martedì 13 agosto 2024

Il pericolo del riduzionismo

 Il ritorno al selvaggio, l'esaltazione della natura rispetto alla cultura, fa parte del Weltgeist  (lo spirito del mondo) e dello Zeitgeist  (lo spirito del tempo). 

Il pericolo del riduzionismo l'ho trovato anche nel libro di Carlo Rovelli , Helgoland : ridurre il Welt der Geist (il mondo dello spirito) al Weltgeist (lo spirito del mondo). Non sono la stessa cosa! Come non si può far coincidere cosmologia e antropologia; e non si può ridurre l'antropologia alla cosmologia. Volerle tenere in relazione non può significare annullare l'identità dell'una a scapito dell'altra, nè l'identità dell'altra a scapito della prima.

La rilevanza della filosofia nella relazione con la fisica la si può ritrovare, per esempio, nell'aver acquisito che l'universo si espande: non è entropico, perchè non muore il tutto ma soltanto una parte. Ma anche nell'idea filosofica che l'esistenza è diversa dalla vita animale e vegetale.

Ancora, a proposito dell'evoluzione che eliminerebbe l'idea di creazione,  ci sarebbe da distinguere un'evoluzione retrospettiva (che guarda soltanto al passato) da un'evoluzione prospettiva (che vedrebbe lo sviluppo dell'umanità come una crescita dello spirito, non come un semplice ritorno al selvaggio, a ciò che accomunerebbe l'umanità al regno animale e vegetale). 

Il ritorno alla guerra, anzi l'espansione del fenomeno della guerra, può essere il segno di un ritorno al selvaggio, di un annullamento della cultura dello spirito. Quì si esprimerebbe un voluto riduzionismo della cultura alla natura. 

"Nessuna metafisica sopravvive. La vacuità è vuota.", scrive Carlo Rovelli in Helgoland (p. 153). La  filosofia induista e buddista non è verbizzata, ossia non conosce il passaggio dal mito alla storia, non conosce la comunione nella comunità che supera l'etnia, non conosce l'esperienza relazionale della persona che supera l'individualismo e la massa. Giovanni della Croce non si fermava al nada: diceva che il nada conosce e vive il todo; ossia la vacuità è destinata alla pienezza.

Ciò che il cristianesimo ha perso, nella modernità, è il vissuto dello spirito.  La scolastica, che si è  astratta dalla storia e dalla relazione tra persone - e  insieme la perdita della comunione nella comunità: tutto questo ha reso vana l'espereinza del nada e del todo. 

L'antropologia contemporanea soffre di grande confusione: non sapendo più di cosa occuparsi (ossia del senso dell'umano), per un senso di stanchezza e di decadenza, si affida alla cosmologia e riduce la cultura alla natura. Questa strana idea circola un pò dappertutto: la cultura coincide con la natura; l'essere umano non può tendere ad altro se non ad essere umilmente un segmento della natura. Le conseguenze di una simile virata si rivelano catastrofiche. Rinunciare ad opporsi ad una simile sventura, sarebbe come rinnegare quella teorizzazione che Pascal ha compiuto nel Grand Siecle della Francia: la fronda serviva da opposizione all'assolutismo di Luigi XIV, allo Zeigeist di quel secolo. La fronda difendeva la dignità della persona e della comunità; si appellava alla storia della cultura cristiana, che ha considerato sempre la grazia più della vita.

                                                                      don Carmelo Guarini

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