavorare per un ambiente più civile, per relazioni più umane! Coraggio e intelligenza! 

                           don Carmelo Guarini